Chi è stato Dietrich Bonhoeffer? Un teologo, un credente e un uomo impegnato fino all'estremo sacrificio nella pratica di un cristianesimo vivente, che ha incarnato la propria fede con libertà e alto senso di responsabilità in tempi difficili. Nel corso della sua breve e intensa esistenza Bonhoeffer non si è limitato a gettare le basi teoriche di un'etica cristiana, ma si è confrontato con scelte concrete e drammatiche, fino alla sofferta decisione del colpo di stato e dell'attentato a Hitler. Nello spirito di quella teologia biografica che Bonhoeffer ha messo in pratica, Ludwig Monti ci consegna un profilo non solo teologico, non solo filosofico e non solo biografico di uno dei più grandi teologi del XX secolo, ma lo fa parlare con le sue vive parole e ce ne dona l'alta testimonianza. Nella convinzione che, dopo la riflessione di Bonhoeffer, la visione del cristianesimo non può più essere la stessa. È una vita vera quella che Bonhoeffer ha vissuto e che ci ha lasciato in eredità nei suoi scritti così densi di realtà: quella "realtà" che "è Cristo".
Treni, profughi, convogli militari nel buio. In una lunga insonnia accanto alla stufa accesa, sulla frontiera dell'Est, Paolo Rumiz sente la notte di malaugurio di un'Europa assediata da guerre e governata dai poteri selvaggi dell'economia. Riceve segnali allarmanti da Francia, Germania, Spagna, Grecia e Paesi Baltici e si chiede come resistere a tutto questo. Orwell è entrato anche a Bruxelles, i princìpi della Costituzione europea sono in macerie, le sbarre di confine ritornano. Intorno, guerra contro le vite umane che migrano, guerra di tutti contro tutti, disumanità e indifferenza. L'uomo nel buio sente che i barbari possono arrivare in qualsiasi momento, e capisce che non basta la parola "fascismo" a definirli. Dietro al fascismo c'era un'idea di società, dietro a costoro c'è un'identità costruita da influencer e priva del profumo dolce della patria. Ed è di notte che essi si muovono, digitando parole di odio in rete. I nuovi barbari si servono meglio di chiunque altro di questa macchina perversa per occupare il vuoto politico lasciato da una sinistra inconsistente, lontana dal popolo e priva di etica. Ma proprio quando "tutte le fisarmoniche della notte sembrano suonare assieme", Rumiz scopre una miriade di punti luce dall'Atlantico alle terre dell'Est. In Germania, ma anche altrove, sono scesi in piazza a milioni contro i sovranisti. Allora sente crescere in sé il demone dell'ironia e della lotta, e al tempo stesso la fiducia nella forza della parola di cui si sente custode. Poi il cielo si schiara, e le ombre fuggono negli anfratti del bosco. "Quelli come me non hanno che parole da offrire. Ma le parole non sono poco, in questo sconfortante silenzio".
"Muori Sansone con tutti i filistei!" È a Gaza che la Bibbia colloca il celebre episodio in cui il guerriero ebreo perde la vita fra le macerie insieme ai nemici: il popolo dei filistei che dà il nome alla Palestina moderna. È da Gaza che il 7 ottobre 2023 hanno sconfinato le milizie di Hamas per compiere in Israele il più terribile massacro di ebrei dal tempo della Shoah. È sugli abitanti di Gaza che il governo Netanyahu ha scatenato una sanguinosa offensiva militare con il risultato di screditare la reputazione di Israele e isolarlo come mai prima d'ora. Gaza, insomma, oltre che un luogo è diventata il simbolo di una contesa che assume nel mondo dimensione culturale e morale. Gad Lerner si misura con il fanatismo identitario che ha contagiato i due popoli in guerra. Da ebreo per il quale Israele ha significato salvezza, deve fare i conti con l'esclusivismo e il tribalismo della destra sionista. Le spaccature della società israeliana, il rinchiudersi in se stesse delle Comunità ebraiche della diaspora, che si sentono incomprese e lanciano accuse di antisemitismo a chi solidarizza con i palestinesi, lo riportano alle domande cruciali che già si poneva Primo Levi: che futuro può avere questo Israele? Che funzione può esercitare il filone ebraico della tolleranza? Un libro sincero e necessario per non finire arruolati negli stereotipi delle opposte fazioni, preludio di ogni guerra.
