
San Giovanni Bosco, iniziò il suo ministero nelle periferie torinesi tra poveri giovani, bisognosi di tutto. Non si limitò a dar loro pane e istruzione. Propose fin dal principio “un metodo di vivere breve e facile, ma sufficiente” per diventare “la consolazione dei parenti, l’onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo”. Nacque una scuola di santità giovanile feconda di frutti. Vent’anni più tardi, con la fondazione della Congregazione Salesiana, i suoi orizzonti si ampliarono; il suo magistero spirituale si approfondì, divenne più radicale, totalizzante. Ma proprio in questo movimento che accentuava il primato assoluto di Dio e le esigenze della sequela, emerge più chiara anche la sostanza di quella “facile” proposta spirituale fatta ai giovani del primo Oratorio. Il nocciolo infatti è lo stesso, anche se espresso con la semplicità di un linguaggio disadorno e quotidiano.
Questa antologia ha lo scopo di mettere il lettore a contatto con quel clima, farlo entrare negli orizzonti interiori di don Bosco, renderlo familiare con il suo magistero spirituale e il suo linguaggio. Non è una presentazione organica della sua spiritualità, ma una raccolta di “insegnamenti” su come vivere da buoni cristiani e da buoni Salesiani in modo integrale.
Il volume è composto di quattro parti: 1. Don Bosco guida spirituale dei giovani; 2. Indirizzi di vita per un cristianesimo coerente e d’azione; 3. Consacrati a Dio per la sua gloria e per la salvezza dei giovani; 4. Raccomandazioni finali di un padre e preoccupazioni di un fondatore.
L’Autore della presente raccolta di studi ignaziani offre al lettore impegnato – che desideri accostare i Padri della Chiesa antica in modo non superficiale e cursorio, ma misurandosi direttamente con i loro testi – il frutto delle sue ricerche su Ignazio di Antiochia durate oltre un trentennio (1980-2012). Solitamente si conosce il vescovo e martire antiocheno quasi solo come lo strenuo difensore della sottomissione al vescovo (nihil sine episcopo) e per qualche altra sua affermazione incisiva sul suo martirio (macinato dai denti delle belve). Ignazio è molto di più di queste drastiche riduzioni stereotipe.
Man mano che si procede nella lettura di questi studi, F. Bergamelli traccia a tutto tondo i lineamenti essenziali e caratteristici che mettono bene in luce lo stile letterario unico e la personalità vigorosa e originale di uno dei personaggi più straordinari e attuali del cristianesimo antico.
«La lettura attenta di don Bergamelli – afferma Enzo Bianchi nella prefazione – ci restituisce la profondità e la vastità del pensiero di Ignazio, lasciando parlare i suoi scritti. L’autore si fa umilmente servo delle lettere non solo per il rigore del metodo storico critico con cui le accosta, ma anche per la traduzione stessa che intende rimanere “il più fedele possibile all’originale” senza rinunciare alle “arditezze proprie” dello stile unico di Ignazio; ne risulta quasi un calco del testo greco, uno stile denso, contratto, che costringe a riflettere e a non scorrere superficialmente queste righe così dense di teologia, oltre che di afflato mistico. E questo lavoro di traduzione e di lettura unisce all’acribia un amore appassionato per i Padri della Chiesa, per la Chiesa, per Ignazio stesso».
Pertanto il lettore che vorrà misurarsi direttamente con i testi ignaziani, magari anche nel dettato originale, sotto la guida esperta dell’Autore, non rimarrà deluso nella sua fatica e, alla fine, scoprirà un volto nuovo, inedito e polivalente del martire: un innamorato di Cristo, della sua umanità e del suo sangue; un appassionato della Chiesa «secondo il tutto» (cattolica) riunita attorno all’Eucaristia e al vescovo; un mistico anelante al martirio, come ‘una freccia scoccata al bersaglio’ che nessuno ormai può fermare; un «Uomo proteso verso l’Unità».
Il volume raccoglie alcuni articoli e conferenze che riflettono il cammino vissuto negli ultimi anni dal Consigliere Generale per la Pastorale giovanile della Congregazione Salesiana.
I primi due capitoli riportano due interviste su come è stato proposto e vissuto il processo di ripensamento della pastorale nelle sue varie fasi. Ci si è interrogati su come stiamo affrontando la sfida del dialogo con la cultura e la storia dei giovani oggi, e fino a che punto la nostra azione sia evangelizzatrice, se essa stia favorendo un’esperienza integrale di educazione; infine, sulla capacità di proporre processi coordinati e sistematici, con obiettivi chiari, evitando una pastorale frammentata, fatta da eventi sporadici senza una visione d’insieme.
I capitoli che seguono trattano l’urgenza di leggere, con gli occhi della fede e il filtro del vangelo, le sfide che la pastorale giovanile oggi deve affrontare: come riusciamo a dare un nome a queste sfide, e il bisogno di offrire delle proposte profetiche.
