
Francesco Petrarca ha lasciato ai posteri moltissime notizie sulla sua vita, più di ogni altro uomo vissuto prima di lui. Quasi tutte derivano però dal racconto che egli stesso orchestra nelle opere epistolari e letterarie, in cui inserisce elementi spesso discordanti, rielabora dati e altera circostanze per costruire un'autobiografia ideale destinata a offrire ai lettori un'immagine esemplare, a sua volta ricca di contraddizioni, dubbi e incertezze. Il volume esplora le diverse vie del labirinto ordito dall'autore e chiarisce molti equivoci cui esse conducono, lasciando emergere il ritratto di un uomo fiducioso nella forza della parola ma a disagio nel suo mondo ed esule nel proprio tempo, che ha dedicato la vita a perseguire la propria libertà materiale, individuale e morale e che, attraverso l'etica del lavoro intellettuale, ha fondato le basi della modernità. L'innovativo ritratto di Petrarca qui presentato, frutto di uno scrupoloso vaglio dei documenti che lo riguardano, delle cronache, delle testimonianze dei contemporanei e dei corrispondenti, inquadra la vita del padre dell'umanesimo nel contesto dei difficili tempi in cui egli visse.
Oltre un certo livello di efficienza, la comunicazione tende a produrre confusione più che a favorire l'intesa: non promuove l'armonia ma alimenta il conflitto. Apprezzatissimo interprete dei modi in cui le tecnologie cambiano la vita umana, Nicholas Carr accompagna il lettore alla scoperta degli effetti perniciosi che da sempre, come un'ombra, accompagnano il progresso in questo campo. Mostra come le piattaforme di messaging sacrificano le sfumature, come i social network innescano dinamiche aggressive, come i dibattiti politici in rete rendono più angusti i nostri orizzonti e distorcono la percezione della realtà. Da un lato Carr chiarisce perché i giganti della tecnologia e le loro piattaforme hanno tradito le nostre aspettative, dall'altro ci obbliga a fare i conti con verità scomode sulla nostra natura. La psiche umana è male attrezzata per gestire la "superfioritura" di informazione che la tecnologia ha scatenato. Attingendo esempi memorabili dalla letteratura storica, scientifica e politica, Carr offre una visione panoramica delle ripercussioni sociali dei nuovi media. Forse è troppo tardi per cambiare il sistema, ma siamo ancora in tempo per cambiare noi stessi.
Nel viaggio oltremondano raccontato nella Commedia, Dante rasenta una volta sola il mare: sono le acque oceaniche che bagnano l'isola del purgatorio nell'emisfero australe, che il poeta vede dopo essere uscito dall'inferno. In quelle stesse acque, all'inizio della creazione è precipitato Lucifero, e lì è naufragata la nave di Ulisse, dopo che l'eroe greco aveva convinto i suoi compagni a lanciarsi oltre le Colonne d'Ercole. Il Mar Mediterraneo è invece presente nei racconti di personaggi incontrati lungo il cammino, da Francesca a Folchetto di Marsiglia, da Pier da Medicina a Sapia. Il mare nostrum si intravede anche nei miti che interagiscono con la poesia dantesca: Glauco, la Sirena, Ero e Leandro, gli Argonauti. Tuttavia, è nel tessuto metaforico che il mare fa sentire maggiormente il rumore dei suoi flutti, a partire dalla similitudine con cui si apre il poema, quella di un naufrago che scruta le acque alle quali è sopravvissuto, fino all'immagine del canto finale del Paradiso, in cui Nettuno guarda meravigliato l'ombra di Argo, la prima nave che ha solcato il suo regno. C'è poi una metafora antica che Dante rende sua e rinnova, quella della poesia come navigazione, che apre mirabilmente le ultime due cantiche e innerva l'intera struttura del poema. Quello del mare è un tema ricorrente nella Commedia, ma è presente in quasi tutte le opere di Dante; dato curioso, visto che molto probabilmente egli non ebbe mai occasione di solcarlo. Si tratta di un argomento sterminato, ricco di sfaccettature, oltre che di implicazioni letterarie e filosofiche, spesso toccato dalla critica, ma fino a oggi mai affrontato compiutamente in una monografia. Il libro di Pirovano colma questa lacuna offrendo un'analisi completa della presenza del mare, fisico e metaforico, nel corpus dantesco.
