
"Fu nel 2009 che lasciai Pechino per New York. Per me era un ritorno negli Stati Uniti. Avevo già vissuto sull'altra costa, a San Francisco, fino al 2004. In mezzo, quei cinque anni in Cina sono stati lunghi quasi quanto un secolo. Non per me: per i rapporti di forza tra Asia e Occidente. Lasciai la California quando ancora la Cina era un'allieva, impegnata a emulare il maestro americano. Ho ritrovato un'America stremata dalla più grave crisi economica dopo la Grande Depressione. Una crisi che la Cina ha evitato, in modo magistrale, usando le leve del suo capitalismo di Stato. Così la storia ha avuto un'accelerazione improvvisa. Era chiaro che il XXI secolo sarebbe stato asiatico, ma in poco tempo lo scatto dell'Oriente ha dato la sensazione che i giochi siano già fatti. La Cina sembra padrona del proprio futuro, lanciata in una modernizzazione che brucia le tappe, l'America si trascina faticosamente fuori dal tunnel." L'America che Federico Rampini ritrova dopo cinque anni trascorsi nel cuore della tumultuosa crescita cinese è un paese in cui il debito pubblico e i tagli feroci hanno reso ogni infrastruttura fatiscente, in cui strade, metropolitane e ospedali non sono paragonabili a quelli realizzati nelle grandi capitali asiatiche. La Cina, invece, spinge ormai la sua influenza fino a luoghi insospettabili. "Occidente estremo" è un mosaico di esperienze vissute, di luoghi e di personaggi incontrati nei due imperi in competizione.
Quando, il 7 ottobre del 2006, Anna Politkovskaja fu assassinata rimasi scioccato. La brutalità di una democrazia travestita, per la quale i sovietologi hanno coniato il termine democratura, aveva parlato. Ho trascorso quasi due anni tra Ucraina, Russia e Siberia, per cercare di capire, registrare, viaggiando in compagnia dei miei quaderni da disegno. Cosa era stata l'Unione Sovietica? Così è nato questo libro di storie di persone piccole, che attraverso il racconto mi hanno aiutato a cercare di dipanarlo, questo mistero russo. La scintilla arrivò al mio arrivo a Mosca, il 19 gennaio 2009, quando con un colpo alla nuca furono assassinati l'avvocato, e amico di Anna Politkovkaja, Stanislav Markelov e Anastasia Baburova, stagista della Novaja Gazeta, il giornale che pubblicava i reportage di Anna. Poi certo, Parajanov, il grande regista giorgiano di origine armena, allievo spirituale di Pierpaolo Pasolini. Arrestato e deportato per quasi cinque anni in Siberia. Il suo crimine? Non avere aderito ai canoni del realismo socialista. In compagnia dei suoi film, nei lenti giorni di viaggio ho attraversato in treno il cuore della Siberia e forse compreso un poco della meravigliosa disperazione russa. Un reportage disegnato sottoforma di graphic novel.
Negli anni Settanta ha fortissimamente voluto uno dei "rossi" più eleganti di sempre. Nei Novanta ha esportato vigneti nelle migliori "terre da vite" del pianeta. Attualmente sta terminando, nel suo Chianti, una cantina-tempio che rivoluzionerà il modo di vedere il vino. "Amo parlare del mio lavoro, non di me" ha ripetuto in mille interviste il marchese Piero Antinori, che oggi, venendo meno a questo proposito, si racconta. Lo fa adesso che la sua azienda si avvia verso un nuovo, lungo futuro sotto la guida delle tre figlie, Albiera, Allegra e Alessia (a conferma di quella rivoluzione "rosa" che sta caratterizzando la vitivinicoltura italiana). Oggi che il marchio si è ormai affermato come un'eccellenza made in Italy, tanto da firmare alcuni dei vini più premiati e innovativi del secolo. Oggi che nei sotterranei di Tignanello riposa un'annata 2010 che può rivelarsi eccezionale. Forse addirittura quel Vino Perfetto inseguito, prima di lui, dal padre e dal nonno, ultimi di ventidue generazioni di "vinattieri" Antinori. Ma come si raccontano oltre seicento anni di storia famigliare, sei secoli di vigne, un cinquantennio passato "dietro la scrivania grande di palazzo Antinori", e una ricetta della qualità composta in una vita di incontri, esperimenti e vittorie? Piero Antinori lo fa partendo da ciò che conosce meglio, le sue creature: sette etichette, alcune celeberrime, altre inedite, a scandire una storia. E dentro questa storia c'è tutto.
