
Conoscere il proprio destino, aprire uno spiraglio su quanto avviene dopo la morte è una curiosità comune a tutti gli uomini, una domanda che, pur in una cultura appiattita sul presente, assume spesso carattere di urgenza, diventa bisogno. Ricerche di senso ultimo che a volte sconfinano nell'affidarsi alla magia, agli oroscopi, a certi racconti di risvegli dal coma esprimono l'inestirpabile desiderio umano di vedere oltre l'incertezza del proprio futuro. Da questo desiderio, al quale tutte le religioni offrono una risposta, parte Giacomo Canobbio per ripercorrere quanto propone la teologia cristiana. Senza sottrarsi alle provocazioni della cultura attuale, egli si confronta con i risultati della ricerca scientifica così come con la riflessione filosofica, analizzando modelli di visione della morte e obiezioni anche autorevoli a una vita ultraterrena. Ne derivano spunti di riflessione sui 'novissimi', su destino e libertà, sull'anima umana, sulla necessità di un cammino di purificazione. E l'esito cui si viene condotti è che quel desiderio di ogni uomo di non perdere con la morte la ricchezza della vita è traccia del destino stabilito da Dio per noi: un destino di pienezza, di 'beatitudine'. La fede cristiana, ci dice Canobbio, risponde alle questioni che attengono al fine ultimo dell'esistenza umana procedendo dall'identità stessa di Dio, che è sommo bene e non può che destinarci al bene.
La violenza sui civili è uno dei fenomeni più diffusi all'interno dei conflitti intrastatali. Le immagini televisive e i reportage mostrano di frequente come ribellioni condotte in nome del popolo abbiano il popolo stesso come sua prima vittima. Il 'buon ribelle', il combattente per la libertà, è una figura tanto popolare quanto, spesso, mitica. Molti movimenti ribelli nella realtà non esitano a usare la violenza contro quella stessa popolazione civile di cui si proclamano difensori. Esistono dunque notevoli differenze fra 'miti' e 'realtà' e fra i metodi d'azione e gli obiettivi delle diverse organizzazioni insurrezionali nel mondo reale. L'autore del volume analizza le ragioni che portano i ribelli alla scelta di ricorrere alla violenza contro la popolazione civile. A tal fine, percorre e rivisita la ricca letteratura emersa sul tema negli ultimi anni all'interno delle scienze sociali e propone alcune interpretazioni originali sulle cause di tali decisioni che insistono sulle preferenze strategiche e la struttura organizzativa dei gruppi e sulle sfide che questi si trovano ad affrontare nei contesti 'locali' della loro azione. Alla sezione teorica segue una sezione empirica in cui si prendono in considerazione le azioni di diversi gruppi armati nei conflitti in Sudafrica, Guatemala, Libano e Bosnia-Erzegovina.
Come cambiano gli allineamenti fra le grandi potenze dopo i conflitti egemonici? Quali cause spiegano la fine delle coalizioni vittoriose e la genesi di nuove grandi rivalità strategiche? Il volume risponde a questi interrogativi mettendo a confronto la teoria neorealista del balance of power, secondo cui gli stati si allineano in modo da favorire l'equilibrio di potenza, e la teoria liberale della 'struttura interna', per cui gli stati si allineano in base alle loro caratteristiche politico-ideologiche, economiche e sociali. Analizzandone le dinamiche causali dopo le Guerre napoleoniche e dopo la Prima guerra mondiale, l'autore dimostra come i riallineamenti postbellici fra le grandi potenze siano spiegati meglio dalla seconda prospettiva teorica (conclusione che sembra peraltro confortata non solo dall'esito del riallineamento successivo alla Seconda guerra mondiale, ma anche dal persistere dell'Alleanza atlantica dopo la Guerra fredda). Oltre a importanti spunti per il dibattito teorico fra le diverse scuole di pensiero internazionalistiche, da questo studio si possono trarre riflessioni strategiche di particolare valenza sia sui futuri rapporti fra potenze consolidate (come gli USA) e potenze emergenti (Cina in testa), sia sul funzionamento e i destini delle principali istituzioni internazionali di sicurezza.
