Per rispondere a questo clamore della nostra società, bisognosa di Dio e di valori morali, offro questo libro sul Decalogo, come parola di vita e libertà per l'uomo. Come teologo - scriba diventato discepolo del Regno - ho voluto "estrarre dal tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52). Nell'arca dell'alleanza si custodiva il Decalogo. "Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti, sono essi la gioia del mio cuore" (Sal 119,105.111). Ho cercato, scrutando la Scrittura, il senso originale del Decalogo nell'alleanza di Dio con gli uomini. E l'antico si è illuminato con la novità di Cristo e della sua nuova alleanza, sigillata nel suo sangue e vissuta nella Chiesa, dalla quale ho raccolto soprattutto il magistero di Giovanni Paolo II e del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica. Questo libro è diviso in due parti: il Prologo e il Decalogo. Il prologo inquadra e dà senso ai dieci comandamenti che, nella seconda parte, sono commentati uno per uno. Auspico solo che, come ci raccomanda Giovanni Paolo II nell'omelia con la quale inizio questo prologo, ascoltiamo Maria, la Chiesa, che ci dice: "Fate quello che vi dirà" (Gv 2,5). Facendo ciò che Egli ci dirà sperimenteremo la gioia del "vino nuovo e migliore" del Vangelo, che ci manca e col quale sarà saziata la nostra sete di Dio, di Verità, di Luce, di Libertà, di Vita.
"Avevo appena poche settimane. Quante? Non lo so. Le ricordi tu? Probabilmente dodici. E annunciai la mia presenza... Sai perché mamma tu mi pensi, anche se non nomini mai il mio nome? Perché io vivo in te. Nei tuoi ricordi? Certamente. Ma non solo nel tuo ricordo, mammina mia. Sono presente in te, nel tuo corpo, con le mie cellule. Tra me e te, mammina bella, c'è un legame biologico che terremo unito fino a quando tu sarai viva su questo pianeta. Io sono mescolato in te."
Susanna Bo non è soltanto autrice di una storia autobiografica come tante, ma è - a differenza di molti che raccontano se stessi in versi o in prosa - una scrittrice con un suo stile e una vocazione narrativa molto forte, grazie a cui sa ben dosare gli elementi del racconto per spingere il lettore alle risa e alle lacrime, a volte nello stesso tempo, e ad alzare lo sguardo. Questa è una "storia vera" e però è allo stesso tempo un "romanzo", con una sua struttura che man mano si è imposta alla spontaneità diaristica e ubbidisce allo statuto narrativo proprio del genere letterario, grazie a una scansione degli avvenimenti non solo cronologica. Al suo interno campeggiano i due protagonisti: Susi, "la brava ragazza" tutta casa e chiesa ma insofferente degli stereotipi, inguaribilmente ironica e autoironica; Luigi, "l'ateo", più esperto di discoteche che di chiese, l'ingegnere di poche parole che diventerà l'amore della sua vita e la guida, anche per lei, nel condurre la sua e la loro "buona battaglia"; intorno si muovono altri personaggi reali, l'amico di infanzia, le giovani coppie, i genitori: e lo sfondo è - per quanto volutamente sfumato - una piccola città di provincia a forte vocazione turistica, inquadrata con la sua riviera da un obiettivo che non è quello del turista.
Un testo di teologia della Croce.
Un nuovo Lezionario Festivo per la Santa Messa, per l'anno liturgico B. Con Nuova Traduzione CEI -UELCI 2008.
C'è una ragazza, un po' noir, che viene presentata nell'atto di salire al piano di sopra per impiccarsi; c'è un demonio geloso che uccide tutti gli aspiranti mariti fin dalla prima notte, solo che tentino di unirsi a lei; c'è un angelo in incognito, che accompagna un giovanotto, partito per una missione finanziaria, ma condotto alla fine a fare ben altro e ben di più; c'è un pesce prodigioso che contiene virtù terapeutiche che si riveleranno cruciali. Insomma parrebbe una favola, il libro di Tobia, ma una favola non è, anzi si può dire che è un piccolo manuale di vita cristiana, con quel suo pesce misterioso (ichthùs), che ha in sé il potere di guarire "ogni malattia ed infermità tra il popolo" (Mt 9,35). Un pesce che guarisce persino il matrimonio! Certamente la cosa più inguaribile che ci sia...un po' "come il cuore" (Ger 17,9), del resto.
"Ho iniziato a studiare, seppur in piccola parte, il mio credo religioso, avvicinandomi, principalmente, ad alcuni scritti proposti dal Magistero (il primo interprete della Parola di Dio, scritta o trasmessa), con l'intento preciso di capire verso quale direzione si stia incamminando il cristianesimo nel nostro ambiente sociale. Mediante questo volumetto, agile e altamente divulgativo ho inteso predisporre un breve (ma "robusto") itinerario di lavoro utile per tutti coloro che intendono capire se la fede che informa la loro quotidianità è in sintonia con ciò che, almeno in parte, il Magistero insegna."
