«Questo principio – cioè che il lavoro non è una merce qualsiasi, che la dignità della persona umana del lavoratore è un criterio di valutazione giuridica prevalente sulla considerazione economica del lavoro come fattore della produzione – a noi sembra molto semplice e intuitivo, ma all’epoca della “Rerum novarum” era un principio rivoluzionario, perché si poneva in contrasto col concetto di libertà su cui era fondata la società uscita dal rivolgimento del 1789, e di esso postulava una radicale modificazione. L’avere rivendicato questo principio al sistema dei valori cristiani, l’averlo formulato come principio di progresso sociale, e non di violenta distruzione dell’ordine esistente, tale fu l’opera della “Rerum novarum”».
«La preoccupazione centrale del Pontefice (Giovanni Paolo II), profondamente radicata nella teologia e nell’antropologia bibliche, è che l’uomo produttore non perda il contatto con l’uomo sapienziale: senza la sapienza l’uomo è “incapace di comprendere la giustizia”. Un tempo l’homo faber e l’homo sapiens (nel senso etimologico di “assaporatore”, ossia dotato della sensibilità ai valori) erano uniti; nella società moderna tendono a separarsi perché la forma di pensiero del primo è divenuta radicalmente diversa».
Gli studi raccolti in questo volume testimoniano l’impegno del professor Luigi Mengoni nell’indagine diretta della dottrina sociale della Chiesa, condotta con il rigoroso metodo del maestro di Diritto e di attento osservatore della realtà sociale. La pubblicazione intende offrire ai giovani e agli studiosi di scienze umane e sociali un primo approccio all’elaborazione etico-culturale di questo esemplare studioso del Novecento, anche come sollecitazione a scoprire e visitare l’opera scientifica complessiva.
Luigi Mengoni (Trento 1922 - Milano 2001) è stato Professore Emerito di Diritto civile nell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove ha insegnato anche Diritto del lavoro, e Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale. Tra la sua vasta produzione scientifica vanno ricordati i volumi: Diritto e valori (1985), Ermeneutica e Dogmatica giuridica. Saggi (1996), Il contratto di lavoro (Vita e Pensiero, Milano 2004).
Mario Napoli è Professore Ordinario di Diritto del lavoro nell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Per Vita e Pensiero ha curato Costituzione, lavoro, pluralismo sociale (Milano, 1998); Principio di sussidiarietà, Europa, Stato sociale (Milano, 2003); Lavoro, mercato, valori (Milano, 2003); La professionalità (Milano, 2004).
Spinoza affermava che l’eccellenza è tanto difficile quanto rara: e, tuttavia, proprio all’eccellenza – obiettivo arduo da raggiungere – dovrebbe tendere, secondo Matthew Lipman, l’istituzione più diffusa a livello mondiale, la scuola.
Tale obiettivo può essere perseguito sviluppando nei giovani la componente riflessiva del pensiero. Il pensiero è eccellente quando si conforma alle rigorose leggi della razionalità (pensiero critico); lo è anche quando conserva e sviluppa lo stupore della scoperta, utilizzando appieno la forza dell’immaginazione (pensiero creativo); e quando non teme, ma riconosce la potenza delle emozioni che influenzano ogni scelta, decisione e giudizio (pensiero caring). Per nutrire e affinare il pensiero Lipman auspica, tra l’altro, che l’insegnamento della filosofia sia esteso a tutti gli ordini scolastici, non solo perché esso orienta a scoprire la multidimensionalità intrinseca al pensiero stesso, ma anche perché addestra a esercitarla in un contesto comunitario, imponendo il confronto tra le proprie e le altrui conquiste, i propri e gli altrui errori.
Questo saggio – ormai un classico delle scienze dell’educazione – offre agli educatori metodi e strategie per coltivare negli studenti tale visione unitaria e, insieme, articolata del pensiero: proposta che acquista oggi particolare rilievo in un contesto culturale tendente piuttosto a enfatizzare approcci eccessivamente emozionali alla realtà. La scuola può così divenire luogo in cui si forma e si esercita uno stile di ricerca dinamico e innovativo, in grado di abilitare alla comprensione di una società sempre più complessa.
