La preghiera del Signore appartiene agli scritti più noti di Romano Guardini. Un linguaggio magistrale, una vicinanza intima alla Sacra Scrittura, una fede viva, che impronta in profondità l'esistenza personale, caratterizzano il suo pensiero, teologico e spirituale. La petizione o domanda "Sia fatta la tua volontà" è il "filo rosso" di questo libro. In undici meditazioni l'Autore esplica e interpreta il Padre nostro e le sue petizioni. Sa e riconosce che, in questa sua opera, è in debito anche verso i grandi pensatori e oranti cristiani, che fin dai primi secoli hanno speso i loro sforzi nella spiegazione di questa preghiera, l'unica insegnata direttamente da Cristo (cfr. Mt 6,9; Lc 11, 2).
DESCRIZIONE: Il tema della nuova definizione della morte su base neurologica, e in connessione a ciò quello del trapianto di organi da soggetti in stato di morte cerebrale dichiarati cadaveri, è tornato negli ultimi tempi all’attenzione anche in Italia. Quantunque – a quarant’anni dall’introduzione, con il Rapporto di Harvard, di quella nuova definizione – le voci di dissenso stiano crescendo anche in ambito medico, vogliamo qui riproporre la prima grande critica fatta a quella definizione da un classico del pensiero filosofico del Novecento, nonché uno dei protagonisti dell’attuale dibattito bioetico: Hans Jonas. Quella critica, infatti, contiene in nuce tutti i problemi che sono ancora in discussione e li affronta con un linguaggio rigoroso, ma accessibile anche al pubblico di non specialisti, ed è significativo che essa stia al centro dell’attenzione nel recente documento del Council on Bioethics americano che riapre ufficialmente il dibattito sulla morte cerebrale.
COMMENTO: Il celebre saggio di Hans Jonas che contesta la definizione di morte cerebrale decisa dal Protocollo di Harvard del 1968. Un saggio toccante, profondo, di un maestro dell'etica contemporanea.
HANS JONAS (1903-1993), allievo di Heidegger e Bultmann all’Università di Marburgo, è stato tra i maggiori filosofi della seconda metà del Novecento. Tra le sue opere in italiano: Lo gnosticismo; Dalla fede antica all’uomo tecnologico; Il principio responsabilità; Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Presso la Morcelliana: Scienza come esperienza personale. Autobiografia intellettuale (1992); Agostino e il problema paolino della libertà. Studio filosofico sulla disputa pelagiana (2007).
Invitato a Brescia nel 1959, Norberto Bobbio tenne una conferenza, Quale democrazia?, che, nonostante sia passata quasi inosservata, appare come l’enunciazione di un programma di ricerca. Regole di funzionamento, teoria delle élites e del realismo politico, tensione tra vocazione dell’uomo alla libertà e necessità di istituire una società con un potere efficiente, l’antinomia tra ideale dell’uguaglianza e quello della libertà: sono i temi, qui per la prima volta enunciati, che torneranno, con continui scavi, nelle opere che hanno reso Bobbio tra i più importanti filosofi della politica della seconda metà del Novecento. Il testo ha quindi una doppia classicità: è la cellula originaria della riflessione bobbiana sulla democrazia, ed è la lezione di un classico. Come ha scritto Bobbio stesso: «Quale democrazia? Un titolo che ha continuato ad essere attuale in tutti questi anni. Oggi più attuale che mai. Se dovessi ripeterlo, quel punto interrogativo non lo toglierei. Ne potrei, se mai, aggiungere un altro».
NORBERTO BOBBIO (1909-2004), senatore a vita della Repubblica, ha insegnato filosofia del diritto e filosofia della politica all’Università di Torino. Tra le sue opere: Politica e cultura (Einaudi); Il problema della guerra e le vie della pace (Mulino); Il futuro della democrazia (Einaudi); L’età dei diritti (Einaudi); Destra e sinistra (Donzelli).