Elia oggi è vivo. Si rende presente nella nostra storia. Ognuno degli déi della mitologia è forse un simbolo, ma è morto senza aver vissuto. Elia, come Isaia o qualunque profeta della Scrittura, è una voce, vive per sempre, le sue parole risuonano dentro di noi oggi. Elia è una persona viva e non una semplice immagine. È "un uomo come noi" (Gc 5,17). Perciò ha una parola che trasmettiamo infondendola nell'intimo del nostro essere. Quando Dio decise di chiamare a sé il suo profeta, lo rapì in un turbine di fuoco. Eliseo e anche i giovani discepoli dei profeti sapevano che era giunto il giorno della dipartita di Elia. Ne parlavano tra loro con sussurri. Ma accadde improvvisamente; mentre Elia e il suo servo e discepolo camminavano, scambiando qualche parola tra una pausa di silenzio e l'altra, un carro di fuoco, con cavalli di fuoco, si interpose tra loro ed Elia scomparve. Era successo tutto in un batter d?occhi. Eliseo guardava e guardava e d'improvviso si vide solo. Il suo maestro lo aveva abbandonato, salendo in cielo tra fiamme. Dalla sua gola sgorgò, incontrollabile, un grido di dolore: "Padre mio! Padre mio!"...
Con questo libro l'Autore cerca di motivare i sacerdoti, responsabili di presiedere la celebrazione eucaristica, affinchè celebrino adeguatamente, compiano i gesti sacri e pronuncino le parole sante con devozione e rispetto.
Il volume che presentiamo, dal significativo titolo, non vuole essere un libro teorico, nè si tratta di una esposizione completa sull'Eucaristia. L'Autore cerca coraggiosamente di stimolare e motivare i sacerdoti, responsabili di presiedere la celebrazione eucaristica. Parla dell'Eucaristia "che il Signore ci ha comandato di celebrare". Essa è il suo testamento, la sua eredità, la sua memoria.
«Da tempo la cultura si è distaccata dall’orizzonte delle riflessioni e delle intuizioni radicate nei percorsi filosofici profondi, stimolanti e a volte provocatori che, per Hegel, rappresentavano la «coscienza del proprio tempo». Sembra che il dramma della filosofia contemporanea consista proprio nella perdita della sua vocazione alta, che riassume in sé e condensa le interrogazioni, le aspirazioni, le questioni che costantemente si pone l’uomo nelle diverse epoche storiche, confrontandosi anche con le grandi elaborazioni teologiche... Indubbiamente una di tali questioni riguarda l’“annuncio” del messaggio evangelico e le difficoltà che l’uomo incontra per la sua comprensione. La funzione dell’ermeneutica veritativa in teologia fondamentale di Ireneusz Wojciech Korzeniowski costituisce un tentativo di recupero di questa dimensione smarrita, “coscienziale” della filosofia, intesa come arte nobile del pensare critico. Si tratta della sfida di ritrovare l’orizzonte perduto della verità, considerata ormai la grande assente della cultura contemporanea con evidenti, gravi conseguenze per lo stesso annuncio evangelico e per la fondazione epistemologica del sapere teologico... Questo impegno di vari illustri pensatori necessita ora sia di una nuova lettura sia di un ampliamento, affinché la teologia possa riaffermare il suo carattere vivo e stimolante, senza perdere il compito fondamentale di ricercare la verità nella sua dimensione trascendente. Ecco perché il contributo di Ireneusz Korzeniowski si presenta come un interessante tentativo di indagine interdisciplinare. In esso, tramite la mediazione dell’ermeneutica veritativa, si compie la possibilità di un incontro tra teologia e filosofia, riannodando i loro rapporti come suggeriva la Fides et ratio. Si mostra, così, la via per una nuova fondazione della “credibilità” della Rivelazione nell’odierno contesto culturale».
S.E. Gianfranco Card. Ravasi
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
«...l’attuale rapporto tra fede e ragione richiede un attento sforzo di discernimento, perché sia la ragione che la fede si sono impoverite e sono divenute deboli l’una di fronte al-l’altra. La ragione, priva dell’apporto della Rivelazione, ha percorso sentieri laterali che rischiano di fare perdere di vista la sua meta finale. La fede, priva della ragione, ha sottolineato il sentimento e l’esperienza, correndo il rischio di non essere più una proposta universale. È illusorio pensare che la fede, dinanzi a una ragione debole, abbia maggior incisività; essa, al contrario, cade nel grave pericolo di essere ridotta a mito o superstizione. Alla stessa stregua, una ragione che non abbia dinanzi una fede adulta non è provocata a puntare lo sguardo sulla novità e radicalità dell’essere» (FR n. 48).
Uno studio come il presente, potrebbe aiutare a ricomporre una visione unitaria per consentire un rinnovato rapporto tra fede e ragione. Esso è tanto più urgente quanto più cresce e si impone una forma di scienza che individua la verità solo per via sperimentale. Proprio questa provocazione che evidenzia il limite, dovrebbe aiutare filosofia e teologia a ritrovare un cammino comune dopo i “sentieri interrotti” e a restituire la passione per la verità e il desiderio di ricerca ancora una volta trovata.
S. E. Rev.ma Mons. Rino Fisichella
Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione