
Con il Capitolo di Pentecoste del 1217 inizia la vicenda missionaria del nascente Ordine francescano. Guidati da frate Elia da Cortona, alcuni frati furono inviati "oltremare" come testimoni di fraternità e di pace per fondare una nuova Provincia francescana (l'odierna Custodia di Terra Santa). Due anni dopo, nel 1219, è lo stesso Francesco a recarsi nella città di Damietta, in Egitto, assediata dai crociati. Qui incontrerà il sultano al-Malik al-Kamil e probabilmente otterrà un salvacondotto per poter visitare per la prima volta i Luoghi Santi. Le linee guida indicate da Francesco per la missione dei frati sono semplici: prima la testimonianza di vita e poi l'annuncio esplicito del Vangelo. Da allora, fino ad oggi, seguendo queste indicazioni i frati della Custodia hanno vissuto accanto alle popolazioni di Terra Santa, aperto la strada ai pellegrini, fondato scuole e opere sociali, subendo spesso anche persecuzioni e sofferenze. Questo libro racconta la loro storia. Una storia lunga 800 anni. A cura di Giuseppe Caffulli. Contributi di: Francesco Patton ofm, Clara Maria Fusciello osc, Sergio Ferdinandi, Christian Grasso, Cesare Vaiani ofm, Filippo Sedda, Giuseppe Ligato, Giuseppe Buffon ofm, Onorato Grassi, Sara Cibin, Corrado Scardigno, Pacifico Sella ofm, Giovanni Claudio Bottini ofm.
Figlia, sposa, madre, vedova, monaca agostiniana, mistica, taumaturga, Rita da Cascia (1381-1457) ha attraversato tutte le dimensioni femminili e ha fatto della sua esistenza un capolavoro cristiano. Vissuta in un’epoca segnata da forti contrasti politici e religiosi, nella quale abbondarono i santi, i letterati e gli artisti e la donna era chiamata a rappresentare l’equilibrio, la stabilità, la concordia e la maternità, Rita fu cercata, stimata, amata, apprezzata, ascoltata e incise enormemente nel tessuto sociale in cui operò.
Ormai tutti camminiamo. Per tanti motivi, e non tutti n nobili n spirituali. Alcune mete di pellegrinaggio sono ormai autentici cult: se i nostri fratelli musulmani almeno una volta nella vita devono recarsi in pellegrinaggio alla Mecca, noi non ci toccherà sgambettare fino a Compostela?
San Francesco d’Assisi e i suoi compagni sono stati indubitabilmente grandi camminatori: cosa hanno da insegnarci sull’arte di un pellegrinaggio autenticamente umano e cristiano Come possono aiutarci a vivere un’esperienza davvero profonda e non solo di moda? Ma poi, san Francesco ci è mai stato a Santiago di Compostela? E in Terra Santa?
Francesco e Chiara d’Assisi, due appassionati di Dio, ci hanno lasciato molte preghiere che sono espressioni di bellezza, speranza e passione.
I tre autori, grandi conoscitori della spiritualità francescana, ci offrono una traduzione moderna degli inni di lode dei due santi e un commento che attualizza le intuizioni originarie.
Testi antichi, carichi di vitalità e freschezza, diventano parole forti anche per l’oggi.
Fin dai primi momenti del suo ponti cato papa Francesco
ci ha abituato al tema della misericordia: già il suo motto episcopale, conservato anche una volta divenuto Papa, Miserando atque eligendo costituisce il preludio di gran parte del suo insegnamento.
Sono due gli ambiti nei quali il tema è considerato: teo-logico ed ecclesiologico. Il primo rimanda all’azione perdonante
di Dio, il secondo al compito della Chiesa in sintonia con
tale azione. Il primo si collega alla coscienza che tutti
siamo bisognosi di un intervento salvante da parte di Dio; il secondo richiama la missione della Chiesa di rendere possibile a tutti l’esperienza della misericordia di Dio. I due ambiti sono collegati all’inizio della Bolla di indizione dell’Anno santo della misericordia, Misericordiae vultus.
La figura di san Francesco evoca la povertà e la penitenza, ma già durante la vita del santo di Assisi emergono, all'interno del movimento francescano, esigenze intellettuali che non sono affatto incompatibili con una profonda spiritualità. La rilassatezza di una parte del clero e la proliferazione delle correnti eretiche impongono, infatti, una predicazione adeguata ai tempi e in grado di tener conto dell’insegnamento e della cultura. Nell'ordine fanno il loro ingresso maestri istruiti, a cominciare da Antonio da Padova, Bonaventura, Pietro di Giovanni Olivi e Nicola di Lyra, figure rappresentative dell’esegesi francescana del XIII secolo, caratterizzata da una spiritualità che va di pari passo con un approccio rigoroso e scientifico al dato biblico.
