
Se di Guardini negli ultimi anni si sono per lo più discusse le opere teologico-filosofiche, non bisogna dimenticare il suo costante interesse per l'aspetto cultuale della vita religiosa (si ricordino Lo spirito della liturgia e I santi segni). Nell'opera che qui ripresentiamo, Guardini si sofferma sul Rosario come forma di preghiera della vita cristiana. Egli mostra come gli elementi che la costituiscono, la ripetizione dell'Ave, l'intercalarsi del Pater, il ritmo delle decine, creino un'atmosfera di alta elevazione spirituale, in cui può disporsi l'autentica contemplazione che è suggerita dai Misteri. Con rapide, originali intuizioni è presentata la loro ricchezza scritturistica e teologica e l'armonica concatenazione. Pagine che guidano il lettore a riscoprire il senso autentico di una delle forme del culto più care alla tradizione cristiana.
"L'Etica di Romano Guardini rappresenta non solo una «sorta di sintesi» del suo pensiero, ma un grande affresco in cui troviamo rappresentata con rara chiarezza ed efficacia le dimensioni morali dell'esistenza e le grandi figure dell'etica filosofica e teologica. L'Etica è uno sguardo sulla vita concreta, in un costante confronto con i classici del pensiero occidentale, con la rivelazione cristiana e con la storia dell'Occidente sfociata nei totalitarismi e nel dominio della tecnica. È la vita concreta dell'uomo a suscitare l'attenzione e la riflessione di Guardini, che si accosta con discrezione alle realtà più profonde con la preoccupazione di chi è interessato più a comprendere che a giudicare. Scevra da moralismi così come da ogni tentazione semplificatrice, l'etica guardiniana ha il sapore di un invito a dare sempre nuova forma umana alla vita, nella tensione - spesso drammatica - tra la realtà oggettiva del bene e l'incancellabile richiamo della coscienza." (Michele Nicoletti e Silvano Zucal). Premessa di Franz Henrich.
Nella storia dell'umanità la morale ha formato un binomio inscindibile con la religione. Tuttavia, nella cultura e nelle società occidentali moderne, le teorie etiche hanno concepito la morale in modo autonomo rispetto alla religione, oscurando o rimuovendo il suo fondamento teologico, al punto da legittimare la tesi di "un'etica senza Dio" nel dibattito pubblico. In quello accademico, poi, si moltiplicano le spiegazioni naturalistiche della morale che tengono in scarsa o nulla considerazione la religione. L'intento del libro, che tiene conto anche del recente dibattito anglo-americano sul tema, è quello di ricongiungere morale e religione a partire dalla visione teistica del mondo: una visione filosofica e al tempo stesso religiosa che riconosce l'esistenza di un Dio onnipotente, onnisciente, perfettamente buono, creatore del mondo. La tesi sviluppata è che un'etica su basi religiose, lungi dall'essere superata e inattuale, è in grado di offrire una giustificazione e una motivazione della morale che è più convincente di una secolare e di rappresentare, all'interno del pluralismo etico contemporaneo, una chiara alternativa al relativismo e al nichilismo morale.
Dopo il successo della prima edizione (1995) e la sua traduzione in varie lingue, questa Storia della letteratura cristiana antica, riveduta e ampliata, intende mettere in rilievo precipuamente gli aspetti letterari che caratterizzano gli scritti dei primi secoli cristiani e che spesso vengono trascurati dalle analoghe opere esistenti. La produzione letteraria cristiana è stata considerata quasi sempre o come strumento per la storia della Chiesa antica o come aspetto particolare della storia del pensiero patristico. Quest'opera, invece, vuole considerare l'insostituibile apporto che il cristianesimo ha arrecato alla formazione della cultura occidentale. Il termine "cultura" deve essere inteso in senso lato, e non esclusivamente come se si identificasse con i raggiungimenti artistici; essa comprende il pensiero, le problematiche, le soluzioni che l'antico cristianesimo produsse e visse al proprio interno. In tal modo si recupera, pur osservandola in un suo ambito specifico, la peculiarità del messaggio evangelico, che costituisce il nucleo insostituibile di ogni forma letteraria cristiana. Antichi e nuovi contemporaneamente furono i contenuti e i generi di questa letteratura, che costituì il passaggio dalla civiltà antica a quella medievale.
Nel 1955 Gilson tenne, presso la National Gallery of Art di Washington, sei lezioni sulle belle arti, forma nascente di questo volume che si presenta come una introduzione pittorica alla filosofia, ovvero un tentativo di pensare a partire da un certo ordine di fatti, i dipinti, per dedurne conclusioni di ordine filosofico. Lungo un cammino che intreccia opere, tra gli altri, di Cimabue, Piero della Francesca, Michelangelo, Vélasquez, Delacroix, Van Gogh, Mondrian, si delinea «un capolavoro per l'approfondimento teoretico fondamentale e l'ispezione accurata del proprio territorio» - nota Roberto Diodato nella Premessa -, nonché uno degli scritti più originali del filosofo francese, qui per la prima volta tradotto in italiano.
