
Il saggio si propone di studiare lo statuto dell'immagine contemporanea collocandosi in una posizione più arretrata - si potrebbe dire: originarla -rispetto alle numerose questioni che hanno dominato in proposito il panorama speculativo del secondo Novecento (si pensi al problematico rapporto dell'immagine con il referente e più in generale con la realtà). Per comprendere pienamente la natura di un'immagine è necessario far emergere l'elemento antropologico in essa contenuto, rintracciando, al di là delle singole e contingenti occorrenze visuali, l'interazione strutturale che le annoda allo sguardo umano. Mediante lo studio di numerosi casi scelti all'interno della produzione artistica contemporanea di autori noti (tra gli altri Francis Bacon, Heléne Schjerfbeck, John Coplans) e meno noti (tra gli altri German Gómez, Domenico Grenci, Rossella Belluscl, Alessandro Bellucco), l'immagine del volto nella forma del ritratto si rivela come un luogo strategico in cui si manifesta la dimensione antropologica di ogni immagine. Il ritratto diventa così uno strumento storico e teorico cruciale per ripensare la rappresentazione, l'opera d'arte e lo sguardo artistico come possibilità di accesso a una problematica, ma feconda, verità dell'immagine.
«Una buona politica esige una buona medicina e una buona medicina richiede una valida etica». Questa frase, che apre il II volume del Manuale di bioetica dedicato agli aspetti medico-sociali e posta già nell'edizione precedente del 2002, sta diventando sempre più vera. Società, organizzazione sanitaria ed esercizio della professione medica sono intrecciati insieme e sono condizionati dalle scelte di fondo sul piano etico. I temi di questo volume quali la psichiatria, i comportamenti e gli orientamenti in tema di sessualità (è stato incluso un paragrafo sulla pedofilia), l'uso e l'abuso delle droghe (tabagismo, alcolismo), la diffusione dell'AiDS, il trattamento del rischio in ambito occupazionale (fabbriche, traffico, sport, catastrofi), i problemi relativi all'invecchiamento della popolazione o al trattamento dell'handicap, il condizionamento economico a carico dell'organizzazione sanitaria e dell'assistenza medica - pongono in evidenza la connessione fra la società, essa stessa malata, l'esercizio della medicina e le responsabilità personali, professionali e politiche. La presente edizione, oltre all'aggiornamento bibliografico-scientifico, offre una preziosa sintesi a ogni capitolo, utile per fini didattici.
Il testo propone una ricostruzione storico-teoretica della prospettiva postumanistica, evidenziandone i principali snodi concettuali, a partire dalla NeueAnthropologie, dal pensiero di Foucault e di Deleuze, passando per la biologia evoluzionistica e l'infofilosofia fino a giungere alla tecnoscienza contemporanea, intesa come luogo di collisione e commistione del sapere e dell'agire umano. Accanto a tale ricognizione si propone una problematizzazione della semantica del postumano, sottolineandone il limite critico in una concezione riduttiva e riduzionista della natura umana, della quale, per contro, si propone un recupero dei significato classico secondo il suo concetto non naturalistico, per il quale essa non è riducibile a semplice e statica materia, ma è da intendersi come ciò che ha in sé il principio di movimento e di quiete. Una natura umana così intesa comprende in sé gli attributi principali del pensiero postu-manistico, in particolare dinamismo e ibridazione, restando nel contempo inscritta in un orizzonte ancora antropologico.
"La bellezza può consolare o turbare; può essere sacra o profana; può essere divertente, stimolante, ispiratrice, raggelante. Può influenzarci in infiniti modi, ma mai viene considerata con indifferenza: la bellezza esige di essere notata." Con queste parole il filosofo inglese Roger Scruton apre il suo ultimo saggio, una ricognizione al tempo stesso profonda e accessibile sul significato della bellezza e sul posto che essa occupa nella nostra vita. Il punto non è tanto trovare una definizione esaustiva di ciò che piace, ma riflettere sulla nostra esperienza della bellezza, trovare il senso delle emozioni che essa suscita. Tuttavia l'autore non si sottrae al confronto con un dibattito culturale e filosofico che ha radici lontane e voci di somma autorevolezza. Egli espone e spiega le idee di Platone, che vede il bello come via che conduce al trascendente; quelle di Tommaso d'Aquino, per cui la bellezza è un attributo dell'essere e un dono di Dio, per soffermarsi poi sulle teorie estetiche di pensatori moderni, primo fra tutti Kant, del quale analizza approfonditamente la dottrina sulla natura del giudizio estetico.