Matthew Lipman ha insegnato alla Columbia University (New York) e attualmente è docente di filosofia alla Montclair State University (New Jersey) dove dirige l’Institute for the Advancement of Philosophy for Children e l’Institute for Critical Thinking. Collaboratore dell’Unesco, ha ideato il curricolo di Philosophy for Children. Tra le sue pubblicazioni tradotte in italiano: Il prisma dei perché (Roma 1992); Stupirsi di fronte al mondo. Ragionare sulla natura. Manuale di «Kio e Gus» (Napoli 2000); Elfie. Mettiamo insieme i pensieri (con Ann Gazzard, Napoli 2000); Pixie. Alla ricerca dei significati (Napoli 2000); Mark. L’indagine sociale (con Ann Margaret Sharp, Napoli 2004).
La Regola d’oro («Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te» o, in positivo, «Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te») merita oggi un’attenzione filosofica particolare, anche se si tratta di un’intuizione sapienziale, innanzi tutto, e non di un principio teorico, più o meno raffinato nella sua formulazione. L’intuizione sapienziale ha in questo caso il grande vantaggio di esprimersi genialmente intorno al rapporto giusto tra esseri umani. Non ad un rapporto giusto, ma proprio al rapporto giusto. Ciò significa che la Regola d’oro contiene virtualmente in sé tutte le forme di comando per altri, poiché essa dice della ‘qualità’ della relazione tra noi indipendentemente dal gesto singolare che dovesse incarnarla. Ed è proprio la ricerca di una qualità buona della relazione tra noi la fatica del nostro tempo che non può più permettersi la dicotomia politica amico-nemico. All’oscillazione amico-nemico c’è sempre meno riparo attraverso la proiezione dell’inimicizia all’esterno della comunità e la collocazione dell’amicizia al suo interno, come accade nella guerra di un popolo contro un altro. Siamo sempre più destinati a essere, insieme, tutti amici possibili e tutti possibili nemici; anche di noi stessi. Ma come essere possibili amici? La Regola d’oro porta a parola, nella sua bella formulazione, l’indicazione, semplice e radicale, delle dinamiche dell’umana amicizia, meglio di quanto non accada ad altri principi della ragion pratica. Perciò può essere considerata una cifra emergente dell’universalità etica, di cui è diventato altrettanto universale il bisogno.
Carmelo Vigna è ordinario di Filosofia morale presso l’Università degli Studi Ca’ Foscari di Venezia, dove ha diretto il Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze e ha fondato e attualmente dirige il Centro Interuniversitario per gli studi sull’Etica (C.I.S.E.). Insegna anche presso l’Università Cattolica di Milano. È direttore (con F. Botturi) dell’«Annuario di etica» (Vita e Pensiero). Per Vita e Pensiero ha curato: Multiculturalismo e identità (con S. Zamagni, 2002); Etica trascendentale e intersoggettività (2002); Libertà, giustizia e bene in una società plurale (2003); Etiche e politiche della post-modernità (2003); Etica del plurale (con E. Bonan, 2004).
Susy Zanardo è dottore di ricerca e borsista del Centro Universitario Cattolico (II livello). Collabora con la Cattedra di Filosofia morale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e con il Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica (C.I.S.E.). Ha pubblicato lavori sul pensiero contemporaneo di area francese.
Che cos’è un genere cinematografico? Come far dialogare una tradizione, che è insieme di contenuto, produttiva e teorica, con le tensioni e i problemi che il cinema contemporaneo mette in campo a proposito della nozione di genere? Qual è la differenza tra il ‘genere’ di La grande rapina al treno e quello di Guerre stellari, tra Il cappello a cilindro e Cocktail? Il testo di Rick Altman si pone come punto di riferimento imprescindibile per il dibattito sui generi cinematografici, rispondendo a queste domande con l’obiettivo di riorientare le riflessioni sulla produzione e la ricezione dei nuovi generi e di stabilire una continuità con le codificazioni del cinema classico. Il punto di partenza è la messa in discussione della nozione stessa di genere, dapprima con una ricognizione storica che muove da Aristotele fino a Wittgenstein, in secondo luogo ripensando e distaccandosi dalle più recenti teorie sui generi cinematografici. L’aspetto più innovativo di tale posizione consiste nella scelta di rinunciare a costruire un ‘sistema’ tassonomico dei generi cinematografici esaminando i luoghi e i soggetti (molteplici ed eterogenei) della loro reale definizione.
