In un mondo dagli equilibri stravolti e diviso non più tra Oriente e Occidente o tra Nord e Sud, ma tra paesi dominati dal risentimento e paesi dominati dalla paura, è necessario riprendere in mano la riflessione sulla possibile convivenza con il diverso: l'altro, che provenendo da una cultura differente finiamo per classificare semplicemente come "barbaro". L'Europa, in particolare, oggi preda della paura nei confronti dell'islam, rischia di reagire in modo violento, provocando un duplice paradosso: da una parte "la paura dei barbari rischia di trasformare noi stessi in barbari"; dall'altra "rende il nostro avversario più forte e noi più deboli". Attraverso una riflessione che ripercorre la storia della cultura europea, Tzvetan Todorov chiarisce le nozioni di barbarie e civiltà, di cultura e d'identità collettiva, per interpretare i conflitti che oppongono oggi i paesi occidentali e il resto del mondo. Una lezione magistrale di storia e di politica, una vera e propria cassetta degli attrezzi per decifrare la reale posta in gioco del nostro tempo.
"Teorie del simbolo" più che una storia della semiotica è la storia di tutte quelle discipline che nel passato si sono spartite il campo del segno e del simbolo - semantica, logica, retorica, ermeneutica, estetica, filosofia, etnologia, psicoanalisi, poetica - e di alcuni dei loro oggetti, chiamati di volta in volta imitazione e bellezza, istruire e piacere, tropi e figure, condensazione e spostamento. Ma sia il concetto di "storia" sia quello di "semiotica" vengono qui messi in discussione per aprire il discorso a una terza possibilità: un pensiero plurale e tipologico che conservi le differenze.
Quale eredità ci ha lasciato il XX secolo? Da un lato ha fatto affiorare gli aspetti peggiori dell'essere umano. Ha visto la tragica affermazione del totalitarismo, con le sue due varianti, il nazismo e il comunismo, e gli errori di una democrazia pronta a usare le bombe atomiche contro i propri nemici o a intraprendere "guerre umanitarie" senza curarsi della contraddizione. Insieme con il male, il XX secolo ha però conosciuto anche il suo opposto. Alcuni individui dal drammatico destino e dall'implacabile lucidità hanno illuminato questa epoca oscura con il loro esempio e i loro scritti: Vassilij Grossman, Margarete Buber-Neuman, David Rousset, Primo Levi o Romain Gary hanno dimostrato che è possibile resistere al male.
L'autore adotta la categoria del fantastico come strumento di indagine di un genere letterario fiorente nell'Ottocento, la cui funzione sociale è stata assunta nel Novecento dalla psicoanalisi. Il fantastico, dice Todorov, non è altro che la scelta che il lettore compie fra la spiegazione naturale e quella sovrannaturale di un fatto insolito. Prendendo in esame i testi esemplari del fantastico, l'autore propone una serie di sottoclassificazioni del fantastico e al loro interno distingue i "temi dell'io" dai "temi del tu". Il mondo del doppio, della metamorfosi, della follia, ciò che un secolo positivista come l'Ottocento ha rimosso, si sono tradotti per noi nell'inquietante scoperta freudiana della sessualità, della nevrosi, della psicosi e della morte.
Strappato al suo ambiente naturale, ai suoi affetti, l'uomo esiliato, allontanato per forza dal suo paese, vive una condizione di indicibile sofferenza. Ma lo spaesamento può fondare un'esperienza positiva. Permette di non confondere l'ideale con il reale, la natura con la cultura. L'uomo spaesato, per poco che riesca a superare il risentimento che nasce dal rispetto e dall'ostilità di cui è fatto oggetto, scoprirà la curiosità e praticherà la tolleranza. La sua presenza tra gli "autoctoni" eserciterà a sua volta un benefico effetto spiazzante.