
La globalizzazione, la crescente attenzione ai diritti dei lavoratori, l'importanza degli aspetti ambientali, questi e tanti altri fattori hanno reso l'adozione delle politiche di Corporate Social Responsibility (CSR) una risposta alle trasformazioni di natura strutturale. Sebbene numerosi studi siano stati condotti attorno alla CSR, ciò che risulta tuttora carente è la comprensione del come le politiche sociali e ambientali possano essere realizzate da un'impresa. Avvantaggiandosi dell'aver seguito fin dalle origini (2006) i lavori del CSR Manager Network Italia (l'associazione italiana dei professionisti della CSR), Matteo Pedrini affronta in questo volume alcuni attuali interrogativi riguardanti le problematiche gestionali e organizzative della CSR. Come può la CSR essere gestita per promuovere la competitività di un'impresa? Quali scelte permettono di introdurla in modo più efficace in un'azienda? Come si può organizzare internamente un'impresa per gestire nel migliore dei modi la CSR? Il libro ha una duplice valenza: nella prima parte consente di fare il punto sull'integrazione della CSR nella strategia aziendale e sulle problematiche gestionali e organizzative dell'attuazione di politiche di sostenibilità; nella seconda parte permette di identificare le condizioni di efficacia delle dinamiche di gestione e organizzazione della CSR, presentando i principali risultati di un intenso piano di ricerche realizzato negli ultimi anni.
La rilevanza risolutiva del sistema informativo nel perseguire gli obiettivi di efficienza ed equilibrio nella trasmissione dei flussi per lo sviluppo dei mercati degli strumenti finanziari è stata, a tutt’oggi, solo parzialmente assimilata nei processi decisionali finalizzati a individuare strutture operative ottimali e relativamente coinvolta nell’analisi delle responsabilità e nel modo di porsi delle diverse manifestazioni degli stati di crisi.
Questo libro si propone, in prima istanza, di mettere in luce i profili teorici che inducono a considerare come fondamentale l’analisi informativa per ogni processo valutativo che possa incidere nel mercato finanziario. La funzione ricettivo-valutativa dell’informazione assume, perciò, il ruolo di responsabilità primaria nella composizione corretta delle dinamiche del mercato, ruolo riconosciuto fisiologicamente, nell’azione dell’intermediazione finanziaria. Ha assunto quindi particolare rilievo la scelta di esaminare, direttamente con un confronto empirico, quale sia stato il grado di ‘affidabilità’ di tale intervento attraverso l’analisi dell’attività di equity research effettuata sui titoli rappresentanti l’indice Ftse Mib dal 2009 ad oggi. I risultati emersi sono apparsi significativi per sostenere le problematiche che l’excursus teorico ha configurato alla base di un corretto processo di ri-definizione o ri-costruzione di un sistema efficientemente integrato.
Paola Fandella è professore associato di Economia degli intermediari finanziari presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove insegna Economia del mercato mobiliare ed Economia delle aziende di credito. È altresì coordinatore del corso di laurea triennale e magistrale, interfacoltà di Economia e Lettere e filosofia in Economia e gestione di beni culturali e dello spettacolo.
Nel mondo del lavoro, pur tra gli innegabili positivi cambiamenti verificatisi nel corso degli ultimi decenni, la persona continua ad essere subordinata alle esigenze economiche. Molte realtà lavorative, nonostante l'emergere dell'istanza della Responsabilità Sociale di Impresa, sembrano prescindere dal tema dell'umanizzazione dell'attività produttiva. Dinanzi alla situazione richiamata, la riflessione pedagogica è sollecitata a offrire il proprio contributo ai fini della migliore reinterpretazione del mondo del lavoro. Spetta ad essa mettere in luce le ragioni che giustificano il primato della persona sulla logica del profitto, quindi promuovere la riscoperta del lavoro come attività tipicamente umana, dotata di valore e da rendere funzionale alla crescita umana e professionale. Per sviluppare le proprie riflessioni, l'autrice ha svolto una ricerca empirica, identificando le dimensioni che favoriscono la strutturazione dell'ambiente di lavoro come spazio di vita umanizzante. Il benessere organizzativo identificato sembra scaturire dal comporsi armonico di quattro sfere di esperienza: contestuale, relazionale, gestionale e culturale. Il testo approfondisce in termini pedagogici ciascuna di esse, offrendo interessanti spunti e piste di lavoro.