COMMENTO: Uno stupendo e attualissimo libro inedito di Norberto Bobbio del 1959 che spiega che cosa è e come funziona la democrazia, nella tensione tra uguaglianza e libertà.
Un libro per tutti: studenti delle scuole medie superiori, universitari e lettori comuni.
DESCRIZIONE: Il libro della Sapienza è il prodotto letterario più recente dell’Antico Testamento. Gli ebrei della diaspora che parlavano greco l’hanno letto con piacere, così come hanno fatto anche con altri libri deuterocanonici. Da loro la Chiesa cristiana l’ha recepito inserendolo nel proprio canone. Nelle Chiese protestanti non fa parte dei libri canonici, ma di quelli apocrifi.
La natura della «sapienza» anticotestamentaria, che ha dato il nome al nostro libro ma anche a un vasto blocco letterario (letteratura sapienziale), si può descrivere all’incirca in questo modo: madre e maestra di tutte le arti, scienze e virtù; figlia di Dio, salvatrice del mondo, colei che accompagna nella vita, che aiuta e sostiene nelle difficoltà, fondamento della religione. Spesso è caratterizzata come persona («la signora sapienza»).
La ricerca recente si è applicata a chiarire i numerosi enigmi che il libro solleva, dato che la sua retorica filosofica, spesso oscurata dall’ambiguità, e la qualità allusiva di molti dei suoi riferimenti rendono difficile determinare il suo significato preciso. Tra i problemi principali affrontati si segnalano: l’unità di autore e di composizione del libro che, pure accolta dal quasi unanime consenso, sulla base soprattutto dell’analisi della struttura letteraria, trova ancora talune contestazioni; il genere letterario, che ha visto anzitutto la proposta, accolta anche dal presente commentario, di collegare l’opera alla tradizione del discorso protrettico.
Il presente commento si innesta bene in questo dibattito offrendo un contributo peculiare. Qui l’Autore mette a disposizione di un più largo pubblico i risultati della sua rigorosa ricerca, senza indugiare su questioni tecniche che potrebbero dissuadere il lettore non specialista; nello stesso tempo la linearità della presentazione e la sicura padronanza delle tematiche successivamente proposte dall’opera consentono di cogliere il messaggio che resta perennemente valido.
COMMENTO: Una nuova traduzione con commento al libro della Sapienza, uno dei volumi più controversi dell'Antico Testamento, perché incrocio tra cultura ebraica e filosofia greca.
ARMIN SCHMITT (1934-2006) è stato ordinario di Teologia biblica ed Esegesi dell’Antico Testamento all’Università di Regensburg e tra i maggiori studiosi del Libro della Sapienza. In suo onore è stata fondata a Bibburg la «Armin Schmitt Stiftung für biblische Textforschung». Tra le sue opere: Prophetischer Gottesbescheid in Mari und Israel: eine Strukturuntersuchung (Kohlhammer, Stuttgart 1982); Das Buch der Weisheit: ein Kommentar (Echter, Würzburg 1986); Wende des Lebens. Untersuchungen zu einem Situations-Motiv der Bibel (Walter de Gruyter, Berlin-New York 1996); Der Gegenwart verpflichtet. Studien zur biblischen Literatur des Frühjudentums (Walter de Gruyter, Berlin-New York 2000).
