
La narrativa cinese del Novecento ha incarnato tutte le sfide e le contraddizioni della modernità. Eletta a genere letterario più rappresentativo all'inizio del secolo, ne ha attraversato i tumultuosi mutamenti intrecciando suggestioni occidentali ed elementi stilistici e filosofici della tradizione. Il volume propone un percorso storico e tematico analizzando in profondità gli autori e i testi che hanno contribuito fino ai nostri giorni alla creazione di un universo letterario unico e innovativo. Particolare attenzione viene posta sulle idee, il linguaggio e lo stile che caratterizzano gli autori del Novecento cinese, da Lu Xun a Wang Shuo, da Zhang Ailing a Mo Yan. La complessa commistione e la contrapposizione tra arte e ideologia che convivono nella loro narrativa rivelano anche la complessità dell'interazione tra correnti, movimenti e istanze dei singoli scrittori e scrittrici con una società cinese in continua trasformazione, e il fascino di scritture lontane ma sempre in dialogo con il mondo.
La forza smisurata che le attività umane esercitano oggi sulla natura è in grado di cambiare la composizione delle rocce, il clima, gli ambienti e i paesaggi del pianeta. Tutto questo riguarda direttamente le relazioni tra natura e società umane, l'uso delle risorse naturali, i modi in cui pensiamo e rappresentiamo il sistema Terra e quelli in cui cerchiamo di trasformarne i territori: il cuore dello studio della geografia. Il volume approfondisce tre questioni. La prima è l'introduzione del concetto di Antropocene nel campo degli studi geografici: una SDA che apre per la geografia un affascinante percorso di interazione con altri metodi d'indagine, linguaggi e campi disciplinari. La seconda è la messa alla prova della capacità della geografia di contribuire in modo originale alla comprensione dell'Antropocene. La terza è la riflessione su come l'Antropocene possa a sua volta cambiare la geografia, innovando le idee e i metodi con cui la Terra e le relazioni tra uomo e natura vengono indagate e rappresentate.
Nel giudizio unanime degli ultimi cinque secoli le edizioni di Aldo Manuzio (1451 ca.-1515) si considerano la massima realizzazione della tipografia rinascimentale. Da un lato, i suoi testi diffusero i valori dell'Umanesimo italiano, costruendo, secondo una famosa frase di Erasmo, una «biblioteca senza pareti»; dall'altro, egli trasformò la natura stessa della comunicazione con innovazioni che si utilizzano ancora oggi, introducendo la forma moderna della virgola e il segno del punto e virgola, nonché il carattere corsivo e la rivoluzione grafica della mise-en-page. Il volume raccoglie la traduzione della monografia di Martin Davies apparsa nel 1995, aggiornata per questa edizione, e due saggi di Neil Harris, che presentano analisi, talvolta speculari, della figura di Manuzio come umanista, tipografo, editore e mito. Il libro è riccamente illustrato con esempi tratti dall'intera produzione aldina, fra cui i tre cataloghi di vendita pubblicati in vita.
Dopo il secolo della chimica e quello della fisica stiamo vivendo nel millennio delle scienze della vita, della biologia. Icona di questo periodo è un’affascinante doppia elica di straordinaria bellezza: il DNA. Dalla descrizione del vivente alla sua sintesi, dalla rivoluzione genomica ai test genetici diretti al consumatore, tutte le scienze (filosofia, giurisprudenza, economia, medicina) ne sono rivoluzionate. Le applicazioni biotecnologiche del DNA sono capaci di cambiare la prospettiva di che cosa sia umano.
Giustiniano (482-565) è il più noto imperatore di Bisanzio. Originario dell’Illirico, percorse una brillante carriera pubblica fino a salire al trono nel 527 assieme alla famosa consorte, Teodora. Il nuovo sovrano di Bisanzio si sentiva profondamente romano e si ripropose di attuare alcuni obiettivi che cambiarono profondamente l’assetto del suo impero, riformandolo dall’interno, raccogliendo in modo sistematico il diritto romano ed eliminando ogni forma di dissidenza religiosa. Riconquistò poi almeno in parte i territori già appartenuti a Roma e caduti nel V secolo sotto il dominio dei barbari. Il libro restituisce la complessità della sua figura e del suo potere al centro delle crisi militari, demografiche, politiche e teologiche che agitarono l’Impero romano d’Oriente in età tardoantica.
