
A Capo Wrath, in Scozia, un uomo che sembra un barbone viene avvicinato da un altro, vestito da monaco. Due forme esteriori, che in realtà significano poco: difficilmente le cose sono come appaiono. Solo attraverso il confronto, come in un dialogo socratico, si può far emergere - o forse costruire - la verità. Così il viaggio e gli incontri sono per il barbone-pellegrino l'unico strumento valido di indagine su se stesso, gli altri, il mondo reale; un pellegrinaggio che è una ricerca, attraverso l'altro, di qualche risposta alle grandi domande esistenziali. Andreoli torna a vestire i panni del narratore, e ci regala un romanzo in cui studia l'animo umano con l'attenzione dello psicologo e l'ars del grande scrittore. Una storia di viaggio, di solitudine e confronto, che è una metafora della vita di ognuno: “Un pellegrino non ha un'identità. È uno che cammina e arriva in luoghi che non hanno nome o almeno che egli ignora. Un pellegrino non sa chi sia, e dunque non ha nome: è un nessuno e nella sua indefinitezza è qualsiasi cosa”.
Il ruolo dello Stato e la questione femminile, i movimenti sociali e la Chiesa cattolica, giornalismo e fotografi a, editoria e cinema…
A decenni di distanza, quante verità sono nascoste nel libro nero degli anni di piombo?
Guerriglia urbana di ascendenza rivoluzionaria o complotto internazionale manovrato da burattinai invisibili? Degenerazione dei movimenti di contestazione o conflitto di lunga durata tra fascisti e comunisti? Tesi e teorie spesso contrastanti si sono susseguite per oltre trent’anni nel tentativo di capire, e talvolta giustificare, le radici di una violenza diffusa ai limiti della guerra civile. La questione è ancora aperta: cosa sono stati gli anni di piombo e cosa ha significato il terrorismo per l’Italia? Marc Lazar e Marie-Anne Matard-Bonucci tentano di rispondere a questi interrogativi con un volume che raccoglie gli importanti contributi di storici, politologi, sociologi e giuristi italiani o francesi. Senza dimenticare le testimonianze di protagonisti come Gian Carlo Caselli, Armando Spataro e Luigi Manconi. Dal mito della Resistenza alla sua strumentalizzazione, dalla protezione occulta offerta alla destra eversiva al sostegno, anche esplicito, degli intellettuali alla lotta armata, dalle responsabilità della classe politica alle contraddizioni della prima Repubblica, gli autori ripercorrono le tappe fondamentali di un racconto corale in cui luci e ombre, volontà di comprensione e desiderio di oblio si confondono. E analizzano il significato e le modalità della violenza, l’elaborazione ideologica dell’epoca, le rappresentazioni contemporanee e successive (tra manifesti, fotografie, film e libri), e i delicati rapporti tra Francia e Italia, soprattutto riguardo all’estradizione dei terroristi non pentiti, che ha avuto nella vicenda Battisti la puntata più recente. Per provare a capire in che modo il nostro Paese è potuto entrare, dopo la fiorente primavera del Sessantotto, nell’inverno più duro e lungo della sua storia.
Antesignana di tutte le mamme blogger, grande firma della satira italiana, Lia Celi ha iniziato la sua carriera di «mamma imperfetta » nel 1998, quando «Travaglio» significava solo «dolori del parto», non «giornalista scomodo». Le Spice Girls stavano ancora insieme. Per collegarsi a Internet c’erano i modem analogici, quelli che facevano «fiiiiii-chchchchch». Anche le mamme erano analogiche. Cioè, si sbattevano solo tra famiglia e lavoro, non tra famiglia, lavoro, palestra, estetista e Facebook. Non esistevano ancora le Milf (Mothers I’d Like to F***k). E nemmeno le mamme imperfette - o meglio, esistevano eccome, ma non erano state sdoganate. Erano una maggioranza silenziosa e ansiosa, tormentata dall’impari confronto con il fantasma della Mamma Perfetta, o con la sua ultima (sedicente) incarnazione: la suocera. Quali erano i requisiti della Mamma Perfetta? Non avere un lavoro, né desiderarlo. Non essere soggetta a pulsioni egoistiche come fame, sonno e desiderio sessuale. Non sentire mai il bisogno di un po’ di tempo per sé. Una spiccata tendenza alla pulizia compulsiva completava il quadro, titolo Madonna con Bambino e sterilizzatore. Da allora la famiglia di Lia è diventata un clan numeroso e bizzarro, dove i bimbi si partoriscono in casa e vengono svezzati a tortellini, il papà disegna fumetti, la gatta fa la babysitter e la tv è quasi sempre spenta. E chi ne ha bisogno, con tre ragazzine? Emma, the Brain, Gioconda, the Body e Iris, the Voice, bastano a riempire il palinsesto quotidiano di commedie, tragedie e cabaret, talent show e sport. Il quartogenito è un piccolo uomo: Orlando, the Darling. E meno male, perché perfino il virtuoso papà delle alcottiane Piccole donne, giunto a quota quattro figlie, aveva pensato bene di partire volontario per la guerra di Secessione. Per la madre di una famiglia numerosa, la realtà spesso sconfina nella fantasia: in questo libro, scritto con penna irresistibile e arguta, Lia Celi racconta quasi dodici anni vissuti pericolosamente, vivacemente, appassionatamente. Una storia in cui la quotidianità diventa, grazie a una mamma imperfetta ma sempre ironica, un susseguirsi entusiasmante di sorprese.
