
È la prima edizione italiana moderna di un classico della spiritualità del Cinquecento (la precedente traduzione risale al 1769). L’autore, semplice sacerdote diocesano, consigliere di santa Teresa d’ávila, di sant’Ignazio di Loyola, di san Pietro d’Alcantara, incorse nei rigori dell’Inquisizione per la prima edizione di quest’opera, pubblicata a sua insaputa nel 1556. Ripubblicata nel 1574 nell’edizione emendata dall’autore, a cinque anni dalla sua morte, Audi, filia (che prende il titolo dal Salmo 45, 11-12, «Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio...») raccoglie i consigli spirituali rivolti alla giovanissima discepola Sancha Carrillo. È un trattato di ascetica cristiana, su come resistere alle tentazioni, sulla vita di orazione, sull’umiltà e sull’identificazione con Cristo, che attraversa intatto i secoli con la forza della dottrina e dell’esperienza vissuta.
“Come bisogna andare a Dio? Amico mio,
diritti come una palla di schioppo”
“Fra poco, figli miei, quando io terrò Nostro Signore tra le mie mani, quando Egli vi benedirà, domandategli che vi apra gli occhi del cuore,
ditegli, come il cieco di Gerico: «Signore, fate che io veda!»,
e otterrete di certo quello che desiderate, poiché Egli vuole solo
il vostro bene. Ha le mani colme di grazie,
e cerca solo di distribuirle, ma nessuno le vuole”
San Giovanni Maria Vianney
In queste pagine si leva alta la voce del santo Curato d’Ars: le omelie, le orazioni, i catechismi, ma anche le conversazioni, le sue citazioni preferite e gli incoraggiamenti fraterni, rivivono così come sono stati raccolti in presa diretta dall’abbé Alfred Monnin, sacerdote della diocesi di Belley che ebbe la fortuna di conoscere direttamente Jean Marie Vianney, di cui fu ospite, divenendone discepolo e amico. Esprit du Curé d’Ars uscì infatti in prima edizione francese, con l’autorizzazione del vescovo di Belley, il 4 agosto 1864, nel quarto anniversario della morte del santo, e da allora è considerato «il suo libro».
Patrono dei parroci, patrono di tutti i sacerdoti del mondo, san Giovanni Maria Vianney spese interamente la sua missione terrena dividendosi fra la celebrazione dell’Eucaristia, l’adorazione davanti al tabernacolo, e l’ascolto dei penitenti nel confessionale, dove negli ultimi tempi passò fino a 17 ore al giorno. Del resto ad Ars si presentavano ogni anno per confessarsi circa 100 mila pellegrini provenienti anche d’oltre confine e Vianney voleva tutti ricevere. Di lui veramente si può dire che non avesse altra preoccupazione al di fuori della salvezza delle anime.
Giovanni Paolo II, che lesse e consigliò questo libro, definì Vianney «un rivoluzionario, sullo sfondo della laicizzazione e dell’anticlericalismo del XIX secolo» e un grandissimo santo, perché nelle molteplici conversioni e guarigioni attribuite alla sua intercessione si è manifestata «la potenza della grazia che agisce nella povertà dei mezzi umani». E l’attuale Pontefice, nell’indire nel 2008 l’anno sacerdotale, l’ha indicato come il modello da seguire, per aver vissuto il suo ministero nella piena comprensione che «Dio è la sola ricchezza che gli uomini desiderano trovare in un sacerdote». «Il presente testo», ha scritto don Michele Dolz nella Prefazione, «potrà aiutare, dalla viva voce del santo Curato, a comprendere meglio il suo stile e a imitarlo».
Di Alfred Monnin esiste anche una pregevole Vie de M. Jean Marie Vianney, pubblicata nel 1861. Da essa si è tratto spunto per la biografia breve del santo curato che completa il volume.
In queste pagine Michelangelo Peláez offre il compendio di alcune virtù etiche – giustizia, sincerità, fedeltà e altre ancora – imprescindibili nell’esercizio dell’attività medico-sanitaria, ma altresì in ogni altra professione. Rendere umana la scienza volgendone gli esiti al bene della persona è necessità sempre più avvertita nel mondo della ricerca e trasmissione dei saperi, in special modo nelle istituzioni universitarie. Queste riflessioni sono nate dall’attività dell’autore come docente di Etica presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma. La Presentazione è del prof. Elvio Covino, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia nell’ateneo romano.