I generi, infatti, vengono elaborati, agiscono e si sedimentano nelle conoscenze culturali di un particolare gruppo sociale. Proprio l’indagine di questa comunità conduce Altman a evidenziare i differenti ambiti e i processi all’interno dei quali il concetto di genere prende forma e si modifica: attraverso le pratiche delle istituzioni produttive; nell’ampio e variegato campo dei paratesti cinematografici; negli orizzonti di attese e nei relativi meccanismi interpretativi degli spettatori o nella costituzione di comunità trasversali da parte degli spettatori stessi. Fino a descrivere, con attenzione e immediata chiarezza, la stretta connessione tra produzione cinematografica, pubblico e critica, illustrata grazie allo studio delle dinamiche e dei discorsi sociali che si intersecano intorno a celebri casi cinematografici.
Rick Altman è professore di French and Film Studies, Comparative Literature e Communication Studies presso l’Università dello Iowa. Tra le sue pubblicazioni: The American Film Musical (Bloomington 1986) e Sound Theory/Sound Practice (New York 1992).
L’anima umana, la sua natura e il suo destino sono stati tra i temi più appassionanti della filosofia medioevale. Autori come Alberto Magno e Tommaso d’Aquino hanno elaborato la propria concezione dell’anima partendo dall’idea aristotelica che l’intelletto, che ne costituisce la parte più nobile ed essenziale, sia ‘immateriale’. Questa scelta teoretica li conduce però a confrontarsi con alcune questioni per loro stessa ammissione difficili da risolvere. Come può un intelletto del tutto immateriale entrare in relazione con il corpo? Come possiamo dire che tale intelletto appartenga a noi, singoli individui abitanti il tempo e lo spazio? Può un intelletto immateriale attendere la resurrezione cristiana? Tali interrogativi trovano una sorta di ricapitolazione nella figura acuta e drammatica di Sigieri di Brabante che, nel desiderio di seguire tanto l’ispirazione aristotelica quanto un metodo rigorosamente razionale, giunge a scontrarsi con l’autorità religiosa e con gli stessi teologi, in particolare Tommaso, da cui aveva entusiasticamente ereditato numerose dottrine. L’analisi puntuale di Antonio Petagine, oltre a ricostruire con rigore uno spaccato storico, propone un’acuta e approfondita riflessione su quelle che per secoli sono state le categorie più importanti per comprendere la natura umana: ‘anima’ e ‘intelletto’.
Antonio Petagine (Bologna 1974) svolge attività di ricerca presso l’Università Cattolica di Milano. Oltre a collaborare con riviste e centri di studi, ha lavorato alla traduzione italiana, di prossima pubblicazione, delle opere psicologiche di Sigieri di Brabante ed è autore del saggio Intelletto e corpo: il confronto tra Tommaso d’Aquino e Sigieri di Brabante apparso nel volume miscellaneo a cura di A. Ghisalberti, Dalla prima alla Seconda Scolastica. Paradigmi e percorsi storiografici, Bologna 2000.
Per le sue esplicite finalità, per il metodo coerentemente applicato, per la sua stessa articolazione, questo Dizionario si presenta come un’opera speciale. Essa consiste di dieci voci fondamentali, centotrentuno tematiche e quattordici approfondimenti, dedicati al magistero sociale della Chiesa. Gli autori sono per grandissima parte scienziati sociali, che, nei loro contributi, intendono individuare e illustrare non solo i punti di più feconda intersezione tra il Magistero e le scienze sociali, ma anche le concrete forme con cui i principi fondamentali della dottrina sociale sono collocabili alla base e a guida dei comportamenti e delle azioni di singoli, gruppi, grandi collettività.
Come tutti i repertori sistematici (siano essi dizionari, enciclopedie, o meno esaustive raccolte di lemmi e concetti fondamentali per delimitare aree del sapere e dell’agire) che non casualmente compaiono in certi snodi della cultura e della vita associata, anche questo Dizionario porta già in sé un significato e un valore. Analizza le ricadute concrete dei principi fondamentali della dottrina sociale, che auspica espressamente il confronto e l’apporto delle scienze politiche ed economiche. Più che per ciò che delimita, è importante per i nuovi campi che apre.