DESCRIZIONE: La storia dell’Occidente, per la sua matrice ebraico-cristiana, può esser vista come una variazione dei significati assunti da due categorie, apocalisse ed escatologia. Partendo dalla loro rigorosa definizione – escatologia come attesa della fine del mondo e apocalisse come rivelazione del Regno – l’autore si sofferma su due autori emblematici delle origini del cristianesimo, Paolo, e della fine della cristianità, Sergio Quinzio. Se nelle Lettere di Paolo possiamo sorprendere i vari significati assunti nel cristianesimo antico dal termine escatologia – attesa di un ritorno imminente del Signore, spiritualizzazione di quest’attesa, fino all’«escatologia aoristica» della Lettera ai Colossesi, dove si parla di una salvezza compiuta –, in Quinzio abbiamo il consumarsi, nella sua paradossalità, della tensione apocalittica: il ritardo del ritorno del Signore diviene in lui appello alla promessa di redenzione, non rassegnandosi alla sua smentita storica. Attraverso Paolo e Quinzio, si può leggere in filigrana la storia di un’eredità religiosa che, nata per giudicare il mondo, ne è divenuta parte tra fedeltà, inevitabili tradimenti, e nostalgia delle origini. Un’eredità che ha nella carità (nell’agápe) un modello quanto mai prezioso per vivere con e per gli altri in un mondo dove le catastrofi non annunciano una rivelazione prossima, ma il persistere di una sofferenza ingiustificata.
COMMENTO: A partire da Paolo, l'autore mostra i vari significati di escatologia e apocalittica nella tradizione biblica occidentale. Un libro per tutti.
SALVATORE NATOLI è ordinario di filosofia teoretica all’Università di Milano Bicocca. Tra le sue opere, pubblicate da Feltrinelli: Ermeneutica e genealogia; L’esperienza del dolore; La felicità; Dizionario dei vizi e delle virtù; Stare al mondo. Escursioni nel tempo presente; Parole della filosofia o dell’arte di meditare. Presso la Morcelliana: Dio e il divino. Confronto con il cristianesimo (2 ed.); Libertà e destino nella tragedia greca; Guida alla formazione del carattere (3 ed.); Sul male assoluto. Nichilismo e idoli nel Novecento; Edipo e Giobbe. Contraddizione e paradosso (2 ed.).
DESCRIZIONE: Un celebre passo di San Tommaso, nella Summa contra Gentiles, afferma che Dio non può violare il principio di non contraddizione. Una convinzione non solo della teologia cristiana ma di gran parte della filosofia occidentale, da Parmenide ad Emanuele Severino, in cui il principio di non contraddizione scalza Dio come fondamento primo e afferma l’eternità di ogni ente. Una convinzione messa in discussione dai lavori di Carlo Arata, a partire da Ego sum qui sum. La Gloria di Dio, e ripensata analiticamente nei saggi di questo nuovo libro. Saggi ove l’autore non solo discute, con rigore teoretico, l’ontologia neoparmenidea di Severino, mostrandone tanto l’acume logico quanto le aporie, ma anche il pensiero di Gustavo Bontadini. Per Arata, se preso sul serio, Dio è «l’esaustività di ogni significato», non tollera alcun condizionamento e si sottrae di diritto alla normatività del principio di non contraddizione. Una prospettiva che mette in discussione ogni forma di teologia razionale, e, ponendo un aut aut tra Dio e la filosofia, invita la stessa filosofia a riflettere sui suoi princìpi primi.
COMMENTO: Un libro che mostra come l'autentico pensiero di Dio - nella sua Signoria - debba andare al di là delle leggi della logica che governano il pensiero ocidentale. Confrontandosi con Emanuele Severino, è insieme un testo di filosofia e di alta spiritualità.
CARLO ARATA è professore emerito di filosofia teoretica dell’Università di Genova. Ha insegnato Istituzioni di filosofia all’Università Cattolica di Milano e, successivamente, Filosofia Teoretica presso le Università di Macerata e di Trieste. Fra le sue pubblicazioni: Lineamenti di un ontologismo personalistico (Marzorati, Milano 1955), Persona ed evidenza nella prospettiva classica (Marzorati, Milano 1963), Evidenza ed essere (Marzorati, Milano 1964), Discorso sull’essere e ragione rivelante (Marzorati, Milano 1967), L’aporetica dell’intero e il problema della metafisica (Marzorati, Milano 1971). Presso la Morcelliana: Ego sum qui sum. La Gloria di Dio, Brescia 2004.
