
Il numero 9/25 di Limes è dedicato alla guerra in Medio Oriente e ai suoi riflessi sul Mediterraneo.
Jens Stoltenberg ci porta dietro le quinte delle decisioni che hanno plasmato il panorama della sicurezza globale nell’ultimo decennio. Questo libro non è solo un memoir politico, ma una testimonianza diretta di chi ha dovuto affrontare crisi internazionali, tensioni diplomatiche e minacce alla pace mondiale con determinazione e visione strategica. Stoltenberg racconta i momenti cruciali del suo mandato: la guerra in Ucraina, il ritiro della NATO dall’Afghanistan, le tensioni crescenti con Russia e Cina, il complesso rapporto con le amministrazioni americane e la sfida di mantenere unita l’alleanza più potente del mondo. Con uno stile incisivo e rivelazioni inedite, offre al lettore uno sguardo privilegiato su negoziati delicati e decisioni difficili prese nei corridoi del potere. Su tutto si stagliano gli incontri e i confronti con Vladimir Putin, le discussioni accese con Donald Trump, la solidarietà con Volodymyr Zelens’kyj, l’amicizia con Barack Obama e Angela Merkel. Un racconto che illumina le dinamiche della diplomazia internazionale contemporanea e riflette sulle sfide che attendono l’Occidente.
Pino Arlacchi - sociologo di fama internazionale e profondo conoscitore della Cina - in questo libro spiega i tre "segreti" che permettono di capire l'eccezionalità del "miracolo cinese": la spettacolare resurrezione, iniziata con le riforme di Deng Xiaoping nel 1978, che ha portato il gigante asiatico a imporsi come prima potenza economica mondiale e attore centrale del nuovo ordine geopolitico globale. Si tratta di tre grandi fattori poco noti al pubblico occidentale, tre risorse strategiche che hanno reso la Cina ciò che è: il non-espansionismo, legato a una radicata avversione alla guerra e alla violenza; la meritocrazia come strumento di governo; un peculiare modello economico-politico socialista. Secondo Arlacchi, questa triade è la chiave per comprendere una civiltà millenaria - molto diversa da quella europea nella visione del mondo e nell'assetto delle sue istituzioni -, il cui profilo si è delineato cinquemila anni fa e che da tremila anni si è consolidato in un sistema dotato di straordinaria resilienza. L'arte del buon governo esercitata da un'élite selezionata per merito, refrattaria all'uso della forza e convinta che il mercato sia uno strumento dello Stato e non viceversa, è sopravvissuta all'aggressione occidentale e alla rivoluzione socialista culminata nella nascita della Repubblica Popolare, che ne ha ereditato e rilanciato i principi. Il risultato è la Cina di oggi: un manufatto sociologico complesso e originale, che Pechino definisce "socialismo di mercato con caratteristiche cinesi". Frutto di una ricerca appassionata lunga una vita, sostenuto da una ricchissima documentazione e dall'esperienza diretta, La Cina spiegata all'Occidente è una lettura essenziale per approfondire la conoscenza della Cina contemporanea, oltre i luoghi comuni e le narrazioni superficiali prevalenti nel discorso occidentale.
Pubblicato per la prima volta nel 1930 a Berlino, il saggio Bubi. Die Lebensgeschichte des Caligula di Hanns Sachs, allievo di Sigmund Freud, rappresenta una delle prime analisi psicoanalitiche dedicate alla figura dell’imperatore Caligola. Tradotto in più lingue e ora finalmente disponibile in italiano, il testo esplora attraverso fonti storiche e strumenti della psicoanalisi la trasformazione del giovane e acclamato "Bubi" (diminutivo affettuoso per Caligola) in un sovrano considerato folle e spietato. Questa edizione si arricchisce di note storiche pensate per guidare anche i lettori non specialisti, offrendo una lettura critica e coinvolgente del principato di Gaio Cesare Germanico, tra fascinazione popolare e degenerazione del potere.
