"Prima di essere celebre, Rodin era solo. E la celebrità, una volta sopraggiunta, lo ha reso forse ancora più solo. Giacché la celebrità è in fondo soltanto la summa di tutti i malintesi che si addensano attorno a un nome nuovo. Quelli che circondano il nome di Rodin sono moltissimi; dissiparli sarebbe un compito lungo e faticoso. D'altronde non è necessario; si assiepano attorno al nome, non attorno all'opera, che è cresciuta a dismisura ben oltre il suono e i limiti di quel nome, fino a cancellarlo e a rendersi anonima come una pianura o un mare, abbreviato in un appellativo sulle carte, nei libri e tra gli uomini, ma in realtà fatto di spazio, moto e abisso. L'opera di cui mi accingo a parlare è andata crescendo attraverso gli anni e cresce ogni giorno come una foresta, incessantemente. Ci si aggira tra i suoi mille oggetti sopraffatti dalla ricchezza dei reperti e delle invenzioni che la compongono, e istintivamente si cercano le mani che hanno dato forma a questo mondo. Ci si rammenta quanto piccole siano le mani dell'uomo, come si stanchino presto e quanto sia breve il tempo loro concesso per agire. E nasce il desiderio di vedere le due mani che hanno vissuto come cento, come un popolo di mani destatesi prima dell'alba per incamminarsi sulla lunga via che conduce a quest'opera. Ci si chiede chi sia il dominatore di quelle mani. Che uomo è mai? ".
Come ricorda Sabrina Mori Carmignani nella prefazione a questo volume, a un giovane poeta che nel 1903 gli chiedeva consigli sui propri versi, Rilke risponde senza traccia d'esitazione: "Non scriva poesie d'amore", e questo monito non può non essere letto anche e soprattutto in direzione dello stesso Rilke. Il quale, in realtà, aveva sì scritto 'poesie d'amore', e in particolar modo negli anni giovanili (fra l'altro un'intera raccolta dedicata a Lou Andreas-Salomé dal titolo In tuo onore), ma aveva anche avvertito piuttosto precocemente il limite di un'ispirazione inserita entro l'esperienza vissuta in prima persona. E non è certo un caso che poi molte delle liriche dedicate a Lou non siano state da lui pubblicate. Per questa ragione, selezionare e raccogliere un'antologia di liriche amorose nell'ambito della pur vasta opera rilkiana impone il difficile confronto con un orizzonte tematico aperto. Come spesso avviene nell'opera dei poeti più grandi ogni singolo componimento rappresenta una sorta di tutto compiuto; e in Rilke questo accade in maniera ancor più evidente, poiché tutta la sua straordinaria evoluzione di poeta, pur nella molteplice complessità della sua voce, tende a un assoluto rigore espressivo, a una sorta di 'congiunzione' dei temi, che ne rivela - si pensi ai Sonetti a Orfeo e al canto estremo delle Elegie Duinesi - la natura profondamente poematica.
Il mito di Orfeo è da epoche lontane il mito stesso della poesia, ed evoca, come afferma nella prefazione Sabrina Mori Carmignani, "la soglia che separa vita e morte, prossimità e lontananza, luce e ombra, perdita e possesso, ma soprattutto significato e suono". È questo il senso che emerge dal ciclo dei cinquantacinque sonetti scritti da Rainer Maria Rilke tra il 2 e il 23 febbraio 1922, negli stessi giorni in cui, dopo lunghi anni di attesa, anche l'opera "maggiore" - le Elegie Duinesi - trovava il suo definitivo compimento.
Le raccolte scelte per questa antologia sono successive al 1906, anno fondamentale nella vita, nella poetica e nell'opera di Rilke; un panorama suggestivo dell'opera di uno dei maggiori poeti tedeschi del Novecento dove l'idea di solitudine si combina con misticismo, gioco, artificio e sensualità.
In una semplice e raffinata confezione, con testo tedesco a fronte interposti a leggeri disegni al tratto, viene proposta questa inedita ed originale traduzione delle poesie di Rilke dedicate al tema a lui più caro: l’angelo.
Un filo conduttore che attraversa tutta la poetica rilkiana e che questo piccolo volume vuole raccogliere seguendo i passi della sua produzione poetica.
Il titolo, Engellieder, è l’inizio di questo percorso, è tratto infatti dalla raccolta giovanile, scritta a soli 23 anni dal poeta, nella quale per la prima volta s’incontra il tema dell’angelo, seguono poi tutte le versioni successive di questa figura celeste, sino a quella "terribile e spaventevole" delle mature Elegie Duinesi.
Adesso la mia sventura si fa piena, indicibilmente mi fa colma. Sto rigida come lo è nell’intimo una pietra. Dura come sono, una cosa sola conosco: tu crescesti – ... e crescesti, fino a quando totalmente ti trovasti, come dolore immenso, oltre il limitare del mio cuore. Ora giaci attraverso, sul mio grembo, ora te non posso più io partorire.
Rainer Maria Rilke (Praga 1875 - Montreux 1926), poeta di rara forza introspettiva e sensibilità spirituale, ha saputo farsi interprete del mistero grande e terribile della vita e della morte.
L'incontro con la grande arte di Cézanne ebbe una importanza fondamentale nell'evoluzione espressiva della poesia di Rilke, un'importanza che lo stesso Rilke ebbe più volte a riconoscere, fino a dichiarare di aver seguito, dopo la morte del Maestro, le sue tracce in ogni luogo. Le lettere alla moglie qui raccolte, scritte in margine alle reiterate visite che Rilke fece alla grande retrospettiva di Cézanne tenutasi a Parigi nel 1907, un anno dopo la sua morte, sono la testimonianza di un interesse che doveva sfociare in vera devozione; e basti pensare che il poeta arrivò a confessare, di fronte ad una Montagne Sainte-Victoire del pittore provenzale, che nessuno, dai tempi di Mosè, aveva saputo guardare una montagna in maniera tanto maestosa.