
Editoriale:
R. BARILE
Il male tra spiegazioni e mistero
Studi:
C. DOGLIO
Il male nell'Antico Testamento
C.L. CARREGA
Il male nel Nuovo Testamento
A. MASTRANTUONO
Le maschere del male
G. DI DONNA
La lotta luminosa: il catecumenato
A. LAMERI
Liberati dal gioco del mal: Quaresima e Tempo pasquale
D. MESSINA
Il male nel Rito della Penitenza
P.SORCI
Il mala: l'unzione degli infermi
R. BARILE
Il male: gli esorcismi
Come orientarsi fra le svariate discipline che rientrano nell'orbita della teologia? Anzi: che cosa si intende esattamente con "teologia"? Queste pagine si propongono di chiarire i concetti in gioco e di offrire un insieme di informazioni non solo corrette ma adeguate su un ambito che è davvero vasto. Prendendo come proprio centro di gravità la teologia dogmatica, quest'opera intende inquadrarla alla luce del suo passato, del suo presente e del suo avvenire. Sesboüé spiega allora che la teologia dogmatica non è il dogma: è la disciplina umana che cerca di capire nel modo migliore il contenuto del dogma. Dal punto di vista cristiano, la teologia avrà come oggetto centrale l'evento storico raccontato nella Bibbia e il cui apice è la venuta, morte e risurrezione di Gesù di Nazaret, proclamato dai cristiani Cristo e Signore, e adorato come Dio. Questo avvenimento prosegue in un'altra storia, quella della Chiesa, di cui Gesù di Nazaret è il fondatore e il fondamento. Per questo motivo, la teologia cristiana è in larga misura una storia, scienza dell'uomo per eccellenza. Una introduzione solida e sintetica alla teologia cristiana.
Anne Lécu sceglie di meditare alcuni versetti del Vangelo di Giovanni accompagnandoci per quaranta giorni, idealmente lungo l'intera Quaresima. Commenta i brani con molta libertà - in una lettura vagabonda, si, ma assorta e appassionata - per mostrare che l'evangelista ci invita a non guardare le nostre trasgressioni, ma a credere in Cristo, volgendo la nostra vita verso di lui. Il Gesù di Giovanni ci invita, anzi, a rinascere dall'alto: a recuperare, anche da colpevoli, l'innocenza, cioè quella dignità originaria che ci è donata e che ci attende sempre di nuovo. Attingendo alla sua esperienza di medico in servizio nei penitenziari e mettendo a profitto il suo attaccamento alla Scrittura, Anne Lécu parla al cuore. Tratteggia una visione positiva e liberante della vita, nella prospettiva di una rinascita sempre possibile. E si conferma qui una delle voci femminili della spiritualità contemporanea con cui bisogna assolutamente fare i conti. «Mi piace credere che convertirsi significhi immergersi nei rottami della propria vita lacerata per ritrovare il fondo a partire dal quale tutto ridiventa possibile. Mi piace credere che la conversione significhi camminare verso l'innocenza, e anzi camminare nell'innocenza verso il Padre» (Anne Lécu)
Parliamo facilmente dell'anima di un violino, dell'anima di una trave, dell'anima di una canna di fucile. Eppure siamo sempre più imbarazzati se dobbiamo parlare di anima umana. Perché? Sembra che "anima" evochi risonanze sospette, sicché tanti pensano di fare a meno - o preferiscono fare a meno - di quella nozione. La reputano desueta, mitica, infarcita di religioso. Lacroix, filosofo e moralista francese che per anni ha insegnato che «non c'è anima senza corpo», scorge ora uno stretto rapporto fra la rimozione del religioso e quella dell'anima. Così come il religioso è portatore di un significato che glie è proprio, allo stesso modo la nozione di anima è portatrice di un significato che va oltre le nozioni moderne con cui crediamo di sostituirla (come "soggetto" o "psichismo"): l'anima è propriamente apertura, è superamento, è libertà... "Anima" - termine che implica ragione e fede, buon senso e rivelazione - risulta in definitiva insostituibile. Sarebbe folle volersene sbarazzare.
Sono sette frasi brevissime, simili a un soffio che esce dalle labbra aride di Gesù morente, attanagliato dall'asfissia provocata dalla crocifissione. Eppure, la loro densità è tale da aver sollecitato nei secoli un'imponente riflessione teologica e spirituale e da aver conquistato anche la cultura occidentale che in esse ha condensato il mistero universale dell'esistere, del soffrire, del morire e dello sperare. Attraverso una lettura esegetica, accompagnata da percorsi meditativi, questo ideale ed estremo testamento di Gesù è di nuovo offerto in tutte le sue iridescenze umane e teologiche. Ma è anche incastonato all'interno della grande cornice della precedente passione e della successiva morte, risurrezione e glorificazione di Cristo. Lo sguardo si allarga, infine, anche alla tradizione spirituale e artistica che ininterrottamente ha cantato, rappresentato, meditato quelle ultime sette parole dell'uomo-Dio crocifisso.