Per molti aspetti della vita personale e sociale nell'Italia di oggi si può parlare di un confine sottile, ossia rarefatto, se non addirittura inesistente, fra legalità e illegalità. Il confine costituisce non solo una metafora del discrimine fra due universi morali e normativi (il lecito e l'illecito), ma anche un tratto specifico della modernità, uno spazio fisico-temporale, che esalta il desiderio e la libertà dell'uomo contemporaneo di stabilire autonomamente orizzonti e direzioni di senso. Tutto questo riguarda, in modo specifico, l'odierna realtà giovanile. Stili, 'riti', comportamenti dei giovani, non di rado, si collocano in bilico, su una linea di confine 'mobile' e di significati disomogenei. Da una parte si collocano quelli ispirati a logiche di costruttività, responsabilità, apertura sul futuro, dall'altra stanno quelli legati a evasione, 'sperimentalismo', disillusione. Certi 'scollinamenti' di confine talvolta prefigurano passaggi senza ritorno, viaggi di sola andata, privi della possibilità di riprendere il cammino da capo. Di ciò si è discusso nel convegno "Il confine sottile. Culture giovanili, legalità, educazione", promosso il 26-27 novembre 2009 dal Centro Studi per l'Educazione alla Legalità (Università Cattolica, sede di Brescia). Il volume ne propone gli atti, articolandoli in tre Sezioni: approfondimenti psico-sociologici e pedagogici; fenomenologia del confine; 'buone pratiche'.
Finalmente come Dio! Come Dio? Finalmente?
Essere come Dio è tentazione antica come la consapevolezza di essere uomo: sentimento variamente articolato che l'uomo non possa aspirare a nulla di meno e che a nessun altro spetti giudicare ciò che è bene o male. È dunque paradossale l'entusiasmo irresponsabile per la 'morte di Dio': Nietzsche aveva ben detto che non c'era di che entusiasmarsi a buon mercato. In ogni caso, se Dio è morto, essere come Dio diviene problematico; anche essere al suo posto, perché lì la morte ormai incombe. Il nostro non sembra esser più il tempo dell'ebbrezza su nessuno dei due fronti, piuttosto il tempo del disinganno, magari risentito, dell'uomo che ha provato ad essere come Dio e che stenta ad essere dignitosamente uomo. Tempo di fragilità dolorosa dell'uomo che, tuttavia non rinuncia all'arroganza con cui, dopo aver detto "penso quindi sono", dice "sono quindi voglio e posso" mosso da aspirazioni di sempre più piccolo cabotaggio. Ci chiediamo se, per qualificare la propria identità, l'uomo non possa far altro che muovere i suoi passi ripetendosi ossessivamente: penso quindi sono, mi sento quindi… Sono… Finalmente… Come Dio. Forse dovrebbe riconoscersi nello sguardo di un compagno di strada, ritrovarsi nella confidenza della sua voce. Forse un Dio amante dell'uomo, che per essere con l'uomo non si sottrae nemmeno alla morte, sarebbe un buon compagno di strada per un diverso incedere alla scoperta della sua dignità.