Paolo Ricca in queste pagine tratteggia il protestantesimo come una mentalità, una cultura, un principio critico nella modalità che gli è più congeniale, con grandi pennellate e sempre sottolineando l'aspetto dialettico, la molteplicità delle prospettive possibili. Tutto ciò però sarebbe astratto, secondo l'autore, se non è visto in relazione a una concreta e viva chiesa protestante, che non costituisce l'unica espressione del cristianesimo, ma che testimonia Gesù in termini semplici e chiari, in una comunità articolata, non gerarchica. In questo senso, il libro costituisce anche un invito a conoscere da vicino e dall'interno questa forma di cristianesimo che ha plasmato e arricchito la fede di Ricca nel suo lungo ministerio.
Nati con la promessa di connetterci, liberarci, renderci più partecipi e più prossimi, i social hanno subìto negli anni una sorta di mutazione genetica. Da spazi di relazione sono diventati spazi di esposizione, da reti orizzontali si sono trasformati in strumenti di concentrazione del potere. Hanno cambiato profondamente la politica, il giornalismo, il linguaggio, il modo in cui ci relazioniamo agli altri e a noi stessi, il nostro rapporto con il tempo e l'attenzione. E mentre continuiamo a chiamarli "social", la sensazione diffusa è che siano diventati - paradossalmente - un fattore di disconnessione. Questo numero di MicroMega prova a fare il punto: che impatto hanno avuto i social sulle nostre vite? E cosa significa oggi, nell'epoca degli algoritmi e delle notifiche, "essere connessi"? Con interventi tra gli altri di: Candice Odgers, Jonathan Haidt, Gloria Origgi, Andrea Daniele Signorelli, Marco Deseriis, Daniel Miller, Bianca Arrighini, Francesco Cancellato, Stefana Broadbent, Emma Catherine Gainsforth.
In un momento in cui il nostro Paese è chiamato ad affrontare sfide nuove, è indispensabile sapere abitare il cambiamento e mettersi in gioco per collaborare. La 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia ha avuto come tema portante la democrazia, considerata non soltanto nella dimensione procedurale ma, soprattutto, in quella sostanziale: dunque democrazia come partecipazione alla società , come volontà di costruire il futuro tutti assieme. Questo volume raccoglie i molti spunti di riflessione emersi a Trieste, dando voce alla straordinaria energia che ha caratterizzato gli incontri che lì si sono svolti. Lavoro e diritti, migrazioni, diritto a una vita libera e dignitosa, ecologia integrale, una nuova economia capace di mettere al centro l'uomo e il creato sono i principali obiettivi per i quali lavorare, prendendo spunto dalle esperienze virtuose di associazioni e soggetti del Terzo settore. Con interventi di Sergio Mattarella e di papa Francesco.
La Speranza non si coniuga con l'attesa passiva ma con il lavoro e con l'impegno; non racconta una situazione di stasi ma di dinamismo; non indossa le pantofole ma le scarpe da tennis. La Speranza è figlia del desiderio e del sogno ed è frutto dell'inquietudine di dentro: racconta un "non ancora" da realizzare a fronte di un "già" esistente. Per questo la Politica è una grande testimonianza di Speranza: perché è l'impegno finalizzato a costruire un futuro più bello rispetto al presente da migliorare. Il libro di Giovanni Liviano affronta questi nodi tematici intrecciando l'esperienza concreta con una riflessione profonda, ricordandoci che l'impegno pubblico, nella sua accezione più alta, non è soltanto un mezzo per amministrare ma un'opportunità per trasformare il mondo in uno spazio di giustizia, solidarietà e umanità condivisa.
