Di Julia Martin sappiamo solo quanto racconta agli uomini che la mantengono: che forse è stata sposata, che forse ha avuto un bambino, che forse è cresciuta in qualche paese straniero. Del resto a chi passa una notte con lei non importa sapere chi sia veramente quella silhouette con il suo buffo costume di scena: turbante, veletta, un cappottino di seconda mano, un mazzo di violette stretto nel pugno. Del resto neanche a Julia importa sapere quello che pensano gli altri, lei ha sempre qualche credito da riscuotere, e non tradirebbe quello che ritiene l'unico modo sensato di vivere: "Se un taxi suona il clacson prima che abbia contato fino a tre vado a Londra, se no niente".
Costa Azzurra, 1938. Vittima di un banale scambio di rullini Josef Vadassy, un timido insegnante di origine ungherese e incerta cittadinanza, viene arrestato con l'accusa di spionaggio. In realtà la polizia francese sa benissimo che Vadassy è innocente, ma sa anche che non è in condizione di trattare: quindi, o entro 3 giorni scoprirà chi, fra gli ospiti del suo stesso alberghetto, è il vero agente nemico, o si vedrà revocare l'indispensabile permesso di soggiorno. Per imparare il mestiere di spia 3 giorni possono essere pochissimi, specie se i tuoi compagni di villeggiatura provengono da ogni parte d'Europa e appaiono nel giro di una stessa conversazione l'innocenza stessa o la perfidia incarnata...
Nelle profondità dell'America latina si celava da decenni un territorio tenuto gelosamente nell'ombra: così ha detto di questo autore Alvaro Mutis. Sono brevi, taglienti proposizioni che additano imperiosamente una verità che non muore per sottrarla alle fallacie della modernità. Figlio di ricchi possidenti, formatosi da autodidatta nella Parigi delgi anni Venti e ritornato poi a Bogotà, Gomez Davila si ritirò da allora nella solitudine della sua biblioteca raccogliendovi giorno dopo giorno un corpus di sentenze notevole, di cui qui è presentata una prima silloge.
L'Arizona è già il decimo stato e Tucson è solo l'ultima delle innumerevoli città piccole e grandi che il commissario Maigret attraversa, in compagnia dell'ufficiale dell'FBI incaricato di fargli da balia, nel corso del suo viaggio di studi americano. Questo viaggio gli consentirà di apprendere parecchie cose: dal funzionamento dei grammofoni meccanici a quello della giustizia americana; da come si viaggia sulle strade del deserto a come si conduce un interrogatorio. Apprenderà anche che se gli americani sono gentili con tutti e sorridono a tutti, poi la sera affogano in una bottiglia di wisky, e che a volte in una società civile e organizzata come quella americana, un delitto serve a ripristinare l'ordine costituito...
Kurt di Koppigen è come un personaggio di Dostoevskij perso nel Medioevo e delle foreste del bernese - con qualche anno di anticipo su Dostoevskij stesso. La sua anima mal sbozzata e agitata da impulsi incontrollati lo spinge dalla tetra rocca dove è nato verso le strade più impervie. Così per scalfire l'indifferenza di una madre cui è legato da un rapporto di oscura soggezione, Kurt commette un delitto e si fa brigante di strada. Di qui in poi, ogni suo gesto si inscrive, quasi per incantesimo, in un destino di perdizione che nulla sembra poter capovolgere il riscatto. La fiaba di Kurt ha per sfondo valli folte e aspre, per comprimari loschi eremiti e spietati assassini, e per quinta interiore le agghiaccinati visioni del protagonista.
Già nei primi anni Sessanta la riflessione di Sergio Quinzio era centrata sul lento e graduale dissolversi della religione all'interno di una modernità che ha reso gli uomini capaci di credere e di sperare.
«Credo che per noi non si tratti più della vita, ma dell’atteggiamento da tenere nei confronti della nostra fine».
Le lettere, scritte in gran parte nel campo di Westerbork, che ci permettono di udire la voce di Etty Hillesum fino all’ultimo – fino alla cartolina gettata dal treno che la portava ad Auschwitz.
note sull'autore
La storia di questo libro racconta di come la lettura, grazie alla segreta malia di una misteriosa, preziosissima valigia di libri occidentali proibiti, riesca a sottrarre due ragazzi, colpevoli soltanto di essere figli di "sporchi borghesi", a svariate torture e permetta anche a uno di loro di conquistare la "Piccola Sarta cinese". Così, pur vivendo in mezzo agli orrori della rieducazione, i due ragazzi e la Piccola Sarta scopriranno, in virtù di qualche goccia magica di Balzac, che esiste un mondo fatto di pura, avventurosa bellezza. Attraversando, nel frattempo, loro stessi rocambolesche avventure.
Come già dichiara il titolo, Cacciari intende volgere lo sguardo a quel "cominciamento" che è il problema del pensiero filosofico. A questa inattualità nel porre il problema di sempre della filosofia corrisponde una novità perentoria nella articolazione della forma, che abbraccia i tre modi della scrittura filosofica: il dialogo (l'ironia, la ricerca), il trattato (la sistematicità), il parergon (la frammentazione aforistica). Da questi tratti apparirà evidente una voluta arcaicità dell'architetura formale, che implica una vis polemica contro ogni discorso filosofico rassegnato all'inerzia. Qui, al contrario, si riconosce che il pensiero filosofico non può che riproporsi le domande del Parmenide platonico.
Composto nel '68 e pubblicato l'anno successivo questo romanzo colse sul campo il senso più autentico di quella celebre figura giovanile: una decadenza romana archetipica, vissuta coi teatrini e i fumetti delle migliori avanguardie storiche. Contro ogni oppressione razionalistica, politica e scientifica, uno sfrenato cabaret "pop" dell'immaginazione e del desiderio.