
In certi momenti sentiamo, nella fede, che esiste in noi un luogo segreto, nel quale la preghiera non si interrompe mai. Dio in esso ci interpella continuamente, e noi in quel luogo sperimentiamo di essere legati a lui. André Louf, abate per oltre trent'anni del Monastero trappista di Mont-des-Cats, è uno dei più autorevoli maestri spirituali del nostro tempo.
Come, nel rispetto dell'evangelo, restituire ai gesti la loro portata innovativa? In questa domanda vi è il proposito di questo testo, che si iscrive al cuore della riflessione teologica contemporanea. L'autore esplora l'ambito del corpo, del gesto senza però separarlo dalla Parola, dal messaggio che incarna. Attraverso lo studio di alcuni gesti simbolici dei profeti raccontati nell'Antico Testamento e, in continuità con questi, dei gesti di Cristo nel Nuovo Testamento, l'autore rivela il fondamento biblico e soprattutto profetico dei nostri atti ecclesiali e pastorali. Di fronte alla questione attualissima dell'intelligibilità e della credibilità dei nostri segni, questo libro è un contributo importante al tentativo di ripensare i modelli di comunicazione della fede cristiana oggi.
È ancora tempo di monaci?
Sì, è ancora tempo per offrire
alle donne e agli uomini di oggi
piste preziose per la ricerca di senso.
“Monaco è colui che si ritiene uno con tutti, abituato com’è a vedere se stesso in ognuno” (Evagrio). L’uomo contemporaneo vede indebolite le proprie capacità di divenire se stesso in una libertà autentica e di accogliere l'altro in una comunione sincera: un monachesimo cristiano cosciente della forza della Parola e della sapienza secolare della propria tradizione può aiutare gli uomini e le donne in mezzo ai quali vive a percorrere vie di senso e di dialogo. La lunga esperienza del monachesimo ha elaborato una vera e propria “arte della comunione”: vivere insieme come fratelli o sorelle che non si sono scelti per affinità elettive, ma che imparano ad amarsi come Cristo li ama, è annuncio dell’evangelo tra i più eloquenti.
(dalla “Prefazione” di Enzo Bianchi, priore di Bose)
Michel Van Parys, per trent’anni abate del monastero di Chevetogne in Belgio e profondo conoscitore del monachesimo sia d’oriente sia d’occidente, è dotato di un grande discernimento nel leggere la presenza del monachesimo nella chiesa e nella storia e possiede un’esperienza della vita monastica tra le più ricche ed esemplari. Presso le nostre edizioni ha pubblicato Incontrare il fratello.
In verità, non so in quali termini parlare specificamente della carità, poiché so che tutti i comandamenti del Signore germogliano da essa. Se molti, infatti, sono i rami delle opere buone, una sola è la radice della carità,
nel cui calore i malvagi non possono perseverare a lungo.
Giovanni Gualberto, già monaco nel monastero di San Miniato a Firenze, non è mosso dal desiderio di una nuova forma di vita monastica quando dà inizio alla piccola comunità nei pressi di Vallombrosa, ma si sottrae al governo dell’abate simoniaco per vivere una vita più autenticamente cristiana, con una grande fedeltà alla tradizione monastica, nella forma cenobitica, secondo la Regola di Benedetto. La volontà dei suoi discepoli di raccoglierne l’eredità spirituale nelle diverse fondazioni che erano nel frattempo sorte e l’avvio della prassi del capitolo generale portarono alla configurazione della congregazione vallombrosana tra la fine dell’xi e l’inizio del xii secolo. Il presente lavoro raccoglie testimonianze sull’esperienza personale di Giovanni e sui momenti fondamentali dello sviluppo della congregazione. Carità, obbedienza e distacco dal mondo appaiono l’eredità lasciata da Giovanni e raccolta dai suoi discepoli, che hanno fatto proprie le preoccupazioni che più lo avevano animato nella vita: l’amore fraterno, la comunione e la concordia nella comunità.
Al cuore della nostra fede
c’è il dono di un corpo:
“Questo à il mio corpo, offerto per voi”.
“Io penso che il modo migliore per intravedere qualcosa della profondità e della bellezza della sessualità sia meditare sull’ultima cena. Essa ci insegna che cosa significa donare il proprio corpo ad altri. Nel cristianesimo si parla molto di amore, ma a volte sembra che questo amore sia un po’ astratto, avulso dalla realtà. Eppure è necessario amare con quello che siamo, con la nostra sessualità, i desideri, le forti emozioni”.
Noi dobbiamo amare le persone
in modo che esse siano libere
di amare gli altri più di noi.
Timothy Radcliffe (Londra 1945) è entrato fra i domenicani a vent’anni ed è stato maestro generale dell’Ordine dal 1992 al 2001. Ha insegnato a lungo Nuovo Testamento a Oxford, dove ora risiede. Presso le nostre edizioni ha pubblicato anche Testimoni del vangelo.
Dove c’è amicizia
e amicizia vera,
lì c’è Dio.
