Fino al V secolo, i Padri latini utilizzavano instrumenta per indicare l'insieme delle Scritture o loro parti: le consideravano mezzi con cui Dio si fa conoscere e tramite cui l'uomo può accogliere la proposta salvifica divina. Essi erano consapevoli della distanza linguistica e culturale che si frappone tra quegli scritti e i loro nuovi destinatari e, comunque, nutrivano il desiderio di coglierne il messaggio al fine di corrispondere alla volontà divina. Perciò, fin dall'inizio elaborarono metodologie in parallelo, in dialogo o in autonomia rispetto ai grandi interpreti ebrei o non cristiani. Tale impegno è proseguito nel tempo contribuendo a rendere l'ermeneutica una disciplina autonoma. La collana si inserisce in questo solco e offre preziosi strumenti per comprendere le Scritture di Israele e della Chiesa antica. Illustra le metodologie più aggiornate e adeguate per interpretare in modo corretto i testi biblici secondo il loro corpo di appartenenza. Gli autori, docenti del Pontificio Istituto Biblico e della Pontificia Università Gregoriana, sono tra i più qualificati esponenti dell'esegesi biblica in campo cattolico.
Martin Dibelius, Karl Ludwig Schmidt e Rudolf Bultman, autori della cosiddetta "Scuola della storia delle forme", negli anni del primo dopoguerra pubblicarono studi che hanno posto le basi per comprendere in modo nuovo la storia della formazione dei vangeli, indirizzando la loro ricerca soprattutto su tre aspetti: l'identificazione della natura orale dei ricordi su Gesù che più tardi sono stati raccolti nei vangeli; la definizione delle principali forme acquisite da questi ricordi nel processo di trasmissione; lo studio dei diversi contesti vitali in cui esse si erano formate. Queste scoperte hanno introdotto nel campo degli studi sui vangeli nuove categorie interpretative (trasmissione orale, forma, contesto vitale) che stanno alla base di questo volume: una rigorosa indagine filologica, teologica e sociologica, il cui intento è mostrare come la trasmissione dei ricordi su Gesù rifletta degli atteggiamenti riferibili a precisi contesti geografici e culturali, o come, nei vangeli, il ricorso ai miracoli e i richiami alla figura del profeta Elia rivelino un vissuto popolare della sequela di Gesù, o ancora come lo sviluppo di quei ricordi sia stato guidato dal desiderio di capire più approfonditamente chi fosse Gesù. In questa prospettiva, la ricerca propone tre linee interpretative originali attraverso le quali comprendere meglio la memoria vivente di Gesù: le diversità regionali come specchio di differenti riflessioni all'interno della nuova fede; la possibilità che sia esistita una trasmissione popolare dei ricordi su di lui; la constatazione che la domanda sulla sua identità ha determinato l'evoluzione di quei ricordi.
L’uomo è stato pensato e voluto libero da Dio. Questo ha fatto sì che varie siano state, lungo la storia, le sue risposte all’iniziativa divina: dalla negazione alla confessione passando attraverso una molteplicità di atteggiamenti che oscillano tra l'ateismo e la fede.
Ma cosa significa credere? Come possiamo diventare uomini e donne di fede? Alla fede si perviene in forza della rivelazione di Dio. La grazia (charis) irrompe e illumina il cuore dell’uomo, e questi risponde aderendo con tutto se stesso (pistis).
Ma come accogliere il Suo rivelarsi? Semplice: è necessario anzitutto sentirsi oggetto del Suo desiderio amante e creatore. La nostra è una lectio divina al testo di Giacomo, non uno studio esegetico. Per cui al termine di ogni riflessione aggiungeremo una preghiera tratta dal grande patrimonio di sant'Agostino. Il tutto per favorire, come abbiamo evidenziato, il passaggio dall'ascolto alla vita.
