Chi combatte sotto le mura di Troia? Gli eroi, ma anche gli dèi e, con molto accanimento, le dee. Dopotutto, questa immane contesa è stata scatenata da una rivalità tra divine: la famosa mela d'oro assegnata da Paride ad Afrodite, che in cambio gli ha dato Elena. E così, con occhi femminili stavolta è raccontata l'Iliade. È Atena a parlarci dell'ira di Achille, ed è la madre dell'eroe, Teti, a spiegare i moti dell'animo di suo figlio, le sue scelte che tanto sangue costeranno ai due eserciti. Afrodite tiene un occhio sul campo di battaglia e un altro sui suoi protetti Paride ed Enea, di cui ci narra le gesta, senza nascondere le proprie ingerenze. La sua rivale Era, per contro, tifa per i Greci e cerca di favorirne la vittoria. E poi ci sono due donne speciali, l'una figlia di Zeus, l'altra toccata da Apollo: Elena e Cassandra, che da dietro le mura di Troia testimoniano il fato atroce dell'altra metà del cielo in ogni conflitto. Ma di chi è la voce che grida la sua disperazione e si predispone al sacrificio, mentre la città brucia? È la moglie di Enea, Creusa, una protagonista che la storia ha lasciato indietro ma che ha qualcosa di molto importante da rivelare. Riportando in vita l'Iliade come un coro di voci femminili, Marilù Oliva ribalta la prospettiva sulla più maschile delle vicende, la guerra, riappropriandosene a nome di tutte: delle troppe vinte, umiliate, violate, ma anche delle poche vincitrici apparenti, destinate ad afferrare trionfi effimeri come la vendetta. Un'epica potente, commovente, palpitante: indimenticabile.
L'unico modo per raggiungere Sassaia, minuscolo borgo incastonato tra le montagne, è una strada sterrata, ripidissima, nascosta tra i faggi. È da lì che un giorno compare Emilia, capelli rossi e crespi, magra come uno stecco, un'adolescente di trent'anni con gli anfibi viola e il giaccone verde fluo. Dalla casa accanto, Bruno assiste al suo arrivo come si assiste a un'invasione. Quella donna ha l'accento "foresto" e un mucchio di borse e valigie: cosa ci fa lassù, lontana dal resto del mondo? Quando finalmente s'incontrano, ciascuno con la propria solitudine, negli occhi di Emilia - "privi di luce, come due stelle morte" - Bruno intuisce un abisso simile al suo, ma di segno opposto. Entrambi hanno conosciuto il male: lui perché l'ha subito, lei perché l'ha compiuto - un male di cui ha pagato il prezzo con molti anni di carcere, ma che non si può riparare. Sassaia è il loro punto di fuga, l'unica soluzione per sottrarsi a un futuro in cui entrambi hanno smesso di credere. Ma il futuro arriva e segue leggi proprie; che tu sia colpevole o innocente, vittima o carnefice, il tempo passa e ci rivela per ciò che tutti siamo: infinitamente fragili, fatalmente umani. Con l'amore che solo i grandi autori sanno dedicare ai propri personaggi, Silvia Avallone ha scritto il suo romanzo più maturo, una storia di condanna e di salvezza che indaga le crepe più buie e profonde dell'anima per riempirle di compassione, di vita e di luce.
Ildegarda ha scoperto cosa significhi amare in modo assoluto quando è nato Tommaso, una luce che illumina la sua vita dopo che il marito l'ha lasciata. È un amore che però deve passare attraverso la consapevolezza della fragilità e della rapidità bruciante della vita. A soli tre mesi, infatti, Tommaso viene toccato dalla malattia. Ildegarda, mentre sente il bisogno impellente di chiedersi il senso del male nel mondo, arriva a stringere un patto con Dio, a offrirgli la propria vita per salvare quella del figlio. La ricerca di un rifugio li porta nelle montagne innevate dell'Alto Adige, dove Ildegarda, grazie all'incontro con un uomo che con lei condivide la fede e l'esperienza della perdita, conosce una nuova passione, questa volta anche fisica, per la vita. E forse un nuovo inizio. "Il tempo è un dio breve" è il racconto di una lotta e insieme di un viaggio, una discesa nella paura e insieme una salita nella speranza, un percorso di profondità e bellezza struggente che parla a chiunque voglia ascoltare.
