Definito «il più importante studioso al mondo della storiografia del mondo antico», Arnaldo Momigliano, grazie a questo libro, ha formato generazioni di studenti e di studiosi dell’antichità, conquistando anche il pubblico di lettori «profani». Come lui stesso dichiarò, l’obiettivo principale di questo testo è quello di «dare una esposizione semplice e chiara, ma scientificamente fondata, della storia di Roma antica».
Questa nuova edizione della sua opera ha avuto come obiettivo quello di valorizzare al meglio il testo del Momigliano venendo incontro, allo stesso tempo, alle nuove necessità dei corsi e degli studenti. Attraverso un attento e puntuale lavoro di curatela, sono stati compiuti aggiornamenti e integrazioni che perseguono l’intento originario del manuale di fondere magistralmente insieme rigore scientifico, chiarezza e semplicità didattica.
«La civiltà umana», spiega Johan Huizinga nel celebre Homo ludens, «sorge e si sviluppa nel gioco.» Ogni giorno partecipiamo a un gioco: quando ci muoviamo in società, quando facciamo sport, quando leggiamo un libro; momenti ludici in cui cambiamo identità, recitiamo una parte o riproduciamo situazioni simboliche. Un'attività complessa ma naturale che permea, spesso in modo inconsapevole, le nostre vite. In questo volume otto studiosi ci mostrano come il gioco sia un momento di crescita, capace di strutturare relazioni, creare luoghi di incontro e di sperimentazione educativa, definire legami sociali, affettività e appartenenze. Dai giochi dell'infanzia studiati da Anna Oliverio Ferraris alle partite di calcio di Christian Bromberger, il gioco infatti non ha solo valenza ludica, ma sa creare comunità, come per esempio nelle kondey, le compagnie africane studiate da Marco Aime; costruire legami, facilitando l'accoglienza e l'integrazione dell'Altro, come rivela Davide Zoletto; oppure far convergere e attraversare le culture, come dimostrano gli studi di Adriano Favole in Oceania. Il gioco può dar vita a opere meravigliose: dalla fantasiosa creatività alle origini del linguaggio esplorata da Alberto Nocentini ai "giochi vertiginosi" di Vladimir Nabokov a cui ci introduce Alessandro Piperno. Completano il quadro, a render conto di questa sfaccettata molteplicità, le "istruzioni per l'uso" di Pier Aldo Rovatti. Otto saggi, otto diversi sguardi su regole ed eccezioni, caso e logica, abilità e azzardo, fortuna e strategia: perché nel gioco è possibile scorgere, come in un microscopio, figure e promesse di ogni possibile umanità.
L’anima di una città abita i suoi muri, vive negli stili con cui sono eretti i palazzi del centro, nel modo in cui sono collocati i giardini e i monumenti. Le città – tutte le città – sono in questo senso l’esito di una riconoscibile intenzione estetica. Per afferrarla, non basta disporsi in contemplazione delle carte antiche o dei palazzi, come davanti a un quadro, occorre invece praticare l’arte di camminare passo passo e soprattutto di vedere – non guardare soltanto – ogni strada e ogni piazza.
La guida turistica chiusa nello zaino, lo sguardo verso l’alto, il viaggiatore dovrà farsi condurre dalle sue sensazioni, da ciò che attrae il suo occhio. Un occhio che, come spiega Marco Romano, dotto urbanista e instancabile camminatore, va nutrito con la curiosità e allenato con lo studio, perché l’estetica della città è una disciplina consolidata e rigorosa, che non differisce in niente dalla valutazione di qualsiasi opera in ogni altro campo della critica d’arte.
A saperli riconoscere, tutte le città hanno i medesimi temi collettivi, le medesime strade e le medesime piazze, ma disposti sempre in maniera diversa: è l’osservatore che deve saperli di volta in volta individuare. Dalle piazze decentrate ai boulevard asimmetrici, è negli scarti dalla norma, nella variazione di uno schema storico tipico, che si manifesta la specificità di ogni singolo agglomerato urbano, che sia una sconfinata metropoli come New York o un piccolo centro come Abbiategrasso.
Come è andata radicandosi la curiosa e unica varietà di piazze monumentali di Torino? Da dove viene la pianta stellata di Palmanova? Come nasce quella lunga città lineare che circonda Parigi? Rispondere a queste domande significa tracciare di ciascuna città un ritratto: un’operazione inventiva, fatta di documentazione, cultura e istinto, ma soprattutto di lunghe e avventurose passeggiate.
