Fra gli eroi dell'Antico Testamento, Mosè è forse quello che più di tutti ha rappresentato, agli occhi degli uomini di ogni tempo, l'avvolgente complessità e l'inesauribile ricchezza del testo biblico. Protagonista del ciclo narrativo più ampio, personaggio multiforme e contradditorio, diviso fra due terre e due appartenenze, in bilico fra elezione e condanna, Mosè è lo straniero e il liberatore, il taumaturgo e l'inadempiente. Ma soprattutto ha il ruolo supremo di colui che incarna la Legge, e con ciò l'idea stessa di monoteismo.
In questa composita raccolta Flaiano descrive luoghi dell'Abruzzo natio in cui la desolazione è profondamente radicata e figure che, su quei fondali, paiono inesorabilmente votate all'autodistruzione: come l'intellettuale romantico e decadente che sospende un'assunzione fatale di veronal solo per la momentanea fioritura di una rosa, o il giovane, ultimo di sei fratelli, cui la famiglia non perde occasione di rinfacciare il suo status di indesiderato, di nato "a tavola sparecchiata". E quando, nel più lungo di questi racconti, Flaiano rievoca la vicenda di uno zio prete, don Oreste, la narrazione affonda ancor più tra quelle rocce scarne, dove "i cattivi umori della terra cristallizzano" e generano quel Blu di Prussia "velenoso, sordido, intelligente...".
Sir Hugo Coal non è mai stato un filantropo. Anche quando non vegetava sulla sedia a rotelle, aveva la tendenza a considerare gli esseri umani meno comprensibili ed eleganti dell'enorme scheletro di sauro che andava pazientemente ricostruendo. Ma quello che vede ora, nella sua villa, nei rari momenti in cui i suoi familiari non lo costringono a fissare una parete, gli piace anche meno. È chiaro che Fledge, l'ambiguo maggiordomo, sta ordendo una sua trama assai sinistra. Di quella trama la moglie, la figlia e sir Hugo stesso, fanno più o meno consapevolmente parte. Quel che è meno chiaro è in che modo sir Hugo possa usare l'unica arma, peraltro letale, che gli resta, il suo "sguardo fisso di lucertola".
Questa è la storia di un bambino che ha due più due più due anni, e dice sempre ogni cosa due volte, perché con tutta la gente che abita a casa sua, due genitori, due fratelli e due sorelle grandi, la prima volta non lo sente mai nessuno. Direttamente dalla penna di papà Mordecai, la prima puntata di un lungo racconto sulla famiglia più disordinata, più rumorosa e più buffa del mondo. Età di lettura: da 6 anni.
C'è un cuore nella Cabbala: è lo "Zohar", il libro dello Splendore, un immenso e rapsodico commento alla "Torah" nato sul finire del XIII secolo in ristretti circoli cabbalistici castigliani e destinato a imporsi come opera canonica di indiscussa autorità a fianco della "Bibbia" e del "Talmud". E c'è un cuore nello "Zohar": il capitolo dedicato alla creazione, chiuso nella lucentezza dei suoi 17 versetti e delle relative chiose. Poprio questo capitolo è stato tradotto, introdotto e commentato da Gershom Scholem, il quale non trascura di esporre il drammatico racconto "preliminare" delle dieci sefiroth o "sfere" della divinità, le prime tre nascoste nell'insondabile nulla del "senza fondo", le altre sette legate ai giorni della creazione.
Puck è un piccolo fauno dagli occhi cerulei di shakespeariana memoria, vecchio come il Tempo, capace di ricreare il Passato davanti agli occhi di due fratelli, Dan e Una, che vengono così iniziati - celatamente - agli Arcani dell'Impero, nella fattispecie quello britannico. Grazie alla potenza della sua magia evocativa, "vediamo" in azione i centurioni romani di stanza al Vallo di Adriano e i cavalieri alla conquista normanna, scopriamo il segreto del ferro e assistiamo a una razzia di vichinghi, passiamo dal Medioevo con le sue forche e i suoi lebbrosi ai fasti dell'epoca rinascimentale di Enrico VII.
Come va letta una storia? E che cosa accade allorché si viene a contatto con storie e miti di altri popoli? Quali occasioni di arricchimento, ma anche quali pericoli si profilano quando, attraverso le storie, incontriamo l'Altro? In questo libro Wendy Doniger prende spunto dalle suggestive metafore offerte da alcuni metamiti per indagare i vari modi in cui è possibile entrare in relazione con i miti degli altri e con i propri.
"Ernestina Micou in Jussiaume, detta la Stangona, da lei arrestata diciassette anni fa in rue de la Lune, e che per mandarla in bestia si mise a fare la puttana, sollecita l'onore di parlarle al più presto di una questione della massima importanza"; questo c'è scritto sull'apposito modulo che in una torrida giornata d'estate il vecchio usciere del Quai des Orfèvres consegna al commissario Maigret. Il nome non gli dice niente, e neanche il soprannome, ma la scena Maigret se la ricorda: allorché il commissario alle prime armi aveva cercato di arrestarla, quella ragazzona lunga lunga si era stesa sul letto completamente nuda. E adesso è venuta a raccontargli che il suo uomo aveva trovato, in una villa dove era entrato a rubare, il cadavere di una donna.
È accaduto, e sta accadendo nei nostri anni, che l'Europa, proprio nel momento in cui giungeva alle soglie dell'unità politica ed economica, si scoprisse in preda a spinte opposte, centrifughe, a resistenze di ogni tipo - teoriche e pratiche - come se il segno dell'unità fosse innanzitutto in questo acuto sentimento di crisi. Come si spiega tutto ciò? Nietzsche scrisse una volta che l'Europa è un malato, anzi un malato incurabile. E da qui prende le mosse l'itinerario di Cacciari.
Chi accetterebbe mai di ospitare per quindici anni nel giardino di casa propria un'anziana barbona e il furgone debordante di rifiuti che ne costituisce il domicilio? Oltretutto Miss Shepherd non è una vecchina che susciti tenerezza: è grande e grossa, scontrosa, bislacca, poco incline alla gratitudine. Porta come cappello una scatola di cereali fissata con un velo e ha una gonna fatta di strofinacci per la polvere. Si fa scarrozzare per la città su una sedia a rotelle ed emana un insopportabile fetore. Chi mai acceterebbe una così perturbante prossimità? Forse solo Alan Bennett che in questo libro ci affida il diario di una lunga e incongrua convivenza.