
Letture bibliche. Figure, riflessioni, esperienze; a cura di Vincenzo Vitiello e Giacomo Petrarca; V. Vitiello, Fare "midrash"; Figure; F. Duque, Caino, o della tragica fedeltà alla terra; M. Cacciari, Noè dopo il diluvio; H. Baharier, Ismaele; A. Colasanti, Rebecca madre; G. Petrarca, Elia, il profeta; A. Fabris, Tobi; V. Vitiello, Giuditta e Medea; D. Di Cesare, Ester; G. Petrarca, Marta e Maria; P. Coda, Le sette parole di Gesù dalla Croce; Riflessioni; V. Melchiorre, L'a priori biblico; M. Donà, Le ragioni della fede. Una lettura di Qohelet; Esperienze; M. Miegge, Come leggo la Bibbia; S. Nitti, Ermeneutica dell'inno di Natale. I fundamentalia di un protestante riassunti in un racconto di formazione; B. Forte, A Emmaus per guardare negli occhi il Viandante.
I "Diari" di Stefano Bazoli, custoditi per oltre ottant'anni tra le memorie familiari, coprono un arco di tempo che va dal 1929 al 1934. Qui sono pubblicate le parti più significative, relative alla morte prematura della moglie Beatrice. Pagine terribili e, al tempo stesso, luminose, dal ritmo drammaticamente incalzante. Bazoli guarda da vicino l'avanzare della morte, ne stende una cronaca fedele e sconvolgente, affannandosi attorno al significato di quell'"evento inesorabile". Nel marzo del 1934, a un anno dalla scomparsa della moglie, Bazoli ripropone estremi interrogativi sul dolore, la morte, la solitudine. Il "Ritratto" scritto da Maurizio Ciampa racconta come Stefano Bazoli ha saputo vivere oltre quella "suprema ingiustizia", pur restandone segnato per sempre.
"All'inizio del 2013 sono venuto a conoscenza di passi contenuti nei Quaderni neri che si riferiscono agli ebrei, all'ebraismo o, meglio, all'ebraismo mondiale. Mi fu subito chiaro che la pubblicazione di questi Quaderni avrebbe suscitato un grande dibattito internazionale. Già nella primavera di quell'anno ho pregato Friedrich-Wilhelm von Herrmann - l'ultimo assistente privato di mio nonno e, secondo una dedica di quest'ultimo, il 'principale collaboratore della Gesamtausgabe', in quanto profondo conoscitore del suo pensiero - di esprimere il suo punto di vista sui Quaderni neri nel loro complesso e, in particolare, sui passi riferiti agli ebrei ora al centro dell'attenzione pubblica. Nelle pubblicazioni sui Quaderni neri si sono diffuse rapidamente espressioni di grande effetto come 'antisemitismo onto-storico' oppure 'antisemitismo metafisico'. Ma c'è davvero dell'antisemitismo nel pensiero di Martin Heidegger? Von Herrmann propone qui la sua interpretazione ermeneutica e il suo collaboratore, Francesco Alfieri, conduce un'ampia analisi filologica dei volumi 94-97 della Gesamtausgabe, approdando a risultati sorprendenti che inaugurano una nuova prospettiva sui Quaderni neri" (dalla Premessa di Arnulf Heidegger).
Questo discorso del 1843 è uno sviluppo del concetto di "edificante" successivo a La prospettiva della fede e si presenta come un commento alle parole dell'apostolo Giacomo: "Ogni dono buono, ogni dono perfetto è dall'alto". Queste introducono alla controversa questione della "teodicea" come coniugare il bene proveniente da Dio e il male del mondo - declinata dal filosofo danese in chiave "esistenziale", spiega Umberto Regina nell'Introduzione, ripartendo dalla caratteristica distintiva dell'uomo: l'esistenza. L'uomo in quanto esistente ha un rapporto edificante con Dio: rispetto all'Eterno si innalza senza mai unirsi completamente. All'idea, avanzata da alcuni filosofi moderni, di una compromissione di Dio nell'imperfezione del mondo Kierkegaard risponde con il salto della fede, somma possibilità donata all'uomo per vincere sul male.