Una sera uguale alle altre, in uno sperduto osservatorio astronomico. La luce delle stelle illumina, ma non abbastanza, la piccola comunità di scienziati residenti che si trova alle prese prima con un black-out, forse un sabotaggio, e poi con un cadavere trovato nella sala comune, forse un assassinio: la vittima potrebbe essere caduta da una balaustra, o essere stata spinta. L'osservatorio è isolato, i telefoni sono muti, i cellulari non prendono, i copertoni delle automobili sono stati tagliati e la città più vicina, se si riesce ad attraversare il deserto, si trova a due ore di macchina. Come in una macabra barzelletta, due italiani - Gabriele, che ha appena finito il dottorato, e Pinetta, che ancora lo sta finendo -, un'americana - Samantha, star dell'astrofisica mondiale -, un inglese - Matt, pettegolo come una suocera - e una sudamericana - Mariela, medico dell'osservatorio - si trovano a dover valutare l'ipotesi che l'omicida o il sabotatore sia non solo tra loro, ma uno di loro. Essendo scienziati, però, sanno che, date le ipotesi, per giungere alla tesi non c'è che da tessere un ragionamento. Sarà Gabriele, lettore di gialli e abile astrofisico, capace di empatizzare anche con gli assassini, a trovare il bandolo dei delitti che, come tutta la sua vita, è scritto nelle stelle. Licia Troisi, alla sua prima prova da giallista, dà vita - tra Sherlock Holmes e Poirot - a una storia che racconta quanto studiare fisica sia una scuola naturale per risolvere casi complicati, e dimostra quanto mancava uno scienziato investigatore alla nostra narrativa.
Questa storia comincia una sera d'inverno, il 7 gennaio 1978. Davanti a una sede del Movimento sociale italiano nel quartiere Appio Latino, a Roma, vengono uccisi a colpi d'arma da fuoco due attivisti di destra. Da quel momento, i morti di Acca Larentia diventano icone intoccabili del neofascismo. Questa storia ricomincia il 30 aprile 1987, quando viene arrestato Mario Scrocca, un militante di estrema sinistra. Secondo gli inquirenti, Scrocca avrebbe fatto parte del commando che colpì ad Acca Larentia. Lo troveranno cadavere ventiquattro ore più tardi, impiccato in una cella di Regina Coeli. Ma troppe cose non tornano... Questa storia senza fine ricomincia - una volta ancora - un pomeriggio di giugno del 2021. Due donne si incontrano sotto il cielo di Roma. Rossella ha sessant'anni ed è la vedova di Mario Scrocca. Valentina, di anni, ne ha trenta, è cresciuta dalle parti di Acca Larentia, in passato ha frequentato dei neofascisti e si porta dentro le cicatrici di quelle frequentazioni. "Dalla stessa parte mi troverai" è il racconto di un amore vissuto a mille nei giorni in cui tutto era ancora possibile e di una vita spezzata al tempo del disincanto collettivo, prima di essere consegnata all'oblio. Con un rigore che non ammette sconti, Valentina Mira fa luce sul vittimismo osceno dei carnefici, demolendo retoriche, alibi, miti di quella destra che si è presa l'Italia.