Michelangelo Peláez (Zamora, Spagna, 1930), laureato in Giurisprudenza (Salamanca 1953) e in Diritto canonico (Università Pontificia San Tommaso 1955), è stato ordinato sacerdote alla fine del 1955 e da allora risiede in Italia, dove ha svolto in varie città il suo ministero sacerdotale e contemporaneamente coltivato gli studi etico-giuridici. Dal 1994 è docente di Etica presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, dove ha fondato e diretto il Dipartimento di Antropologia ed Etica applicata; è stato il primo Presidente del Comitato Etico di questa Università. Tra le sue pubblicazioni si segnalano: Introduzione allo studio della criminologia (Giuffrè 1960), Etica, professioni & virtù (Ares 2009), L’arte di vivere bene (Ares 2007), Studi 1960-2003 (Ares 2009).
«L’eminente figlia d’Israele e figlia fedele della Chiesa». Con queste parole Giovanni Paolo II, l’11 ottobre 1998, sintetizzava la luminosa figura di Edith Stein (1891-1942), che doveva poi annoverare tra le patrone d’Europa, accanto a Brigida di Svezia e a Caterina da Siena. Della santa martire carmelitana, allieva di Husserl e tra i protagonisti della cultura filosofica e teologica del secolo scorso, Francesco Salvarani ha delineato con cura
e partecipazione la vicenda biografica, mettendo in evidenza l’intensa relazione tra produzione filosofica ed esperienza di vita. Emerge il profilo di una donna forte, moderna e coraggiosa, ma, nello stesso tempo, ricchissima di umanità. Restano impresse nella memoria le pagine che ci restituiscono gli snodi del suo percorso: gli anni dell’infanzia, la dedizione come
crocerossina durante la Prima guerra mondiale, la passione
per la verità, gli studi filosofici dalla fenomenologia al pensiero di san Tommaso, la gioia purissima della conversione, l’entrata nel Carmelo, il dramma della prigionia fino al sacrificio,
insieme alla sorella Rose, nel lager di Auschwitz.
Nella Postfazione Angela Ales Bello, dell’Università Lateranense di Roma, sviluppa alcuni aspetti del profilo
intellettuale della santa, di cui la professoressa Ales Bello
è riconosciuta interprete internazionale.
Francesco Salvarani è nato a Pratissolo di Scandiano (Reggio Emilia) il 19 gennaio 1926. È stato ordinato sacerdote il 29 giugno del 1949 nella cattedrale di Reggio Emilia. Ha insegnato Lettere nel seminario di quella città dal 1952 al 1972, mentre dal 1972 al 2006 è stato docente di Filosofia presso l’Istituto diocesano di Scienze Religiose.
Ha dedicato vent’anni allo studio di Edith Stein. Questo è il suo primo libro.
A distanza di sette anni ritorna questo volume in nuova veste, riveduta e ampliata. Gli avvenimenti dell’11 settembre 2001, che avevano gettato ombre angosciose sul futuro dell’umanità, non sono stati dimenticati (non del tutto, per lo meno) e non hanno perduto uno iota del loro valore storico, nonostante la smemoratezza e l’incoscienza dell’Occidente. Nella loro cifra simbolica gli attentati di al Qaeda, condotti in luoghi ove era inimmaginabile potessero accadere, recano ancora un secco, ma significativo messaggio: la forma di vita occidentale divenuta egemone sull’intera Terra può essere vinta attraverso la guerra del terrore, odierna modalità di quel duro conflitto che per secoli oppose (e oppone) cristiani e musulmani in Europa, Asia e Africa. Di questo conflitto Alberto Leoni narra la storia dalle guerre arabo-bizantine ai giorni nostri, situando il confronto militare e le relative operazioni belliche (battaglie, assedi, strategie) entro i sistemi di valori propri delle civiltà islamica e cristiana e rendendo, in pari tempo, contemporaneo un passato con troppa faciloneria rimosso per convinzioni ireniche o per opportunismo politico. Emerge da queste pagine una verità incontrovertibile, che l’asfittica e provinciale storiografia italiana non ha mai adeguatamente sottolineato, preferendo i Masaniello ai Giovanni da Capistrano o agli Eugenio di Savoia: i popoli cristiani d’Europa (in particolare quelli cattolici) hanno combattuto guerre sanguinosissime e feroci contro l’Islàm per non perdere la propria identità e difendere, con la fede, la libertà e la dignità della persona a vantaggio dell’Occidente e dell’umanità tutta. La presente edizione accoglie un’appendice che attualizza quei conflitti e fa comprendere come, rispetto al 2001, la situazione mondiale sia addirittura peggiorata. La sfida dell’Islam fondamentalista all’Occidente continua.
