
Una ristretta schiera di Tecnotitani - a capo di imprese come Amazon, Google, SpaceX e Meta - detiene le redini del progresso tecnologico alimentando disuguaglianze laceranti, consumismo di massa, concentrazioni di potere e ingenti speculazioni finanziarie. È il "tecnocapitalismo" di cui Loretta Napoleoni offre un ritratto accurato e impietoso, e che mina alle fondamenta la democrazia e la società tutta. Per l'autrice, a minacciare il futuro è soprattutto la rapidità della trasformazione tecnologica: quanto più le innovazioni si susseguono dirompenti, tanto più i mostruosi profitti dei Tecnotitani si dilatano, a danno di salari e diritti del resto di una popolazione gettata in preda all'ansia. Come se non bastasse, le criptovalute e l'intelligenza artificiale applicata agli scambi di Borsa stanno gonfiando nuove bolle finanziarie destinate a scoppiare, mentre la corsa allo spazio viene appaltata alla voracità di nuovi Baroni. Tecnocapitalismo è un invito a riappropriarsi della tecnologia - e del futuro -, perché solo mettendo l'innovazione al servizio della collettività e del bene comune possiamo evitare il disastro sociale ed ecologico.
Il Gran Sasso, che con i suoi 2912 metri è la montagna più alta dell'Appennino, fu conquistato nell'agosto del 1573 da un uomo d'avventura straordinario, protagonista poco noto del Rinascimento: Francesco De Marchi, ingegnere militare di Bologna, progettista di bastioni e fortezze. Fu uno dei primi exploit dell'alpinismo europeo. Oggi il Corno Grande del Gran Sasso è il cuore di un massiccio molto frequentato, dove si possono affrontare passeggiate turistiche o pareti impegnative, e trovare rifugi alpini, vie ferrate, centinaia di chilometri di sentieri segnati. Per molti appassionati di montagna del Nord Italia, però, il Gran Sasso resta una periferia remota, se non una brutta copia delle Alpi. Un giudizio che vale un po' per tutto l'Appennino, la catena che forma la spina dorsale del nostro paese, e che affianca a panorami morbidi e boscosi le pareti rocciose e le vette delle Alpi Apuane, dei Sibillini, della Maiella e del Pollino, luoghi di incomparabile bellezza e difficoltà alpinistiche. In queste pagine, accanto alla creatività e al coraggio degli alpinisti in parete, e all'impegno e all'altruismo dei soccorritori in montagna come dopo le catastrofi naturali, trovano posto il lavoro dei pastori e dei boscaioli, quello delle guide alpine e dei maestri di sci, il genio degli artigiani della ceramica di Castelli. Il Gran Sasso non è solo un luogo di natura e di sport. Sui suoi altopiani, nelle sue valli e talvolta sulle sue cime sono passati la prigionia di Mussolini e la Resistenza, i rovinosi terremoti recenti dell'Aquila e di Amatrice, la valanga di Rigopiano e il prezioso lavoro dei ricercatori che scrutano il cosmo dai laboratori scavati nelle viscere del massiccio. Un intreccio di relazioni, di fatica, di cultura d'eccellenza che trasforma una grande e silenziosa montagna fatta di roccia e di neve in un luogo di lavoro, di emozioni e di vita.
Il diario dell'ambasciatore che ha rappresentato l'Italia a Mosca, in un periodo cruciale segnato dall'invasione dell'Ucraina da parte dell'esercito di Putin, è una storia fatta di intensi contatti diplomatici, sensazioni, vicende umane e personali. Ma ciò che emerge è soprattutto una lucida riflessione, da un punto di vista privilegiato, sulle reali possibilità di un percorso di pace duraturo. La fine delle ostilità non può limitarsi alla cessazione delle operazioni belliche: è necessaria una strategia di lungo periodo che affronti questioni spesso passate in secondo piano, come la difesa dell'ambiente, l'emergenza terrorismo, le migrazioni, le sfide delle nuove tecnologie e dello spazio. Tutto questo recuperando strumenti di multilateralismo efficace in ambito politico ed economico, in un progetto che non si limiti agli attori continentali, ma possa coinvolgere i grandi schieramenti dello scacchiere internazionale. Un percorso difficile, eppure obbligato: l'unica strada da seguire per assicurare un futuro al nostro Occidente.
Nelle nostre scuole, nei nostri licei, insegnanti e operatori terapeutici si confrontano quotidianamente con un disagio adolescenziale diffusissimo e in continua espansione. Questo malessere prende le forme più diverse: ansia, attacchi di panico, disturbi del comportamento alimentare, ritiro sociale, autolesionismo, personalità borderline, abuso di sostanze. Un segnale che non possiamo più ignorare o considerare limitato a casi isolati. Le parole con le quali i ragazzi raccontano il loro disagio mettono in evidenza l'ansia di fallire in un contesto genitoriale, scolastico e sociale che li vuole performativi, capaci, risolti, vincenti. Ascoltarli è necessario se vogliamo provare a dare un senso alla loro sofferenza.