Quante sono le città della nostra vita, e che cosa rappresentano? Questo libro è un viaggio nel tempo e nello spazio: dagli angeli sulle rovine di Bruxelles al sole elettrico di Battipaglia, dalla stanza dei bottoni di Washington alla madre dell'Italia infeconda di Veio, dai tizzoni bruciati di Volgograd alle sapienze perdute di Atene. Eraldo Affinati è un maestro della toponomastica lirica. Ha raccolto trecento città del mondo: conosciute, sognate, inventate, tutte descritte ed evocate in brevi ritratti di grande concisione fantastica e affettuosa adesione sentimentale, nei quali i lettori potranno riconoscere le proprie stesse preferenze e idiosincrasie, in un gioco di riflessi capace di favorire e moltiplicare le connessioni interiori. Ogni descrizione di città è un romanzo in miniatura. Ogni sezione è introdotta da un corsivo che racconta una città-guida: Charkiv, sconvolta dal recente conflitto russo-ucraino, nel fantasma della Seconda guerra mondiale; Venezia, segnata dal dolore della bellezza; Roma, caput mundi. Ci si può perdere nella polvere mesopotamica di Babilonia, tra le galline senza cresta di Acchiappa-citrulli, sulle tracce di Anguilla a Yuma, nei promontori di Rosberg a Fulgor. Il prologo è a New York, matrice urbana della modernità sfregiata e ricostruita, città simbolo con una costante vocazione alla decadenza; l'epilogo invece è a Gerusalemme, in grado di riassumere, nella sua storia splendida e drammatica, tutti i grovigli irrisolti del mondo. Le città del mondo è un libro che appassiona sin dalle prime righe, un labirinto magico nel quale si è felici di perdersi.
"In posti lontani abbiamo condiviso notti con le briciole di stelle cadenti, abbiamo respirato i loro pulviscoli incendiati dall'attrito con l'aria. Nel sonno abbiamo sentito la giravolta delle costellazioni con la Stella Polare fissa al centro, a pirolino di roulette. Abbiamo scippato certe notti così alla vita dei giorni. Distanti da candele, lampadine, fari e torri di guardia, abbiamo fissato nelle pupille la distesa dei puntini luce." Sono pagine di commozione trattenuta, e per questo tanto più commoventi e vivide, queste che Erri De Luca dedica alla guida alpina Diego Zanesco, che ha perso la vita nell'estate del 2023 sulla Tofana di Rozes: amico seguito sui saliscendi in Ecuador o sulle Dolomiti. Nell'indagare la causa della sua caduta, cercando il punto preciso del suo distacco dalla roccia, De Luca gli restituisce corpo e voce, riporta pagine dei suoi taccuini e passi dalle lettere che negli anni si sono scritti, tracciandone un ritratto concreto e poetico. E restituisce al contempo, facendoci sentire la roccia sotto le dita, anche il suono degli zoccoli dello stambecco che fugge, il peso del corpo sugli appigli, la ragione stessa di scalare. L'amicizia, la montagna e i libri si intrecciano in questo "Discorso per un amico" con dolcezza, gratitudine e dolore: "Per me rimani Diego, per me insisti, prosegui e io continuo a seguirti". Una serie di fotografie a colori segue passo passo le parole. Questo è per me il racconto di un'amicizia tra due uomini che si sono incontrati per due coincidenze: i libri e le montagne.
Fin dall'antichità il famoso motto "Conosci te stesso" corrispondeva alla ricerca del proprio daimon, ovvero di quella forza (o serie di forze) che agita la nostra esistenza, impossessandosene. Secondo Eraclito, questi "demoni" sono nostri alleati; Cartesio, invece, li considera temibili avversari. La storia della filosofia e della letteratura è costellata di filosofi "indemoniati". Socrate è posseduto dal demone della maieutica e della curiosità; il demone di Spinoza è la libertà d'espressione; Kafka è ossessionato dal demone del dubbio e dell'incapacità. Poi ci siamo noi, ormai non più felici né infelici, ma disfelici: da quali demoni siamo stati invasi? Come possiamo riconoscerli e, mettendoli a nudo, sconfiggerli? Oggi i demoni formano una moltitudine: quello dell'attenzione, per esempio, cerca di catturare la nostra vita in un gorgo di contenuti che ammutolisce la nostra vera essenza; o il demone della dopamina da popolarità ci spinge alla soddisfazione di bisogni sempre più effimeri; moderni odradek infestano i social network, spingendoci verso una condizione anestetizzante di illusoria amortalità. Ma se è vero che ogni demone porta con sé caratteristiche e punti di forza peculiari, è altrettanto vero che tutti hanno in comune un tallone d'Achille e questo ci permette di riconoscerli per evitare di caderne vittima. Con il tono diretto e il gusto per la provocazione che lo contraddistinguono, Rick DuFer cerca di scandagliare le molte entità che oggi prendono possesso della nostra vita, e segnala anche precise vie di fuga dalle nevrosi cui non siamo affatto condannati.
