
«Il mondo di oggi attraversa forti tensioni e cammina sull’orlo di una catastrofe»: con queste parole la Madonna a Medjugorje ha cominciato a mettere in guardia l’umanità dai pericoli che incombono sul suo cammino. La Regina della Pace si è manifestata a sei ragazzi di un piccolo paese della ex-Jugoslavia, ormai 28 anni fa, e tuttora continua ad apparire. A questi ragazzi, oggi adulti, ha consegnato anche dei segreti – dieci in tutto – che rivelerebbero il futuro prossimo dell’umanità.
Dieci segreti, come dieci furono le piaghe d’Egitto: due ammonimenti, un segno – che i veggenti dicono sarà «bellissimo, indistruttibile e non fatto da mani d’uomo» – e infine sette castighi. Questi segreti saranno svelati, uno dopo l’altro, con tre giorni d’anticipo, in modo che al loro verificarsi anche coloro che sono più increduli capiscano che è ora di decidersi per Dio e di cambiare vita, cogliendo le ultime possibilità di salvezza.
Dieci segreti per segnare altrettante tappe di un “tempo di prova” al termine del quale l’umanità che avrà scelto per Dio, dopo molta sofferenza e gravi attacchi alla fede, potrà finalmente abitare il mondo della pace che la Madonna ha promesso.
Fawad ha undici anni ed è «nato all’ombra dei talebani», come gli ripete sempre sua madre, Mariya. Non gli è chiaro cosa significhi esattamente, perché lei non aggiunge altro e lui era troppo piccolo quando quei fabbricanti di tenebre erano ancora in circolazione, ma una cosa è certa: una traccia di quell’ombra è rimasta sul volto della mamma. Severa e taciturna, non parla mai della famiglia perduta: il marito e il figlio più grande, uccisi, e la figlia rapita. Solo di tanto in tanto solleva lo sguardo dal cucito e rievoca i tempi felici, che nei suoi racconti hanno i colori di stanze dai grandi cuscini rossi e di un giardino dalle rose gialle.
Fawad pensa che la mamma, con le immagini che si inventa, potrebbe fare la poetessa, se solo sapesse scrivere, e invece è costretta a fare le pulizie nelle case dei ricchi per tirare avanti. Mentre lei è persa nel buio dei ricordi, Fawad corre nel vento e nel sole polveroso delle strade di Kabul, dove, insieme ai suoi amici, si inventa ogni giorno nuovi trucchi per alleggerire le tasche degli stranieri di passaggio.
Fino al giorno in cui Mariya trova impiego presso tre occidentali: Georgie, operatrice di una ONG; May, ingegnere; James, giornalista. Raccolto il poco che hanno, madre e figlio si trasferiscono a casa di quegli estranei: un mondo nuovo e bizzarro, fornito di tv e acqua corrente, ma fatto di stili di vita inconcepibili per chi è afgano. Spinto da un misto di curiosità e diffidenza, Fawad comincia a spiarne gli abitanti, fino a scoprire che tra quel mondo e il suo possono nascere l’amicizia e l’amore. Ma capisce anche che è impossibile sfuggire completamente alle tenebre. E lui stesso si troverà a fare i conti con l’ombra dei talebani quando questa tornerà a incombere sulle persone che più ama.
Ci sono molte cose che Leila non capisce. La parola matrimonio, per esempio. E nemmeno di cosa parlano le nutrici quando dicono che sua sorella maggiore, dimenticata come lei in un istituto, è già incredibile che qualcuno la voglia sposare. Però quando Wifaq, una sua compagna di scuola, dice: «Mia madre non vuole che parli con le figlie del peccato», Leila capisce eccome. In Sudan, dove Leila è nata, nascere fuori dal matrimonio è una maledizione, un’infamia incancellabile. La sorte di questi bambini è segnata. Molti vengono abbandonati a loro stessi. I più fortunati, come Leila, vengono cresciuti negli orfanotrofi , con il marchio della colpa. Senza affetto. Senza un futuro.