A cura del Centro di ricerche per lo studio della dottrina sociale della Chiesa
Comitato di direzione: Carlo Beretta, Evandro Botto, Ferdinando Citterio, Michele Colasanto, Alessandro Colombo, Giorgio Feliciani, Lorenzo Ornaghi, Daniela Parisi, Eugenia Scabini, Sergio Zaninelli
Dalla natia Polonia alla ‘irraggiungibile’ Russia, la figura di Karol Wojtyla ha segnato la svolta verificatasi nei Paesi dell’Europa centro-orientale con la caduta del muro di Berlino. Il proseguimento della sperimentata Ostpolitik. Il nuovo ruolo del Papa, slavo e mitteleuropeo, con i suoi rapporti diretti con popoli e governanti. I viaggi pastorali, sempre più numerosi a partire dal 1989, nei Paesi che sostanziano la ‘variabile orientale dell’identità europea’. Sono questi fattori che hanno contribuito, nei nuovi Stati nati dalla frantumazione dell’Impero sovietico, all’affermarsi di una maggiore tutela della libertà religiosa e con essa di tutte le altre libertà che caratterizzano gli ordinamenti giuridici dei Paesi democratici.
Questo volume, attraverso l’analisi delle relazioni tra Stato e Chiesa cattolica in alcuni tra i Paesi più significativi dell’ex blocco sovietico (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Federazione Russa), si interroga sul ruolo e sul significato delle istituzioni ecclesiastiche e della Chiesa di Giovanni Paolo II nel processo di democratizzazione di un’area geopolitica di importanza strategica per il futuro dell’Europa. L’opera è completata da un’ampia e dettagliata raccolta dei più significativi documenti legislativi sul tema della libertà religiosa e della condizione giuridica delle Chiese (Costituzioni, Concordati, Leggi sulla libertà religiosa e sulla condizione delle confessioni religiose ecc.) nei Paesi dell’Europa centro-orientale.
Antonio G. Chizzoniti è professore associato di Diritto ecclesiastico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Piacenza). Tra le sue più recenti pubblicazioni: Le certificazioni confessionali nell’ordinamento giuridico (Vita e Pensiero, Milano 2000), Chiese, associazioni, comunità religiose e organizzazioni non confessionali nell’Unione europea (Vita e Pensiero, Milano 2002), Le carte della Chiesa. Archivi e biblioteche nella normativa pattizia (Bologna 2003).
La riflessione etica è davvero separabile da un’indagine sulla natura dell’uomo, come ritiene gran parte della filosofia morale contemporanea? Non è questa l’opinione di Charles Taylor, uno dei più importanti filosofi contemporanei: in questo volume, che riunisce per la prima volta in traduzione italiana un’ampia selezione degli scritti di etica e di antropologia filosofica, lo studioso canadese chiarisce come i due piani del discorso – quello etico e quello antropologico – si intersechino e si combinino costantemente e fruttuosamente. Da questo intento principale trae origine una riflessione ricca di spunti e temi in cui trovano spazio questioni filosofiche fondamentali come la comprensione dell’agire umano, la definizione di persona, la relazione tra emozioni e ragione e tra la natura umana e il linguaggio, le aporie dello scetticismo e del relativismo etico, la diversità dei beni umani, i limiti dell’utilitarismo e delle etiche procedurali. Il tutto in uno stile di pensiero originale che unisce il rigore dell’approccio analitico e l’ampiezza di orizzonti della filosofia continentale.
Charles Taylor (Montreal, 1931) è professore di Filosofia e Diritto alla Northwestern University di Chicago e professore emerito di Filosofia e Scienze politiche alla McGill University di Montreal. È autore, tra l’altro, di Hegel e la filosofia moderna (Bologna 1984), Radici dell’io (Milano 1993), Il disagio della modernità (Roma-Bari 1994), La modernità della religione (Roma 2004), Modern Social Imaginaries (Durham 2004).