Come i cinque precedenti volumi (2004, 2005, 2006, 2007 e 2008) di successo, Scegliere un film 2009 è uno strumento ideale sia per genitori che vogliono scegliere un film da godere in famiglia sia per chi organizza cineforum, soprattutto in contesti educativi (scuole, gruppi giovanili, associazioni...). Ma anche studiosi e professionisti dell’audiovisivo e i semplici appassionati potranno trovare uno sguardo acuto, intelligente e originale per comprendere a fondo i film analizzati. Il volume raccoglie infatti i circa 160 titoli considerati più significativi fra quelli usciti da giugno 2008 a maggio 2009. Le recensioni, firmate da giovani e brillanti professionisti dei media (sceneggiatori, story editors, studiosi), privilegiano la componente narrativa: il tipo di storia raccontata, i personaggi e i valori di cui si fa portatrice, con una valutazione che tiene in primo piano le componenti etico-antropologiche del film.
Per rendere la consultazione più rapida e immediata, a ogni film è stato attribuito un voto in stelline, da una a cinque. Il voto non è per cinefili, ma per un pubblico di persone «normali», ed è il frutto di un giudizio complessivo che tiene conto dei pregi estetici, ma soprattutto contenutistici.
Curatori: Armando Fumagalli e Luisa Cotta Ramosino
Recensioni di: Francesco Arlanch, Paolo Braga, Raffaele Chiarulli, Laura Cotta Ramosino, Alessandro D'Avenia, Chiara Ferla Lodigiani, Ilaria Giudici, Cecilia Spera, Chiara Toffoletto, Andrea Valagussa.
Anna e Giovanni Rimoldi, entrambi insegnanti, consegnano in queste pagine il frutto della loro passione educativa, stimolata dal ricordo sempre vivo della figlia Maria Gabriella (scomparsa dopo soli cento giorni di vita) ed espressa in decenni di confronto con gli studenti: è infatti la stessa realtà, con la sua drammaticità e (perché no?) con il suo stupore, che interroga la ragione, corroborata dalla fede, sul perché qualunque vita, fin dal concepimento, debba essere accolta con amore.
«Stupisce che a insegnare così», osserva Marina Corradi nella Presentazione, «siano un uomo e una donna che sono stati padre e madre per cento giorni di una bambina lungamente attesa, e così brevemente vissuta. Come se la loro sapienza, lo sguardo autenticamente profondo, fosse stato generato da quel dolore e da quell’amore. Come disse Emmanuel Mounier commentando il destino della sua bambina malata, “Siamo stati visitati da una grande grazia”». Piccola, grande storia che s’incrocia con quelle dei cinquecento bambini salvati dal Centro di Aiuto alla Vita di Busto Arsizio, dove gli autori prestano opera di volontariato.
I «quadri» raccolti in questo libro costituiscono anche il contenuto della mostra itinerante «Un grande sì alla vita» organizzata dal Centro di Aiuto alla Vita di Busto Arsizio nel ventennale di fondazione.
Anna Puricelli Rimoldi, laureata in Pedagogia, insegna nelle scuole medie. Giovanni Rimoldi, laureato in Filosofia e in Psicologia, è insegnante di liceo. Insieme hanno pubblicato per Ares Cento giorni nell’eternità. Alla ricerca del senso della vita, dedicato alla loro figlia, Maria Gabriella.
