Descrizioni, esclamazioni, dichiarazioni di intenti. Minacce, insulti, promesse. Appellativi, ordini, maledizioni. Attilio Bolzoni entra nel gergo della mafia, rivelando cosa significano davvero per Cosa Nostra parole come omertà, denaro, dignità, famiglia, affari, religiosità, amicizia. Le regole e i "valori" degli uomini d'onore, patti, ricatti e tradimenti, ascoltati dalla parlata di chi li ha dettati, imposti, vissuti. Un libro in cui ogni pagina di appunti è il volto di un mafioso. O lo specchio del suo modo di vivere. Di un suo "ragionamento". Ogni voce è una lente di ingrandimento con cui si osserva una scena, si segue una vicenda, si comprende un mondo. E dove le parole della mafia, rimaste impigliate tra gli appunti di un cronista, si intrecciano agli sguardi, ai gesti di protagonisti e comparse per comporre un grande e rigoroso romanzo che da voce a mezzo secolo di storia.
Viaggio alla scoperta di Cesare Pavese: i luoghi, la natura, l'aria, la luce, le voci.
L’ultimo rifugio di Sandokan era un bunker sotterraneo, protetto da tre mastini napoletani, in cui il boss ingannava il tempo dipingendo e leggendo libri su Napoleone e il regno delle Due Sicilie.
Alla sentenza d’appello del processo Spartacus i protagonisti di questo libro hanno totalizzato 16 ergastoli e 336 anni e tre mesi di reclusione.
Due dei giornalisti e scrittori che si sono occupati di Casal di Principe vivono sotto scorta.
Dopo l’esplosione dello scandalo delle discariche in Campania e la sentenza d’appello del processo Spartacus, i Casalesi sono balzati alla ribalta della cronaca. Come nel caso dei Corleonesi in Sicilia, il clan più potente e sanguinario della camorra non viene dalla città ma dalla campagna: il paese di Casal di Principe, in provincia di Caserta. E proprio un’alleanza organica con la mafia è all’origine del trionfo dei Casalesi, che incarnano lo spirito e i riti della vecchia camorra e insieme dimostrano una straordinaria capacità di adattarsi al presente. Fin dagli anni Ottanta hanno sviluppato un controllo paramilitare del territorio, esigono percentuali sulla vendita di droga, sulla prostituzione, sul gioco d’azzardo, esercitano estorsioni su ogni attività commerciale, si infiltrano in tutti gli appalti pubblici, governano gli investimenti immobiliari, diversificano le loro attività in settori che vanno dalle pompe funebri alla produzione di mozzarella di bufala fino al calcio, riciclano milioni di euro e si arricchiscono col business dei rifiuti tossici e delle discariche abusive, allargando sempre più la loro influenza in Italia e nel mondo; e tutto questo in mezzo a delitti eccellenti, lupare bianche, sanguinose guerre fra clan.
Attraverso documenti, atti giudiziari, testimonianze, cronache giornalistiche e una serrata ricostruzione storica, Gigi Di Fiore, che dalle pagine del “Mattino” segue anche le vicende di quella “periferia della periferia dimenticata”, compone con L’impero il primo racconto complessivo di un’agghiacciante realtà criminale che ha superato i confini della cronaca nera ed è diventata un vero e proprio cancro sociale.
Dopo lo scandalo internazionale suscitato da "Pasque di sangue", sui possibili omicidi rituali in alcuni circoli ebraici tra Medioevo ed età moderna, Ariel Toaff affronta oggi un altro tabù dell'ebraismo contemporaneo: l'antisemitismo (e l'Olocausto) come elemento fondante dell'identità ebraica. Secondo Toaff, l'insistenza sull'Olocausto, e il conseguente vittimismo consolatorio, hanno creato un ebraismo virtuale, passivo e autoreferenziale, che ha un peso non solo politico ma anche culturale: annulla tutto ciò che è accaduto prima e dopo la Shoah, ed è il principale responsabile dell'incapacità degli ebrei della diaspora di confrontarsi con temi più urgenti, come il ruolo di Israele e l'inadeguatezza attuale di una coscienza storica consensuale e monolitica.
Se c'è qualcosa che a noi italiani riesce davvero bene, sicuramente questo qualcosa è l'imperfezione. Essere imperfetti, per noi, è una vocazione, una missione, un diritto continuamente rivendicato, la debolezza della quale non possiamo fare a meno. Lo sa bene Beppe Severgnini che nel corso del tempo ha brillantemente documentato il nostro destino di esseri imperfetti, da una prospettiva, al contempo ironica e malinconica, tagliente e controintuitiva. Questi sono due dei suoi atipici "manuali" aggiungendo un nuovissimo, inedito "Manuale dell'uomo sociale", un vero e proprio "bonus book", una raccolta di istantanee di questo inizio secolo nelle quali Severgnini descrive un'Italia sempre ossessionata dai cellulari, stretta tra stipendi balcanici e prezzi inglesi, tra aperitivi serali e outlet. Tre manuali che sono un unico libro sugli italiani che ragionano, mangiano, viaggiano, giocano, stanno in casa e sempre, in ogni caso, si complicano la vita.
