
Cos'è il liberalismo? Difesa della libertà personale, della libertà privata, anti-statalismo, concorrenza, bene comune, tolleranza, sussidiarietà? Niente di tutto questo. Il liberalismo è una ribellione nei confronti della legge naturale, in particolare delle sue declinazioni morali e religiose. Durante la Guerra Fredda l'ideologia liberale e il cattolicesimo hanno avviato un processo di avvicinamento in funzione anti-sovietica. Ora, a trent'anni dalla caduta del muro di Berlino, questa alleanza ha ancora senso? Cattolicesimo e liberalismo sono compatibili? È possibile essere contemporaneamente cattolici e liberali? Quali sono i punti di contatto, e quali le differenze tra queste due filosofie? L'ideologia che ha vinto il confronto con il comunismo e che, dopo la caduta della «cortina di ferro» sembrava destinata a governare il mondo, pare aver perso gran parte del suo fascino. Liberato da quello che sembrava essere il suo antagonista, il comunismo marxista, il liberalismo ha mostrato ai popoli un volto meno amichevole e invitante, sempre più simile a quello dell'antico avversario. Quale, quindi, può essere il giudizio della Chiesa sul liberalismo e sulla sua versione economica, il liberismo? Che rapporto può intercorrere tra i cattolici e il liberalismo? La risposta è nella definizione di liberalismo che lo psicologo Roberto Marchesini fornisce con questo suo lavoro approfondito e documentato, tuttavia semplice e accessibile a chiunque. Una Introduzione di Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio Internazionale Cardinale van Thuân, impreziosisce il volume.
Tutti conoscono le apparizioni della Vergine Maria a Lourdes, Fatima, La Salette, Guadalupe ecc. Quasi nessuno invece conosce le apparizioni di Laus, avvenute in Francia a partire dal 1664. Eppure si tratta di apparizioni ufficialmente riconosciute dalla Chiesa. Il motivo è forse che a Laus non furono dati dei messaggi per l’umanità intera, non vi furono profezie o fenomeni eclatanti come il sole rotante a Fatima o come l’immagine miracolosa del mantello a Guadalupe. Avvenne però qualcosa di più straordinario: la Madonna apparve per 54 anni consecutivi alla stessa persona, la venerabile Benedetta Rencurel. Cosa mai successa nella storia della Chiesa. La Vergine plasmò questa semplice creatura perché divenisse una perfetta cristiana.
Il messaggio di Laus altro non è che la veggente stessa, la sua vita. Diventò penitente, mistica, maestra di vita ascetica e spirituale, insegnando agli altri il segreto della santità.
A Laus la Madonna ha lasciato due segni: l’olio con il quale benedire, tuttora a disposizione dei pellegrini, e il profumo che sovente si avverte nei luoghi dove avvennero le apparizioni.
Padre Serafino Tognetti è un monaco sacerdote appartenente alla “Comunità dei figli di Dio”, fondata da don Divo Barsotti. Nato a Bologna nel 1960, ha compiuto studi scientifici nella sua città e si è laureato in Scienze agrarie. A venticinque anni è entrato nella Comunità monastica a Settignano (Firenze) e ha compiuto gli studi teologici a Firenze, fino al sacerdozio (1990). Nel 1995 è stato nominato Superiore Generale della Comunità, come primo successore dello stesso don Divo Barsotti, carica che ha mantenuto fino al 2009.
Ha condotto per anni una rubrica di spiritualità per Radio Maria ed è stato chiamato in varie parti d’Italia come predicatore di esercizi spirituali per religiosi, laici, seminaristi, sacerdoti e vescovi. Tra i suoi testi segnaliamo, tra gli altri, la prima biografia su don Divo Barsotti: Divo Barsotti, il sacerdote, il mistico, il padre, tradotto in più lingue, e i testi di spiritualità: La preghiera; Meditazioni sull’Eucaristia; Il matrimonio perfetto; Padre Pio santo eremita; Il Santo Rosario.