1939. L'Italia si prepara a vivere l'ultimo Natale di pace, ma un omicidio squassa il ventre della città. Quanta solitudine che c'è. In Europa la guerra è cominciata, eppure da noi qualcuno si illude ancora che sia possibile tenerla fuori della porta. E poi sta arrivando la più bella delle feste, quella dove si mangia, si beve, ci si abbraccia, quella in cui ci si scambiano doni con le persone care; non bisogna avere pensieri tristi. La solitudine, però, la solitudine vera, è difficile da scacciare. Puoi essere solo perfino se stai in mezzo alla gente, se hai una famiglia, degli amici. Soprattutto puoi essere solo se decidono che sei diverso, magari perché non sai parlare, o perché ami persone del tuo stesso sesso. O perché, dicono, sei di un'altra razza. Anche Erminia Cascetta era diversa, a modo suo. Aveva troppa voglia di vivere, perciò l'hanno uccisa. In questo tempo che accelera verso l'abisso, spetta al commissario Ricciardi e al brigadiere Maione scoprire chi è stato. La chiave di tutto, però, è sempre la solitudine. Che, a volte nemmeno lo sappiamo, ci siede accanto. «Potessi parlarti, ti parlerei della solitudine del cuore. E della condanna che hai comminato, senza nessuna pietà, e senza avere idea di quello che stavi facendo. Potessi parlarti, ti direi che alla fine la colpa è tua. Ma non posso parlarti, giusto? No, non posso. Perché sei morta».
Martina è una ragazza di diciotto anni che ha alle spalle un'infanzia di privazioni e abbandono. Vive una condizione di emarginazione a scuola, in paese e anche nella casa-famiglia che la ospita. Una profonda timidezza e una totale sfiducia in sé stessa la fanno vivere in un cono d'ombra e di solitudine. Un giorno Martina conosce Jano, un giovane pellegrino diretto a Santiago di Compostela e con lui inizia ad affrontare i blocchi emotivi che la incatenano, maturando allo stesso tempo la propria fede in Dio. La loro amicizia si trasforma presto in un sentimento più profondo, attraverso il quale la personalità della ragazza fiorisce in modo straordinario ed inatteso.
Siamo nell'autunno del '44, nel territorio della montagna veronese. I fascisti vanno ad arrestare Luigi. Messo in carcere e torturato, colpevole soltanto d'essere il fratello di don Antonio, anch'egli arrestato e portato davanti al plotone di esecuzione. E questo perché aveva voluto mettere al sicuro, in un convento di suore, la figlia di un noto partigiano, di cui i nazi-fascisti volevano servirsi per obbligare il padre alla resa. La potenza del linguaggio accompagna lo snodarsi degli episodi sin dall'inizio, dando spessore ai personaggi e al loro ambiente. Un quadro da cui vengono fuori valori potenti, come la famiglia, la fede, la contrada come cortile educativo, la dignità di ogni persona.
Franco Nembrini racconta la Divina Commedia ai più giovani. Il Purgatorio è la cantica della misericordia, del perdono, della fatica e del tempo. Il tempo di diventar grandi, la fatica di crescere, la scoperta entusiasmante che, qualunque sia il nostro male, il nostro peccato, l'inferno da cui usciamo, si può sempre essere perdonati. Basta un maestro, e la libertà, il coraggio di seguirlo. ll Purgatorio, in definitiva, è la cantica che più facilmente possiamo sentire nostra, a qualunque età della vita. Perché sempre abbiamo bisogno di perdono e di ricominciare.
Grecia, 400 a.C. Pericle, tiranno di Atene, incarica il celebre scultore Fidia di concepire un'opera monumentale per onorare Atena. Nasce così il Partenone, nel quale Fidia colloca un'enorme statua della dea creata utilizzando ben 1137 chili d'oro. In realtà Fidia, d'accordo con Pericle, nasconde l'oro in un luogo segreto, come riserva per i tempi difficili che attendono la città. Ma presto gli ateniesi iniziano a sospettare e il destino dello scultore e del tiranno è segnato. E tutto quell'oro rimane nascosto per secoli... Gran Bretagna, 1802. I collaboratori del diplomatico britannico Lord Elgin incappano in una scoperta sconvolgente: sulla scorta di enigmatici indizi, riescono a individuare l'oro perduto degli dei e spogliano l'Acropoli delle sculture di Fidia. Sulla via del ritorno in Inghilterra, la nave che trasporta i reperti si inabissa nei pressi di una piccola isola, che diventa teatro della più imponente impresa di ripescaggio subacqueo dell'epoca. Ma anche scenario di trame e intrighi letali che vedono gli inglesi scontrarsi con le spie di Napoleone e i temibili servizi segreti del Papato. Oggi. Saranno Oswald Breil e Sara Terracini a provare a risolvere l'enigma della scomparsa e a ricercare l'oro modellato da Fidia, così da riportarlo a casa prima che l'avidità umana lo celi di nuovo al mondo intero. Attraverso un lungo viaggio nella Storia, Marco Buticchi ripercorre un mistero che unisce epoche lontanissime, dall'Antica Grecia agli anni di Napoleone. Sulle tracce di un tesoro di inestimabile valore, verranno svelate verità sepolte da millenni.