"Particolarmente significativo è il risveglio di una riflessione etica attorno alla vita: con la nascita e lo sviluppo sempre più diffuso della bioetica vengono favoriti la riflessione e il dialogo - tra credenti e non credenti, come pure tra credenti di diverse religioni - su problemi etici, anche fondamentali, che interessano la vita dell'uomo". Con queste parole contenute in una delle ultime encicliche di Giovanni Paolo II (Evangelium Vitae, n. 27) si è voluto assegnare alla bioetica un compito che va al di là di una particolare visione religiosa e che interpella direttamente la ragione dell'uomo, chiamandolo a riflettere sull'intimo significato della sua stessa esistenza e dell'ambiente nel quale si trova. Il presente Manuale vuole essere innanzitutto uno strumento didattico, informativo e orientativo per quanti, studenti del Corso di laurea e dei Corsi di specializzazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia, intendano prepararsi a svolgere in modo coscienzioso e corretto la professione medica. Viene perciò offerta una impostazione chiara sui criteri etici di fondo, applicandola ad alcuni rilevanti e attuali problemi, scelti fra i più conosciuti e dibattuti nell'ambito dell'esercizio della medicina.
Tra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo, in Italia, quasi tutte le diocesi, numerose parrocchie, ordini religiosi e confraternite hanno istituito i propri musei. Le diocesi ne hanno istituiti e ne gestiscono più di 200, gli altri enti ecclesiastici circa 600. Lo scopo di questo notevole impegno della Chiesa è duplice: conservare il patrimonio culturale e renderlo visibile al grande pubblico. Così, nell'arco di qualche decennio, in modo assai discreto, in tutte le regioni sono 'spuntati' piccoli e piccolissimi musei, testimoni della storia religiosa e artistica che in Italia è stata così ricca e varia. La rete degli 800 musei ecclesiastici italiani, tuttavia, è ancora scarsamente visibile ed è oggi poco conosciuta e studiata. Questo libro si propone di documentare la recente fioritura di musei ecclesiastici italiani analizzandone le principali caratteristiche: la storia, la consistenza, la localizzazione, le condizioni di fruibilità e le forme di gestione. Particolare attenzione viene dedicata alla figura del museo diocesano che, nel vasto e articolato sistema dei musei ecclesiastici, è chiamato a ricoprire un ruolo centrale. Anche la gestione delle recenti istituzioni museali della Chiesa viene analizzata tenendo conto degli elementi di forza, senza ignorare quelli di debolezza. In appendice sono presentate le 'linee guida' dei musei ecclesiastici, contenute in un documento pubblicato dalla Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa il 15 agosto del 2001.
Non siamo nati per leggere, ma siamo dotati di un cervello straordinariamente plastico. Così apprendiamo dalla storia e dalla scienza del cervello che legge, raccontate da Maryanne Wolf in questo lucido e appassionato saggio, dove si intrecciano riferimenti a discipline diverse quali neuroscienza, linguistica, psicologia, storia e pedagogia. La lettura, mostra la Wolf, non è un'attitudine naturale dell'uomo, ma una sua invenzione, forse la più geniale, che risale a 6000 anni fa in Mesopotamia, con la scrittura cuneiforme dei Sumeri. Ottimo esempio di architettura aperta, per imparare a leggere, il cervello umano ha dovuto, e ancora oggi ogni volta deve daccapo, creare sofisticati collegamenti tra strutture e circuiti neuronali in origine preposti ad altri più basilari processi, come la vista e la lingua parlata. Il cervello riplasmato in modo nuovo dalla lettura ha così consentito la formazione di un sapere non più improntato alla ripetitività tipica delle culture orali, ma caratterizzato dall'accumulo, creativo e vertiginosamente efficace, di sempre nuove conoscenze. Al livello sia biologico sia intellettuale, la lettura permette alla specie umana di oltrepassare l'informazione già data per produrre innumerevoli e meravigliosi nuovi pensieri. La cultura così come ora la conosciamo è figlia del cervello che legge. Ma oggi, con l'avvento della cultura digitale e il suo privilegiare l'immagine rispetto alla scrittura, ci troviamo, come 6000 anni fa, nel mezzo di una transizione di portata epocale, un cambiamento di paradigma che sta riorganizzando secondo nuovi parametri il cervello delle nuove generazioni, i nativi digitali. Questo passaggio di civiltà fa sorgere domande inedite: quali perdite e guadagni riserva il domani ai tanti giovani che hanno in larga misura sostituito al libro la caleidoscopica cultura di internet, con la sua informazione sovrabbondante e la sua attenzione intermittente? La rapida, quasi istantanea, presentazione di un contenuto informativo digitale può pregiudicare il decantarsi di un sapere più profondo, che necessita di tempi più lunghi? È possibile che la capacità delle prossime generazioni di ricavare intuizioni, gioia, dolore, saggezza da un libro andrà a diminuire in misura significativa? In sintesi, la questione è se i nostri figli stanno disaffezionandosi al cuore stesso del processo della lettura: andare oltre il testo, pensando con la loro testa, per pensare a sé. Ambizioso e stimolante, avveduto e ben fondato, Proust e il calamaro fornisce strumenti preziosi per interpretare questa complessa transizione, così che quell'irrinunciabile acquisizione della specie umana che è la lettura possa integrarsi col nuovo che verrà, grazie, ancora una volta, alla prodigiosa duttilità del cervello umano.
