
A partire dal 1300 i papi hanno periodicamente indetto un "anno santo" nel quale, a quanti si fossero recati in pellegrinaggio a Roma, ne avessero visitato le basiliche e si fossero confessati e comunicati, era concessa l'indulgenza plenaria, vale a dire la remissione della pena da espiare per i peccati commessi. Il volume fa luce su oltre sette secoli di anni santi, o "giubilei", mostrando gli elementi di continuità e di innovazione che, nel corso del tempo, i diversi pontefici hanno introdotto nelle celebrazioni. Elementi in cui si riflette la stessa storia della Chiesa nel suo rapporto con la società: l'affermarsi della sovranità pontificia tra Medioevo e Rinascimento; la centralità della Roma papale in età moderna; la crescente secolarizzazione in seguito alla Rivoluzione francese; fino al crocevia del Vaticano II. All'inizio di questo secolo, dal "Grande Giubileo" indetto da Giovanni Paolo II si è giunti al giubileo straordinario voluto da papa Francesco. La sua scelta di indire un "anno santo della misericordia" apre l'inedito scenario di una Chiesa capace di assumere un volto nuovo per l'intera umanità.
"Aver fiducia" è una disposizione dello spirito che si riflette in gesti ed espressioni della vita quotidiana e permette di interagire nel mondo con adattabilità e saggezza. è una virtù antropologica - che sorge da un'esperienza universale: l'essere stati, durante l'infanzia, oggetto di cure e amore in uno scambio gratificante - e anche teologica: la fede in Dio e la fiducia divina nell'uomo sono, secondo le tradizioni religiose, modello di ogni vera relazione. Una varietà di significati presentata da Massimo Giuliani attraverso una fenomenologia dell'atto di fiducia - e della sua mancanza -, che trova espressione nella letteratura greca e nella. Bibbia, nel pensiero ebraico anche dopo Auschwitz, nei rapporti tra giudaismo e cristianesimo. Paolo De Benedetti mostra come nelle Scritture la fiducia che l'uomo ripone in Dio segua alla fiducia che Dio per primo ha riposto nell'uomo: la storia della salvezza può essere vista come la ricerca di una vicendevole corrispondenza tra questi due amen, "ci credo e mi affido".
I tre saggi di Alfred Schütz qui raccolti a cura di Leonardo Allodi hanno per oggetto, rispettivamente, la filosofia di Max Scheler (1966), la sua epistemologia ed etica (1957-1958) e la sua teoria dell'intersoggettività (1942). Una interpretazione critica capace di mettere sotto gli occhi, insieme ai principali tratti di originalità della corrente fenomenologica, elementi che la conducono oltre se stessa, a una "proto-sociologia", un contributo preliminare all'autentica sociologia. Il movimento teorico qui evidenziato va dall'epistemologia alla elaborazione di una "sociologia del sapere". Una presa di distanza dal trascendentalismo del maestro - Husserl - che per Scheler si traduce nell'elaborazione di una fenomenologia realista, e per Schutz, aprendosi al pragmatismo, ha compimento nella Costruzione sociale della realtà (1966): la persona è l'unità concreta in cui interagiscono la sua costituzione "individuale" e "sociale". La fenomenologia diventa così chiave di accesso per una lettura antropologica e sociologica del mondo.
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Il centenario della Grande Guerra costituisce motivo di riflessione non solo su questo dramma planetario, ma sull'insieme di fattori che, messi in moto da quella vicenda bellica, fecero sentire i loro effetti sull'intera storia del Novecento. Fra questi fattori assume un particolare rilievo quello religioso. Vari studi si sono già indirizzati alla comparazione delle diverse confessioni e religioni coinvolte nell'evento e alla loro commistione con quella che si suole definire una "cultura della guerra". Meno sviluppata appare invece l'indagine sul coinvolgimento della Chiesa cattolica. Il volume cerca di colmare questa lacuna offrendo un contributo a più voci che documenta l'atteggiamento cattolico sulla guerra, la sua interpretazione e condanna (in quanto "punizione divina" e "colpa collettiva"), con particolare attenzione alle dichiarazioni di Benedetto xv e alla pratica della guerra da parte dei credenti in Italia, ma anche la sua giustificazione e sacralizzazione, talora militante. Ne emerge un quadro di "teologia politica" molto più articolato e complesso di quanto si sia abituati a pensare, che rientra a pieno titolo, come evidenzia Daniele Menozzi nell'Introduzione, nel grande capitolo della storia della Chiesa nel suo confronto con la Modernità.
II mutamento climatico è da considerarsi il fattore chiave di una crisi ecologica che tocca profondamente la condizione umana sul pianeta Terra. Un fattore da indagare, al di là delle spiegazioni che di esso possono dare i settori scientifici, dal punto di vista etico. Etica intesa come disciplina che, nella misura in cui investe l'ambiente naturale nel quale viviamo e, di conseguenza, i comportamenti e le pratiche sociali, le linee della politica e dell'economia, si declina come "etica ambientale", inerente a un particolare ambito delle cosiddette "etiche speciali", in via di crescita e definizione. Si tratta di una prospettiva - già esplorata nel Novecento da autori del calibro di Hans Jonas, Eugene Hargrove, John Baird Callicott, Holmes Holston III - assunta qui non solo per riprendere gli aspetti fondativi della disciplina - temi, principi, metodo dell'indagine etica sull'ambiente -, ma soprattutto per mettere a fuoco alcune questioni concrete del dibattito degli ultimi anni e le principali direzioni che il pensiero contemporaneo e quello cattolico (in riferimento a una bibliografia internazionale e all'enciclica sul creato di papa Francesco, l.audalo si') adottano rispetto a esse.
Il fenomeno dell'immigrazione in Italia spinge a riflettere su un fenomeno analogo e contrario: l'emigrazione degli italiani verso l'America e altre terre verificatasi negli ultimi due secoli. Il volume ne offre un quadro completo attraverso le pagine dei maggiori studiosi e le testimonianze d'epoca: dalla emigrazione prima dell'unità nazionale, alla Grande migrazione nell'età liberale, nel periodo fra le due guerre, nell'età della ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale, nella contemporaneità. Uno sguardo insieme storiografico e civile: ricordare i decenni in cui gli emigrati erano gli italiani può servire a capire le storie dei migranti odierni. E nella memoria della sua stessa storia l'Italia può meglio comprendere i flussi migratori epocali che interessano oggi tutta l'Europa.
"Mette conto prendere le mosse dal celebre incipit di Thomas Mann alle 'Storie di Giacobbe', costituente il primo tomo della 'Joseph-Tetralogie', non solo perché l'opera indicata segna uno dei più densi ripensamenti del Dio biblico che il Novecento abbia prodotto; non solo, occorre aggiungere, perché Jan Assmann ha dedicato ad essa un denso volume, ma anche perché vale quanto lo scrittore di Lubecca osserva nel finale di quella celebre pagina: ci sono eventi in cui la memoria, cosciente dell'inesausta ulteriorità che segna il destino della ricerca storica - di orma in orma, di duna in duna, e così in un 'regressus ad infinitum' -, anziché sprofondare nella sabbia mobile di un'origine inattingibile, perduta per sempre, anziché smarrirsi nella selva inestricabile delle tracce, si ferma, si acquieta, sosta su un lembo estremo, si arresta su una soglia. Un inizio di questo genere. legato alla memoria storica, è quanto Assmann ha fissato nella 'distinzione mosaica'. (dall'introduzione di Roberto Celada Ballanti)
"Cinque anni fa, nel 2010, fui colpito dall'impegno con il quale le autorità ecclesiastiche cattoliche avevano organizzato pellegrinaggi di massa a Torino per mostrare la Sindone. Mi ero accorto ben presto dell'imponente propaganda e organizzazione capillare per questo evento. Nella buca delle lettere, infatti, avevo trovato un invito (rivolto a tutti gli abitanti del quartiere) a un pellegrinaggio organizzato da una parrocchia cattolica del centro storico di Bologna in cui vivo..."
Qual è l'essenza dell'umanesimo di cui si parla con rinnovato interesse? Una piena considerazione della persona umana nelle sue possibilità di autorealizzazione che ha avuto singolare espressione alle origini dell'età moderna, in quel prodigioso fermento culturale noto con il nome di Rinascimento. L'autore, da storico, fa luce su quel movimento di fioritura che affonda nell'Italia del Quattrocento propagandosi per tutta l'Europa nel secolo successivo, e ne riprende alcune delle figure più decisive (Ficino, Pico della Mirandola, Leon Battista Alberti...) e delle idee grandiose, perlopiù appartenenti alla tradizione classico-cristiana, che queste hanno veicolato: dignità dell'uomo e divinità dell'anima, eccellenza e armonia... Ad emergere attraverso l'analisi storica di quel felice contesto è una concezione dell'umano, tramandata nei secoli e ancora attuale: un paradigma antropologico che nel clima di pessimismo diffuso in un certo Medioevo ha saputo rovesciare la storia, valorizzando il soggetto nella sua libertà di elevarsi e realizzarsi.
"Rodolfo Rossi studia con cura un aspetto misconosciuto del pensiero e dell'azione di Baudrillart, nel periodo che va dalla separazione tra le chiese e lo stato (1905) alla ripresa delle relazioni diplomatiche tra la Terza repubblica e la Santa Sede (1921): il suo rapporto di storico cattolico e di responsabile ecclesiale con la nazione francese [...] Araldo riconosciuto della causa francese, diventa una delle figure più in vista del cattolicesimo nell'Esagono nella convinzione che la Francia è Francia solo nella convergenza tra sentimento nazionale e sentimento religioso." (Dalla Prefazione di E. Fouilloux)

