
Alla galleria del realismo politico possono essere ricondotti pensatori tra loro molto lontani, da Tucidide a Sant'Agostino, da Machiavelli a Max Weber, da Thomas Hobbes a Carl Schmitt. A contrassegnare questa tradizione sono soprattutto due elementi: l'idea che la "natura umana" rappresenti un dato costante e la convinzione che una simile "natura" renda gli esseri umani perennemente insoddisfatti della loro condizione e tra loro irrimediabilmente in conflitto. Proprio in virtù di tale antropologia negativa, i realisti ritengono così che gli esseri umani puntino sempre a perseguire la sicurezza, a estendere la loro ricchezza e a difendere il loro onore. Il volume intende invece esaminare più in profondità questo pessimismo antropologico. E, in particolare, si propone di mostrare come, dietro un'apparente coerenza, si nascondano divergenze piuttosto nette. L'obiettivo è dunque esplorare le molteplici antropologie del realismo politico, riconoscendo e distinguendo le diverse modalità con cui è stata rappresentata e spiegata quell'inquietante "natura" - più o meno invariante - che conduce gli esseri umani a desiderare il potere e a inseguire la gloria. Contributi di: Oro Tapia Luis René;Patapan Haig;Continisio Chiara;D'Andrea Dimitri;Castellin Luca G.;Raschi Francesco;Zambernardi Lorenzo;Stefanachi Corrado.
Rivista culturale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
L'esaltazione dell'estetica della fede, che al tempo dei primi scritti raccolti in questo volume non esisteva proprio, nonostante Han Urs von Balthasar, è improvvisamente diventata di gran moda. L'improvvisazione non è sempre garanzia di creatività. Di fatto, la conversione teologica di massa alla bellezza che ci salva, che torna romanticamente a concentrarsi intorno alla spiritualità dell'arte, chiede di essere liberata da molti equivoci. Il filo della esplorazione dedicata alla radicalità dell'estetica teologica - non ancora conclusa - si dipana fin dall'inizio sulle tracce di una solida fenomenologia della sensibilità spirituale (di cui l'arte è soltanto uno degli effetti). Il suo obiettivo finale - decisamente in controtendenza - è l'approdo a un'ontologia dell'essere-spiritualmente-sensibile, che istituisce il misterioso piano del Reale che precede quello stesso dell'Essere assoluto. Questo Reale, oggetto estetico e drammatico del desiderio, è l'oggetto rivelato, della parola biblica della creazione di Dio ("dal nulla") e della parola evangelica sulla generazione in Dio ("vita trinitaria"). La crisi attuale del pensiero occidentale è la crisi - finalmente arrivata! - di una metafisica perfettamente anaffettiva, incapace di estrarre pensiero e fede dalla bellezza, perché inadeguato all'estetica e alla drammatica dell'affezione di Dio e in Dio per l'umana creatura. Ricomporre nel grembo dell'ontologia affettiva l'esperienza della teofania (il sacramento cristiano) e l'immaginazione del sacro (l'arte religiosa) è oggi la sfida posta alla ricerca di un cristianesimo all'altezza della sua rivelazione.
«Molta morale, poca comunità, zero cultura»: questa frase di Pierangelo Sequeri è rimbalzata tra le pareti degli intellettuali cattolici o vicini al mondo cattolico sgretolando un muro di cartone che ha rilevato una certa voglia di discutere sinceramente del binomio cultura-fede cattolica, oggi molto trascurato. Da quell'articolo uscito su "Avvenire", che invitava "ad extra", a uscire cioè da un certo confinamento di idee, produzioni, azioni, è nato un ricco dibattito con protagonisti nomi della cultura quali Carlo Ossola, Roberto Righetto, Chiara Giaccardi, Silvano Petrosino, Antonio Spadaro, Sergio Massironi, Agostino Giovagnoli, Milena Santerini, Davide Rondoni, Roberta Rocella, Andrea Riccardi, Massimo Cacciari. Voci che, riviste, diventano ora una raccolta per provare ad andare tutti insieme oltre. Oltre una certa paccottiglia di pensiero che edulcora la realtà senza risolvere o aggiungere nulla. Oltre quei recinti che tengono sotterrati i tesori accumulati in questi decenni da una riflessione teologica incredibilmente più ispirata, da una spiritualità straordinariamente più vitale, da una concezione di chiesa più comunitaria. Una ricchezza che deve essere messa in circolo, oltre le dispute interne, con nuove forze e pensiero, con la capacità di dialogo che cerca di esprimere questo dibattito.
Il modello della giustizia fondato sulla corrispettività dei comportamenti - per cui quando si valuta negativamente l'altro, rispetto a qualche aspetto del suo agire, risulterebbe giusto, per il proprio bene, agire altrettanto negativamente verso di lui, onde sopraffarlo - è estremamente diffuso nella nostra cultura, che lo esprime attraverso l'immagine della bilancia. Tale modello, utilizzato lungo i secoli dal diritto penale, è tuttavia soggiacente anche alla logica della guerra: superarlo, dunque, è ormai impellente, se si vuole evitare, dati gli strumenti bellici oggi disponibili, la distruzione stessa dell'umanità. Quel modello, del resto, offre sempre l'alibi per agire contro qualcuno, in quanto potrà sempre ravvisarsi, in ogni persona e in ogni realtà umana, qualcosa di negativo. Proprio nel diritto penale è andato, peraltro, sviluppandosi, da alcuni decenni, un concetto diverso della giustizia: quello secondo cui alle situazioni che reputiamo negative non si risponde in termini di ritorsione del negativo, ma in termini progettuali o, se si vuole, in termini pur sempre di bene (ancorché impegnativi), dinnanzi al male. Col fine di tornare a rendere giuste, per tutti i soggetti coinvolti, relazioni che non lo siano state. Che questo modello relazionale non più retributivo, noto nel mondo come restorative justice, possa diffondersi dipende, in misura nient'affatto marginale, dagli stessi criteri educativi che sappiamo coltivare rispetto alle nuove generazioni. Per cui il presente volume rappresenta un tentativo pionieristico di riflessione - un vero e proprio inedito - su come la giustizia riparativa possa essere proposta quale modello di comportamento fin dai primi sei anni di vita: offrendo alle/agli insegnanti delle scuole d'infanzia, ma anche alle famiglie, autorevoli riflessioni pedagogiche e metodologie praticabili.