Gli ultimi articoli trattano della famiglia e dell’università. Quello della famiglia sta diventando un ministero al quale dare un’attenzione sempre più privilegiata. In una cultura in cui la distanza esistenziale tra genitori e figli sta sempre più aumentando, è importante notare che, nello stesso tempo, persiste da parte dei giovani la ricerca di incontrare adulti significativi: educatori che li ascoltino, li accompagnino e offrano loro spazio intelligente e affettivamente sano. In questa linea si pone anche l’impegno di una pastorale universitaria che si proponga con slancio profetico nel settore terziario: una presenza che sappia coniugare la ragione con la verità, e la verità con la bellezza.
Questo volume offre una visione completa del sistema educativo cinese a tutti i livelli, dalle scuole primarie e secondarie all’istruzione superiore e alle università, e copre tutti gli argomenti importanti, come l’amministrazione dell’educazione, la gestione interna ed esterna, l’offerta educativa, l’ammissione alle scuole e l’occupazione futura dello studente, il sistema di finanziamento, la valutazione educativa e il processo di garanzia della qualità dell’istruzione offerta negli istituti scolastici cinesi nell’arco di sessant’anni (1949-2009).
Il libro esamina come ogni sistema educativo si è adattato ai grandi cambiamenti dell’ambiente, sia interno che esterno, nei vari periodi della storia. Si occupa dei problemi generali di ogni sistema educativo e presenta le varie linee di soluzione in modo che tali sistemi educativi contribuiscano alla qualità della vita in futuro.
Destinatari prioritari sono i docenti e gli studenti di scienze dell’educazione delle Facoltà universitarie e delle Scuole superiori. Ma il libro si rivolge anche ai docenti, agli educatori, ai genitori e, in generale, alle persone interessate ai problemi educativi e scolastici – giornalisti, politici, sindacalisti – a diversi livelli e nei differenti contesti di vita e di azione.
Il volume di Ferdinand Ulrich è allo stesso tempo un’indagine pedagogica e un’argomentazione filosofica. Il testo non è un’appendice di storia dell’educazione, ma fa di un’appassionata ricerca sulla condizione umana un’articolata dottrina. Risale al 1970, ed è tuttavia di notevole attualità proprio perché coglie il fondamento del discorso sull’uomo e sul suo destino, rompe quel silenzio sull’essenziale che oggi spesso accompagna la superficialità di tanta letteratura sull’argomento. Si tratta di un saggio di ontologia esistenziale dell’educazione famigliare di ispirazione cristiana che illumina problemi di oggi inserendoli in un quadro speculativo non privo di connessioni con la prospettiva teologico-filosofica di Hans Urs von Balthasar.
Il volume si pone fin dall’inizio la domanda se l’infanzia sia un periodo transitorio nello sviluppo dell’uomo o sia piuttosto una condizione che, per certi suoi elementi costitutivi, si riveli come symbolos della condizione umana in se stessa. Ulrich sostiene, con puntuali e persuasive argomentazioni, la seconda posizione. […]
La pedagogia oggi ha, in buona parte, divorziato dalla filosofia acquisendo un linguaggio iniziatico e metodologie d’avanguardia che tuttavia non riescono a nascondere il vuoto educativo sotteso alle formule e alle analisi. In tale contesto il libro di Ferdinand Ulrich costituisce un richiamo all’essenziale su problemi di scottante attualità. Il nucleo speculativo da cui discende tutto il discorso si riassume nell’enunciato «diventare se stesso tramite il ricevere se stesso», il che significa diventare se stessi, crescere nella propria identità prendendo coscienza che non ci siamo dati da noi, ma abbiamo ricevuto in dono la possibilità di essere quello che dovremmo essere. Gratitudine quindi, testimonianza, responsabilità. L’educazione ha come sua finalità realizzare quello che dobbiamo essere. La paideia si fonda sull’ontologia, l’ontologia a sua volta si rivela come il luogo del dono e della gratitudine. […]
Il volume offre quell’impianto speculativo, quell’organicità che non si accontenta di comprendere ma intende disciplinare secondo chiari principi ed alla luce di una spiritualità cristiana. Raggiunge il centro ontologico, e in ultima istanza metafisico, che ha il suo significato più proprio nell’essere come dono, come creatività. L’apriori del bambino, come di tutta la realtà sta in una divina, gratuita donazione. L’essere è «diffusivum sui».
Il testo di Ferdinand Ulrich può considerarsi un invito a vedere nel fanciullo una chiave di lettura della autentica realtà dell’uomo (Armando Rigobello).
Il volume contiene gli Atti del Sinodo celebrato dal Vescovo Girolamo Maccabei, vescovo di Castro dal 1543 al 1568, il 16 novembre 1564, a neppure un anno dalla fine del Concilio di Trento e appena qualche mese dopo la solenne promulgazione dei Decreti conciliari ad opera di Papa Pio IV.
Gli Atti testimoniamo il tempismo del vescovo Maccabei nell’applicazione del Concilio di Trento, alla pari di san Carlo Borromeo, vero animatore del Concilio: il Maccabei fu insieme con lui al Concilio e trattenne con lui corrispondenza epistolare.