È a partire dalla coscienza della morte che l’uomo si comprende e si relaziona al mondo e agli altri. Perché proprio nel porre un limite alla vita, la morte le dà forma e possibilità di senso. Solo ciò che muore è vivo, mentre ciò che non muore, neppure vive. La certezza della morte (incerta omnia, sola mors certa, nelle parole di sant’Agostino), da sempre alla base della cultura umana, è oggi posta radicalmente in discussione in Occidente, in quella che i sociologi chiamano la società postmortale, una società insofferente dei limiti, che grazie alla tecnica e al progresso medico tenta di far indietreggiare la morte, di intervenire sulle sue cause, di modificarne le frontiere, di spingere sempre oltre i limiti della longevità umana. Davanti allo scenario di un’umanità che può pensarsi a-mortale, Luciano Manicardi si interroga sulle conseguenze di questa rimozione. Che cosa è diventata la morte? Ma soprattutto chi siamo diventati noi, se la morte non è più memoria del limite? Non c’è il rischio che nutrendo il sogno dell’onnipotenza l’uomo contemporaneo si trovi ancora più solo e smarrito di fronte alla morte? Proprio a questo crocevia occorre recuperare la sapienza che nasce dal riconoscimento del limite, non solo come fine, ma anche come confine, soglia, e dunque possibilità di un nuovo inizio.
Luciano Manicardi è monaco della comunità di Bose. La sua riflessione, attenta all’intrecciarsi dei dati biblici con le acquisizioni più recenti dell’antropologia, riesce a far emergere dalla Scrittura lo spessore esistenziale e la sapienza di vita di cui è portatrice. Tra i suoi libri: Il corpo: via di Dio verso l’uomo, via dell’uomo verso Dio (2005); L’umano soffrire. Evangelizzare le parole sulla sofferenza (2006); Guida alla conoscenza della Bibbia (2009); La fatica della carità. Le opere di misericordia (2010).
Questo volume vede diverse e molteplici professionalità e personalità impegnate in un comune sforzo interpretativo sul concetto/termine di “Logos”. Ciò conferisce particolare ricchezza al libro che spazia dalla ricerca linguistica, a quella storico-filosofica sul paganesimo greco romano, sul pensiero giudaico alessandrino e proto cristiano e poi sulla filosofia cristiana in particolare di Dionigi, S. Agostino e Gregorio Magno. Non mancano anche interventi di storia delle religioni rivolti al periodo imperiale e valutazioni complessive sulla funzione religiosa del “Logos”. Ne risulta un quadro ampio e convincente delle innumerevole valenze del “Logos” e della sua ricchezza concettuale.
Nell'Aprile del 1802, alla vigilia di un Concordato che avrebbe ristabilito i rapporti fra la Santa Sede e la Francia di Napoleone, Chateaubriand dava alle stampe il “Genio del Cristianesimo”, un'apologia della fede cattolica il cui argomento di fondo era l'evidenza estetica della verità del cristianesimo: la bellezza delle forme culturali che il cristianesimo ha assunto nella storia non è che il riflesso della verità dei suoi fondamenti. L'apologia sarebbe diventata in pochissimo tempo il libro più letto d'Europa, offrendo un contributo essenziale alla rianimazione del religioso nella Francia postrivoluzionaria. Associato alla liquidazione novecentesca del fenomeno romantico, l'apologia estetica di Chateaubriand sarebbe stata poi a lungo riposta nello scaffale delle opere prive di una dignità storica. Nemmeno la cultura religiosa e teologica sarebbe stata capace per molto tempo di vedervi qualcosa di più che un ingenuo e impreciso catechismo estetico. Ma agli occhi della teologia di oggi, istruita dalle istanze del pensiero contemporaneo, il tema estetico celebrato nel “Genio del Cristianesimo” torna a suscitare interesse. Rimesso sui binari di transiti storici non convenzionali, può essere riletto come un'opera densa di importanti sollecitazioni teoriche che la teologia dell'epoca non aveva saputo riconoscere, ma che dal punto di vista delle svolte teologiche contemporanee, appaiono chiare e pertinenti.
