Benvenuto al convento S. Croce di Villa Verucchio! Sei giunto in un luogo di pace e di bene, santificato dalla presenza di san Francesco che qui si fermò più volte a pregare e lodare il Signore. Questo luogo è uno scrigno di fede, arte e tradizione. Qui la devozione si coniuga con l'arte, l'ambiente vive in sintonia con la spiritualità. Qui si respira pace e serenità. Qui soprattutto trovi un messaggio vivo per nutrire il tuo cuore e rinvigorire il tuo cammino di fede. Visiterai un ambiente bello, caro a molti. Evidente e forte è il legame che unisce la popolazione di Villa Verucchio al "suo" convento: lo considera la propria casa, il luogo delle radici e dei valori irrinunciabili. Per accoglierti e accompagnarti nella visita di questo luogo santo, i frati, custodi del santuario, hanno predisposto questa breve guida. La prima parte presenta gli ambienti del convento e della chiesa. Ti suggeriamo di seguire l'itinerario proposto. Illustra inoltre alcuni ambienti esterni legati alla vita di questo santuario. La seconda presenta alcuni spunti di storia, di tradizioni e di curiosità.
"Questo libro intende non solo fare memoria della significativa personalità di Don Montali, che ha creduto nei valori della democrazia e del personalismo, ha perseverato e lottato per incarnarli nella sua missione pastorale e culturale, e per questo ha pagato un altissimo tributo umano, ma anche esplorare le diverse potenzialità e attualità della lezione da lui consegnataci. La sua resta una preziosa eredità culturale e spirituale in gran parte ancora sconosciuta che merita di essere riscoperta e messa a frutto." (Gabriele Gozzi)
La controversia nella letteratura rabbinica, presenta la controversia (in ebraico: machloqet) tra scuole e tra maestri come aspetto caratteristico dell’ebraismo post-biblico, rabbinico in particolare. La controversia caratterizza la vita di una comunità centrata sulla Torah in quanto testo ricevuto e trasmesso, ma soprattutto in quanto testo da interpretare. La Torah esige l’interpretazione (in ebraico: ha-Torah nidreshet). Essa è il perno di una comunità nata dai piedi del Sinai e concepita come comunità ermeneutica.
Tra i più autorevoli sociologi della religione del secondo dopoguerra, Peter L. Bergher (1929-2017) con i suoi scritti di sociologia della conoscenza e di sociologia della religione ha avuto ampia eco anche in Italia, ispirando numerose ricerche empiriche. Ciò che lo ha reso atipico tra gli scienziati sociali è l’aver sviluppato un parallelo interesse verso la teologia; con la pubblicazione di opere che si propongono di ridire la fede cristiana nella modernità, caratterizzata non tanto dalla secolarizzazione quanto da un sempre più diffuso pluralismo religioso e culturale che ha messo in discussione l’autorità di tutte le grandi tradizioni, per cui nessuna di esse vien più data per scontata. Nelle pagine di questo saggio si presentano e si discutono le sue tesi, elaborate in vari scritti e verificate nel commento analitico del Credo degli Apostoli, in vista del progetto di delineare i tratti di una “teologia scettica”, nella scia della tradizione del liberalismo protestante inaugurata da Friedrich Schleiermacher. Il suo ragionamento è scettico poiché «non presuppone la fede e non si sente vincolato da nessuna delle tradizionali autorità in materia di fede […] e prende sul serio le contingenze storiche che danno vita alle tradizioni religiose». E tuttavia il suo argomentare «sfocia in una professione di fede cristiana, per quanto eterodossa».
Questo breve testo lo si è pensato per ‘rispolverare’ il significato della celebrazione della penitenza sacramentale: che cosa significa oggi confessarsi! Diciamolo francamente ci si confessa, quasi sempre, per tutta la vita, allo stesso modo, con una certa abitudine fatta di luoghi comuni e di frasi stereotipate. L’esperienza del celebrare la misericordia di Dio ci pone dinanzi l’operare dello Spirito Santo, perenne novità, che diviene, da una parte, invito pressante a dire grazie, nella vita e nelle parole, nei gesti e nella mente per la misericordia e il perdono e, dall’altra parte, invito ad amare: amare il Signore, amare nuovamente, se stessi, la Chiesa, i fratelli, amare e rispettare il creato e le creature. Dopo il peccato, il pentito è riconciliato, il perdonato è riamato; ritorna al Signore, riama la Chiesa e i fratelli, si pone nella sua storia da protagonista. Conseguenza è il costatare il bisogno della gratitudine, per questo evento che dona linfa nuova e fa riprendere coraggio speranza, fiducia, forza e gioia di vivere. Se celebrare il perdono deve essere la passione pastorale di chi è in cura d’anime, la comunità ecclesiale deve sentirsi sempre più impegnata, con la catechesi e la mistagogia, a far approfondire il senso della misericordia che, svelando il senso del peccato, spinga a quell’impegno di santità che deve contraddistinguere la vita di ogni battezzato.