I gesti di disagio e di violenza giovanile riportati quotidianamente dalla cronaca mostrano una crescente emergenza emotiva che si manifesta in diversi ambiti e con differenti modalità. L'indagine su un campione di 800 adolescenti del nostro Paese, di cui il volume riporta i principali risultati, focalizza l'attenzione sulla rabbia, l'empatia, il timore di fallire provati nelle relazioni con le altre persone, l'empowerment e il mattering (la sensazione di 'contare') che questa generazione sperimenta nella vita quotidiana. Si propongono, infine, un approfondimento sulle ricadute operative della ricerca e alcune riflessioni sulle caratteristiche specifiche degli e delle adolescenti, sempre in equilibrio precario tra potenzialità e fragilità. Giunti all'ottavo anno di rilevazione dell'Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo su questa fascia d'età, si è approdati a un punto di snodo: la Generazione Z è in uscita dall'adolescenza, mentre vi compie i primi passi la Generazione Alpha, con tutte le sue peculiarità.
A ben vedere, la fiducia è un tratto strutturale, inevitabile della nostra vita. Anche se non ne siamo consapevoli, il quotidiano stare al mondo è intessuto da atti di fiducia. Se continuiamo a guidare per la nostra strada mentre una vettura arriva in senso opposto è perché abbiamo delle aspettative verso la condotta dell'altro guidatore: pur non avendone la certezza, abbiamo fiducia nel fatto che non sterzerà investendoci. E così capita per tutte le nostre azioni, nei nostri rapporti concreti con le cose e con gli altri. La fiducia ci induce ad agire nel presente sulla base delle esperienze passate, scommettendo sul futuro. Per questo ci costituisce, ben più della volontà, che in fin dei conti dipende da qualcosa che sfugge al controllo. Tale disposizione fondamentale dello spirito umano alla fiducia si è andata via via rattrappendo nell'esperienza dell'individuo moderno, la cui 'libertà' sottopone ogni cosa alla propria insindacabile volontà. Questa parabola trova compimento nella società digitale, dove la relazione con la tecnologia si sostituisce alla relazione con il mondo. Oggi le aspettative sono affidate alla macchina digitale, che cuce attorno a ciascuno di noi, grazie soprattutto ai social, una sorta di bolla su misura, una solitaria comfort-zone all'interno della quale siamo indotti a credere che saranno soddisfatti i nostri desideri sempre nuovi. È il luogo dell'economia iperconsumista, alimentata dai big data e gestita dall'algoritmo. Come uscire da questa bolla così comoda, da questa forma di ipnosi collettiva? Come ripristinare, nella società del controllo, l'avventura delle relazioni fiduciose senza che esse appaiano un fastidioso inciampo? Sono le domande che queste pagine di Hunyadi suscitano nel lettore. Il suo è più di un libro sulla fiducia: è una persuasiva diagnosi della crisi sistemica in cui si trova la nostra civiltà. Diventarne criticamente consapevoli è già un primo passo per uscirne.
La teologa Rosanna Virgili ci invita a seguirla in un percorso di antropologia biblica sull'umano nelle sue forme e posture fisiche e affettive. C'è un intimo intreccio tra carne e spirito, corpo e anima, natura e cultura, eros e amore, impossibile da disgiungere. E c'è infine una dimensione preminente dell'umano biblico che è l'esercizio dell'intelligenza e della scienza, l'educazione alla conoscenza e alla sapienza. Sapienza che non manca mai di una parola di promessa, anche di fronte alla desolazione.
In un'epoca in cui la spiritualità e le pratiche religiose sono oggetto di profondi cambiamenti, la Giornata mondiale della Gioventù si presenta come un evento cruciale che non solo riflette le trasformazioni in atto, ma pone sotto la lente di ingrandimento le sfide e le opportunità del dialogo tra la Chiesa e le nuove generazioni. Questo volume prende le mosse da un lavoro di ricerca qualitativa, realizzata dall'Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo in occasione della Giornata mondiale della Gioventù 2023, in cui sono stati ascoltati - mediante 72 padlet e 6 focus group - giovani pellegrini appartenenti a diverse diocesi italiane, accompagnati a Lisbona dai rispettivi servizi di pastorale giovanile. A partire dagli esiti di questa ricerca (pubblicati da Vita e Pensiero nell'ebook (Todos)3 a Lisbona. La voce dei giovani italiani alla GMG di Francesco, a cura di F. Introini, C. Pasqualini e D. Raccagni) è nata l'esigenza di provare a compiere un passo ulteriore, per ragionare - in una prospettiva corale e interdisciplinare - su un rito collettivo, ricostruendone la storia, gli elementi salienti e le prospettive future. Con contributi di: Stefano Allovio, Luigi Berzano, Paola Bignardi, Michele Falabretti, Franco Galdino, Marco Gallo, Giordano Goccini, Fabio Introini, Matteo Liut, Daniele Menozzi, Cristina Pasqualini, Riccardo Pincerato, Dalila Raccagni, Francesco Scalzotto, Domenico Simeone, Card. Matteo Maria Zuppi.