Il calendario raccoglie e racconta le stagioni della vita dell’uomo e della società. Lo fa attraverso i cicli della luna e del sole, le ricorrenze e le feste che celebrano, al contempo, il passare inarrestabile del tempo e il suo eterno, circolare ritorno. Le feste delle civiltà del Mediterraneo, e in particolare quelle dell’Occidente cristiano, hanno una storia affascinante, antica e complessa. Nascono dalla trasfigurazione di culti antichi e di antichi rituali, che congiungevano, e ancora congiungono, la sfera religiosa con quella sociale: dai culti della fertilità alla scansione stagionale dei raccolti, il sacro si trasfigura nel quotidiano e il quotidiano nel sacro. Ma che cosa unisce i culti misterici, le religioni esotiche come il mitraismo, al paganesimo dell’antica Roma, e poi al Cristianesimo? Quale linea rossa congiunge le forme della lecita follia carnevalesca dei tempi antichi con il Carnevale cristiano, che preannuncia ed esorcizza il magro tempo della Quaresima? E ancora: quanto sono diverse le nostre feste da quelle delle altre religioni rivelate, come l’Islam e l’Ebraismo? In questo saggio che sta a cavallo tra storia e antropologia, tra l’analisi della società e lo studio delle religioni del Mediterraneo occidentale e del Vicino Oriente, Franco Cardini offre una risposta ampia ed esaustiva a queste domande. Con il rigore dello studioso e la fantasia e la curiosità di chi indaga i percorsi sommersi della storia culturale, Cardini illustra le forme e i significati delle celebrazioni e dei riti, dalle radici antiche o più recenti, che scandiscono il nostro tempo e che al nostro tempo danno un nome.
Le origini di Roma si perdono nella mitistoria della sua fondazione e della guerra combattuta da Romolo re dei Romani contro Tito Tazio re dei Sabini. Sull’Urbe vigilava la divinità civica custode della città: Giove, che Romolo aveva invocato durante la battaglia e che lo aveva soccorso nella difesa di una porta delle mura cittadine. Respinti i Sabini, Romolo istituisce un nuovo culto al Dio chiamato Statore perché in quel punto aveva fermato la ritirata dei Romani.Come spiega Andrea Carandini, il cuore di Roma è composto da un’infinità di dettagli intricati. Mutevole come la corrente del Tevere che l’attraversa, Roma ha ripetutamente cambiato volto, forma e materia: la città di età regia, conservata negli strati più profondi; quella di età repubblicana e quella ormai di marmo di Augusto e dei suoi primi successori. Questa Roma era destinata tuttavia a perire in gran parte al tempo dell’incendio del 64 d.C. e a diventare una città nuova, il cui centro assomigliava ormai a quello di una città ellenistica come Alessandria in Egitto, con uno scacchiere urbano regolare e monumentale, dominato dall’immane reggia di quell’anti-Cristo sotto il quale sono stati martirizzati Pietro e Paolo: Nerone.
Affermatasi con un proprio campo d'indagine e un proprio apparato teorico e metodologico nell'ambito delle scienze del linguaggio dopo la metà del secolo scorso, la sociolinguistica ha visto via via accresciuto il suo raggio d'interesse sino a di venta re un crocevia importante fra settori diversi delle scienze linguistiche. Questo "Manuale di sociolinguistica" intende dare una presentazione complessiva (corredata da un abbondante apparato di esercizi e materiali di analisi e riflessione) dei principali temi, categorie, metodi e modelli teorici che so no stati sviluppati nello studio dei rapporti fra lingua e società. Il fine essenziale è quello di fornire una conoscenza solida e per quanto possibile aggiornata delle acquisizioni della disciplina, con particolare attenzione ai due grandi campi tradizionali della sociolinguistica, vale a dire la variazione delle lingue in relazione a fattori sociali, e la posizione dei sistemi linguistici nelle società. Il volume cerca di unire una prospettiva istituzionale ad aperture verso sviluppi più recenti della disciplina, e si presta anche ad una utilizzazione modulare che privilegi certe parti a scapito di altre.
Il Verbo dell'Eterno Padre, che nella sua immensità comprende tutte le cose, per risollevare all'altezza della gloria divina l'uomo decaduto per il peccato, volle farsi piccolo assumendo la nostra piccolezza senza deporre la propria maestà.
