"Agonia della notte" è il secondo romanzo del ciclo narrativo intitolato "I sotterranei della libertà", dopo "Tempi difficili". In questa trilogia Amado tenta una ricostruzione della storia politica del suo Paese descrivendo il periodo di dittatura di Vargas, il cosiddetto Estado Novo. E per fare ciò utilizza le sue capacità di narratore e di "cantastorie", mescolando vicende e personaggi di tutti gli strati sociali, intrecciando storie vere e inventate, sapidi fondali tropicali e squallidi panorami metropolitani.
Una strage, percepita con chiarezza nel suo nefasto profilarsi, scuote la sensibilità di tre abili poliziotti. Per sventarla occorre trovare il nesso fra un atto vandalico ai danni della statua del presidente della Confederazione americana Jefferson Davis, un oscuro sabotaggio informatico e il brutale assassionio di un'anziana donna. Con quello che si rivelrà l'incarico più difficile della sua carriera, Judy Hammer, ex comandante della polizia di Charlotte, è giunta a Richmond per mettere ordine nella complessa trama malavitosa della città. Aiutata dal fedele vicecomandante Virginia West e dal giovane agente Andy Brazil, la Hammer deve però fare i conti con la diffidenza delle autorità locali e sfidare l'attentatore a scoprirsi.
Il graffitista Keith Haring ha tenuto un diario per tutta la sua vita, fino a un mese prima di morire a causa dell'Aids, nel 1990. L'adolescenza, le prime esposizioni, i murales nelle metropolitane, l'amicizia con Warhol e Burroughs, fino alle grandi mostre e al successo. Un diario che mostra il lato personale e professionale dell'artista scomparso. Premessa di David Hocney, introduzione di Robert Farris Thompson.
In una narrazione che dal mito conduce fino alla progressiva affermazione di Atene quale potenza egemone del Mediterraneo, si incontrano nomi come Zeus, Atena, Teseo, Dedalo, Pericle, Socrate, Fidia. Dei ed eroi, ma soprattutto poeti, filosofi e condottieri che sono stati artefici di un'età irripetibile di tragedia, splendore e libertà. Sono loro i protagonisti del romanzo d Atene che tra battaglie e capolavori d'arte, tra filosofia e teatro, porta i lettori alla scoperta di una civiltà che costituisce da più di duemila anni il modello di riferimento per tutto il mondo occidentale.
Stalingrado, 1942. Fra le truppe sovietiche che combattono contro le armate tedesche, il sergente maggiore Zaitsev è considerato una leggenda, il cecchino più valoroso e imprendibile. I suoi superiori gli affidano così il compito d'istruire un'intera squadra di cecchini, nella quale si trova anche Tania Chernova, una partigiana bielorussa giunta a Mosca per vendicare la sua famiglia sterminata dai nazisti. Ma la fama di Zaitsev raggiunge ben presto anche i tedeschi che decidono di contrapporgli l'aristocratico Heinz Thorvald, campione di tutti i poligoni di tiro della Germania. Inizia così un duello fra i due, che diventa una guerra nella guerra e che sarà deciso anche dal ruolo che Tania riuscirà a giocare in quella partita fatale.
Un commovente racconto-apologo che ha per protagonista Sirio, il saggio pescatore incontrato per la prima volta ne "La notte infinita". Sette ragazzi di città scoprono i segreti del mare e della pineta, con i suoi personaggi come il matto, il cavallo bianco, gli uccelli, gli scoiattoli; finché un giorno questo mondo magico e incantato è distrutto da un incendio. Sarà allora Sirio a spiegare il significato che si nasconde dietro l'apparente silenzio del cielo.
In "Inquisizioni" Borges privilegia autori e motivi legati alla cultura argentina - sul versante della cultura avanguardistica come su quello dell'ispirazione popolareggiante - e sullo sfondo si staglia il controverso rapporto che lega lo scrittore alla letteratura spagnola e all'eredità barocca in particolare, ma non mancano i segni di una capacità precoce, spesso folgorante, di misurarsi con le grandi questioni letterarie e culturali: basti pensare al saggio sull'"Ulisse" di Joyce, probabilmente il primo apparso in America Latina o a quello su Sir Thomas Browne, dove Borges disegna un autoritratto in fieri.
Se ne sarebbe ricordato in seguito di quell'attimo, e non sempre con piacere. Per anni, in certe ridenti mattine di primavera, i colleghi dei Quai des Orfèvres avrebbero conservato l'abitudine di rivolgersi a lui con un misto di serietà e di ironia: "Senti Maigret" "Che c'è?" "C'è Félicie!". E allora lui la rivedeva, sottile, con i suoi vestiti chiassosi, i grandi occhi color nontiscordardimé, il naso impertinente, e il cappello poi, quel terrificante cappellino rosso piazzato in cima alla testa con una lunga penna verde cangiante infilzata come una freccia. "C'è Félicie!". Il commissario sbuffava. Lo sapevano tutti che Maigret si metteva a sbuffare come un orso quando qualcuno gli ricordava Félicie.