Negli ultimi anni si è dedicato soprattutto alla Vergine Maria scrivendo, tra gli altri, un testo sulla Madonna (che porta il titolo La Vergine Maria) e uno su Giacinta, la piccola santa veggente di Fatima (che porta il titolo Giacinta) dove si traccia, forse per la prima volta, il suo profilo spirituale di sorprendente levatura.
Attualmente padre Tognetti vive nell’eremo Casa San Sergio, sulle pendici dei colli fiorentini, dove visse, operò e morì don Divo Barsotti, qui sepolto nella cappella.
Martino di Tours, Patrizio, Benedetto da Norcia, Brandano, Domenico di Guzmán, Francesco d'Assisi, Antonio da Padova, Tommaso Moro, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Filippo Neri, Carlo Borromeo, Camillo de Lellis, Luigi Gonzaga, Giuseppe da Copertino, Curato d'Ars, Giovanni Bosco, Pio X, Domenico Savio, Giovanni XXIII, Pio da Pietrelcina, Josemaría Escrivá de Balaguer... Uomini eccezionali che hanno segnato la storia dell'umanità lottando contro la barbarie, l'ignoranza, l'ingiustizia, la povertà; trasformando l'ambiente fisico e sociale; creando scuole, confraternite e ordini religiosi vivendo sempre a contatto con l'angelo. Dalla nascita alla morte, la vita è sotto la protezione e l'intercessione degli angeli. Si manifestano in modo eclatante e luminoso svelando la loro superiore natura celestiale oppure si rivelano in modo «nascosto», assumendo le sembianze di un povero, di un pellegrino, di un ospite, di un amico che cerca un colloquio privato e parla a bassa voce per non disturbare. L'attendibilità delle apparizioni angeliche nella vita dei santi è stata a suo tempo indagata dai Bollandisti, un gruppo di storici della agiografia cristiana appartenenti alla Compagnia di Gesù che sotto la guida di padre Bolland (1596-1665) realizzarono una gigantesca raccolta di documenti sulla vita dei santi e dei beati apparsa nel XVII secolo. Oggi don Marcello Stanzione, uno dei massimi angelologi cattolici a livello mondiale, aggiorna tale ricerca includendovi i santi canonizzati dal XVIII al XXI secolo. Il domenicano Antonin Sertillanges (1863-1948) scriveva: «C'è senza dubbio un nesso tra santità ed esistenza angelica, solo che nessuno è mai diventato santo perché ha visto gli angeli, ma ha visto gli angeli perché è diventato santo».
Il cristianesimo è l'unica religione di origine divina, istituita da Dio stesso con la creazione dell'uomo, mentre tutte le altre sono di origine umana, quindi soggette ai limiti, alle oscurità e alle fragilità dell'uomo, che non è entrato nella luce della divina Rivelazione. Quale progetto divino la religione cristiana è fondata sulla persona di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, che si è fatto uomo per la nostra salvezza. Solo Gesù Cristo è Dio, solo lui è il Salvatore e il Signore, solo lui è la Via, la Verità e la Vita, solo lui è il Risorto, vincitore del male e della morte, solo lui è il Giudice del mondo, solo lui è l'Amore eterno, origine e fine dell'esistenza umana. I cristiani devono rievangelizzarsi e riscoprire la bellezza e la grandezza della loro fede, che risplende sui volti di Gesù e di Maria, su quelli di innumerevoli santi e nella vita dei fedeli che hanno testimoniato la verità, la bellezza e l'amore di cui il cristianesimo trabocca. È ora necessaria una nuova generazione, che faccia rifiorire la religione divina sulla terra, ormai ridotta a una plaga desolata. Queste pagine sono la trascrizione di alcune catechesi tenute ai microfoni di Radio Maria. Gli interlocutori sono innanzitutto i ragazzi e i giovani che, in grande maggioranza, conoscono poco e male la religione cattolica e non trovano con chi confrontarsi né strumenti per colmare le loro lacune. In realtà il discorso è rivolto a un pubblico più vasto, in un passaggio storico in cui la fede autentica è sempre più minoritaria, mentre si diffondono una visione atea e materialistica della vita e una religiosità superficiale, costruita prendendo qua e là al supermarket delle credenze e delle superstizioni. Oggi molti cristiani hanno abbandonato il cristianesimo perché non l'hanno conosciuto e non l'hanno vissuto. Della loro religione conoscono soprattutto i luoghi comuni e le caricature anticlericali prodotte nel corso dei secoli. Dimenticandosi in quale grande cultura affondano le radici da oltre duemila anni, vanno alla ricerca delle novità che, in realtà, sono solo la riedizione aggiornata degli smarrimenti e dei vaneggiamenti della ragione offuscata dal peccato di origine. Ma su questa umanità decaduta si è chinata la divina Misericordia per chiamarla a nuova vita, riscoprendo la bellezza divina del cristianesimo.