Il manoscritto dei primi anni '30, "Ragione e fede", qui presentato con introduzione e apparato critico di Luca Natali, dà il titolo a un'opera fondamentale di Piero Martinetti e ne contiene il nucleo teorico, che sta alla base della sua più ampia ricerca su Gesù in chiave non storica ma filosofica: una rigorosa critica della teologia come apologetica, volta a restituire alla fede e alla ragione la loro peculiarità senza riduzioni. L'originalità della prospettiva martinettiana è una sorta di "illuminismo religioso": la religione la si difende a partire dal riconoscimento della sua appartenenza, insieme alla ragione, a un processo libero della coscienza nell'acquisizione del sapere. Come dire, la verità - anche di "fede" - è alla portata di tutti coloro che esercitano la ragione e, in quanto legittime dimensioni dello spirito, l'una non può opporsi all'altra ma ne è parte.
Sulla poco considerata e dimenticata virtù della pazienza, Eberhard Jüngel e Karl Rahner aprono, in questo libro, orizzonti nuovi. "La pazienza è il lungo respiro della passione. Della pazienza ha bisogno ogni passione. La vera pazienza è sempre una passione filtrata nell'interiorità" scrive Eberhard Jüngel. Così il teologo di Tubinga approda già nel nucleo centrale delle sue riflessioni: le proprietà, l'essenza appassionata di Dio e la pazienza del suo amore. Alla "pazienza con se stessi" si dedica e la descrive quale arte della perseveranza nella tensione Karl Rahner: "Chi trova realmente la pazienza intellettuale con se stesso, sarà anche tollerante con il prossimo e non e non si comporterà come se egli stesso fosse la verità assoluta in persona". Un libro che - nella sua profondità teologica e onestà intellettuale - mette in risalto la pazienza, come vero presupposto alla tolleranza e come un'importante strada verso una migliore umanità.
Il concetto di persona è più antico di quanto si possa pensare e affonda nelle più remote origini della storia dell'uomo. Disegnandone una mappa al di là degli schemi tradizionali per la mentalità europea, questo saggio offre un affresco delle varie civiltà umane, anche tribali (dagli Indiani del Nord-ovest americano agli aborigeni australiani), esaminando fonti che provengono da diverse parti del mondo: l'assenza e la presenza dell'"io" nella cultura occidentale e in quella orientale, l'affermarsi del concetto di persona nel pensiero cristiano, che si intreccia alla storia del pensiero giuridico, e le sue trasformazioni nella "psicologia" moderna. Una prospettiva nella quale l'etnologia, lo studio comparato delle culture, offre alla sociologia e all'antropologia le basi per comprendere forme della vita sociale e umana che appartengono a più ampi processi.
"Poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini": così l'arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini salutava padre David Maria Turoldo celebrandone il funerale l'8 febbraio 1992, restituendo in pochi tratti un'esistenza cristiana tra le più intense del Novecento italiano, spesa per la salvezza de "L'Uomo" - nome emblematico di una testata promossa in gioventù -, e volta alla penetrazione del silenzio di Dio. Nella Milano della Resistenza e del dopoguerra, nella Firenze di Giorgio La Pira, a Sotto il Monte - terra di Giovanni XXII - negli anni precedenti e successivi al Concilio Vaticano II, dentro e fuori i canoni dell'Ordine dei Servi di Maria a cui con convinzione appartenne, Turoldo diede corpo e voce alle aspirazioni di rinascita religiosa, civile, sociale della sua generazione, guadagnando consensi e suscitando dissensi. Le censure e le sanzioni in cui incorse per via gerarchica non gli impedirono - consolato da una vena poetica che si completò negli anni con una fertile ispirazione di traduttore dei Salmi e creatore di inni per la liturgia - di esprimere in molteplici forme comunicative le domande di libertà, giustizia, pace, che animavano gli scenari e le coscienze del suo tempo.
Del libro profetico di Giona, contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana, fa eco la domanda che Dio rivolge al profeta: "non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra?". L'incapacità dei pagani di discernere fra bene e male rinvia al tema della giustizia, che sta alla base dell'ebraismo. Attraverso il commento a questo libro biblico, la riflessione sui concetti di giustizia e colpa, sulla dimensione messianica, sul tema della lamentazione, e l'esposizione delle "novantacinque tesi" su ebraismo e sionismo, i cinque testi (1917-1923) di Scholem qui raccolti fungono da guida per comprendere l'essenza del giudaismo. Pagine che fanno luce sulla prospettiva teologico-filosofica dell'autore, che conduce dall'analisi delle fonti e della storia ebraica allo studio della Qabbalà, la sua fondamentale tradizione mistica.