Questa importante ed esaustiva introduzione alle tre opere virgiliane da parte del grande latinista e filologo classico Michael von Albrecht ha il pregio non comune di porsi come un resoconto completo e scientificamente fondato, prezioso frutto d'alta scuola filologica, e di rivelarsi, nello stesso tempo, un'avvincente lettura anche per un pubblico più vasto. La struttura del volume è caratterizzata da uno schema molto rigoroso di presentazione della materia. Bucoliche, Georgiche ed Eneide vengono sottoposte tutt'e tre alla medesima griglia di analisi (prospetto dell'opera, genere letterario e predecessori, tecnica letteraria, lingua e stile, riflessione letteraria, orizzonte concettuale, tradizione e ricezione), permettendo così agevoli confronti e la scoperta di affinità, caratteristiche peculiari e differenze. Utili supporti sono inoltre l'accurata bibliografia finale, che fa il punto sulla ricerca contemporanea riguardo a quel caposaldo della cultura europea che è l'opera di Virgilio, e il ricco repertorio, ossia una "scelta dei nomi e delle cose notevoli" che fornisce un efficace strumento di esplorazione e di approfondimento, fonte inesauribile di stimoli all'interpretazione.
Come nessun altro libro, ci dice George Steiner, uno degli ultimi grandi spiriti europei, le Scritture ebraico-cristiane hanno plasmato la nostra concezione del mondo, di Dio, dell’uomo, della creazione. Capace di un singolare effetto generativo anche a livello linguistico generale, la Bibbia è il ‘grande codice’ che sta al cuore della cultura occidentale. In questa sua ‘introduzione’, Steiner ci invita a riflettere sul senso della Scrittura, ma anche sul senso della sua lettura, su cosa ci dice e come ci cambia l’incontro con il ‘libro dei libri’. Come scrive Gianfranco Ravasi nella sua Prefazione, la Bibbia è «una realtà vivente trasmessa nei secoli dalla selce al silicio e simile al “mormorio di una fonte lontana” echeggiante in un oceano di altre pagine. Un testo che è talmente oltre se stesso da essere causa degli effetti più disparati, dalla mistica alla guerra, generati dalla sua straordinaria energia performativa».
George Steiner, nato in Francia nel 1929 da genitori viennesi ed esiliato negli Stati Uniti durante l’occupazione nazista, è uno dei più grandi critici letterari, non assimilabile a scuole definite, attento alle connessioni tra testo, storia delle idee e coinvolgimento, anche etico, del critico e del lettore. Tra i suoi molti scritti, tradotti in italiano, ricordiamo soprattutto: Tolstoj o Dostoevskij, La morte della tragedia, Nel castello di Barbablù, Dopo Babele, Vere presenze, Nessuna passione spenta, Linguaggio e silenzio, l’autobiografia Errata e le opere di narrativa Anno Domini, Il processo di San Cristobal, Il correttore.
Questo libro nasce dall'esigenza di offrire agli studenti nozioni e argomentazioni relative a due nodi del diritto ecclesiastico: il matrimonio e gli enti. Si rivolge inoltre al pubblico più vasto di chi vuole conoscere radici giuridiche e polemiche culturali di temi spesso all'attenzione di un'opinione pubblica e di una cultura non specialistica, che talvolta ne discutono senza avere a riferimento le categorie del diritto. Basti pensare alla sempre più ridotta efficacia della giurisdizione ecclesiastica matrimoniale o alle polemiche pronte a infiammarsi sul trattamento tributario degli enti ecclesiastici. Sotto il profilo metodologico, il volume ricerca i nessi tra diritto ecclesiastico e diritto delle confessioni, anzitutto diritto della Chiesa cattolica. È metodo caro all'Università Cattolica del Sacro Cuore, utilizzato non solo perché i rapporti inter ordinamentali, dei quali la scienza del diritto ecclesiastico si occupa, richiedono conoscenza degli specifici valori e categorie di entrambi gli ordinamenti, ma anche perché essi si rivelano ottima palestra per il rafforzamento del senso e perfino per la percezione del 'mistero' del diritto nel buon governo della società.