E lì c’è l’uomo.
“Così è per l’amicizia: è come camminare insieme, suppone distanza, contemplazione di paesaggi e scoperte ... Ciò che unisce gli amici va al di là delle loro persone. L’armonia dell’amicizia presuppone o meglio esige l’apertura a una realtà più grande. È inseparabile da una ricerca, da un appello, da una comune aspirazione”. A partire da un elogio dell’amicizia, incontrando il pensiero di autori antichi e moderni, immergendoci in una tradizione che viene da lontano, le pagine di questo libro ci svelano le molteplici dimensioni che l’avventura dell’amicizia può avere, e la valenza che essa può assumere nella ricerca di una pienezza di vita umana e cristiana.
“La chiesa è luogo di libertà
solo se è il luogo della comunione”
Le esigenze della ricerca teologica sono qui unite a una grande capacità di parlare al cuore di quanti cercano di decifrare l’enigma dell’esistenza umana. Queste pagine fanno emergere “il legame tra la verità della chiesa, pienamente realizzata e manifestata in ciascuna assemblea eucaristica, e il problema esistenziale dell’uomo, il problema dell’essere o della liberazione della vita da ogni limite spaziale e temporale, e dalla corruzione della morte”.
(dalla “Prefazione” di Christos Yannaras)
Ioannis Zizioulas (1931), metropolita ortodosso di Pergamo e rappresentante del Patriarcato di Costantinopoli in varie assise ecumeniche, è stato professore di teologia all’Università di Tessalonica e al King’s College di Londra. Definito da Yves Congar come “uno dei teologi più originali e profondi della nostra epoca”, ha già pubblicato presso le nostre edizioni Il creato come eucaristia e Eucaristia e regno di Dio.
Il libretto, in un formato adatto all’uso quotidiano a tavola, contiene:
Un'introduzione di Enzo Bianchi sul significato del pregare a tavola
Testi biblici per introdurre la benedizione del pasto
60 preghiere per i pasti di mezzogiorno e altrettante per quelli della sera
22 preghiere per le feste e solennità
12 preghiere per i giorni di digiuno e di venerdì
6 preghiere per i pasti con ospiti e amici.
A oltre vent’anni dalla prima edizione, questa raccolta di benedizioni per i pasti si ripresenta in una veste grafica interamente ripensata e con una scelta di testi ancor più ricca.
“Se vogliamo realmente giungere all’autentica perfezione delle virtù, dobbiamo lasciarci guidare da quei maestri autorevoli, i quali, più che vagheggiarla con vane discussioni, l’hanno realmente raggiunta e ne hanno fatto esperienza, e perciò possono insegnarla anche a noi, guidare anche noi verso di essa e mostrarci la via più sicura per raggiungerla”.
Originario di una regione dell’impero romano (la Scizia, oggi Romania) dove si parlava sia il latino che il greco, Giovanni Cassiano, dopo un lungo soggiorno nei monasteri della Palestina e dell’Egitto, scrisse per i monaci d’occidente, nei primi decenni del IV secolo, le Istituzioni cenobitiche e le Conferenze dei padri, pensate come progetto organico capace di trasmettere e di tradurre in un linguaggio accessibile l’esperienza e l’insegnamento dei “padri” conosciuti in oriente. Nell’assoluta fedeltà all’evangelo propose così un sapiente equilibrio tra vita comunitaria e vita solitaria, mettendo l’ascesi a servizio della carità. La sua opera, ponte e anello di collegamento fondamentale tra oriente e occidente, ha permesso a innumerevoli generazioni di monaci di attingere alle fonti più antiche e autentiche del monachesimo e rimane una delle pietre miliari della letteratura cristiana della chiesa indivisa.
La mia anima beve
silenzio.
Pulsa la luce leggera
come lampada fioca
alla punta estrema
del cuore.
“Leggendo le poesie di don Angelo Casati si prova una sensazione rara: oggetti della vita di tutti i giorni giacciono lì silenti, e lì giacciono le parole che li definiscono. All’improvviso la parola è detta e l’oggetto si colora, si anima e l’occhio che prima lo osservava ecco che lo assume e lo conduce fino al cuore: il grembiule di una casalinga, il vano di una finestra, il rintocco di una campana, la ressa di un autobus, l’asfalto di un marciapiede, le rocce di una terra santa sono altrettanti luoghi di un annuncio di vita per la vita. Non conta la pretesa nobiltà dell’oggetto, non conta la sua grandezza o maestosità, non conta il suo apparire né l’imporsi. Conta la purezza dello sguardo che vi si posa, conta la finezza dell’udito che lo ascolta, conta la docilità del cuore che lo accoglie”
(dalla “Prefazione” di Enzo Bianchi).
Angelo Casati (1931), presbitero della diocesi di Milano dal 1954. Dopo aver insegnato al seminario diocesano e aver esercitato il ministero a Busto Arsizio e a Lecco, è da oltre vent’anni parroco a San Giovanni in Laterano a Milano.