Prendendo atto della difficoltà nel caratterizzare univocamente l’approccio narrativo all’etica, che pure è auspicato da più parti e in diversi ambiti del dibattito contemporaneo, il volume prende in esame alcune matrici filosofiche dell’etica narrativa, allo scopo di evidenziarne la specificità e le risorse. In particolare, vengono analizzate e proposte teoriche di Alasdair Maclntyre, lris Murdoch, David Carr, Charles Taylor e Paul Ricoeur, che attribuiscono alla categoria di “narrazione” una valenza pratico-etica; dal loro confronto emerge un profilo teorico dell’etica narrativa, del quale viene vagliato il contributo ai fini di una fondazione antropologica della norma etica. Tra le risorse dell’approccio narrativo vengono individuate l’esplorazione della soglia tra antropologia ed etica (mediante la tematizzazione della vita come unità narrativa) e l’approfondimento del rapporto tra universale etico e storie di vita particolari; quale limite ditale approccio, invece, si riconosce la non-autosufficienza della narrazione ai fini della fondazione etica.
Il volume affronta il ruolo della valutazione nel contesto educativo e formativo, con l’intento di porsi quale strumento a supporto della didattica, aiutando il lettore a riconoscere e comprendere le problematiche e le strategie risolutive messe in atto nelle pratiche valutative. Un aspetto non marginale nella professionalità e qualità del valutatore consiste infatti nella capacità di affrontare, di volta in volta, la complessità delle situazioni reali e adottare in risposta scelte metodologiche coerenti e utili senza perdere di vista gli obiettivi e l’impianto complessivo che si intende perseguire. La valutazione, in particolare nell’ambito educativo e formativo, assume significato e valore se è pervasa da un’intenzionalità pedagogica che la pone al servizio dell’azione e dei contesti in cui si inserisce. Nel volume si è scelto di prendere in esame due esperienze di valutazione che insistono sulla formazione di operatori riportando la documentazione originale in forma integrale. In tal modo è stato possibile analizzare le situazioni proposte esaminandone anche i processi di genesi e sviluppo che in genere non traspaiono dalla reportistica ufficiale, incluse le difficoltà incontrate e le strategie perseguite per risolverle. I due progetti sono corredati da approfondimenti metodologici e da spiegazioni circa le motivazioni che hanno indotto a compiere le diverse scelte. Tali approfondimenti sono inseriti in appositi box per permettere di procedere con la lettura del testo principale senza soluzione di continuità oppure di soffermarsi, di volta in volta, sugli approfondimenti proposti. I box non hanno pretese di esaustività ma intendono fornire degli orientamenti a partire dall’analisi dei casi: alcuni propongono indicazioni pratiche e operative, per esempio sul trattamento dei dati, altri offrono commenti puntuali utili alla comprensione di passaggi specifici del testo.
"Dio nessuno lo ha mai visto" è un versetto del vangelo di Giovanni (1,18) che parla di un'esperienza universale. Chi infatti potrebbe affermare di aver visto Dio? Dove quindi se ne può fare esperienza in modo da poter dire: è lì. L'evangelista Giovanni non ha dubbi: "proprio il Figlio, lui lo ha rivelato". Nella vicenda storica concreta di Gesù si può vedere Dio all'opera, così come egli veramente è, oltre ogni immaginazione dell'uomo, oltre ogni suo travisamento. Perché è facile attribuire a Dio quelle cose sono pure proiezioni dei desideri o delle paure o dei pensieri umani. E la caratteristica distintiva della manifestazione di Dio è la carità. Tutta la vita di Gesù, i suoi incontri, le sue parole, i suoi gesti, le sue scelte, sino a quella finale della morte in croce irradiano la carità e dicono: Dio in se stesso è così; non si deve immaginare nient'altro a proposito di lui, nessun'altra intenzione che quella dell'amore. Attraverso questo angolo di interpretazione il noto biblista Bruno Maggioni rilegge il vangelo di Giovanni e le sue lettere, mostrando, con i toni chiari e suggestivi di cui è capace, come Dio possa essere visto in ogni gesto concreto e semplice che l'amore degli uomini esprime. In questo sta l'originalità del cristianesimo e insieme la sua valenza universale: si tratta infatti di un linguaggio a tutti accessibile.