Di cosa parliamo quando parliamo di Occidente? Dopo l'elezione di Trump, sembra giunto al termine quel concetto di Occidente tutto geopolitico, dove Europa occidentale e Stati Uniti, difensori di democrazia e libertà, si contrapponevano alla 'barbarie' orientale, russa e cinese. Intanto, Giappone, Cina e India propongono altri Occidenti, portatori di altre 'modernità', contrapposte - o comunque alternative - alla modernità occidentale. Stiamo assistendo al crollo dell'Occidente così come lo abbiamo conosciuto?
La scuola contemporanea sembra essere utile solo nella sua funzione di educazione alle tecniche, di distributore di competenze, un luogo nel quale gli studenti imparino a tradurre e a far di conto, frequentando pratiche e metodi che nel corso di quasi un secolo di scolarizzazione diffusa sono stati reiterati e rimescolati producendo risultati altalenanti. Ma dove sopravvive l'elemento culturale? Come dialogano la scuola e la vita dei ragazzi? Un divorzio sembra essersi consumato tra cultura e istituzioni scolastiche, che ha avuto come prodotto un contenitore vuoto, una cosa che non parla. Questo testo vede in dialogo chi in questi decenni è rimasto in silenzio, gli intellettuali e gli studenti. Per questo abbiamo coinvolto figure di spicco del panorama culturale italiano per le discipline scolastiche e dieci loro studenti. Il tentativo di ogni dialogo è però il medesimo: immaginare una scuola veramente nuova, che riesca a superare le criticità e a concentrarsi sulle proposte tramite la realizzazione di un nuovo immaginario didattico. Per costruirlo, il testo lascia spazio alle riflessioni di quanti vivono la scuola ogni giorno. Educazione alle conoscenze, biblioteche interattive, de-burocratizzazione della pratica scolastica, abolizione dei voti, studio della cultura contemporanea e educazione alla politica sono solo alcune delle proposte fatte dai ragazzi e discusse dagli intellettuali, nel tentativo di raccontare come la scuola dovrebbe e potrebbe essere: il motore dell'Intellighenzia del Paese.
Perché una persona arriva a delinquere? Quanto conta il contesto in cui vive? Come resistere alla detenzione o all'ergastolo? Come può riprendere la vita dopo il fine pena? Qual è, oggi, la realtà carceraria e come potrebbe essere? Alcuni esperti approfondiscono temi di grande attualità: dalla salute mentale alle misure alternative, dal sovraffollamento a una nuova idea di carcere, dalla riforma Cartabia al lavoro della Polizia penitenziaria. Luigi Pagano (ex direttore istituti penitenziari, ex provveditore regionale, ex vicecapo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) parla di struttura «anacronistica», di necessaria collaborazione tra istituzioni, di "sorveglianza dinamica"; Anna Giroletti (responsabile presso l'Asst Santi Paolo e Carlo della Struttura semplice dipartimentale del Servizio psichiatrico penitenziario di San Vittore, Opera, Bollate e Beccaria) affronta il tema della salute mentale e della formazione; Teresa Mazzotta (dirigente dell'Ufficio interdistrettuale esecuzione penale esterna Lombardia) descrive opportunità e limiti delle misure alternative. Don Marco Recalcati (cappellano incaricato di San Vittore e delegato regionale delle carceri della Lombardia) si sofferma sul ruolo dei cappellani e della Chiesa nelle carceri; infine Bruna Dighera (membro del Tavolo lecchese per la giustizia restorativa, mediatrice penale ed esperta formatrice, psicologa, psicoterapeuta) spiega la giustizia riparativa attraverso l'esperienza dell'"Innominato" e dei circles attivi a Lecco, cui partecipano autori di reato, vittime e cittadini che, in queste pagine, restituiscono la loro esperienza. Accanto a loro, Luisa Bove dà voce al racconto in prima persona di alcuni detenuti che, attraverso un lungo percorso di autoconsapevolezza e accompagnamento, hanno saputo trovare la chiave del proprio riscatto. «Per far respirare le istituzioni penitenziarie occorre una poderosa retromarcia nell'esercizio del potere assoluto e nella spoliazione dell'identità e dell'individualità dei reclusi. Occorre costruire una quotidianità in cui il detenuto sia protagonista responsabile, garantendogli l'esercizio di tutti i diritti compatibili con la riduzione della libertà.» (Lucia Castellano)
Il volume esplora il rapporto tra Pier Paolo Pasolini e Dante Alighieri, due figure cardine della cultura italiana, mostrando come Pasolini abbia reinterpretato l'opera di Dante per affrontare i temi sociali, politici e culturali del suo tempo. Attraverso un'analisi interdisciplinare che spazia dalla letteratura al cinema, dalla filosofia alla semiotica, viene indagata l'influenza della Commedia sulla produzione pasoliniana, dalle prime antologie sulla poesia dialettale e popolare ai film, mettendo a fuoco il lungo e articolato percorso di ricezione ed elaborazione del modello dantesco che ha portato alla riscrittura pasoliniana, incompiuta e frammentata, del capolavoro di Dante, La Divina Mimesis. Dall'influenza di Contini e Auerbach sulla formazione del concetto pasoliniano di "realtà rappresentata" (mimesi) passando per i dibattiti ideologici sul realismo, la questione della lingua, il ruolo dell'intellettuale organico (o "mimetico") e il "nazional-popolare", vengono passate in rassegna le grandi questioni teoriche degli anni Cinquanta e Sessanta. Il libro arricchisce la comprensione del dialogo tra passato e presente nella cultura italiana e offre un contributo innovativo agli studi su Pasolini e sulla ricezione moderna di Dante evidenziando come Pasolini utilizzi l'immaginario dantesco per creare un linguaggio nuovo e sovversivo, capace di coniugare tradizione e modernità.