Stiamo vivendo un tempo prezioso nella vita della chiesa: al centro della sua missione evangelizzatrice è tornata la parola di Dio, favorendo così una rinnovata vita spirituale dei cristiani, singoli e comunità, ma anche fecondando la catechesi e gli spazi di trasmissione della fede. Il presente commento alle tre lettere dell'apostolo Giovanni si qualifica per uno spiccato carattere teologico-spirituale. Arricchito da letture patristiche, ha il pregio di far conoscere meglio alcuni dei testi biblici tra i più penetranti e ricchi di spiritualità del Nuovo Testamento. Le tre lettere - scritte in un periodo in cui le prime comunità cristiane sperimentavano delle difficoltà a rimanere salde nella fede - ripropongono non a caso l'essenza dell'annuncio cristiano nella sua insostituibilità: la comunità cristiana riceve il dono dell'acqua viva del vangelo per poter giungere alla comunione con Dio, ovvero - detto diversamente - per realizzare l'unità tra Parola, Spirito santo e vita cristiana. «Nel metodo di Zevini, nitido e costante, ogni componente strutturale della pagina biblica, ogni sua unità letteraria, anzi ogni suo paragrafo sono illuminati non solo dal riflettore dell'analisi storico-critica, ma anche e soprattutto dalla fiaccola della teologia spirituale, proprio perché quei capitoli non contengono una serie di teoremi trascendenti o di riflessioni elaborate in un contesto tematico astratto. Sono, invece, un annuncio, una "rivelazione" epifanica di Dio all'umanità» (dalla Prefazione del card. Gianfranco Ravasi).
Queste pagine sono un invito a mettersi in ascolto di alcuni brani giovannei, assumendo come filo rosso il “paradigma del vedere”: in ciascuno dei racconti considerati compaiono personaggi che incontrano Gesù e, nella relazione con lui, imparano a “vederlo”, e a riconoscerlo. Per ciascun brano analizzato si offre una lettura esegetica essenziale, corredata poi da qualche commento di natura teologico-spirituale utili a favorire la meditazione della Parola. L’itinerario si svolge in più tappe ed è delimitato, da un lato, dalla richiesta entusiasta che alcuni greci, desiderosi d’incontrare il Maestro, rivolgono all’apostolo Filippo nell’imminenza della Pasqua – «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21) – e, dall’altro, dall’esternazione piena di gioia dei discepoli davanti al Risorto: «Abbiamo visto il Signore!» (Gv 20,25). Questa, in definitiva, è la méta dell’itinerario proposto da Lorenzo Rossi: che i nostri occhi, purificati dalla parola di Dio, giunga- no a vedere Gesù sempre più nitidamente.
Molti sono i volti che assume oggi la paura: per esempio la paura di attentati terroristici, l’ansia dettata da un’immigrazione fuori controllo e da una perdita di identità, il timore dei populismi di destra e di una scarsa lungimiranza in chi guida le nazioni... Quali risorse può mobilitare la fede per affrontare le paure che incombono su di noi – minacciose come altrettante spade di Damocle –, senza subirle né arrendersi? Possiamo lasciarci alle spalle le nostre ansietà? Senza avanzare pretese mirabolanti, Werbick esplora in profondità le diverse forme della paura e individua come la si possa vivere alla luce della fede biblica in Dio. Il suo è uno sguardo realistico, corretto, capace davvero di infondere coraggio in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo. «Non intendo eliminare del tutto la paura, però non voglio nemmeno compiacerla o, peggio, consegnarmi a lei. Difficilmente la semplice obiezione la impressiona. Mi piacerebbe riuscire a dirle la frase che la colpisce al cuore e la turba davvero. E, per farlo, devo intavolare un discorso attendibile...».
Per il concetto di "secolarizzazione" è tempo di bilanci. Introdotto in origine per indicare il passaggio di beni e persone della sfera sacra e quella profana, si è trasformato nei secoli quasi in un sinonimo di "modernizzazione" (slittamento non sempre condiviso dalla comunità scientifica oggi). Attorno a tutto ciò ha preso forma una raffinata teoria filosofica e teologica della secolarizzazione. Paolo Costa ricostruisce per la prima volta sistematicamente gli sviluppi avvenuti, che - specie nelle versioni più recenti - configurano un vero e proprio mutamento di paradigma. E lo fa analizzando il contributo di studiosi esemplari come H. Blumenberg, D. Martin, C. Taylor, H. Joas, T. Asad, M. Gauchet, J. Habermas e G. Vattimo. Il risultato dell'indagine è una fotografia nitida, che mette a nudo sia l'urgenza della questione storica sottostante al tema "secolarizzazione", sia i limiti strutturali dell'apparato concettuale su cui ha fatto leva la prospettiva teorica che ha prevalso fino a pochi decenni fa. Ne risulta, alla fine, una mappa indispensabile per orientarsi criticamente in uno dei dibattiti cruciali della contemporaneità.
L'udito e la vista sono i due sensi più importanti dell'essere umano, Oggi rischiamo il loro ottundimento, perché siamo circondati senza sosta da rumori, immagini e informazioni che si rovesciano su di noi come una pioggia battente. C'è chi in casa tiene il televisore acceso tutto il giorno. C'è chi anche quando va a correre al parco o a passeggiare in centro ha le cuffie sulle orecchie e ascolta musica. Così, però, non sentiamo quello che avviene introno a noi. Qualcosa di simile avviene con l'atto di vedere. Prendendo lo spunto da alcuni episodi biblici, dalla Regola di san Benedetto, da illuminanti intuizioni filosofiche, Grün dimostra come l'ascolto e la visione - due pilastri della nostra vita di ogni giorno - si ripercuotano sulla nostra interiorità. Sono vie a una vita ricca e intensa. Ci aiutano a giudicare e ad agire in maniera diversa, più consapevole e più attenta: con le orecchie del cuore e gli occhi del cuore. Ci aprono al mistero di Dio: ci portano a sentire l'Inudibile e a vedere l'Invisibile. Senza clamori, dall'ascoltare e dal guardare passa dunque l'azione di Dio verso di noi - e passa la risposta che noi diamo a lui!