Paul Bowles nasce figlio unico di una coppia appassionata di musica e buone letture. Fin da bambino il protagonista manifesta le proprie passioni: scrive giornalini, diari di personaggi immaginari, progetta e descrive grandi, fantastici viaggi inventati. Da studente si dedica all'apprendistato della musica, alla pittura, alla poesia, finché approda all'Università di Charlottesville, dove aveva studiato Poe. Gli incontri di questi anni, da Eliot a Cole Porter (ma anche l'acquisto del primo grammofono), risulteranno determinanti per la sua formazione intellettuale. Nel 1931 parte, senza un dollaro in tasca, per l'Europa. Rimane per un periodo a Parigi, ma si muove anche verso la Svizzera, il Belgio, la Germania... Una biografia punteggiata da personaggi noti quali Gertrude Stein, Truman Capote, Allen Ginsberg, André Gide, W.H. Auden.
La scelta del matricidio come campo d'indagine e filo conduttore delle vicende narrate non aveva certo la pretesa premonitrice di qualche pur visibile sciagurata trasformazione sociale. Queste storie cercano, più modestamente, di segnalare qualche elemento in grado di aiutare a interpretare e a capire un disagio profondo che attraversa una parte del mondo giovanile. Queste storie hanno la sola ambizione di cogliere e proporre un aspetto metaforico; questi racconti vorrebbero parlare di quanto sta a monte, una sorte di precondizione del matricidio: l'indifferenza, ovvero l'opposto dell'amore.
Con la pubblicazione nel 1951, in Gran Bretagna, di "Un mondo a parte" Bertrand Russel commentò: "Dei molti libri che ho letto sulle esperienze delle prigioni e dei campi di lavoro sovietici, questo libro di Herling è il più impressionante e quello scritto meglio. Un libro estremamente interessante e del più profondo interesse psicologico". Identici giudizi espressero Albert Camus e Ignazio Silone.
Erri De Luca dà la traduzione e la sua originale interpretazione di uno dei libri più affascinanti della Bibbia: la storia di Giona che trascorse tre giorni nella pancia di una balena. In appendice: testo ebraico con traduzione interlineare.
Cos'è l'Io, cos'è la verità, cos'è la libertà, cos'è il tempo, cos'è il linguaggio? Queste le domande irrinunciabili cui tenta di rispondere la filosofia. Filosofia che Friedhelm Moser vede come una città da visitare con gli occhi del viandante che compie una serie di incontri. In questo libro l'autore cerca di guadagnare nuove simpatie alla disciplina filosofica, costruendo un testo pieno di esempi tratti dalla quotidianità e senza una nota a piè di pagina.
Michael - alias "Butcher" - Boone è un'ex stella della pittura contemporanea. Per cinque anni è stato osannato dalla critica, poi il suo matrimonio è naufragato e tutto è andato a rotoli. Si sa come vanno queste cose: la moglie ha cercato di impadronirsi delle opere del marito, il marito gliele ha sottratte, è intervenuta la magistratura, Butcher è stato processato e condannato, è stato in galera, e ora vive in una fattoria messagli a disposizione dal suo principale collezionista in mezzo alla foresta a nord di Sydney, in cambio dell'impegno a disintossicarsi dall'alcol e a ricominciare a dipingere. Butcher deve anche prendersi cura del fratello Hugh, ritardato: finché prende le pillole, va tutto bene, ma un qualsiasi imprevisto, una sola parola sbagliata, una leggera provocazione possono scatenare reazioni imprevedibili. Nel bucolico tran tran dei due fratelli, nel caldo e tra gli insetti del gennaio australiano, piomba un bel dì Marlene. Bellissima, intrigante e ambiziosa, è la nuora del grande pittore Jacques Leibovitz: un suo quadro molto tempo prima, folgorandolo sulla via di Damasco, aveva spinto Butcher a lasciare la macelleria del padre per la più difficile strada dell'arte. Marlene è dolce con Hugh, s'innamora, ricambiata, di Butcher, e mette in moto una catena di eventi sorprendenti che li porterà al successo o alla rovina.
Nino Motta, tipografo, abbandona Milano e la famiglia (una famiglia disperata e ostile) e torna a Messina, sotto le mentite spoglie del giornalista, per "indagare" sulla sua infanzia in collegio che, da sempre, è rimasta intrappolata da una memoria "a macchie", incerta, segnata da un misterioso trauma. Una volta in loco non ha difficoltà a far parlare quelli che tanto tempo prima sono stati i suoi compagni, anzi il suo invito a parlare li trasforma in generosi narratori orali. E così le molte testimonianze si incrociano affollandosi intorno a due immagini che hanno accompagnato la vita di Nino Motta: il cappello del padre appeso in corridoio e la figurina della madre Marietta che sale verso il collegio nel suo cappottino striminzito...
Per scrivere "L'erede" Gianfranco Bettin condusse una vera inchiesta sul caso di Pietro Maso, cercando di individuare le motivazioni profonde e le influenze del contesto che potevano aver portato un giovane di provincia prima a escogitare con totale freddezza e poi a portare a termine con efferatezza la strage dei propri genitori, aiutato da alcuni amici, la compagnia del bar, e soltanto per intascare l'eredità. L'episodio non sconvolse solo il paese di Montecchia di Crosara, la località veneta apparentemente tranquilla e dal benessere crescente negli anni ottanta dove si era verificato il delitto, ma tutta l'Italia che non seppe darsi ragione dell'accaduto. Eppure non sarà un caso isolato. Episodi del genere si ripeteranno, non ultimo quello di Erika e Omar, i due fidanzatini adolescenti che uccisero la madre e il fratellino di lei, con predeterminazione e spietatezza. Ma come è possibile arrivare a tali livelli di violenza, a maggior ragione all'interno del nucleo familiare? Quale sistema di valori fa sprigionare questa furia omicida e che ruolo vi gioca il contesto sociale e culturale? Bettin, con una narrazione in presa diretta, che si legge come un romanzo, offre alcuni spunti di riflessione acuti e di straordinaria attualità su queste vite "normali" ma dagli esiti atroci.