C'è un cuore nella Cabbala: è lo "Zohar", il libro dello Splendore, un immenso e rapsodico commento alla "Torah" nato sul finire del XIII secolo in ristretti circoli cabbalistici castigliani e destinato a imporsi come opera canonica di indiscussa autorità a fianco della "Bibbia" e del "Talmud". E c'è un cuore nello "Zohar": il capitolo dedicato alla creazione, chiuso nella lucentezza dei suoi 17 versetti e delle relative chiose. Poprio questo capitolo è stato tradotto, introdotto e commentato da Gershom Scholem, il quale non trascura di esporre il drammatico racconto "preliminare" delle dieci sefiroth o "sfere" della divinità, le prime tre nascoste nell'insondabile nulla del "senza fondo", le altre sette legate ai giorni della creazione.
Sabbetay Sevi nacque a Smirne nel 1626. Dopo studi talmudici e cabalistici visse per molti anni in semi-isolamento, con fasi alterne di depressione e di esaltazione. Sevi convinse se stesso e gli altri di essere il messia e un movimento religioso molto ampio andò diffondendosi e interessò anche gli ebrei della diaspora. Il governo ottomano ordinò il suo arresto e lui si convertì all'islamismo assumendo il nome di Aziz Mehmet. Ciò non bastò per zittire le polemiche tra i suoi fedeli e così fu esiliato in Albania dove morì nel 1676. Il movimento messianico da lui ispirato proseguì anche dopo la sua morte, continuando a influenzare il mondo ebraico per quasi tutto il Settecento.