La dimensione estetica è essenziale nella vita umana. A detta di Dostoevskij (I demoni), la bellezza è «il vero frutto dell’umanità intera e, forse, il frutto più alto che mai possa essere». «Quale bellezza salverà il mondo?», si chiede allora lo scrittore russo nell’Idiota. Attraversando la storia dell’estetica dalla sua concezione antica, «interrogando – come scrive Stefano Zecchi in Prefazione – la tradizione e testimoniandola nella nostra contemporaneità con potente vigore, questo libro coraggioso» giunge alle conclusioni che furono di Charles Moeller in Saggezza greca e paradosso cristiano: la bellezza dell’arte su questa Terra è superata dalla bellezza dei santi, quindi dell’uomo, che di Dio è immagine. «La gloria di Dio è l’uomo vivente», aveva affermato prima di lui icasticamente sant’Ireneo. Il percorso del volume investe i campi artistici letterario (Iacopone, Dante, Petrarca, Tasso, Shakespeare, Manzoni, Dostoevskji, Zola, Peguy, Wilde, Ungaretti...), figurativo (Michelangelo, Raffaello e tanti altri fino a oggi) e quello filosofico (Platone, Aristotele, san Tommaso, Kant, Croce...) sorpresi sotto la luce portata dal fatto cristiano. «Presi per mano dall’autore – commenta sr. Maria Gloria Riva in Postfazione – apriamo gli occhi su quel brutto a cui ci siamo abituati e che sta diventando categoria di giudizio e veniamo pian piano istradati dentro quella via pulchritudinis che davvero rappresenta l’urgenza educativa del nostro tempo».
Saggio rosa autobiografico che, traendo spunto dal brano del Qoélet noto ai più come «C’è un tempo per ogni cosa», ne dipana i contenuti in una riflessione sulla vita. In un percorso delicato, ironico e infarcito di sano pragmatismo femminile, l’autrice conduce alla valorizzazione dell’esistenza nella sua declinazione quotidiana, attraverso il racconto fresco e coinvolgente della sua esperienza di giovane moglie, madre e lavoratrice. Lo scorrere del tempo è la presa di coscienza che a ogni momento della vita è associata una diversa realizzazione. I desideri cambiano, le persone maturano, qualcuno nasce e qualcun altro muore: in tutto questo c’è un significato e una bellezza da scoprire. A ogni età corrisponde la sua soddisfazione, a ogni passo verso la maturità, un obiettivo. E se il tempo corre via, restano le riflessioni a 360 gradi sul come e con chi se ne è andato: dal marito che si crede di conoscere, ai figli che si cerca di non «rovinare». Dalla ricerca di senso in una giornata storta, al retrogusto di ciò che ci lasciamo alle spalle spegnendo la luce la sera. E se anche sembra che alla fine qualcosa non quadri, niente fretta: «C’è un tempo per ogni cosa».
Marcella Manghi Catania è laureata in Matematica e si occupa di editing digitale. Nata a Parma nel 1975, ora vive a Milano con il marito e tre figli. Questo è il suo primo libro.
«...Lo scriviamo assieme! Facciamo nell’arco finale della vita quello che avremmo dovuto fare nel 1970». Con queste parole don Gianni mi disse di getto che avremmo scritto assieme quel libro su Dossetti di cui gli avevo appena sottoposta una traccia sommaria. Nasce così il volume che avete tra le mani, frutto di un comune, appassionante, continuo lavoro di approfondimento, confronto e verifica che mi ha reso possibile essergli particolarmente vicino nell’ultimo scorcio della sua vita. Il volume è articolato su due testi – Costituzione & politica e Dossetti, il monaco «Principe» – la cui logica è, tuttavia, assolutamente unitaria. L’impianto di lettura del dossettismo, già impostato da don Gianni nei suoi indimenticabili volumi sulla storia della Dc, è punto di riferimento dominante e i due saggi si presuppongono e arricchiscono vicendevolmente. Al tempo stesso, vi è molto di nuovo nella «biografia politico-culturale» tracciata nelle pagine di Dossetti, il monaco «Principe» perché vengono messi a fuoco e documentati aspetti, scenari e connessioni di pensiero della seconda fase del dossettismo ancora inesplorati: il concetto di Costituzione come fondazione della legittimità della politica, le radici dell’«antiberlusconismo», il rapporto del dossettismo con la «cultura giustizialista» e con l’affermarsi della sua egemonia sulla sinistra. Anche su queste novità don Gianni struttura l’analisi lucida e profetica, ma inesorabile, che possiamo leggere in Costituzione & politica: pagine da lui scritte con entusiasmo e rigore, ma con grande sofferenza, per l’affetto e il rispetto che nutriva nei confronti del vecchio amico, pur nella critica radicale del suo pensiero.