Lia Celi è nata a Parma e vive e lavora a Rimini. Autrice di satira, per sei anni ha fatto parte della redazione di “Cuore”. Ha scritto anche per Smemoranda, “Avvenimenti”, «Insieme » (dove da dodici anni tiene la rubrica cult Diario di una mamma imperfetta), “Gulliver” e lo “Specchio della Stampa”, per la tv e la radio. Ha pubblicato numerosi racconti per adulti e libri per ragazzi, fra cui la serie Ice magic (EL) e Anita Garibaldi (Einaudi 2008).
In queste pagine il cardinale Carlo Maria Martini guida i lettori in un illuminante percorso di esercizi spirituali: dodici meditazioni per giungere a una scelta definitiva dello stato di vita, una scelta ispirata da Dio. Non un semplice momento di preghiera e di raccoglimento, ma – secondo il modello stabilito da Sant’Ignazio di Loyola – un metodo per purificare il cuore e la mente. Celibato o matrimonio, vita sacerdotale, vita religiosa o vita missionaria, vita nel servizio sociale, culturale, politico. Una strada che si percorre ogni giorno, perché anche quando la scelta è già stata fatta occorre riconfermarla o rinnovarla, scuotersi di dosso il peso dell’abitudine e della stanchezza. Per questo l’esempio che il cardinal Martini ci propone è una vera e propria metamorfosi, la Trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor, quando davanti agli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, Gesù diviene splendente come il sole, Mosè ed Elia appaiono al suo fianco e una voce dal cielo proclama: “Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”. Un percorso che diventa un invito a trasfigurare la nostra vita mettendo in pratica il precetto di San Paolo: “Trasformatevi rinnovando la vostra mente”.
Dal concilio di Trento all’America
dei giorni nostri, l’incredibile
vicenda di un dipinto di
Michelangelo scomparso da oltre
cinque secoli e riscoperto
da uno dei maggiori esperti
dell’artista rinascimentale.
Un viaggio sulle orme dei
personaggi straordinari che hanno
sfidato la censura dell’inquisizione
in nome di una grande utopia.
“Il dipinto era steso su un ampio tavolo coperto da carta velina. Presentava l’aspetto comune a molti dipinti antichi realizzati con una tecnica eccellente. Le vernici ingiallite offuscavano i colori e le forme. Ma lasciavano trapelare intatta la forza della pittura di Michelangelo.” Antonio Forcellino, tra i massimi conoscitori dell’opera del maestro fiorentino, è abituato a ricevere decine di richieste di expertise, la maggior parte improbabili. Tra queste c’è anche quella di un americano che gli manda per email la fotografi a del disegno preparatorio di una tavola in suo possesso. Quel dipinto però potrebbe essere davvero un originale di Michelangelo, la Pietà dipinta per Vittoria Colonna negli anni inquieti che precedono il Concilio di Trento. Inizia così un’indagine storico-poliziesca che da un casinò di Buffalo conduce a un collegio cattolico di Oxford, passando dagli archivi vescovili di Ragusa, odierna Dubrovnik, e dal Metropolitan Museum di New York. Forcellino compie una ricerca sensazionale per ricostruire il destino del quadro, portato nella diocesi croata forse da Ludovico Beccadelli — un vescovo amico del pittore, costretto a ritirarsi lì a causa delle sue posizioni teologiche in odore di eresia — poi venduto a fine Ottocento e giunto in America. Con l’abilità del restauratore che riporta alla luce i colori originali, l’autore svela cosa si nasconde dietro le vicende di questo capolavoro perduto e, soprattutto, racconta con semplicità quanto casuale, imprevedibile e gioiosa possa essere la storia di una grande scoperta.