Notte del 18 luglio 1936. Barcellona brucia. Inizia la guerra civile che porterà al potere Franco. La famiglia italiana Moncalvi, titolare di una delle più rinomate gastronomie della città, è al bivio: cercare di sopravvivere nei tumulti o tentare la fuga verso l'Italia. Decideranno di partire, ma sarà uno strappo doloroso. A raccontare l'epopea della famiglia Moncalvi è Augusto, "Gutin", il più piccolo dei fratelli. Dopo un viaggio sospeso tra il sollievo di essere scampati alla violenza, la disperazione per aver lasciato la propria casa e la speranza in un nuovo avvenire, gli occhi sognanti del ragazzo vedranno le meraviglie di Genova, la villa sulle colline di Gavi dove ripareranno, l'incanto della vita nei boschi. Ed è qui che Gutin rimane affascinato da uno zio avventuriero, grande conoscitore di quelle storie di mare di cui la fantasia del ragazzo si nutre. Ma Augusto resta affascinato anche da una ragazza dai riccioli neri, Laura, con la quale inizia a trascorrere le sue giornate. Quello che gli manca, però, è il coraggio di dichiararle il suo amore. Qualche anno dopo questo piccolo Eden viene spazzato via dai venti della Seconda guerra mondiale. L'adorato zio sceglie di salire sui monti con i partigiani, Laura fugge insieme alla sua famiglia: la vita dei Moncalvi non è più la stessa. Giulia, la sorella maggiore, è costretta a occuparsi della casa e dei suoi fratelli, confidando a un diario i suoi sogni di ragazza. Finché un giorno i tedeschi prendono possesso di villa Moncalvi e Augusto, attraverso il confronto con un medico dell'esercito invasore e quello sempre più stretto con sua sorella, impara a distinguere il confine tra il bene e il male e a rimettere insieme i tasselli della sua storia famigliare. Quando la guerra volge al termine, Gutin prova a rintracciare suo zio e quella ragazza dai riccioli neri che non vede da mesi, sperando che nel frattempo non si sia dimenticata di lui. Con Il mio nome nel vento Alessandro Rivali dà vita, con la sua scrittura poetica e limpida, a una grande epopea famigliare, un viaggio frutto di una ricostruzione basata su documenti della sua famiglia, a cui si ispira da vicino quella immaginaria dei Moncalvi, e sui fatti di un periodo di Storia cruento e cruciale.
Cosa succede quando in un paese di montagna di poco più di duecento anime, abbandonato dai giovani, ammorbato dalla noia, arriva una donna con un grande telaio per tessere a mano? Lei è Filomena, sarda di origine ma cresciuta nella campagna senese da sempre. Rimasta vedova e con due figli ormai adulti, decide di lasciare la sua terra per seguire il sogno di una vita: tessere, e per farlo sceglie un luogo di montagna, silenzioso e quasi dimenticato da tutti. Il suo arrivo genera nel paese un movimento inatteso, pian piano si diffonderà una nuova energia, risvegliando gli abitanti da una morbosa sonnolenza interiore. Accadranno così avvenimenti che, grazie alla "tessitrice" faranno riemergere, negli uomini e nelle donne, virtù dimenticate e sogni mai realizzati.