A che cosa pensa un insegnante prima di entrare in classe? Rispondere a questa domanda significa adoperarsi per cogliere lo spirito che sta alla base dell'educazione e che trascende tutti i contenuti specifici che l'insegnamento ha la vocazione di trasmettere. Un'educazione degna di questo nome deve infatti fornire ai suoi destinatari un orientamento di fondo, il cui scopo prioritario è quello di aiutarli a vivere e ad affrontare l'esistenza con fiducia. Non è forse da questo spirito dell'educazione che sono nate le nostre istituzioni educative e la nostra stessa civiltà? Basandosi su oltre quarant'anni di esperienza di insegnamento in diverse lingue e in molti Paesi, un docente appassionato come Jean Grondin - quasi a voler tratteggiare un bilancio - riflette sui presupposti della sua pratica educativa e ne trae alcune lezioni da affidare alla giovane generazione, quella dei maestri di domani.
Questo libro esplora il significato profondo del lavoro, non solo come mezzo per guadagnarsi da vivere, ma anche come occasione per esprimere creatività e lasciare un segno nel mondo. Si distacca dai manuali di management, ponendo domande esistenziali: "Che senso ha il mio lavoro?", "Posso lasciare una traccia?". Il lavoro è visto come un'opportunità irrinunciabile per realizzare la propria vocazione e contribuire al bene comune. Ogni capitolo affronta temi attuali come precarietà, spirito di collaborazione, e il concetto di lavoro come "amore", richiamando la saggezza filosofica e cristiana per ispirare una visione più umana e libera del lavoro.
Nel XX secolo, dopo tante guerre e tante distruzioni, la vecchia Europa può rinascere. Può farlo nella forma embrionale di un nuovo ordine che alcuni grandi uomini seppero generare al tempo opportuno, al tempo delle alleanze. Tra questi uomini chiamati ad una paternità politica continentale si può menzionare con sicurezza Alcide De Gasperi (1881-1954). Nel 1925 era succeduto a don Luigi Sturzo, andato in esilio, alla segreteria del Partito Popolare Italiano; dopo il suo scioglimento, ad opera del regime fascista, nel 1926, De Gasperi era stato condannato per antifascismo e incarcerato per sedici mesi. All'indomani dell'armistizio De Gasperi fu eletto segretario politico del nuovo partito della Democrazia Cristiana. Dopo aver ricoperto importanti incarichi nei governi italiani provvisori, dopo il conflitto, il 10 dicembre 1945, diventò Presidente del Consiglio dei Ministri, carica che conserverà per otto governi successivi, sino al 1953. In questo periodo De Gasperi si adopererà intensivamente per realizzare l'idea dell'integrazione europea.
Michel de Certeau, storico e teologo gesuita, ci conduce in un viaggio attraverso i territori della contemporaneità, alla luce dei nodi epistemologici che hanno caratterizzato la sua opera. L'obiettivo è analizzare le pratiche quotidiane nella società di massa: dalle preghiere della classe operaia alle politiche culturali dei luoghi del sapere in una società democratica (a partire dalle grandi istituzioni, come il Centre Georges-Pompidou di Parigi); dall'impegno "in prima persona" dei cristiani al rapporto tra storia, finzione e scienza. Con uno stile inconfondibile, de Certeau descrive una fenomenologia dell'Altro e ne declina le strutture e i meccanismi dentro discipline differenti: la storia, la mistica, la psicoanalisi, la sociologia del quotidiano, la teologia, la teoria della cultura.
Christopher Bollas ci presenta una serie di conferenze su Donald Winnicott da lui tenute, negli anni Ottanta del Novecento, all'Istituto di Neuropsichiatria infantile dell'Università di Roma. Bollas indaga le posizioni assunte da Winnicott e le traduce in formulazioni cliniche come l'"oggetto trasformativo" e il "conosciuto non pensato", analizzando ogni fase dello sviluppo del bambino, dalla condizione intrinseca di solitudine del feto fino al concepimento della morale, ai progressi nel gioco e alla creatività. Ma è sull'importanza della fase prenatale che batte l'accento, su questa "solitudine essenziale" i cui vissuti riverberano su tutti i passaggi della vita, determinando "in che misura l'infante sceglierà di spingersi nel mondo alla ricerca di esperienze": ciascun feto giunge al momento del parto con capacità diverse di affrontare quello che Winnicott definisce "il grande cambiamento" dal non essere nati al venire al mondo e lo sviluppo successivo.