
Che cosa significa credere, da cristiani, oggi? A che punto siamo con la fede, nella Chiesa? Che cosa sta cambiando nel modo di vivere la fede? Che cosa reclama la nostra attenzione, in quanto credenti? Sono domande che è indispensabile sollevare per non sbagliare le mosse successive. Werbick vi risponde con acume delineando una collocazione teologica della fede. Non ci conduce in un territorio placido, in uno spazio protetto e saturo di certezze: si addentra piuttosto nelle attuali controversie religiose, facendoci al tempo stesso gustare il fascino del credere, come esperienza sempre accessibile. Raccogliere questa sfida è cosa ovvia, dal punto di vista teologico. Raccoglierla lasciandosi coinvolgere nel dialogo con chi non crede, o ha una fede diversa, è meno scontato ma del tutto qualificante. «Se mi sono proposto di lavorare su questa questione teologica a modo mio, non è perché non lo si faccia già altrove e altrimenti. Ma mi pare che sia necessario un avveduto senso teologico del "dove", per non perdere la testa e il cuore - e forse anche il coraggio - della fede, specie nelle sfide che la fede affronta oggi in Occidente».
«I miei tentativi di pregare fallivano in continuazione. Finché, a un certo punto, mi sono detto: la tua fede ha bisogno di un tetto sulla testa. Compi sempre gli stessi gesti, resisti, non far dipendere la tua preghiera dalla voglia che ne hai o dai capricci: un approccio metodico purifica il cuore. Inserisciti nel solco dell'esperienza delle moltissime persone che hanno pregato prima di te. E così, un giorno meraviglioso, la preghiera ha incominciato a sgorgare dentro di me quasi spontaneamente. Oggi provo una grande riconoscenza perché non chiedo più troppo alla mia preghiera, ma cerco di vivere tutta la mia vita alla presenza di Dio. Continuo a far fatica, certo, ma la preghiera non è più un peso». Questo il retroscena. A partire da qui Jürgens ha sviluppato una piccola scuola di preghiera. Non aspira ad essere completa, non è una trattazione sistematica, né un corso di base. In compenso, però, è "tutta farina del suo sacco", ponderata nell'esercizio e testata nella pratica.
Punto di riferimento insostituibile per la teologia cattolica contemporanea, la rivista Concilium delinea la mappa delle domande più pressanti che l'attualità pone alla riflessione teologica. E costringe la fede cristiana non solo a confrontarsi con il discorso pubblico, ma anche a impegnarsi nel dialogo con le prospettive specifiche delle diverse confessioni cristiane. Per la profondità dei contenuti, oltre che per l'ampiezza di respiro e la capacità di penetrazione intellettuale, Concilium riesce così a fornire risposte innovative e di convincente solidità alle questioni più importanti che si pongono alla teologia.
Il Nuovo Testamento letto dagli Ebrei è un contributo innovativo allo studio dell'ambiente in cui nasce il cristianesimo. Un team di ottanta studiosi ebrei di fama mondiale getta nuova luce sul testo, sul suo sfondo giudaico, sulla sua ricezione in contesto ebraico lungo i secoli, offrendo informazioni di una qualità eccezionale, utili a una lettura criticamente consapevole del Nuovo Testamento. Nella prima parte del volume ciascun libro del Nuovo Testamento viene preceduto da una introduzione, con indicazioni per la lettura e informazioni specifiche sul modo in cui il libro si rapporta al giudaismo dell'epoca, e viene poi commentato versetto per versetto. Il commento è articolato in una ricca serie di note e in quasi novanta box tematici fuori testo, che mettono in risalto una grande quantità di rimandi e parallelismi testuali (Bibbia ebraica, rotoli del Mar Morto, Filone d'Alessandria e Flavio Giuseppe, scritti apocrifi, Midrashim, Targumim, Talmud...); ma si avvale anche di mappe e cartine, di tabelle e diagrammi riassuntivi. Nella seconda parte del volume il lavoro esegetico viene integrato da cinquantaquattro saggi monografici che delineano le prospettive ebraiche sul Nuovo Testamento. Sono straordinari materiali di consultazione organizzati per soggetto, in otto aree complessive, che vanno dalla storia ai vari aspetti della società ebraica, dai rapporti fra ebrei e gentili fino alle relazioni fra ebraismo e cristianesimo, colti nei loro versanti teologico, culturale, artistico...
Ne "L'abbraccio benedicente" Nouwen getta un ponte fra la celeberrima parabola narrata da Luca e la vicenda umana di ciascuno di noi. Quando ha l'occasione di ammirare dal vivo la tela di Rembrandt al Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo, esclama: «Più guardavo Il ritorno del figlio prodigo, più diventavo parte della storia. E cominciavo a fare collegamenti tra la parabola evangelica e la mia vita personale». Ne è derivato un libro che ha incontrato un favore travolgente e ha cambiato la vita di migliaia di persone. Perché racchiude i consigli di un uomo profondamente spirituale, che è anche uno psicologo di talento; perché offre una riflessione magistrale di un singolo passo del Nuovo Testamento; perché è un'opera «brutalmente, intensamente onesta» (James Martin). A trent'anni esatti dalla prima edizione italiana de L'abbraccio benedicente (1994) Queriniana propone questa edizione speciale per festeggiare l'anniversario. Il testo di Henri Nouwen è ora proposto in abbinamento ad ampi stralci del "sequel" "Ritornare a casa" (2010), che risulta perfetto per proseguire l'avventura: è un testo parallelo e complementare, le cui pagine integrano le riflessioni sul figlio prodigo svelando il "dietro le quinte" del grande longseller nouweniano.
I robot fanno parte della nostra vita quotidiana: pensiamo ai robot industriali applicati a catene di montaggio, magazzini e logistica, ai robot con funzioni antincendio, ai robot di servizio usati in ambito medicale, ma anche ai robot militari... Alcune di queste strutture sono "pilotate" dall'intelligenza artificiale e stanno diventando sempre più capaci di apprendimento. Questo libro si propone di mostrare, con l'aiuto di esempi, come e perché questi robot evoluti sollevino numerose questioni logiche, epistemologiche, giuridiche, etiche e antropologiche, alle quali occorre rispondere evitando sia una pericolosa tecnofobia sia una entusiastica tecnolatria. Affidare potere o capacità decisionali a sistemi qualificati come "intelligenti" o a macchine definite "autonome" non è accettabile senza aver prima risposto a una domanda fondamentale: quella sulla differenza tra umano e umanoide. O, meglio, la domanda di fondo a cui rimanda la questione della tecnica rimane quella di sempre: che cos'è l'uomo?
Con l'incarnazione di Dio la nostra vita diventa più divina e più umana. Capire cosa questo significhi è stata la sfida di tutta una vita, per mons. Kamphaus, oggi vescovo emerito di Limburg (Germania). Ed ecco ora che i suoi spunti di riflessione ci accompagnano giorno dopo giorno attraverso il periodo natalizio, dalla prima domenica di Avvento fino alla festa del Battesimo del Signore. Ricco di riferimenti biblici e di suggerimenti per la vita di fede, il libro valorizza dinamiche umane come l'attesa e la speranza, il gioco di tenebre e luce, il dono e la responsabilità di un figlio che viene alla luce... Ma Kamphaus rivolge un'attenzione particolare alle donne e agli uomini di cui si parla nei vangeli della nascita e dell'infanzia di Gesù. Tutti i personaggi del Natale hanno fatto un'esperienza personale del Dio che viene nel mondo, che è qui in mezzo a noi e che continua a venire: e il loro vissuto si fa ispirazione, promessa e invito per i nostri giorni, oggi.