Per secoli il ruolo della donna è stato limitato alla cura dei figli, del nucleo familiare e della casa: soltanto nel periodo incluso tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso si è cominciato a parlare peculiarmente di diritti delle donne, nonché di specifiche qualità femminili. Questo libro è allora un viaggio nel tempo, da cui emergono alcuni ritratti di personaggi femminili universalmente noti della civiltà greca e romana, del mondo ebraico e del cristianesimo antico, in una continua oscillazione tra mito, leggenda e realtà storica. Inoltre il volume racchiude dettagliatamente le poche testimonianze letterarie antiche inerenti alla violenza sulle donne, nonché alla violenza in generale come caratteristica ricorrente della mentalità greco-romana ed ebraica. Con il cristianesimo Gesù mostra un atteggiamento cordiale verso le donne. Poche sono infine le testimonianze del mondo antico inerenti alle donne disabili, le quali spesso nel corso del tempo sono state vittime di violenza.
Ogni civiltà è fondata sulla relazione «violenta», conflittuale, mortale, tra i suoi membri, che è alla fine riequilibrata dal momento riparatore del religioso e del sacro. Le comunità si scagliano contro la vittima sacrificale, ne costruiscono il mito e ne praticano il rito in modo ripetitivo, in ricordo dell’evento fondatore. Tutte le civiltà sono vissute in una sorta di semi-incoscienza, che via via si chiarisce con l’avvento della religione giudaico-cristiana, che agli occhi di Girard rappresenta una clamorosa smentita della menzogna mitologica. Questa nuova autocoscienza, che culmina non a caso con il racconto della Passione di Gesù, la sua morte e resurrezione in Croce, è la denuncia più eclatante della menzogna perpetrata ai danni della vittima innocente che sia mai stata proferita nella storia. L’evento evangelico è la «demistificazione» definitiva di quella mentalità che da sempre sposa la causa degli accusatori e inveisce contro le vittime.
Alla ricca letteratura filosofica e teologica “provocata” dall’esperienza globalizzata dell’emergenza sanitaria del virus, appartiene a buon diritto il testo del teologo Andrés Torres Queiruga che si interroga sul tema. Se non esiste soluzione al mistero dell’esistenza del male, una risposta è, però, chiaramente priva di senso: quella che lo riconduce a Dio. Se non si vuole restare imprigionati nel paradosso di Epicuro - se Dio non vuole impedire il male, non è buono; se non può, non è onnipotente - bisogna necessariamente cambiare prospettiva. Quello che intende fare il testo di Queiruga. La domanda sollevata dalla “catastrofe vitale” interroga il futuro della riflessione teologica e forse anche la pertinenza culturale del cristianesimo in epoca post-moderna. Un mondo-senza-male è impossibile: da questa consapevolezza deve ripartire anche la teologia e quella branca del suo sapere chiamata tradizionalmente Teodicea. La domanda che essa pone, allora, deve cambiare e, secondo Queiruga, essa diventa: perché pur sapendo che il mondo è finito, cioè esposto al male, Dio lo crea nonostante tutto? Il testo vuole dare il suo contributo al dibattito circa il futuro del cristianesimo (e della religione in generale).
La bellezza della fede e la gioia di credere: questa appare la chiave di lettura più adeguata per comprendere il documento "Porta fidei" di Benedetto XVI; dopo alcune considerazioni su questa chiave, affronteremo - sempre con l'ottica adottata dal papa in questo testo - la relazione tra la fede e le sue conseguenze etiche e di seguito i due capitoli classici del trattato "de fide": il contenuto della fede e l'atto di credere.
Il caso serio del cristianesimo è l’esito di un lavoro di ricerca che accosta due tra i maggiori teologi del secolo scorso, Karl Rahner e Hans Urs Von Balthasar. Il confronto fra le rispettive posizioni teologiche consente di imbattersi nel “caso serio” del cristianesimo che è Gesù Cristo, la sua passione morte e risurrezione, figura indispensabile per un’autentica comprensione del mistero di Dio e dell’uomo. Di fronte ad un diffuso fondamentalismo religioso, la rivelazione cristiana il cui centro è la divino-umanità di Gesù Cristo, entra in scena per affermare che non si può ridurre la verità di Dio alla violenza degli uomini o liquidare l’esperienza di fede come irrazionale e lesiva della libertà. Il «caso serio» apparso in Cristo crocifisso è il vaglio di ogni religione, la fine di ogni estetica mondana, il giudizio su ogni divinità che nel suo sottomettere gli uomini non si lasci prima crocifiggere dall’amore e dalla passione per la realtà e il legami di ogni giorno.