Ma Leila ha un carattere forte e si oppone al destino che tutti considerano già scritto. Finché un giorno sente il bisogno di fare qualcosa per i bambini come lei.
In quel pomeriggio lontano, alla frase di Wifaq aveva reagito con rabbia. Con una manciata di terra stretta in pugno, l’aveva aspettata fuori casa e gliel’aveva sbattuta in faccia, prima di scaraventarla nella polvere. Ma ora sa che parlare al cuore è meglio che aggredire.
Una memoir coinvolgente, che sussurra parole di speranza e riscatto.
È un giorno come tanti altri, per il vicequestore Michele Arlia, napoletano trapiantato nella capitale e, soprattutto, decisamente lontano dallo stereotipo del poliziotto giovane e atletico. Come ogni mattina è alla sua scrivania, con la pipa in bocca, spenta purtroppo, la giacca già macchiata nonostante siano solo le dieci e il cigolio della sedia a ricordargli che è ora di perdere almeno uno dei suoi centoquaranta chili, quando arriva quella maledetta telefonata: alla basilica di San Clemente una turista americana ha denunciato la scomparsa del marito durante una visita guidata e il caso ricade sotto la sua giurisdizione. Più seccato all’idea di dover lasciare le comodità dell’ufficio che preoccupato dal caso, in fondo si tratta di ordinaria amministrazione, il vicequestore raggiunge il luogo della sparizione.
Ad attenderlo, un’atroce scoperta: all’interno della nicchia ricavata in una parete giace l’uomo scomparso. Il corpo pare essere stato oggetto di un sadico rituale: evirato, con una ferita profonda sotto la scapola destra, le narici completamente ustionate. Per Arlia sarà il primo di una serie di omicidi eseguiti secondo la stessa procedura.
Solo la sua passione per la storia dell’arte e per l’archeologia lo porterà a capire che i delitti sono legati a un antico culto e che i luoghi in cui vengono lasciati i cadaveri non sono affatto casuali. Lottando contro il tempo e contro un assassino che vuole coinvolgerlo in un gioco perverso, Arlia si troverà solo e capirà di dover trasgredire alle regole per poter vincere la partita e salvarsi la vita.
In seguito alla nascita prematura, Rita si trova ad avere gravi problemi alle gambe, unitamente a una fragilità diffusa in tutte le membra. La mamma non si arrende, la piccola nemmeno, ed è l’inizio di un calvario fatto di una serie interminabile di esercizi fisici e sedute di fisioterapia. Fino all’intervento chirurgico, all’età di dieci anni, che pare prometterle di risolvere per sempre il problema di mobilità. E invece. Invece l’operazione non va come sperato e Rita si trova costretta su una sedia a rotelle.
Crollate tutte le illusioni di quella vita “normale” che neppure aveva avuto nei primi anni dell’infanzia, Rita cade nella disperazione, finché un giorno ficca gli occhi in quelli di sua mamma e le chiede: «Perché Dio mi ha abbandonata?». «Dio non ti ha abbandonato» risponde la madre «se ti è accaduto questo significa che Lui ha progetti per te sulla carrozzina, gli servi così.»
Questa risposta è stata la sua salvezza, l’inizio di un cammino che ha portato Rita a ritrovare la fede e, soprattutto, a ritrovare la vita, scoprendo in sé una insospettata forza interiore che l’ha aiutata a librarsi in volo, vivendo ogni giorno in modo assoluto e profondo, come se fosse l’ultimo, liberandosi da ogni ansia di guarigione e scoprendo finalmente il suo posto nel mondo.
Una testimonianza di vita commovente e carica di speranza.
Che cosa c'è di più rilassante di una passeggiata tra alberi esotici e fiori profumati? E quello che pensa la Misteri & Affini, in gita all'Orto Botanico. Ma quando una spaventosa pianta mannara ruba una rarissima e preziosissima orchidea, per i cinque amici scattano le indagini... Età di lettura: da 6 anni.