Poco prima del 540 san Benedetto redasse il testo di una Regola per la comunità di monaci raccolti intorno a lui nel monastero di Montecassino. Articolata in un prologo e 73 capitoli, è ancora oggi l'elemento fondativo delle comunità benedettine. Il suo valore e la sua efficacia travalicano però l'ambito rigorosamente monastico e infatti essa è ormai frequentemente invocata come una guida valida per i laici, sia nella vita privata che in quella professionale. Proprio la "Regola" è al cuore di questo libro, in cui Dom Guillaume, forte dell'esperienza maturata come monaco e come abate, traduce in un linguaggio semplice e concreto le sue norme antiche e sempre nuove, permettendo anche a noi, uomini e donne del XXI secolo, di apprezzarne la bellezza e l'attualità. Vivere secondo la "Regola", assimilando la sapienza dei monasteri, ci permetterà di trasformare profondamente la nostra vita e di cambiare il modo in cui guardiamo il mondo, gli altri, noi stessi. Essa ci sprona a considerare l'esistenza come un itinerario di fede e un ritorno alla sorgente di tutte le cose, scendendo nel profondo, dove Dio abita, ci abita, e ci attende amorevole e fiducioso. Questo è, almeno per noi contemporanei, il grande paradosso: una "Regola" ci permette di conseguire la vera libertà e la pace di chi ha trovato la verità.
Affascinante percorso che attraversa, di fatto, con puntualità e ispirazione, i momenti più ricchi della performance esistenziale, intellettuale ed ecclesiale di Agostino.
Un gran bel libro, che si legge con gusto e di cui realmente si fa tesoro, sotto tanti aspetti. Un libro per cui valgano senz’altro le parole di Agostino nel Sermo 153: «noi parliamo, ma dio istruisce, noi parliamo, ma dio ammaestra. Infatti, non è detto beato colui al quale insegna l’uomo, ma colui che avrai istruito tu, signore. Noi possiamo piantare e irrigare, ma è proprio di Dio dare il crescere».
«Come si fa a morire – innocente – al posto di un altro? Come si fa a scegliere – piuttosto che subire – il martirio? Per capire la sua morte occorre conoscere la sua vita». Comincia così la biografia di uno dei massimi santi di tutti i tempi, Massimiliano Kolbe, polacco, martire ad Auschwitz. Una storia vera che ha il sapore del romanzo. Volti, emozioni, incontri e scontri, sofferenze, gioie, apparenti sconfitte e grandi desideri. Una biografia che si legge tutta d’un fiato e parla a tutti – credenti e non – aprendo importanti interrogativi sul senso della vita, su Dio e sulla libertà dell’uomo.
L’uomo di oggi vive sotto il peso di tanti condizionamenti e desidera conquistare un maggiore spazio di libertà. E se san Francesco fosse un modello a cui ispirarci? L’autore in queste pagine, con un linguaggio concreto e divulgativo, ne fa emergere tutta la statura umana e cristiana, un punto di riferimento per una vita piena.
Al centro di questo studio sta l’intricata vicenda della conferma della Regola francescana da parte di papa Onorio III, nel 1223. Che legame esiste tra questa conferma e l’incontro di san Francesco con Innocenzo III, che le leggende situano intorno al 1208-1209? E perché una nuova “Regola”, dopo che il Concilio Lateranense IV (1215) aveva espressamente vietato l’adozione di nuovi testi legislativi, invitando ad utilizzare le “Regole” già esistenti, quelle di Benedetto, Agostino, Basilio?
Attraverso l’esame minuzioso di alcuni affreschi del ciclo francescano nella basilica superiore di Assisi, e riprendendo un’intuizione di Paul Sabatier, l’Autrice ci accompagna in modo magistrale a comprendere il difficile percorso che portò la fraternità nata da Francesco a diventare un Ordine tra i più importanti e diffusi nella Chiesa medievale.
Queste pagine raccolgono brevi, ma significativi, interventi che hanno come protagonista «la santità» a cui tutti siamo chiamati. La Chiesa ha bisogno di santi poiché essi sono i veri riformatori dell’umanità e solo per mezzo loro ci potrà essere una «vera rivoluzione». La Chiesa ha anche bisogno di conoscere i santi perché sono testimoni autorevoli e credibili di una vita donata totalmente a Cristo. La vita di un santo è come un «cembalo» la cui musica si espande e raggiunge i cuori coinvolgendoli nell’ardente desiderio di imitare le vicende di queste semplici ma grandi creature, nell’aderire totalmente a Cristo. La storia del mondo, la storia di ogni creatura si rivela nel mistero di Dio che a sua volta si manifesta pienamente in Cristo Gesù; il mistero di Gesù raggiunge il suo vertice nel mistero della Croce. Ogni uomo trova il senso della sua vita in Gesù, nella sua morte e nella sua risurrezione. Tutti gli uomini sono interpellati a guardare a colui che ha dato la vita per l’intera umanità. Questa è stata l’aspirazione costante dei santi che hanno fatto della loro vita una lode a Dio: in cymbalis bene sonantibus laudate eum in cymbalis iubilationis (Sal 150,5).