Quello che vedi è reale? Ti senti libero? Da dove vengono i tuoi pensieri? Dio esiste? Cinquanta domande per ragionare intorno ai grandi temi della vita, sviluppare senso critico e capacità di indagare noi stessi. Attraverso le parole dei pensatori che via via incontriamo in queste pagine, si apre lo spazio per il dialogo e per un gioco senza confini perché, come spiega Umberto Galimberti, domandare e rispondere è "fare filosofia". Età di lettura: da 9 anni.
Le più belle avventure dell'Iliade narrate da una mamma ai suoi figli. Le grandi gesta di Achille, Agamennone, Paride e tanti altri eroi, i capricci degli dèi che stabiliscono il destino degli uomini, una città in fiamme, dee affascinanti e astute. Tutta l'avventura dell'Iliade in un classico che ha accompagnato generazioni di lettori. Età di lettura: da 8 anni.
È alla ricerca del fratello piccolo, partito con l'intenzione di raggiungere l'Europa e mai arrivato, che Ibrahima Balde lascia la Guinea e il lavoro di camionista, per intraprendere un viaggio che non voleva fare, ma che è comune a migliaia di africani. Questo romanzo è la cronaca, lucida ed essenziale, della vita di Ibrahima Balde, da lui stesso raccontata, e trascritta dal poeta Amets Arzallus Antia. Una voce che ci fa capire, senza vittimismo ma in tutta la sua drammaticità, cosa sono la traversata del deserto, il traffico dei migranti, la prigionia, le torture, la violenza della polizia, il viaggio in mare, la morte. Una voce ferma, così chiara e profonda da diventare a tratti poetica, che ci racconta cosa significa conoscere la sete, la fame, la sofferenza. Esistono mille motivi e storie che portano una persona ad attraversare il Mediterraneo per cercare di raggiungere l'Europa. La disumanizzazione delle loro morti, le espulsioni, le vite illegali sembrano necessarie per alimentare la nostra indifferenza. In realtà ognuna di queste vite è unica e universale e questo racconto ne è la drammatica testimonianza.
Viciuzza e Rosalia si conoscono nei vicoli di Palermo eppure, nonostante la miseria che le circonda, quando scherzano e si confidano si spande attorno a loro un profumo intenso di rosa. Perché Rosalia non è solo una coetanea di Viciuzza, una ragazzina povera quanto lei, ma è la Santuzza che il popolo invoca nel bisogno. Viciuzza non ha una madre che le voglia bene e se sul suo piatto arriva qualche fava da farci una purea è grazia ricevuta, ma ha un candore che le privazioni non possono intaccare e che le vale il soprannome di "Babbasuna". L'incontro con santa Rosalia nel 1614 intreccia un'amicizia che durerà tutta una vita. Intanto il gesuita padre Cascini, ignaro di questo legame speciale, è impegnato nell'"ideuzza" di dotare santa Rosalia di una genealogia illustre che la faccia discendere da Carlo Magno, per renderla accetta alla nobiltà e all'alto clero. E scomoda per la sua iconografia nientemeno che il fiammingo van Dyck. Fra spie vaticane e le ombre della Riforma protestante, è proprio questo gesuita malandato ma tenace a salvare Viciuzza dalla strada, con l'aiuto delle sue impareggiabili aiutanti, le suore Mano destra e Mano sinistra, e a trovarle sistemazione presso la grande pittrice Sofonisba Anguissola. Nel 1624, quando sopra Palermo si abbatte la peste con il suo fetore insopportabile, di santi - anzi, di sante patrone - ce ne sono ben quattro, ma nessuna sembra godere della fiducia del popolo. Solo la Santuzza può compiere il miracolo più grande e mettere in salvo la città e i suoi abitanti. Ed ecco che l'"ideuzza" di padre Cascini finalmente prende forma, con l'aiuto di una Viciuzza ormai più matura e consapevole. Giuseppina Torregrossa scrive un romanzo vivacissimo e pieno di ironia, dove Palermo è il centro di macchinazioni ordite da Nord a Sud, da Anversa a Roma, fra spiritualità, amicizie, arte e potere.