Per Sitchin la mitologia non è mera creazione fantastica, bensì confusa memoria di fatti realmente accaduti. Alla luce delle ipotesi dell'autore, tradizioni, leggende e ritrovamenti, da sempre circondati da un alone di mistero, diventano improvvisamente coerenti e comprensibili. Tutti i libri fondanti delle grandi religioni affermano che i segreti del futuro sono racchiusi nel passato. Ora, attraversando il confine fra storia e profezia, e decifrando l'origine e il significato autentico dei più antichi simboli alla luce delle più recenti scoperte scientifiche, Sitchin risponde alla domanda che era rimasta inevasa nella sua straordinaria controstoria dell'umanità: quando? Quando torneranno gli dei del dodicesimo pianeta?
«Quando l'aquila che si credeva un pollo vide volteggiare nel cielo un'altra aquila, dapprima abbassò la testa sconsolata e si disse: "Io non sono che un pollo". Poi rialzò gli occhi e, a poco a poco, dispiegò le sue magnifiche ali. Non ebbe più paura e il cielo l'accolse...» Tutti i segreti del pensiero positivo di Antony De Mello per ritrovare energia nel quotidiano e coraggio nelle difficoltà della vita.
Il simbolo perduto di Dan Brown ha al suo centro i segreti della massoneria, che per lo scrittore statunitense custodirebbe i misteri più profondi della storia del mondo, gli stessi che faticosamente riscoprono gli scienziati moderni e che le oscure forze del “fondamentalismo” religioso vorrebbero tenere nascosti all’umanità. Il simbolo perduto – oltre, naturalmente, a un’avventura mozzafiato costruita per il successo nelle librerie – è insieme un’apologia della massoneria, uno sguardo alla storia delle società segrete che riprende diversi temi del precedente romanzo di Brown Angeli e Demoni, dedicato agli Illuminati, e una ricostruzione delle origini degli Stati Uniti che non sarebbero cristiane ma appunto massoniche e segretamente neo-pagane.
Spesso impreciso e fazioso, il romanziere offre tuttavia l’occasione per un dibattito serio: che cos’è la massoneria? Chi sono i Rosacroce, i neo-templari, gli Illuminati, tutti evocati nei romanzi di Brown? Le società segrete dominano davvero gli Stati Uniti e la politica mondiale? Sono temi che possono fornire materia – e lo hanno fatto – a innumerevoli romanzi e film, ma che possono essere studiati seriamente. I romanzi e i miti in questo libro diventano allora occasione per una grande indagine da parte di uno dei maggiori specialisti internazionali. Un’inchiesta sulla massoneria, gli Illuminati, gli ordini occulti, il loro ruolo dietro le quinte della storia e della politica, negli Stati Uniti e altrove, e sulle ragioni per cui la Chiesa Cattolica di Papa Benedetto XVI mantiene ferma la sua condanna delle società segrete e vieta in particolare ai cattolici di diventare massoni.
Cosa si prova quando si mette un assassino con le spalle al muro? Quando si smaschera un killer insospettabile? Quando si rende finalmente giustizia a una vittima da tempo dimenticata? Le storie raccolte in Blue Religion ci fanno entrare nel mondo e nella mente di chi affronta ogni giorno il crimine.
Da Harry Bosch, alle prese con un caso che tocca nel vivo il suo ruolo di padre, al poliziotto in pensione che, soffrendo di Alzheimer, si precipita nel cuore della notte sulla scena di un delitto; dai due detective che raccontano qualche trucco del mestiere a un corso di scrittura creativa, all’agente che finisce degradato per non aver obbedito al suo capo corrotto: in tutte le storie, più dell’indagine in sé conta l’aspetto umano, la vita e il carattere di chi conduce quell’indagine e ne è inevitabilmente influenzato. Sono uomini e donne che sulla scrivania, al posto delle foto dei loro cari, hanno le immagini delle vittime i cui assassini sono ancora in libertà, a memento del lavoro mai finito. Sono agenti che per compiere la loro missione si muovono in equilibrio precario sul confine tra legalità e crimine, giustizia e vendetta, bene e male. Rischiando spesso di superarlo.
Michael Connelly e altre diciotto importanti firme del thriller ci mostrano in questa imperdibile antologia cosa significhi il peso del distintivo.