Il Sinodo Maccabei mostra di essere attento al proprio contesto socio-culturale di riferimento non semplice: infatti, alla piccola diocesi castrense appartenevano parrocchie site nel Ducato di Castro e in quello di Latera-Farnese oltre che in quella che fu la Repubblica di Siena e in seguito Granducato di Toscana.
Fece conoscere i Decreti tridentini, tolse abusi locali, ristabilì l’autorità del vescovo sul clero e sul popolo castrense.
Oltre a questo prevalente interesse ecclesiale, la presentazione degli Atti di questo Sinodo ha anche un valore di testimonianza documentaria sia dal punto di vista letterario che dal punto di vista storico e culturale.
La lettura del libro risulterà certamente molto utile: ai ricercatori, perché presenta una ricchissima rassegna delle indagini più aggiornate sul tema dell’attaccamento; agli studiosi della mente e ai clinici, perché la chiarezza dei costrutti teorici esposti, validati dalla ricerca empirica e sperimentale, getta nuova luce sulla natura dei processi dell’attaccamento; agli studenti universitari che si accostano allo studio delle scienze psicologiche, perché possono cogliere con immediatezza l’ancoraggio della teoria alla ricerca e, nello specifico, il legame tra le relazioni d’attaccamento e la costruzione della mente umana, nonché la preziosa dialettica di ciascuno con il mondo delle relazioni, di ieri e di oggi, ai fini adattivi.
Il volume costituisce, peraltro, uno straordinario compendio, bene articolato e di facile consultazione, per coloro che sono interessati ad approfondire il nesso tra costrutti psicologici specifici, per esempio l’autostima, e i modelli di attaccamento dell’adulto. Facilita, inoltre, la ricerca bibliografica aggiornata sul tema dell’attaccamento adulto e fornisce riferimenti e strumenti preziosi per ulteriori ricerche.
«L'antica sapienza racchiusa nelle opere letterarie romane e greche, e parimenti i più illustri insegnamenti dei popoli antichi devono essere ritenuti quasi aurora annunziatrice del Vangelo, che il Figlio di Dio, “arbitro e maestro della grazia e della scienza, luce e guida del genere umano” ha annunciato su questa terra». Sono le parole dell’incipit della Veterum Sapientia, che invitano a guardare al passato, al depositum d’un patrimonio culturale davvero unico, con l’occhio di colui che vuol affrontare l’oggi ma con la ricchezza di tutto ciò che l’ha preceduto e con l’esperienza acquisita nel frattempo.
Il 50° della Veterum Sapientia (1962-2012) ha offerto un banco di prova per raccogliere il testimone ricevuto e per rilanciare l’attenzione sulla missio che i promotori della cultura classica sono chiamati a svolgere. Da qui l’articolazione degli studi in quattro sezioni: a) l’evento di una Costituzione; b) gli orizzonti interculturali sollecitati dalla lingua latina; c) le sfide nell’attualità; d) il ruolo dell’Accademia “Vivarium Novum”.
Quali prospettive possono scaturire da tutto questo percorso? Il convegno ha permesso di cogliere segnali incoraggianti: non sono poche le istituzioni
accademiche e gli agenti culturali che curano la promozione delle lingue classiche e la diffusione della cultura che in esse s’è espressa.
Tra i promotori della cultura classica emergono in particolare la Santa Sede e il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis. La prima è l’unica istituzione al mondo che adopera il latino come lingua ufficiale per la pubblicazione dei suoi documenti. Attraverso la rete capillare delle sue strutture educative, può preparare operatori culturali in grado di conoscere, apprezzare e valorizzare la lingua latina. Per questo
ha dato vita all’Institutum cui compete la responsabilità di adempiere i compiti affidati dalla Veterum Sapientia, soprattutto in ordine alla formazione di professori competenti e appassionati delle lingue classiche e di specialisti che possano mettere le loro abilità nelle istituzioni ecclesiali che custodiscono il patrimonio culturale espresso in lingua latina.
La promozione del latino passa attraverso un’adeguata didattica delle lingue classiche. Anche in questo campo si scorge con nitidezza la diffusione del
cosiddetto “metodo natura”, che ha intelligentemente recuperato l’antica “via degli umanisti” attualizzandola con i risultati migliori della glottologia contemporanea.
Senza contrapposizioni con il metodo filologico affermatosi negli ultimi centocinquanta anni, le nuove metodologie potranno attirare un numero sempre crescente di discenti e abilitarli alla lettura personale e meditata del patrimonio espressosi in lingua latina.
Perché studiare il latino e il greco? La risposta è di fondamentale importanza: per poter leggere l’immenso patrimonio di testi che si è espresso in queste lingue ed entrare spiritualmente in dialogo con i cittadini d’una respublica litterarum che, nel caso del latino, ha adoperato questa lingua stupenda per meditare sulle questioni che stanno a cuore agli uomini d’ogni generazione e latitudine. Si tratta d’una
paideia che eleva e ingentilisce l’anima. E il mondo d’oggi ne ha bisogno perché il futuro delle prossime generazioni passa anche attraverso l’antica e sempre nuova humanitas.