Paolo Costa (Milano, 1966) è dottore di ricerca in Antropologia filosofica. Svolge attività di ricerca presso l’Istituto per le Scienze Religiose di Trento. È autore, tra l’altro, di Verso un’ontologia dell’umano. Antropologia filosofica e filosofia politica in Charles Taylor (Milano 2001) e ha curato l’edizione italiana di La modernità della religione.
Nell’accesa discussione sui rapporti tra mondo islamico e Occidente, questo saggio di Roger Scruton propone una tesi che coglie con immediatezza alcuni aspetti innegabili della questione. Alla radice delle attuali difficoltà nelle relazioni tra islam e Occidente stanno differenze costitutive intorno alla concezione dell’ordine politico. Nella tradizione occidentale esso è fondato sulla laicità, sul concetto di contratto sociale, sull’idea di cittadinanza. Nel mondo musulmano, al contrario, a legittimare la politica è il richiamo - o addirittura l’adesione - alla tradizione coranica.
Questa netta divergenza non rappresenta certo una novità. Ma la globalizzazione, che diffonde nelle nazioni islamiche immagini, prodotti e figure delle democrazie liberali secolarizzate, radicalizza tale opposizione, provocando effetti deflagranti e scontri violenti. D’altro canto, il credo islamico garantisce ai suoi membri la certezza dell’appartenenza comunitaria a una fede, mettendo in luce, per contrasto, la debolezza dei legami sociali in Occidente, frutto di una concezione esasperatamente individualistica della libertà.
Convinto della validità della tradizione liberale democratica, e delle forme di organizzazione sociale e politica da essa alimentate, Scruton ci offre una riflessione estremamente lucida che arricchisce il dibattito sull’incontro/scontro tra le civiltà, che troppo spesso sembra cedere a stereotipi e luoghi comuni, anziché privilegiare un’analisi argomentata e scevra da pregiudizi.
Filosofo, scrittore e giornalista, Roger Scruton è stato professore al Birkbeck College di Londra e all’Università di Boston. Tra le sue molte pubblicazioni: Thinkers of the New Left (London 1985); A Land Held Hostage: Lebanon and the West (London 1987); An Intelligent Person’s Guide to Modern Culture (trad. it. Guida filosofica per tipi intelligenti, Milano 1997); Modern Philosophy: An Introduction and Survey (trad. it. La filosofia moderna. Un compendio per temi, Firenze 1998); Spinoza (trad. it. Milano 1998).
Questo volume ricostruisce con accuratezza critica e filologica la vicenda umana e intellettuale di Karl Barth, il maggiore teologo riformato del XX secolo, nei decisivi anni a ridosso dello scoppio della Grande Guerra. Sulla spinta dell’esperienza del cosiddetto ‘socialismo religioso’ e della frattura provocata dal conflitto mondiale nel mondo cristiano e nella stessa teologia, Barth reciderà i suoi legami con la ‘teologia liberale’, alla cui scuola si era formato, e giungerà alla stesura dell’opera più importante del Novecento teologico, il suo commento alla Lettera ai Romani. La ricerca di Alberto Gallas mostra con assoluta originalità come la vicenda intellettuale e biografica qui presa in esame non sia soltanto un momento, per quanto decisivo, di passaggio, ma determini le strutture fondamentali della posteriore teologia barthiana, destinate a restare costanti nel corso di tutta la sua opera.
Alberto Gallas (1951-2003) ha insegnato Storia della teologia all’Università Cattolica di Milano. Curatore dell’edizione italiana degli scritti di Bonhoeffer (Brescia 1994 ss.), ha raccolto il frutto di una lunga attività di studio sul teologo tedesco nella monografia Anthropos téleios. L’itinerario di Bonhoeffer nel conflitto tra cristianesimo e modernità, (Brescia 1995). Tra gli altri suoi centri d’interesse si segnalano la Riforma e Lutero (con il saggio introduttivo e la cura di Martin Lutero, Contro i profeti celesti sulle immagini e sul sacramento, Torino 1999) e Kierkegaard (di cui ha curato l’edizione italiana de L’istante, Genova 2001).
Attento alla diffusione della cultura teologica e al dialogo ecumenico, ha pubblicato articoli, oltre che su numerose riviste scientifiche, su Linea d’ombra, Servitium, La rivista del clero italiano, Esodo, Il Regno, Gioventù evangelica.