Dominic Baciagalupo, cuoco italoamericano, tiene sempre una padella di ferro appesa al muro della sua camera da letto. Perché nel 1954, nel primitivo insediamento di boscaioli di Twisted River, New Hampshire, la vita è dura, e la padella un’ottima arma di difesa. Almeno fino alla notte in cui il figlio di Dom, Danny, la usa per ammazzare quello che crede un orso, e invece è una donna dai lunghi capelli corvini: l’amante di suo padre, e la fidanzata di un uomo vendicativo e violento, Carl. Nel mondo “pieno di incidenti” in cui John Irving ambienta le sue storie magnifiche e umanissime, questo vuol dire, per padre e figlio, una fuga che durerà una vita. Fuga da una vendetta destinata prima o poi a colpire, da un “odio letale” cui verrà lasciato libero corso. L’unico legame col passato sarà per i fuggitivi il taglialegna Ketchum, omone burbero ed eccentrico, il più improbabile degli angeli custodi. E mentre le vite dei tre, all’ombra dell’odio di Carl, seguono i loro corsi disuguali e accidentati, come i tronchi che a Twisted River vengono trasportati dalla corrente, John Irving ci racconta con il suo genio di narratore un mondo in cui la sopravvivenza è insieme “tenace e precaria”, e la casualità troppo spesso si trasforma in tragedia. Anche se a volte, proprio per caso, s’incontra lungo la strada quello che ciascuno può chiamare il senso della vita.
Il problema del senso della tecnica è una delle costanti della ricerca filosofica di Emanule Severino. La civiltà della tecnica, che incarna e realizza la vera anima dell'occidente, ha esteso oggi il suo dominio al mondo intero. Questo libro, scritto alla fine degli anni Settanta, prende le mosse da temi come la guerra fredda, il socialismo reale, il terrorismo, l'evoluzione del partito comunista e la presenza della Chiesa nella società italiana, per risalire da un lato alle "radici della violenza" (che affondano nel pensiero greco), e per giungere sul versante opposto a delineare gli sviluppi futuri della storia e della politica.
“L’Italia è un virus tremendo, contagioso, irresistibile. Non fa paura, ma dovrebbe. È arrivato il momento di avvertire la popolazione europea del pericolo. E avvertire l’Italia addormentata che è ora di uscire dal coma.”
Dalle Olimpiadi all’Expo, dall’ecopass di Londra a quello di Milano un grido di battaglia e nuove idee per trasformare un presente insostenibile in un futuro possibile.
Esiste un posto dove la gente si muove in bicicletta, i mezzi pubblici filano veloci ed efficienti, l’ecopass ha ridotto il traffico del 20 per cento, i parcheggi diminuiscono per fare posto ai giardini pubblici, il wi-fi è disponibile ovunque. È Londra, a poche ore di distanza ma ad anni luce di progresso. Beppe Grillo ci è stato e ha visto con i suoi occhi come funziona davvero una città moderna, tecnologica e a misura d’uomo. Ha visitato un intero quartiere a emissioni zero costruito secondo i criteri dell’architettura ecosostenibile, ha discusso di Copenhagen e di fonti rinnovabili con il ministro dell’Energia, ha scoperto che le chiuse del Tamigi hanno davvero ripulito il fiume, ha parlato dei piani per rendere le Olimpiadi 2012 “greener than ever”. Poi è tornato in Italia e ha confrontato le tante iniziative inglesi con i troppi problemi italiani: un debito pubblico in vertiginosa crescita – unico prodotto Made in Italy che riusciamo ancora a esportare – l’inquinamento delle acque a contendersi il primato con quello dell’aria, un piano casa che permette di cementificare le coste dalla Sardegna alla Liguria, un progetto Expo che senza neppure essere partito è già un colabrodo di scandali, mafia e favori alla solita cricca. A spese dei cittadini, ovviamente, come sempre costretti a ripagare i debiti degli altri. Questo viaggio-inchiesta di qua e di là dalla Manica è un’accusa ai nostri governanti che da sessant’anni ci danno le stesse risposte perché non hanno capito che le domande e i tempi sono cambiati. Ma soprattutto è un appello per liberarci da questa zavorra polverosa e passatista ed entrare a grandi passi nel futuro, quello verde, equo e sostenibile che già esiste. Non resta che andare a prendercelo.