Se «Dio è morto», la figura di Cristo continua a vivere nell'immaginario artistico europeo. Da Max Ernst ad Alberto Savinio, da Joris-Karl Huysmans a Curzio Malaparte, gli scrittori e gli artisti eleggono, infatti, l'ecfrasi quale luogo privilegiato per una rielaborazione critica di tale figura, che conosce un momento di vitalità inedita nella modernità. Il libro affronta questo apparente paradosso che diviene lo spazio per interrogare, di volta in volta, i confini del sacro e del profano, del dicibile e del visibile, e per indagare una questione decisiva dell'arte moderna: la tensione tra aspirazione metafisica e finitudine dell'uomo.
Sono raccolte qui molte delle fondamentali lezioni che Giovanni Liotti ha tenuto nell'arco di circa vent'anni in una scuola di psicoterapia. Il necessario adattamento al testo scritto ha mantenuto sempre la ricchezza concettuale e la tensione dialogica del discorso orale, e le lezioni sono organizzate secondo un ordine tematico che copre l'intero percorso teorico di Liotti: dal rapporto tra attaccamento e intersoggettività al valore della cooperazione nella relazione terapeutica sino agli esiti del trauma dello sviluppo e ai suggerimenti per il loro trattamento. Le indicazioni sulla formulazione del caso clinico, la descrizione dell'esperienza dell'autore con i pazienti più difficili e le supervisioni agli allievi arricchiscono i testi scelti per questa antologia, ancorando la teoria alla pratica clinica in un volume che custodisce gran parte della viva eredità che il grande maestro ha lasciato ai suoi allievi.
Nella primavera dei suoi sessant'anni, John Oakes ha deciso di fermarsi. In un mondo frenetico e dominato dall'imperativo del consumo, in un'epoca segnata da crisi globali e incertezze, ha scelto di sottrarre invece che aggiungere: per sette giorni ha smesso di mangiare. Il digiuno è il racconto di questi giorni di privazione volontaria di cibo, e assieme l'esplorazione di una pratica ancestrale e eterna che non ha mai smesso di affascinare le coscienze umane. Che cosa accade quando scegliamo di non mangiare? Quando decidiamo di interrompere il ritmo quotidiano fatto di alimenti, sapori e rituali per affrontare il vuoto? Per Oakes il digiuno rappresenta una rottura in primo luogo culturale: la routine quotidiana è infatti scandita dai pasti e nutrirsi è in un certo modo quasi una norma, tanto che un atto semplice come l'astensione dal cibo può trasformarsi, per esempio nei casi di Gandhi o Bobby Sands, in una potente forma non violenta di dissenso. Negli ultimi anni il digiuno ha guadagnato popolarità anche per altre ragioni: dalla perdita di peso alla disintossicazione dalle scorie lasciate da alcol, droghe e zuccheri, fino a una migliore conoscenza di sé; ma da tempo immemore è soprattutto uno strumento di purificazione e ascesi religiosa, praticato in confessioni anche molto diverse fra loro – dal cattolicesimo al buddhismo – e quasi universalmente sul pianeta.
Pasteur è stato il padre della vaccinazione e il simbolo di una lotta vittoriosa contro le malattie infettive; il laboratorio fu per lui il mezzo per realizzare le sue ambizioni, ma anche un rifugio per dimenticare i gravi lutti subiti. La biografia va oltre l'ambito scientifico, vi è ampio spazio per la famiglia, gli amici e le relazioni, le idee filosofiche e religiose. La sua vita, sin dall'ingresso all'École normale supérieure, si è costruita intorno al lavoro, ai successi ottenuti e alla gloria conseguita con le sue scoperte.