Motori di ricerca, smartphone, applicazioni, social network: le recenti tecnologie digitali sono entrate prepotentemente nella nostra vita quotidiana. Ma non solo come strumenti esterni, da usare per semplificare la comunicazione e il rapporto con il mondo: esse piuttosto disegnano uno spazio antropologico nuovo che sta cambiando il nostro modo di pensare, di conoscere la realtà e di intrattenere le relazioni umane. A questo punto, la domanda che Antonio Spadaro si pone e ci pone è: la rivoluzione digitale tocca in qualche modo la fede? Non si deve forse cominciare a riflettere su come il cristianesimo deve pensarsi e dirsi in questo nuovo paesaggio umano? Forse, egli risponde, è giunto il momento di considerare la possibilità di una ‘cyberteologia’, intesa come intelligenza della fede (intellectus fidei) al tempo della rete. Non si tratta però, semplicemente, di cercare nella rete nuovi strumenti per l’evangelizzazione o di intraprendere una riflessione sociologica sulla religiosità in internet. Si tratta piuttosto – e qui sta la pionieristica novità di Spadaro – di trovare i punti di contatto e di feconda interazione tra la rete e il pensiero cristiano. La logica della rete, con le sue potenti metafore, offre spunti inediti alla nostra capacità di parlare di comunione, di dono, di trascendenza. E, dal canto suo, il pensiero teologico può aiutare l’uomo in rete a trovare nuovi sentieri nel suo cammino verso Dio. È un territorio ancora inesplorato, nel quale Spadaro entra con indiscusso background teologico e grande competenza tecnica, ma soprattutto con spirito di fiducia nella capacità del cristianesimo e della Chiesa di essere presenti là dove l’uomo sviluppa la sua capacità di conoscenza e relazione. La rete è un contesto in cui la fede è chiamata a esprimersi non per una mera ‘volontà di presenza’, ma per una connaturalità del cristianesimo con la vita degli uomini. La sfida, dunque, non è come ‘usare’ bene la rete, ma come ‘vivere’ bene al tempo della rete.
Antonio Spadaro, gesuita, è direttore della rivista «La Civiltà Cattolica» e docente presso la Pontificia Università Gregoriana, dove ha conseguito il dottorato in Teologia. È Consultore del Pontificio Consiglio della Cultura e del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Autore di molti volumi sulla cultura contemporanea, ha già dedicato a internet i saggi: Connessioni. Nuove forme della cultura al tempo di Internet (2006) e Web 2.0. Reti di relazione (2010). Con Vita e Pensiero ha pubblicato Svolta di respiro. Spiritualità della vita contemporanea (2010). Molto attivo in rete, nel 1998 ha fondato uno dei primi siti italiani di scritture creative, Bombacarta.it. Dal gennaio 2011 è autore del blog Cyberteologia.it (premio WeCa 2012).
Qual è l’identità della famiglia nella società contemporanea? Quali relazioni la costituiscono? Quali sfide si trova ad affrontare sia nei legami interni sia in rapporto al contesto sociale? Questo agile volume, a cura del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica, affronta tali interrogativi in una prospettiva interdisciplinare: gli apporti di tipo demografico, economico, antropologico-filosofico, sociologico e psicologico illuminano il contesto in cui si collocano attualmente le famiglie e quello che caratterizzerà il loro futuro prossimo. Sono in particolare messi a tema argomenti come: le sfide che la crisi economica ha posto alle famiglie entro uno scenario di demografia sostenibile, i compiti educativi e la trasmissione intergenerazionale, la rigenerazione dei legami attraverso il perdono, il delicato bilanciamento tra tempo del lavoro e tempo familiare. Ne emerge con chiarezza la specificità della famiglia come vera e propria risorsa strategica dei nostri tempi, in grado di rendere più ricca la vita della comunità.
Il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia (CASRF) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che opera dal 1976, si occupa di ricerca scientifica sulla famiglia e di formazione di alto livello rivolta a professionisti che lavorano con e per le famiglie. In esso si confrontano competenze pluridisciplinari attinenti principalmente gli ambiti psicologico e sociologico, con aperture alla teologia, alla demografia, all’economia, alla giurisprudenza e alla storia.