DESCRIZIONE: Fin dal suo apparire nel 1977, Novecento teologico apparve un libro destinato a far riflettere. Per due motivi: l’essere una ricostruzione originale del pensiero di Karl Barth, Rudolf Bultmann, Dietrich Bonhoeffer, e del socialismo religioso svizzero, e l’essere un nuovo capitolo della filosofia della religione di Italo Mancini. Da un lato, la chiarezza dell’esposizione mostra i capisaldi dei tre maggiori teologi protestanti del secolo scorso – la novità della teologia dialettica, l’effetto dirompente della demitizzazione, il respiro liberante del cristianesimo adulto – nei loro intrecci e nelle loro divergenze; dall’altro, è come se Mancini svolgesse qui una ricapitolazione delle sue ricerche degli anni Sessanta e Settanta e preparasse la stagione ultima, che lo porterà alla «logica dei doppi pensieri». Una logica che, cimentandosi con la sfida di pensare e dire oggi l’«Oggetto immenso» (Dio), incorporerà tracce cospicue dell’eredità di Barth, Bonhoeffer, Bultmann. In questo senso Novecento teologico è un classico della storia della teologia e del pensiero filosofico.
COMMENTO: I maestri della teologia del '900 (Barth, Bultmann, Bonhoeffer, ...) nel capolavoro storiografico di Italo Mancini
ITALO MANCINI (1925-1993) è stato professore di Filosofia della religione e Filosofia del diritto all’Università di Urbino, dove ha anche fondato l’Istituto superiore di Scienze Religiose e la rivista «Hermeneutica». Presso Morcelliana sono in corso di pubblicazione le Opere scelte, di cui nel 2008 è uscito il vol. I, Filosofia della religione. Sempre nel nostro catalogo: Filosofia della prassi (19983); Come leggere Maritain (1993); Bonhoeffer (1995); Frammento su Dio (20002).
DESCRIZIONE: È possibile tornare, dopo Kant, all’ontologia come analisi e ricerca delle strutture e delle categorie di un mondo extrasoggettivo? Ecco il quesito cui Nicolai Hartmann cerca di dare risposta mediante la rivisitazione del problema conoscitivo. L’ontologia hartmanniana poggia sulla reimpostazione del rapporto soggetto-oggetto, nel tentativo di liberare il reale dalle maglie della soggettività. Questo è, infatti, il presupposto essenziale per uscire dal correlativismo tra l’io ed il mondo, con il quale neokantismo, fenomenologia e, in fondo, persino lo stesso Kant, hanno liquidato l’autonomia di un «in sé» extracoscienziale. Hartmann, proprio a partire dall’atto di conoscenza, riappropriandosi dell’idea di intentio recta del conoscere e mediante la fondazione a priori della tesi del realismo naturale, cerca di riconferire indipendenza al mondo esterno; infatti, solo in questo modo è possibile, per Hartmann, iniziare il lavoro di costruzione dell’ontologia. Con Hartmann, la questione del realismo si ripresenta come problema speculativo: a ritornare è il senso e il peso ontologico della «cosa», come condizione e meta dello stesso inquisire filosofico. Un realismo che, nella sua classicità e profondità, è interlocutore essenziale per le nuove ontologie fiorite nel pensiero contemporaneo.
COMMENTO: Un ritratto del grande filosofo tedesco (1882-1950), tra i più originali pensatori nel campo dell'etica e della teoria della conoscenza.
GIUSEPPE D'ANNA è ricercatore di Storia della Filosofia presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Foggia. Ha studiato in molte università tedesche. Tra le pubblicazioni: Spinoza e la figura di Cristo (2000); Uno intuitu videre. Sull’ultimo genere di conoscenza in Spinoza (2002); Considerazioni sulla trascendenza nella metafisica di Spinoza (2006) Hartmann interprete di Aristotele (2008); per Morcelliana, con Renato Pettoello, ha curato Nicolai Hartmann, Ontologia e realtà (2009).