Non esiste realtà senza storia e l'Europa non può fare i conti con il suo presente e il suo futuro senza il suo passato politico, religioso, sociale e culturale. Se la Famiglia Medici è un punto di riferimento umanistico e rinascimentale, Casa Savoia, con la sua millenaria storia, è di imprescindibile importanza per conoscere culturalmente l'Europa. Tuttavia, i suoi stretti legami con la Chiesa, fino alla breccia di Porta Pia, e le scelte prese da Vittorio Emanuele III durante la Seconda guerra mondiale, l'hanno resa perlopiù sconosciuta, anche in ambito scolastico. Fatto veramente incredibile, se consideriamo la molteplicità, in Italia e all'estero, di residenze, cappelle, chiese, cattedrali, abbazie, biblioteche, gallerie, archivi... legati ai Savoia e visitati da milioni di turisti e studiosi ogni anno. Questo libro - frutto di trent'anni di ricerche storiografiche dell'autrice -, per la prima volta, raccoglie e racconta, in maniera organica e documentale, il profondo rapporto che ha legato Casa Savoia alla Chiesa, mettendo in luce come la dinastia sabauda abbia unito ad essa i suoi destini da un punto di vista sia politico che spirituale. Passano così davanti ai nostri occhi personalità maschili e femminili dal calibro internazionale che, attraverso una precisa documentazione archivistica e bibliografica, anche inedita, spiccano per il loro valore e la loro attività governativa, amministrativa e di grande carità cristiana. Da queste pagine emergono, in tutto il loro vigore e fascino, volti e nomi che fuoriescono dall'anonimato e continuano a sigillare, con l'arte e la toponomastica, i borghi e le città della nostra Europa.
«Quando avevo 14 anni ho consegnato la mia vita a Lucifero. L’ho fatto liberamente, senza essere forzata. Dopo, però, non mi è stato più possibile farlo senza coercizione».
Può succedere che qualcuno decida di andare all’inferno a fare compagnia al principe delle tenebre pensando di stare meglio. Oppure per qualche presunto profitto. L’inferno c’è ed è a un passo! Che sia una località o uno stato non è molto importante. Di sicuro i demoni più che all’inferno sono essi stessi l’inferno. Sentite il lezzo di questi messaggi: «Astaroth verrà evocato da noi. Allora tremerete!». «Oh grande potere perso, torna a me col serpente, brucia la loro casa, consuma i loro corpi con la malattia. Astaroth vi punirà. Noi vi sacrificheremo al nostro unico padrone, al quale abbiamo dato il nostro sangue». Sono goliardate fantasiose un po’ horror di ciarlatani o vere e proprie evocazioni sataniche fatte dai «figli di Belial», come la Bibbia chiama maghi e streghe?