Essere genitori competenti, capaci di «allenare» i nostri figli alla vita, non è facile. Soprattutto in questo inizio di terzo millennio, dominato dall'attrazione magnetica che il mondo online esercita su bambini e ragazzi. Da una parte, infatti, ci siamo noi adulti, con il nostro progetto educativo, desiderosi di fornire ai più giovani tutti gli strumenti di cui hanno bisogno per diventare grandi. Dall'altra c'è il marketing, che quando si rivolge ai nostri figli non ha alcuna attenzione per i loro bisogni di crescita. Anzi, strategicamente, identifica le loro fragilità e vulnerabilità per trasformarle in un'opportunità senza precedenti di profitto e manipolazione. Il risultato è che il cuore e la mente dei ragazzi vengono sempre più risucchiati dalle piattaforme online, un nuovo Paese dei Balocchi che possono frequentare senza limiti, nello spazio circoscritto delle loro stanze. Alberto Pellai e Barbara Tamborini, da anni impegnati sul fronte educativo, sollecitano i genitori, gli insegnanti e gli adulti in generale a riflettere e ad abbandonare la rotta percorsa finora, per imboccarne una completamente nuova. Tenendo come bussola il principio che sostenere la crescita delle giovani generazioni significa arginare la pervasività con cui il digitale e lo smartphone hanno aggredito la loro vita. Alla luce di questa convinzione analizzano due esperienze fondamentali dell'età evolutiva: il gioco e la socializzazione. Partendo da una critica tanto accurata quanto tagliente del modo in cui il mondo online le ha stravolte, Pellai e Tamborini offrono una serie di consigli concreti e validissimi per vincere la sfida oggi cruciale, ossia far uscire un figlio dalla propria stanza. Perché solo varcando la soglia di quello spazio angusto in cui - quasi senza accorgersene - si è recluso, potrà ritrovare la fatica, la bellezza e la libertà di diventare se stesso.
Il futuro come liberazione: più salute, più intelligenza, più ricchi, con una realtà aumentata davanti. È questo ciò che ci prospettano i promotori di un cyberumanesimo che è sempre più realtà. Ma è vera liberazione? O ci stanno semplicemente rubando la nostra libertà? O siamo noi che gliela stiamo cedendo? Un viaggio dentro a un mondo che è già qui e a cui abbiamo delegato troppe delle nostre funzioni. Dallo smartphone al microchip nel cervello il salto non è poi tanto lungo. In questo libro gli aspetti filosofici e le dinamiche umane e culturali di una sfida decisiva.
"Natura umana e condotta" rappresenta un testo fondamentale nel dibattito sui rapporti tra individuo e ambiente e sulla funzione trasformativa delle pratiche sociali. La premessa di Dewey è che la condotta umana non è determinata esclusivamente da tratti intrinseci e fissi ma è plasmata dalla continua interazione fra le tendenze innate e il contesto sociale. Gli individui non sono prodotti passivi del loro corredo genetico ma agenti attivi che interagiscono con l’ambiente circostante. Le applicazioni pedagogiche di tale teoria sono molteplici poiché è proprio nel momento educativo che Dewey riconosce il fulcro per la trasformazione sociale, intesa come cambiamento dei paradigmi di pensiero. Gli adulti hanno per Dewey il compito di predisporre un ambiente sufficientemente flessibile e plastico su cui la generazione successiva possa esercitare un’azione creativa, improntata alla ricostruzione continua del patrimonio ereditato e non alla sua passiva conservazione.
La scienza del XX secolo ha modificato per sempre la nostra comprensione della realtà, anche se siamo ben lontani dal poter affermare che questa realtà abbia un senso (forse non accadrà mai). Eppure, è grazie alla meccanica quantistica che il pensiero può dirsi per la prima volta libero di percorrere strade veramente ignote. A coltivare quello shock permanente, fatto di «stupore e vertigine», è Carlo Rovelli che, dalle "Sette brevi lezioni di fisica", con leggerezza si muove fra gli abissi speculativi della relatività quantistica, senza paura di toccarne il fondo - anche perché quel fondo, secondo lui, non esiste. «Elettroni e mente, sassi e leggi, giudizi e galassie non sono di natura essenzialmente diversa gli uni dagli altri. Sono nozioni che si illuminano a vicenda». Di questo continuo gioco di specchi è fatto il mondo, e per comprenderlo in tutta la sua complessità, per vederne la coerenza e «sentire che è la nostra casa», scrive Rovelli, bisogna fare un salto ulteriore e accogliere l’incertezza che è al cuore della conoscenza, quella che porta all’«eguaglianza di tutte le cose». Come il personaggio di un racconto del Zhuangzi - uno dei grandi libri dell’antichità - che dopo aver sognato di essere una farfalla «svolazzante e soddisfatta della sua sorte» non sa più se è stato lui a sognare la farfalla o è la farfalla a sognare lui.