Il "Cannibale" Eddie Merckx, il più forte di tutti, e il "Pirata" Marco Pantani, un magnifico testardo che ci ha lasciato troppo presto. Beppe Saronni e la perfetta strategia della fucilata di Goodwood, Claudio Chiappucci e l'impresa tutta istinto del Sestriere. L'indisciplinato Peter Sagan e Laurent Fignon, il "Professore". E poi l'irrequietezza dell'enigmatico Gianni Bugno, l'impetuosa forza tranquilla di Miguel Indurain, il fascino di Fabian Cancellara e la spavalderia di Lance Armstrong, al centro dello scandalo più grande della storia del ciclismo. Il pistard dal passato difficile Bradley Wiggins, icona pop che sembra uscita dagli anni settanta, e l'ipertecnologico record dell'ora di Francesco Moser, uomo che al futuro si è sempre affidato. Un campione nato nel periodo sbagliato come Felice Gimondi e un campione, Bernard Hinault, che nel proprio tempo ha dettato legge. Che cosa hanno in comune questi assi delle due ruote? Ce lo svela Giacomo Pellizzari: ognuno, a suo modo, ha saputo rappresentare più di chiunque altro un aspetto peculiare dell'essere ciclista, ognuno ha incarnato, appunto, un carattere e lo ha portato ai suoi massimi livelli, accettandone tutte le conseguenze.
Perché devo diventare grande, ricevere un’educazione, obbedire alle regole che la società mi impone? Sono domande che ci facciamo tutti, da bambini o da adolescenti, e che poi tendiamo a dimenticare, come se la crescita fosse un dato di fatto e non un delicatissimo processo che coinvolge ogni aspetto della vita, materiale o psicologico che sia, nel lungo cammino verso l’ambita e al contempo temuta “maturità”.
Chiamando a raccolta le opere e le esperienze di pensatori antichi e moderni, da Platone a Hannah Arendt, da William Shakespeare a Jean-Jacques Rousseau, la filosofa e scrittrice Susan Neiman ribalta l’idea diffusissima per cui crescere sarebbe soltanto un percorso di inevitabile declino. Le esperienze fondamentali della crescita, come l’ingresso nel mondo del lavoro, i viaggi e l’incontro con culture diverse, sono invece una grande conquista personale, ancora più importante e dirompente perché ci permette di affermare noi stessi e liberarci da una condizione di minorità. «Noi eravamo fatti per essere uomini; le leggi e la società ci hanno rituffati nell’infanzia.» Così scriveva Jean-Jacques Rousseau duecentocinquanta anni fa, ma il suo insegnamento è più che mai attuale, in un’epoca come la nostra che mitizza l’infanzia.
Ma allora, perché diventare grandi? Perché è nell’età adulta che impariamo a scegliere cosa fare delle nostre vite, a rendere reali le nostre aspirazioni, a partecipare alla società in modo più profondo e responsabile di quanto non vorrebbero, spesso, coloro che esercitano il potere. Chi sceglie di non crescere, di non pensare con la propria testa, non è un cittadino ma un suddito. Un consumatore famelico di gadget tecnologici confezionati come giocattoli. Un Peter Pan che preferisce delegare ad altri le proprie decisioni pur di non aprire gli occhi sulla realtà.
Nel marzo 1807, lontano dalla Francia, Napoleone Bonaparte scriveva alla moglie Giuseppina: "So fare altre cose oltre a condurre guerre, ma il dovere viene per primo". E nell'arco di vent'anni appena, dall'ottobre 1795, in cui era un giovane capitano di artiglieria mandato a sedare tumulti a Parigi, fino al giugno 1815 e alla sconfitta finale di Waterloo, Napoleone ebbe modo di mostrare in quante forme questo senso del dovere poteva manifestarsi: conquistato il potere con un colpo di stato, pose fine alla corruzione e all'incompetenza in cui si era arenata la Rivoluzione, e se da una parte reinventò l'arte della guerra in una serie di battaglie folgoranti, dall'altra ricreò dalle fondamenta l'apparato legislativo e amministrativo, modernizzò i sistemi di istruzione e promosse la fioritura dello "stile impero" nelle arti. Poi l'impossibilità di sconfiggere il suo nemico più ostinato, la Gran Bretagna, lo spinse verso campagne estenuanti e alla fine fatali in Spagna e Russia, fino all'epilogo in sordina della sua vita avventurosa, in esilio a Sant'Elena. Andrew Roberts ha attinto al corpus completo delle 33000 lettere napoleoniche e ha visitato quasi tutti i campi di battaglia e i luoghi della sua vita, mostrandoci "l'imperatore dei francesi" com'era davvero: incredibilmente versatile, ironico, ambizioso, ferocemente determinato ma anche disposto al perdono, ossessionato dalla discendenza e scostante in amore...