L'evangelista Marco fu il primo a scrivere un vangelo. È il testo più antico che abbiamo insieme alle lettere di Paolo. La tradizione sosteneva che Marco fosse un discepolo di Pietro che aveva scritto un riassunto del Vangelo di Matteo. In questo studio, l’autrice sostiene che Marco è un discepolo teologico di Paolo e dimostra che la teologia di Paolo migliora la nostra comprensione della narrazione di Marco perché completa il significato del vangelo e ne integra l’intenzionalità.
Note sull'autore
Mar Pérez i Díaz è laureata in Filologia classica e ha conseguito il dottorato in Sacra Scrittura. Attualmente insegna latino e greco e Nuovo Testamento presso l’Ateneu Universitari Sant Pacià di Barcellona e l’Institut Superior de Ciències Religioses-IREL di Lleida. È patrocinante della Fundació Joan Maragall e membro dell’area teologica del centro studi Cristianisme i Justícia. Il suo campo di studio è il Vangelo di Marco, le Lettere paoline e le donne negli scritti biblici. Ha pubblicato Mark, a Pauline Theologian: A Re-Reading of the Traditions of Jesus in the Light of Paul’s Theology (2020) ed è co-autrice di due capitoli di Les Dones de la Bíblia (2016), dedicati a Giuditta e Paolo e alla misoginia.
Nonostante l'indubbio risveglio biblico verificatosi dopo la costituzione Dei Verbum, il lavoro prezioso di centri di spiritualità, l'impegno serio di diversi autori e alcune pregevoli iniziative di divulgazione nate negli ultimi decenni, di fatto si può notare, alle nostre latitudini, una certa stanchezza. Dopo aver ritrovato e posto nuovamente al centro della sua vita il libro delle Scritture, la Chiesa si trova di fronte a un compito arduo e affascinante: riaccendere il fuoco nascosto in queste sacre pagine.
Perché soffrire? Se Dio esiste, perché non elimina il male e la sofferenza? Una vita contrassegnata dal dolore merita di essere vissuta? Queste e altre domande simili mettono spesso in crisi la fede del credente. Le pagine di questo libro non hanno la pretesa di rispondere a tali interrogativi, ma mettono ogni lettore credente e non dinanzi a una verità sconcertante: Dio stesso soffre! Dio è il Sofferente per eccellenza! La sofferenza di Dio deriva dal suo amore per noi, un amore sofferto perché solidale con colui che soffre. Il percorso biblico-teologico-spirituale proposto in queste pagine orienta a considerare la sofferenza non come un incidente di percorso, ma come una via mistica d'incontro con Dio, e invita il credente a trasformare la sofferenza in amore.
Le meditazioni evangeliche sui sette dolori di Maria ci pongono al fianco della madre del Signore Gesù, Vergine Addolorata. Questo itinerario di preghiera e contemplazione propone la scoperta evangelica del cammino interiore di Maria. Attraverso il dolore, annunciato dalla profezia di Simeone nel tempio di Gerusalemme, Maria scopre e riscopre la volontà di Dio su suo Figlio e dunque su di lei. Chi decide di vivere il Vangelo avrà in Maria la compagna del e nel "dolore", passaggio di vita nel quale lasciarsi comunque amare dal Figlio e Signore.
Il racconto dell'incontro inatteso tra il Signore risorto e i due discepoli in cammino da Gerusalemme a Emmaus, «il primo giorno della settimana», è una delle gemme narrative e spirituali del Vangelo di Luca (Lc 24), privo di miracoli o monologhi, che comprende un viaggio di andata e uno di ritorno, ed è interamente dedicato alla conversazione tra i tre attori. Le tappe del racconto sono numerose e il libro analizza da vicino come sono state rappresentate nell'arte cristiana dalle origini a oggi, non facendo scorrere le opere in ordine cronologico, bensì seguendo le fasi del racconto lucano passo dopo passo; una scelta molto più coinvolgente. «Come una guida sapiente, Boespflug accompagna il lettore nelle stanze di un museo senza spazio e senza tempo, pronto ad accogliere tutti. Forse proprio qui risiede uno dei meriti più importanti di questo libro, quello di proporre l'arte, in questo caso l'arte che illustra la Parola di Dio, come strumento di umanizzazione. Di fronte a queste opere, tutti possono riconoscersi fratelli, nello stupore per tanta bellezza e nella contemplazione di un Dio che ha offerto come dono supremo il perdono e la pace».