Negli ultimi anni si è affermata l'idea che per i bambini sia importante confrontarsi con il ragionamento filosofico e il pensiero critico. Meno frequente, invece, è la considerazione se e in quale misura questo incontro sia rilevante per la stessa filosofia. Il libro è una riflessione che mostra quanto sia prezioso, per la filosofia, parlare con i bambini. Quando fa il suo ingresso in una classe di scuola elementare, la filosofia si rimette in gioco, spogliandosi dell'apparato terminologico, specialistico e autoreferenziale che spesso la caratterizza tanto nei dibattiti accademici quanto nei manuali scolastici. Raccontandosi ai bambini e ascoltando le loro domande acute e spregiudicate, la filosofia torna a parlare il linguaggio delle idee da cui è nata e a contemplare la realtà con quello sguardo meravigliato che condivide con il mondo dell'infanzia.
La letteratura per l'infanzia è un fenomeno culturale molto complesso. Repertorio e canone di caratteri, situazioni, paesaggi, oggetti e simboli, comportamenti e sentimenti, mare magnum di modelli e di anti-modelli, questo comparto della produzione editoriale contemporanea sembra alimentarsi di processi creativi decisamente antinomici. Un atteggiamento culturale e politico che, da sempre, caratterizza l'operato delle avanguardie artistiche. La letteratura per l'infanzia, infatti, non perde mai di vista le possibilità divergenti e convergenti della creatività umana, utilizzando generi e linguaggi, tecniche e stili diversi, rivolgendosi paradossalmente a tutte le età della vita, coltivando un rapporto intelligente e disinvolto con la tradizione e con le fantasie futuribili, senza mai tradire il diritto-dovere di incidere sul contemporaneo. Sulla base di un'analisi centrata sulla categoria della complessità, il volume ripercorre i tratti dominanti della letteratura per bambini e adolescenti pubblicata in Italia nell'ultimo trentennio.
Il Vangelo secondo Tommaso è uno dei testi protocristiani più affascinanti ed enigmatici, nonché il più studiato tra i vangeli non canonizzati. Raccoglie infatti centoquattordici detti attribuiti a Gesù, diversi dei quali senza paralleli canonici, il che lo rende una fonte importantissima per la conoscenza delle origini cristiane. Invitando a una sfida ermeneutica, il cosiddetto "quinto vangelo" afferma che chi troverà l'interpretazione delle «parole segrete» di Gesù in esso contenute «non gusterà la morte». Questo volume ne offre un'aggiornata, completa e al contempo sintetica presentazione storico-religiosa, filologica ed esegetica, nonché una nuova traduzione condotta sui frammenti greci e sul testo copto. Il lettore italiano ha così a disposizione, in un unico libro, sia il testo sia una sua approfondita contestualizzazione e interpretazione.
L’Apocrifo di Giovanni, trasmesso da quattro codici in lingua copta, tre dei quali rinvenuti presso Nag Hammadi nel 1945 insieme ad altre opere di carattere gnostico e ascetico, riveste un ruolo di primaria importanza per la comprensione e l'autopercezione del cristianesimo dei primi secoli. Esso rappresenta infatti un punto di accesso privilegiato all'esperienza protocristiana, schiudendo un orizzonte straordinariamente ricco di raffinata speculazione mistica e di autentica, gelosa, ruvida fedeltà all'insegnamento di Cristo, e determinando in profondità lo sviluppo della razionalità occidentale. Il volume introduce a tale complessa e affascinante narrazione evangelica e alla ramificata tradizione testuale che ne è derivata, affrontando tutti i principali aspetti –teologici, storici, filologici e filosofici – che da esse emergono, e presenta una nuova traduzione italiana condotta sul testo copto, così da offrire al lettore uno strumento aggiornato e approfondito per la piena comprensione dell’opera.
Uno dei più raffinati maestri del pensiero contemporaneo, l’economista premio Nobel Amartya Sen, ha dedicato la sua attenzione, sin dalle prime opere, a ricostruire i capisaldi della disciplina economica intesa come “scienza dello statista e del legislatore”. Si tratta di un orizzonte etico prima ancora che politico che affonda le sue radici nei capolavori del padre dell’economia moderna Adam Smith: Teoria dei sentimenti morali e La ricchezza delle nazioni. In una prospettiva teorica che si richiama ai classici del pensiero politico antico e moderno – da Aristotele a John Stuart Mill, da Karl Marx a John Rawls, da Samuel Huntington a Martha Nussbaum, passando per gli indiani Ashoka, Gandhi e Tagore – prende vita la critica di Sen nei confronti dell’attuale concetto di PIL, considerato quale unico indicatore della ricchezza economica. Il libro evidenzia, infatti, come per l’economista indiano la ricchezza sia rappresentata principalmente dall’umanesimo dei valori e dall’impegno dei governi per promuovere benessere e capacità individuali, in un dialogo appassionato che può unire, anziché dividere, le tradizioni culturali del mondo di oggi.