«Fede che diviene prassi di giustizia e che perciò fa del bene al prossimo: ecco le caratteristiche spirituali di Rosario Angelo Livatino. Egli pensava, fin da laureato in diritto, al modo migliore di svolgere il ruolo di giudice. Soffriva molto nelle pronunce penali nei confronti degli imputati, perché constatava come la libertà, male interpretata, avesse infranto la regola della giustizia. E nello stesso momento in cui doveva giudicare secondo legge, si poneva da cristiano il problema del perdono. Compiendo quotidianamente un atto di affidamento totale e generoso a Dio, egli è un luminoso punto di riferimento per gli uomini e le donne di oggi e di domani, soprattutto per i giovani che, tuttora, vengono irretiti dalle sirene mafiose per una vita di violenza, di corruzione, di sopraffazione e di morte» (dalla Presentazione di papa Francesco). Saggi di: Vincenzo Bertolone, Gaetano Di Palma, Gianpaolo Iacobini, Giuseppe Pignatone, Pasquale Giustiniani, Fabio Luca, Marchese Ragona.
Le pagine del Qohelet e del Cantico dei cantici, due brevi libri sapienziali della Bibbia, offrono al lettore una penetrante riflessione sull'esperienza umana del domandare, del cercare e dell'amare. Tutto passa, eppure qualcosa resta, permane, dura: l'esperienza della precarietà di una bolla di sapone, fragile e luminescente nell'effimero del suo istante; l'esperienza di un amore che sfida il limite della morte, perché in esso avvampa una fiamma segreta; l'esperienza di un corpo che diviene paesaggio da attraversare, architettura da abitare, nei giorni dello splendore e nelle notti della nostalgia.
Il volume è il frutto di un itinerario di ricerca condotto negli anni dal Gruppo di lavoro Ecclesia-Israel - di cui i curatori fanno parte - attorno alla questione teorica e pratica della sostituzione della Chiesa a Israele. Tale ricerca si è sviluppata attraverso indagini relative alle origini cristiane e a snodi significativi della lunga durata delle posizioni teologiche e socio-politiche sottese. In questa sede si è preferito adottare la terminologia inglese supersessionism, che copre il largo spettro della problematica nella pubblicistica attuale per quanto attiene sia alla dimensione teologica e del dialogo ebraico-cristiano, sia alla storia delle idee e alle ricadute di carattere politico e identitario.
L'irregolarità del processo intentato a Galileo è un fatto. Nonostante l'Inquisizione si attenesse a una procedura codificata, sulle inesattezze formali del processo la storiografia moderna tedesca ha versato fiumi d'inchiostro. Ma lo sguardo dello storico passa qui dalle inesattezze formali, dalla falsificazione di documenti e dalle lacune del procedimento giudiziario, all'analisi delle stesse basi canoniche di cui si sarebbe avvalsa la sentenza di condanna. Non sono in gioco solo la violazione del diritto e la falsificazione di documenti, ma gli stessi argomenti teologici. Non è mai esistito, in realtà, un decreto di condanna dell'astronomia copernicana come dottrina eretica né un decreto di censura teologica dell'eliocentrismo - per il quale Galileo di fatto fu condannato. Così, si annoda ancora di più l'intreccio di quel processo, ove - commenta l'autore "il falsario è rimasto vittima del falso da lui stesso prodotto". A sfumare sono i contorni fra un'autorità ecclesiastica regista del processo ingannevole contro uno dei fondatori della scienza moderna, e una istituzione vittima dell'aver prestato fede per secoli a questa grande menzogna fondata su presupposti inesistenti. Il seguito della storia è ancora da scrivere, perché nell'imponderabile oscillano conseguenze e giudizi ideologici. I documenti conducono fin qui, ma la ricostruzione di questo grande equivoco spalanca nuove piste di ricerca.
«Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari». È con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 che inizia la lunga battaglia − non ancora conclusa − contro la fame, il più grande genocidio silenzioso di tutti i tempi. Come tutelare il diritto fondamentale di ogni individuo a una adeguata nutrizione? E garantire quantità e qualità nell’alimentazione? Il sistema attuale di produzione alimentare è davvero sostenibile? Risponde a quesiti di rilevanza fondamentale un’etica del cibo, che analizza problematiche e propone soluzioni, volte ad assicurare la libertà dalla fame e il diritto al cibo, sensibilizzando sulla questione ambientale. In gioco il futuro stesso dell’umanità.
PAOLO GOMARASCA è professore ordinario di filosofia morale alla Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Fa parte del comitato direttivo del Transdisciplinary Research on Food Issues Center (TROFIC) e del Centro di ricerca Relational Social Work (RSW) della medesima Università. È membro del Forum Lacaniano in Italia (FLAI) e dell’Internationale des Forums du Champ Lacanien. Tra le sue pubblicazioni: Enjeu cartésien et philosophie du corps (Peter Lang, 2012), Con l’inchiostro e il pennello. Lacan e Shiato (Mimesis, 2017).