DESCRIZIONE: Buona o malvagia, amica o nemica, la morte è la vera prospettiva della vita. C’è una naturalità della morte che noi però abbiamo oggi perduta: nel pensiero antico il buio che si oppone alla vita è fonte di lamento o rimpianto, ma non di scandalo, è nell’ordine del destino che può essere crudele, come lo è perfino la morte di un bambino: Rachele può piangere i suoi figli, ma sa che il potere della nascita è il suo potere, un potere che genera sopravvivenza. Allora – al di là di ogni pianto – la morte si inserisce in questo piano creaturale, è premessa o condizione di nuova vita. La “civiltà” moderna e postmoderna ha però devastato questo ritmo biologicamente determinato con le guerre di massa, con lo sterminio di massa, con il genocidio ideologicamente predeterminato; a milioni ancor oggi si muore di fame, di sete, di corpi spogliati e venduti. Se la vita non conta nulla, che può allora contare la morte? Dove la vita è invece diventata potenzialmente lunghissima, la biologia, la medicina tecnologica operano continue “scoperte”, in una incessante modifica dell’esistente (rappezzato, riparato, via via sostituito) in una disarmante o orripilante rassegna. A questa vita dilatata corrisponde, contradditoriamente, la “morte celata”, nascosta nel gelo degli obitori, nel progressivo indebolimento del lutto, nella volontà di rimozione. Vale allora per noi la preghiera forse più umana: la preghiera per una “buona morte” del De profundis, un grande grido che dal buio profondo dell’anima sale alla speranza. Speravit anima mea...
COMMENTO: A partire da una riflessione biblica, il tema della morte tra religione e cultura contemporanea.
SAGGI DI : Luigi Berzano- Paolo Borgna - Paolo De Benedetti - Giovanni Filoramo - Amos Luzzatto - Laura Novati - Sandro Spinsanti - Piero Stefani - Ida Zatelli.
BIBLIA, Associazione laica di cultura biblica, da più di vent'anni si propone un compito di alta divulgazione e conoscenza biblica.
L'aggettivo "laico" che figura nella sua titolazione allude alla dimensione accogliente dell'Associazione, di cui fanno ugualmente parte cristiani di ogni confessione, ebrei e agnostici, purché interessati al dialogo, allo studio dei testi criticamente e scientificamente fondato.
Per questo da sempre articola la sua azione in seminari, convegni, viaggi di studio, che si tengono in ogni parte d'Italia e all'estero, cui sono invitati a partecipare i maggiori specialisti italiani e stranieri.
Per dare maggiore visibilità e diffusione al suo lavoro, alla ricchezza dei materiali raccolti, l'Associazione ha deciso di avviare la pubblicazione di: I libri di Biblia/Studi e I Libri di Biblia/Testi.
Nella prima serie si presentano i risultati più significativi dei convegni annuali; nella seconda si pubblicano libri anticotestamentari, neotestamentari, deuterocanonici, apocrifi, accompagnati da un saggio introduttivo e da un'appendice storico-critica.
DESCRIZIONE: La crisi che ha colpito l’economia globalizzata tocca i fondamenti stessi di ciò che intendiamo per «capitalismo», «democrazia», «tecnica». In questo nuovo libro, Emanuele Severino si sofferma su quei fondamenti mostrando come il movimento tellurico che li scuote sia l’esito di un processo che percorre la storia dell’Occidente. A trasformarsi è la relazione tra mezzo e scopo che lega capitalismo, democrazia e tecnica – in uno scenario che vede la democrazia ridursi a mezzo del capitalismo e questo a sua volta a mezzo della tecnica. Tecnica quale sinonimo di espansione illimitata della potenza di manipolazione degli enti. Una trasformazione che Severino, con logica implacabile, mostra nei suoi tratti destinali, in quanto investe il senso dell’essere. Queste pagine non solo invitano a leggere controcorrente il nostro tempo, ma per il loro rigore diventano modello di esercizio filosofico.