Il volume raccoglie gli Atti del Convegno Esperienza religiosa tenutosi presso la sede milanese dell'Università Cattolica il 17 e 18 novembre 2011 e organizzato nell'ambito del Progetto "Filosofia ed esperienza religiosa" promosso dal Dipartimento di Filosofia e dal Servizio Nazionale per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana. Per assicurare l'autonomia della ricerca razionale e per proteggere l'ambito religioso e della fede cristiana dai riduzionismi razionalistici è bene tenere ferma la distinzione tra filosofia e religione (e teologia). Ma vi è una seconda attenzione, legittima e completiva della prima, che merita di essere accuratamente indagata: l'unità della vita e l'atto dell'uomo credente o, più in generale, dell'uomo che cerca la verità e il senso della vita. Infatti la distinzione (anche dei saperi) trova il punto di unità nell'uomo e nella sua tensione al raggiungimento del suo fine ultimo. Queste alcune delle convinzioni dei promotori del Progetto "Filosofia ed esperienza religiosa", con le quali sono in gioco l'identità e la vita del singolo e della collettività. Tuttavia esse non hanno impedito - e anzi hanno alimentato - il confronto stretto con altre tradizioni di pensiero, nella consapevolezza che la dialettica, quanto più è intelligente e appassionata, tanto più conduce avanti nella conoscenza della verità.
Affermare l'esistenza di una linea sperimentale prettamente irlandese nella letteratura del XX secolo e attribuirne a Joyce la massima espressione, significa affrontare due problematiche fondamentali e correlate: il rapporto degli scrittori irlandesi con la loro tradizione in generale e il rapporto degli scrittori postjoyciani con il fantasma del loro 'maestro'. Questo complesso legame con la storia, divenuto motivo dominante della letteratura irlandese nella seconda metà del XX secolo, è qui messo a fuoco nell'opera di tre autori successivi a Joyce, la cui produzione è uniformemente distribuita nel tempo in modo tale da coprire l'intero secolo: Elizabeth Bowen, John Banville e Patrick McCabe. Nei loro romanzi è possibile individuare modelli stilistici riconducibili ai modelli classici di sperimentazione e soprattutto appare evidente come un genere sia stato ampiamente praticato fino a imporsi gradualmente sugli altri: il romanzo gotico, o meglio, neo-gotico, nelle sue varie forme e filiazioni, quali la spy-story e il thriller. In virtù del suo carattere composito e incline a inglobare una grande quantità di modelli, sempre in bilico tra il reale e il visionario, esso diventa il mezzo espressivo più idoneo a illustrare il controverso rapporto dello scrittore con la storia e offre nel contempo uno spazio illimitato alle possibilità della sperimentazione.
Il volume affronta l'evoluzione dell'idea di intenzionalità nell'opera di Emmanuel Lévinas e sottolinea come l'autore progressivamente si orienti a una separazione tra momento intenzionale e momento etico, arrivando a cogliere nell'emozione l'unica possibilità di incontro con l'altro. Tale itinerario è interessante in quanto lascia emergere il tentativo di Lévinas di elaborare un nuovo modo di intendere la soggettività per reintrodurre la questione teologica nel dibattito filosofico contemporaneo. Lo scritto cerca di recepire l'istanza levinassiana, mettendo tuttavia in evidenza i nodi problematici che da essa emergono.
Negli ultimi sessant'anni i trapianti di rene, midollo osseo, fegato, polmone, pancreas e intestino da donatore vivente sono diventati una consolidata realtà medica, sociale e giuridica, offrendo opportunità prima inimmaginabili in termini di vite salvate e salute ritrovata. La trapiantologia da vivente, però, continua a sollevare più di una questione. Ad esempio la relazione tra cedente e ricevente a trapianto effettuato, la discussione sugli aventi o non aventi diritto di ricevere (si pensi ai disabili, agli alcolisti, ai sieropositivi), i modi di affrontare il gender gap (secondo le statistiche, infatti, i cedenti sono in maggior numero donne e i riceventi uomini). E se sulla carta il legislatore richiede che a donare sia solo la persona capace d'intendere e di volere, nel concreto ci si deve confrontare con casi problematici: basti pensare al donatore minorenne, disabile mentale o concepito allo scopo. E ancora, la donazione di un organo si può imporre? È una scelta revocabile? Per non parlare, poi, della vendita degli organi umani, opzione legale in pochissimi Paesi, tuttavia ampiamente diffusa sul mercato nero e accettata socialmente da molti. Il volume di Giulia Galeotti ricostruisce, attraverso l'analisi di numerosi casi italiani e stranieri, tutto ciò che la trapiantologia da vivente è riuscita a fare, mettendone in evidenza con grande efficacia ombre e luci, nella certezza che si tratti di un tema destinato ad acquistare sempre più importanza nel quotidiano.