In Italia il carcere fa "notizia" solo quando si segnalano, con poche righe di commento, l’ennesimo caso di suicidio di un detenuto (o di un agente di Polizia Penitenziaria), o la violenza degli agenti contro i detenuti, oppure un episodio di protesta che agita la popolazione in custodia dello Stato costretta a condizioni di vita inaccettabili per un Paese civile. La nostra gestione della pena e del reinserimento dei condannati è sotto osservazione da molto tempo da parte delle autorità europee e ha anche subito gravi condanne per la mancata difesa dei diritti umani in carcere. Il quadro descritto da questa situazione potrebbe far pensare che — oltre a una messa in discussione dello strumento carcere — sia necessaria una radicale riforma del sistema penitenziario, complessa e di difficile attuazione. Ma non è così. La "rivoluzione normale" che Luigi Pagano illustra e motiva in questo libro consiste nell’applicazione coerente delle leggi che riguardano il sistema penitenziario che già fanno parte del nostro ordinamento. Esse applicherebbero alla pena il dettato dell’art. 27 della Costituzione (che definisce che essa deve mirare al recupero e al reinserimento del detenuto nella società), ma non vengono rispettate e applicate. Se ciò avvenisse, potremmo dire che, se proprio abbiamo bisogno di un carcere, esso sarebbe all’altezza della civiltà di un Paese democratico.
Nell’esperienza di vita quotidiana, è inevitabile imbattersi nella dialettica io-noi. In un tempo segnato dalla lacerazione del tessuto sociale e dalla radicalizzazione dei conflitti, nel quale l’io è sempre più centrale ed è stimolato ad accrescersi a discapito di un noi che sembra dover scomparire, tale binomio sta soffrendo una profonda crisi. La riflessione sulle relazioni diventa, più che mai, urgenza culturale e spirituale. Emilia Palladino affronta questo nodo essenziale e riflette sulla costruzione di un sistema paritario di relazioni, sulla possibilità di ricucire gli strappi e di ridare vita a un noi che si configuri come uno spazio di costruzione e di rischio condiviso. Si disegna qui un itinerario che, senza facili ottimismi, restituisce concretezza alla possibilità di una convivenza sociale fondata sulla cura, sulla prossimità e sul rispetto radicale dell’altro e dell’altra. L’autrice fornisce strumenti analitici per comprendere la complessità delle relazioni umane, nella consapevolezza che il noi non è un dato immediato, ma una costruzione fragile inserita in una trama relazionale che, per essere davvero umana, non può mai ridursi a dinamiche di potere, di prestazione o di scarto.
Educare non significa trasferire conoscenze, ma esporsi al rischio dell’altro, alla fatica della relazione, al peso delle storie che ciascun giovane porta con sé. In queste pagine Eraldo Affinati attinge a decenni di esperienza scolastica per una riflessione radicale sul gesto educativo, tessendo un fitto dialogo con una pluralità di voci — da Jung a Bonhoeffer, da don Milani a Teilhard de Chardin. L’immagine della scuola che l’autore restituisce non è mai quella di un luogo di semplice trasmissione di saperi: è il terreno fragile in cui gli adulti come i giovani si misurano con l’ansia di fallire e il desiderio di trovare un senso. Emerge la coraggiosa prospettiva che la pedagogia si faccia anzitutto incontro, il sapere si faccia responsabilità, la valutazione ceda il passo alla cura. Si compone così il ritratto di un mestiere che si offre ogni giorno al rischio di esporsi, per indicare a chi è ancora in cammino verso l’età adulta una strada, senza mai poterla garantire. Un libro che parla a insegnanti, educatori, genitori, ma soprattutto a chiunque creda che in ogni gesto educativo si gioca sempre una scommessa sul domani, una delle più alte del nostro tempo.
"Metodi e strumenti di valutazione in psicopatologia dello sviluppo" offre un’analisi approfondita e aggiornata delle tecniche diagnostiche per valutare il bambino e le sue relazioni, dalla prima infanzia all’età scolare. Il testo esplora strumenti consolidati come scale di sviluppo, questionari sul temperamento e il funzionamento emotivo-adattivo, osservazioni cliniche, test cognitivi e di linguaggio, e analizza attaccamento e interazioni familiari. L’edizione rivede il confronto tra approcci categoriali e dimensionali nella diagnosi, approfondendo le fasi della valutazione psicodiagnostica, il colloquio clinico con la famiglia e il bambino, l’uso clinico dei test nello sviluppo. Nuove sezioni affrontano la valutazione intellettiva attraverso test come la WPPSI-IV e la WISC-V, i disturbi del neurosviluppo, come i disturbi del linguaggio e i disturbi specifici dell’apprendimento. Inoltre, vengono introdotti strumenti performance-based per valutare la personalità e le dinamiche affettivo-relazionali. Ogni capitolo integra teoria e pratica con casi clinici, esaminando le traiettorie evolutive e i rischi psicopatologici. Questo manuale, ricco di contributi specialistici, costituisce uno strumento indispensabile per chi si occupa di diagnosi e intervento nello sviluppo.