“Con i paraocchi delle
ideologie dominanti è difficile
vedere il comune, anche se
è ovunque intorno a noi.”
Al di là della proprietà,
al di là del pensiero
unico liberalcapitalista
c’è il bene comune.
“Il problema che il libro pone è certo quello davanti
a cui tutti ci troviamo: tentare la costruzione di una
società libera anche nelle nuove condizioni della
globalizzazione, che non è solo economica ma
coinvolge profondamente la nostra mente e i nostri
stessi affetti, desideri, sogni.”
— Gianni Vattimo su Impero
Dopo il comunismo e il capitalismo, oltre Karl Marx e Adam Smith c’è la vera alternativa: il “comune”, ovvero il bene comune. Insieme di conoscenze, linguaggi, affetti, energie, mobilità e natura, questo patrimonio generale è ciò a cui deve tendere la moltitudine se vuole modifi care davvero, dalle radici, l’impero economico odierno. Non attraverso l’insurrezione armata o la violenza sovversiva. Ma con una serie di pratiche che mira a restituire alle masse quello che appartiene loro di diritto, da sempre: la sovranità. In questo ultimo capitolo della trilogia inaugurata da Impero e proseguita con Moltitudine, Michael Hardt e Antonio Negri delineano un modo rivoluzionario di pensare la nostra epoca, completando un’opera destinata a essere per il XXI secolo ciò che il Capitale è stato per il XX. Dalla critica alle teorie del fascismo globale alla marginalizzazione umiliante delle classi produttive, dalle contraddizioni del sistema mondiale alla fi ne progressiva della funzione del capitale, dal fallimento dell’unilateralismo alla crisi che fa ormai da sfondo alla nostra vita, gli autori ci guidano in un percorso in cui modernità e tradizione, passato e futuro convivono. E propongono una serie di azioni politiche indispensabili per opporsi a quei poteri che lavorano non solo per sfruttare in privato ciò che è risorsa naturalmente data alla moltitudine, ma per bloccare la potenza straordinaria di quest’ultima, per arrestare la vitalità di un pensiero e di comportamenti capaci di essere autenticamente collettivi. Un’opera senza pari nel pensiero contemporaneo, un libro ricco e polifonico che cerca di “afferrare la scintilla che manderà a fuoco la prateria”. Per rivoluzionare il mondo ripartendo dalla povertà, dall’amore, dall’uomo.
Una rassegna degli intrighi, degli abusi e degli inganni che accompagnarono il processo di unificazione; i vizi d’origine di un Risorgimento che non fu solo lotta contro il dominio straniero, ma ebbe anche caratteri di guerra civile.
— Corriere della Sera
Come è possibile che un manipolo di 1000 garibaldini abbia sconfitto un esercito di 50.000 borbonici? Con quali poteri, con quali mafie dovettero allearsi Garibaldi e Cavour? Quella che la storia, scritta dai vincitori, ha battezzato “unificazione d’Italia” fu in realtà una guerra di conquista condotta dal Piemonte contro gli Stati sovrani del Centro e del Sud. E nei decenni successivi gli eventi che non si accordavano con la retorica patriottica sono stati nascosti o deformati. Così, dei ventidue anni dall’esplosione rivoluzionaria del 1848 alla breccia di Porta Pia, molto rimane nell’ombra: il bombardamento piemontese di Genova nel 1849, i plebisciti combinati per le annessioni degli Stati centrali, i provvedimenti anticattolici, la guerra al brigantaggio e le “leggi speciali”, la corruzione dei conquistatori e le loro collusioni con la malavita locale. Gigi Di Fiore ribalta un periodo cardine della nostra storia moderna per vederlo con gli occhi dei vinti: recupera documenti e testimonianze di una storiografia spesso ridotta al silenzio e porta alla luce intrighi e ambiguità. Una provocazione necessaria, per andare alle radici delle questioni irrisolte che ancora oggi spaccano il Paese.
Gigi Di Fiore, già redattore al “Giornale” di Montanelli, è inviato del “Mattino” di Napoli. Nel 2001 ha vinto il Premio Saint-Vincent per il giornalismo. Con Controstoria dell’unità d’Italia ha vinto il primo Premio letterario città di Melfi 2009 per la saggistica. Da anni si occupa anche di criminalità organizzata e per Rizzoli ha pubblicato L’Impero. Traffici, storia e segreti dell’occulta e potente mafia dei Casalesi (2008). Il suo ultimo libro è Gli ultimi giorni di Gaeta (Rizzoli 2010).