Gigante assoluto della nostra storia letteraria, Dante è anche considerato a buon diritto il padre della lingua italiana: è con lui che si realizza la vittoria del volgare toscano e, insieme, il declassamento a dialetto di ogni altra parlata italiana. Nato e formatosi nella Firenze della seconda metà del Duecento, Dante fu testimone diretto dell'ascesa dell'idioma volgare, che andò via via imponendosi a tutti i livelli, sia negli usi pratici che in quelli letterari. E fu appunto il volgare che egli scelse, legittimò e raffinò come strumento espressivo nelle sue opere, dalla "Vita nuova" al "Convivio", alle liriche e alla definitiva consacrazione della "Commedia". ln questo libro l'autrice traccia un profilo della lingua dantesca, di cui vengono illustrate le caratteristiche morfologiche, lessicali, sintattiche e stilistiche. L'utile antologia finale esemplifica e commenta concretamente la ricostruzione linguistica fornita nella prima parte.
La pratica del lavoro di comunità è caratterizzata da azioni che puntano al cambiamento sociale e alla creazione di capacità organizzative e comunitarie attraverso lo sviluppo e la valutazione di programmi di prevenzione e di intervento in ambito psicosociale. Su queste basi il volume illustra il tema delle metodologie di intervento in psicologia di comunità da un punto di vista operativo fornendo le competenze utili alla elaborazione e alla valutazione dei progetti.
"Ma cos'è questa crisi?" si chiedeva Rodolfo de Angelis in un celebre ritornello della prima metà del Novecento. Ripercorrendo sessant'anni di storia italiana, il libro misura la crisi come condizione naturale della cultura del nostro paese. È una contraddizione solo apparente che il malessere deflagri proprio nell'epoca del boom, nel vivo dei favolosi anni Sessanta. E da allora assume forme via via diverse, prolungando la propria ombra fino alla stagione presente. Tra letteratura e cinema del malessere, gli antieroi passati in rassegna hanno i volti e i nomi dei personaggi di Risi, Calvino, Bianciardi e Volponi, per incarnare poi in tempi più recenti i tratti grossolani del cinema dei Vanzina, quelli melanconici dei libri di Tondelli o, infine, quelli ossessivi della "Gomorra" di Saviano.
Sulla base di una conoscenza diretta delle fonti e dell'ormai sterminata bibliografia di lingua tedesca e italiana, l'autore traccia un profilo dell'imperatore normanno-svevo Federico II (1194-1250), una delle figure più discusse del Medioevo europeo. Il volume è suddiviso in tre parti: la prima è dedicata alla storia politica di Federico, segnata dalla lotta con il Papato e i Comuni; la seconda si occupa dell'uomo, della sua sfera famigliare, dei suoi interessi filosofici e scientifici, e del suo entourage di cui facevano parte anche studiosi ebraici e arabi; la terza segue la formazione del mito di Federico attraverso i secoli fino ai giorni nostri. Pur essendo un uomo del suo tempo e non, come volle dirlo un grande storico dell'Ottocento, "il primo uomo moderno sul trono", Federico II con i suoi interessi multiculturali e il suo tentativo di dialogo con il mondo arabo-musulmano, insoliti per un imperatore medievale, affascina ancora oggi.
Rovesciando una prospettiva tradizionale che vedeva nello stato della Chiesa un ingombrante residuo dell'epoca precedente e un ostacolo allo sviluppo delle forme statuali moderne, questo saggio mostra come il pontefice, a un tempo sovrano di uno stato territoriale e capo della cristianità, papa-re, in quello sviluppo giocò in realtà un ruolo decisivo. La monarchia papale fornisce infatti allo stato il modello per incorporare la religione all'interno della politica e per costruire le moderne chiese territoriali. È questa l'eredità che il papato della prima età moderna ha lasciato alla Chiesa e allo Stato dei secoli successivi.
Come progettare il mutamento istituzionale? A quali condizioni determinate riforme hanno o non hanno la possibilità di ottenere gli effetti desiderati? Per Sartori le costituzioni non sono soltanto strumenti di organizzazione giuridica del potere, ma anche struttura di incentivi intesa a indirizzare con premi e penalizzazioni il "buon fare" costituzionale. In questa ottica l'autore propone interventi fattivi sulle strutture politiche democratiche fondati sul controllo comparato e sulla convinzione che molto si può apprendere dall'esperienza di altri paesi.
Questo volume presenta un panorama aggiornato degli approcci teorico-empirici che caratterizzano la ricerca in questo ambito e dei suoi temi più rilevanti. Dopo la descrizione delle scuole di pensiero classiche (comportamentismo e cognitivismo) e di quella più recente socioculturale, vengono affrontati i temi alla base della disciplina e che ne tracciano i confini: l'intelligenza e le differenze individuali, la motivazione, l'acquisizione di conoscenze, strategie e abilità in ambiti generali e specifici, l'autoregolazione dei processi cognitivi, motivazionali e metacognitivi, il trasferimento delle conoscenze in settori differenti e la loro traduzione in pratica.
Fu un uomo di potere egoista e indifferente alla religione oppure il sovrano che illuminato da una visione ("in hoc signo vinces") si pose al servizio di Dio? I giudizi sull'imperatore Costantino (274-337) variano. Come che sia, fu lui a fare la mossa decisiva per la definitiva ascesa del cristianesimo, con la promulgazione dell'Editto di Milano nel 313 che pose fine alle persecuzioni dei cristiani. E fu ancora lui con la fondazione di Costantinopoli a dare origine all'impero bizantino, che durò mille anni: la vita e l'opera di Costantino erano destinate a lasciare un segno decisivo e duraturo.
Figlio del re dei Goti Teodemiro, Teoderico (454 ca. - 526) fu il primo re barbaro a regnare in Italia dopo la fine dell'impero romano, il primo a sperimentare nuovi assetti istituzionali e forme di convivenza fra barbari e romani. Questo profilo ne delinea una biografia complessiva, illustrandone lo stile di governo, per quanto riguarda l'amministrazione, la politica estera, i rapporti con il papato. Oggetto di miti e leggende per secoli, assicurò un lungo periodo di pace e stabilità alla penisola.
Una crisi progressiva sembra investire il Parlamento nazionale, da anni sotto stress a causa dell'agire concentrico di una molteplicità di fattori: il crescente protagonismo degli esecutivi, il proliferare di centri decisionali spesso operanti al di fuori del tradizionale circuito democratico, la cessione di sovranità statale verso l'alto e verso il basso. Negli ultimi anni si è infatti assistito a una profonda evoluzione del tradizionale modello di produzione normativa, in un percorso accidentato, che, accanto allo sforzo di ordinare la complessità delle politiche pubbliche, ha visto nascere elementi di forte instabilità e di "fuga dalla legge". Il volume, con una puntuale ricognizione degli strumenti normativi che, nelle ultime due legislature, hanno "soppiantato" la legge (decreti-legge, ordinanze di protezione civile, legislazione delegata, direttive e regolamenti europei, in alcuni casi persino comunicati stampa che anticipano l'applicazione di norme ancora da approvare), indaga sulle ragioni profonde che, a partire dalla crisi dei partiti, hanno determinato l'attuale "groviglio" politico-istituzionale. Beneficiando del contributo di "testimoni eccellenti", il testo offre una prospettiva di superamento della crisi in atto, prefigurandone un possibile approdo che, pur nei profondi mutamenti intervenuti nella realtà locale e globale, riaffermi la centralità del Parlamento come principale soggetto del processo democratico.