Curata da noti biblisti italiani, la collana riprende ex-novo e amplia il coraggioso progetto della Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali. I singoli libri biblici vengono riproposti in una nuova versione che, oltre ad avere i testi antichi a fronte, è accompagnata da un accurato apparato testuale-filologico e da un ampio commento esegetico-teologico. La serie è diretta da Massimo Grilli, Giacomo Perego e Filippo Serafini.
Chi videro i contemporanei di Gesù? Quale persona incontrarono veramente? Cosa colpiva della sua personalità, del suo carattere, del suo modo di parlare e di vivere? Di certo, qualcosa deve essere successo in quell'angolo del mondo che era la Palestina di duemila anni fa; qualcosa di eccezionale, di unico e sconvolgente tanto da suscitare odio e amore contemporaneamente. Il libro di Paolo Sacchi, grande esperto di letteratura intertestamentaria e ottimo divulgatore, offre al lettore un incontro di straordinaria effi cacia con la persona dell'ebreo Gesù, come in un film girato in presa diretta abitando giorno per giorno i luoghi, le abitudini, i protagonisti del suo tempo. Un'indagine su Gesù dall'esito sorprendente, realizzata secondo una prospettiva inedita dal più grande giudaista italiano vivente.
Il libro ci fa contemplare le varie parti del corpo fisico di Gesù: piedi, gambe, mani, costato, cuore, volto... Un percorso affascinante e commovente, alla luce dei testi del Vangelo, che ci svela ancora di più la vita di Gesù Cristo incisa nel suo corpo, l'"anatomia di Dio", all'interno della quale ha senso l'intera esistenza umana. In passato, come ben dimostra il volume, la contemplazione del corpo benedetto e divino di Gesù è stata una fucina di santi e di ispirazioni artistiche e di annuncio infuocante del Vangelo. Ma, per il nostro autore, lo può essere anche per l'oggi. Il cristianesimo deve tornare a contemplare Gesù "dalla testa ai piedi", a immergere il suo sguardo nel Cristo Totale, non vedendolo come una realtà lontana di due millenni, ma contemporaneo a noi, Cristo vivo in mezzo a noi: nell'Eucaristia, nella Chiesa, nella carne piagata del povero. Il corpo di Cristo allora non è soltanto un'icona da contemplare, ma una realtà fisica nella quale siamo inseriti dopo la sua risurrezione e nella quale ognuno di noi può ritrovare se stesso. Prefazione di mons. Francesco Milito.
Faville di Favella! Una sinestesia suggestiva per presentare questo lavoro. Se la Scrittura è paragonabile al roveto ardente, la figura retorica fa all'uopo. La Parola sfavilla a chi la "percuote" nella lettura, nello studio, nella preghiera e il bagliore che ne scaturisce rivela l'invisibile forma (temûnâh) di Dio a nessuno concessa se non a Mosè (Nm 12,8). E se Mosè è l'altro modo - nobile, solenne, ipostatico - di dire la Tôrâh, significa che grazie ad essa, nei cui precetti s'impara a camminare, non è negata a nessuno l'immagine di Dio, perché nella Tôrâh Dio si rivela quale fiamma di fuoco (labbat-'ës?). Pur brulicando di scintille, non si consuma e, nella notte dell'esistenza, lascia intravedere il Misericordioso ('Ël-rah?ûm). Mosè ne ha fatto esperienza all'inizio della sua parabola di vita (Es 3) e anche dopo l'apostasia di Israele, quando il Signore scese nella nube e gli manifestò in un privilegio senza pari la sua essenza (Es 34,6). Riconsiderare le faville misericordiose dell'eterna Favella non può che far bene, favorendo la maturazione di una testimonianza ancor più generosa e incisiva in tempi complicati e difficili quali quelli che stiamo vivendo.