Emanuele Severino affronta la filosofia morale, la "ragion pratica", e discute della "virtù" sollevando il velo dei luoghi comuni sulla buona fede, l'etica della tradizione, il matrimonio cattolico, la preghiera, la volontà di verità. Dalla corruzione pubblica alle marce contro i pedofili, dalle implicazioni del "Padre nostro" ai fondamenti dell'etica laica, dalle pratiche contraccettive ammesse dalla Chiesa all'indifferenza dei popoli ricchi per le sofferenze di quelli poveri, tutti argomenti noti ma visti per la prima volta da una prospettiva radicalmente nuova, quale è quella di Severino. Attraverso l'analisi e la critica del pensiero di giganti come Platone, Aristotele, Spinoza, Kant, Bergson, Nietzsche, si snoda un intenso percorso di riflessione sull'essenza e sulle contraddizioni della ragion pratica, che conduce allo smascheramento e alla presa di coscienza della "follia dell'Occidente".
“In nessun altro Paese del mondo una storia come la mia sarebbe mai stata possibile”, ha detto Barack Obama durante il suo famoso discorso di Filadelfia “sulla razza” che Rizzoli offre in edizione con testo a fronte al pubblico italiano. A chi lo aveva accusato di nutrire disprezzo verso i bianchi e a coloro che, al contrario, si opponevano alla candidatura di un afroamericano alla presidenza, ha risposto ammettendo la diffidenza che separa bianchi e neri, ma ha anche raccontato la sua fiducia in un futuro possibile di convivenza e comprensione. A distanza di 150 anni, ha ribadito i principi e le speranze sostenuti da Abraham Lincoln nella famosa conferenza del 1859 con cui avviò il lungo cammino verso l’abolizione della schiavitù. Confrontando i due discorsi, emerge ancora oggi il profondo radicamento della questione razziale, la lentezza dei cambiamenti e la necessità di compiere quella integrazione che tutti auspicano e nessuno, finora, è stato in grado di realizzare.
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Toscana, dicembre 1944: il soldato americano Sam Train, nero, gigantesco, ma di animo ingenuo e gentile, soccorre un bambino ferito, Angelo, e si rifugia insieme a tre commilitoni in un villaggio circondato dalle truppe tedesche. Angelo è sopravvissuto al massacro dei suoi compaesani nella chiesa di Sant'Anna di Stazzema, e conosce la verità sul traditore che l'ha provocata. E quando gli eventi precipitano, sarà proprio l'esempio di Angelo, e di Train, a compiere il miracolo: l'orrore e la ferocia della guerra e del tradimento non riescono a uccidere la speranza nel cuore degli uomini giusti.
In via Castellana Bandiera - una viuzza di Palermo, anzi una fessura che neanche si trova nelle tavole di Tuttocittà, stretta tra il mare e la montagna - vive la schiamazzante famiglia Calafiore, dominata da un patriarca tirannico, il settantacinquenne Saro. Cinque figli, nuore e nipoti, tutti nella stessa palazzina (si odiano, ma per nessuna ragione al mondo si separerebbero). Quando nel loro territorio si scatena una disputa - due auto che non vogliono cedere il passo e bloccano per un giorno e una notte il vicolo - sono i Calafiore a guidare il coro di spettatori-tifosi e a organizzare un giro di scommesse. Ma la farsa è destinata a diventare tragedia.
Liquidato come un fenomeno passeggero, considerato pericoloso per il riemergere di pulsioni xenofobe, o folcloristico per il richiamo ai riti celtici e alle ampolle, il partito di Bossi ha resistito alla grave malattia del suo leader, uscendo vincitore dalle ultime elezioni. Ormai fuori dal ghetto pedemontano delle valli bergamasche, il Carroccio è avanzato nelle grandi città, nelle fabbriche, nell'Emilia rossa, nel centro del Paese. Di fronte alla disgregazione dei rapporti di forza tradizionali e alla secolarizzazione dei partiti, diventa decisivo interrogarsi sull'enigma di un movimento che non si considera né di destra né di sinistra, e che è l'unico, dopo la scomparsa del Pci, a restare ancorato al territorio. Raccontare la Lega significa provare a spiegare senza tesi preconfezionate, senza pregiudizi ma anche senza fare sconti alle sue derive populiste, l'evoluzione di un partito che ha segnato gli ultimi vent'anni della politica nazionale.