Cristo Gesù è «disceso agli inferi». Lo proclamiamo nel Credo più antico che conosciamo. Nell’ultimo segmento del suo ministero terreno – durante la sepoltura – Egli porta a termine la sua opera di evangelizzazione e di liberazione nelle solitudini demoniache. Lui, «il più forte», scende agli inferi, entra nella casa del «forte» e gli strappa il bottino. La sua vittoria ci riguarda e ci coinvolge. Il «Ministero dell’Esorcismo» prolunga l’evento pasquale di Gesù Cristo, quando abbiamo il coraggio di scendere nell’inferno dei nostri fratelli per donare anche a loro il Vangelo. Non è questione di esorcismi rituali, che pure celebriamo vigorosamente, quanto di annunciare e accogliere Lui nelle situazioni infernali dell’esistenza.
“Discesa agli inferi. Esperienze di un esorcista“, di don Silvio Zonin, è una raccolta ragionata di esperienze di vita vissuta che mira a dare speranza. A quanti sono tribolati dal Maligno e a chi ha il compito e il dono di aiutarli a nome della Chiesa. Possessioni, ossessioni, vessazioni, infestazioni, privazioni e persecuzioni, sono occasioni di santificazione, se accettate coraggiosamente, come fu per la Beata Eustochio o San Giovanni Calabria. Perché Cristo ha vinto la morte, il peccato e il Maligno.
“Se non facciamo l’esperienza della disperazione e della perdizione – almeno per un attimo – non sappiamo cosa significhi salvezza. La salvezza la si conosce quando si è perduti, la liberazione la si conosce quando si hanno addosso le catene e ci si trova rinchiusi in un carcere senza via di uscita; la guarigione la si conosce quando si è malati a un passo dalla morte. Non si può conoscere la risurrezione se prima non siamo entrati nel buio della morte. Non si può conoscere il paradiso se prima non si è conosciuto l’inferno” (don Silvio Zonin).
Leggi la biografia > Zonin Silvio
La Beata Edvige Carboni (1880-1952) non era una religiosa, ma una santa della porta accanto che visse i duri periodi delle due guerre mondiali, le difficili fasi di ripresa economica, l’affermarsi in Italia e in Europa di filosofie e ideologie atee, di politiche repressive e neopagane, tra personaggi le cui idee politiche avvelenarono la coscienza di molti. Eppure Edvige riuscì a vivere – divisa tra la sua Sardegna e il Lazio – l’ordinarietà con una incredibile fortezza e in modo davvero straordinario, ponendo Dio al centro della sua esistenza personale e umana. Le sue virtù evangeliche furono cristalline, ammirevoli e contagiose. Molti non la capirono, ma tantissimi videro in lei il dito di Dio. L’Assoluto ebbe in lei il posto d’onore; il Cuore di Cristo fu il centro del suo ed Egli la amò chiamandola a una vita di consacrazione, di riparazione, di preghiera e di offerta. Pur se assorbita dai mille impegni di una vita umile, la Beata assaporava in terra i frutti della sua intimità con lo Sposo celeste e collaborò con lui nel portare la croce fino a essere configurata, nella sua carne, a Gesù crocifisso, che ricreò in lei i simboli della propria Passione: le stimmate.
San Paolo VI è un grande profeta del nostro tempo. I meriti di questa eccezionale personalità sono molteplici. Questo libro ne focalizza uno in particolare, che riguarda la difesa che Papa Montini ha fatto, con lucidità e coraggio, della fede cattolica. Il suo grande merito fu quello di aver compreso che il problema di fondo della Chiesa, nella temperie della modernità, era quello di preservare il deposito della divina Rivelazione ad essa affidato.
Pur in mezzo a contestazioni e ad attacchi da parte di élites intellettuali che avrebbero dovuto sostenerlo, San Paolo VI combatté coraggiosamente la sua battaglia in difesa della fede e una delle sue iniziative più efficaci fu la solenne Professione di fede pronunciata nella basilica di San Pietro il 30 giugno 1968. A chi negava la verità rivelata e subdolamente operava per un pantheon religioso universale, il Pontefice opponeva il Credo cattolico, approfondito in tutti quei passaggi dottrinali che venivano messi in discussione.
Nell’attuale clima di «autodissoluzione della fede» e di «apostasia silenziosa», il Credo di Paolo VI, arricchito dagli insegnamenti del Catechismo della Chiesa cattolica, rappresenta una guida necessaria per non smarrire il cammino della verità e tenere accesa la lampada della fede mentre si estendono sempre di più le tenebre della menzogna.
È relativamente semplice essere cristiani di facciata, in modo borghese, frequentando la chiesa o il mondo del volontariato o anche pregando un po’ per proprio conto; diciamo quel tanto che basta per sentirsi in pace con la propria coscienza. Non faccio male a nessuno, anzi, ai miei «titoli» borghesi (laurea, famiglia regolare, lavoro di un certo livello) unisco, come titolo aggiunto, l’essere un benpensante cristiano. Sono, insomma, la classica brava persona. Se invece si accetta di lasciarsi sconvolgere la vita dal Vangelo, tutto si complica e, improvvisamente, hanno un senso le misteriose parole: «Avete inteso che… ma io vi dico».
Significa accorgersi che il cammino cristiano è un cominciare e ricominciare infinite volte, accettando di procedere a piccolissimi passi, senza mai potersi sentire arrivati. Inoltre spesso ci si muove in circostanze non chiare e sentendo dentro di sé la voce di Dio, ma lieve, così tanto lieve che può essere facile dubitarne. E facciamo attenzione a quel sentimento tanto di moda oggi: la tristezza!
Il Nemico si serve della tristezza per portare le sue tentazioni contro i buoni; da un lato cerca di rendere allegri i peccatori nei loro peccati e dall’altro cerca di rendere tristi i buoni nelle loro opere buone.
Ma contro la tristezza il rimedio c’è. San Giacomo dice: «Se qualcuno è triste, preghi». La preghiera è il rimedio più efficace.
«Meglio dirlo subito. Don Ermanno ha una grave colpa. È uno che parla chiaro. Uno per il quale l’evangelico «sì sì, no no» non è solo un modo di dire, ma un tesoro da custodire e difendere, costi quel che costi. E una colpa così, al giorno d’oggi, non viene perdonata.
Ma don Ermanno, come se non bastasse la prima, di colpa ne ha poi anche un’altra. Per lui esistono il bene e il male, il buono e il cattivo, il bello e il brutto, il vero e il falso. Esistono in senso oggettivo, motivo per cui non è mai disposto a scendere a compromessi…
Questa raccolta di suoi articoli è proprio tutta da gustare, perché riconcilia con il buon senso. Che si parli del gender, del Papa, di scuola, di amicizia, della vita di tutti i giorni, delle grandi questioni riguardanti la vita della Chiesa o dei fenomeni sociali tipici del nostro tempo, don Ermanno ha sempre una parola di buon senso. Ma buon senso cattolico. Cioè fede e ragione. Ragione alluminata dalla fede, come ci ha insegnato san Giovanni Paolo II» (dalla “Prefazione” di Aldo Maria Valli).
In quattro successive sezioni, le prime tre originarie e la quarta aggiunta in questa nuova edizione, il libro raccoglie venti articoli, suggeriti da occasioni, letture e incontri molteplici e per lo più pubblicati in epoche diverse su giornali e riviste; ma tutti, o quasi tutti, legati tra loro da qualche connessione con il mondo manzoniano. Si tratta di riflessioni o «difese», spesso scherzose o semiserie e quasi sempre controcorrente, dedicate a famosi personaggi de «I promessi sposi»; di evocazioni di piccoli eventi personali o familiari dell'autore, stranamente intrecciati con l'opera del Manzoni; di ritratti di persone singolari incontrate nella vita, le quali, nella loro umiltà e umanità, suggeriscono confronti con i protagonisti maggiori o minori del romanzo; di meditazioni più recenti, legate alle tragedie, alle crisi, ai costumi dei nostri tempi e condotte dall'autore in un tacito e commosso colloquio «manzoniano» con il padre scomparso.