Una delle azioni più importanti del Pontificato di Benedetto XVI è stato, nel 2010, lo sviluppo di una cosiddetta “nuova evangelizzazione”. Un’espressione che ha le sue radici nel Concilio Vaticano II, utilizzata per la prima volta da Giovanni Paolo II nel 1979 per significare la volontà di proporre il messaggio cristiano con maggior incisività e freschezza.
In quest’epoca di crisi culturale e ideologica dell’Occidente la Chiesa ha il compito delicatissimo di guidare l’uomo e la società verso una salvezza individuale e collettiva, verso una vita più vicina alla parola di Cristo. A questo scopo Benedetto XVI ha creato un nuovo dicastero dedicato specificamente al mondo occidentale, alla cui guida è stato posto monsignor Fisichella. In questo saggio, che è un manifesto religioso e culturale, monsignor Fisichella ci spiega in che cosa consiste il grande compito a cui lui e la Chiesa sono chiamati: proporre la centralità della famiglia, favorire l’etica della finanza, riqualificare la presenza dei cattolici in politica e soprattutto invitare le persone a non perdersi nella solitudine e nell’indifferenza.
RINO FISICHELLA (Cologno 1951), vescovo ausiliare di Roma, è rettore della Pontificia Università Lateranense e, dal 2010, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. È uno dei più importanti teologi a livello internazionale. Ha pubblicato numerose opere, tradotte in diverse lingue, fra cui da Mondadori: Nel mondo da credenti (2007) e Identità dissolta (2009).
Oltre novant'anni fa il partito popolare di don Luigi Sturzo lanciò un celebre appello "ai liberi e forti" a "cooperare ai fini superiori della Patria senza pregiudizi né preconcetti"; un manifesto rivolto ad allargare la partecipazione popolare a uno Stato unitario nato in contrapposizione a una parte importante della società italiana. Maurizio Sacconi propone oggi un manifesto analogamente dedicato a "un popolo di liberi e forti che, ancorato ai valori della tradizione nazionale, ha saputo resistere al fascino delle ideologie totalitarie, che diffida degli interessi particolari che pretendono di farsi bene comune ed è responsabilmente orientato a non attendere con passività dallo Stato le risposte ai propri bisogni, perché intento a costruirle attraverso forme comunitarie". Ora come allora, egli ritiene di dover porre alla base di una nuova stagione di sviluppo dell'Italia la funzione guida del popolo umile e laborioso, cui si sono ricorrentemente contrapposti nella storia unitaria gli interessi più ristretti di élite cosmopolite e antinazionali, di borghesie orientate al facile arricchimento attraverso rendite e favori pubblici, di corpi separati dello Stato. Solo quando si afferma questo primato il senso della nazione coincide con il senso dello Stato, ovvero i valori della tradizione - la persona, la famiglia, la comunità - sono compiutamente assunti a riferimento delle politiche pubbliche.
Anche la critica non ha potuto fare a meno di constatare, dopo il suo ultimo grande successo con “Il tempo che vorrei”, che Fabio Volo è un vero e proprio fenomeno: editoriale, letterario, di costume. I suoi libri riempiono le classifiche (capita di vederli presenti anche tutti e cinque contemporaneamente), gli zaini dei ragazzi e le borse da lavoro degli adulti, le mani dei viaggiatori e i comodini dei sognatori. Ma oltre ogni tentativo di spiegazione (sociologica, semiotica, storica), oltre la sua notorietà mediatica, rimangono dei libri pieni di emozioni, di ironia, di intelligenza. Come questo suo nuovo romanzo.
Modello per secoli di tutta, o quasi, la lirica italiana, il "Canzoniere" del Petrarca si configura come un'opera di estrema modernità: moderna è la consapevolezza con la quale il poeta si pone nei confronti di una vastissima tradizione letteraria; moderno è il linguaggio, astratto e formale ma anche plastico e ricchissimo, dal quale pure promana una sensazione di facilità ineguagliata; moderna è la metrica, divenuta poi canonica; moderna l'attitudine sperimentale non seconda a quella dantesca; moderno il ruolo assegnato alla letteratura, moderno l'afflato narrativo. Moderna la concezione dell'amore, che fonda il suo rituale su un'esperienza fondamentalmente interiore; e moderno, infine, lo spessore di quell'"io" poetico che per la prima volta in questi versi assurge a personaggio vero e proprio, anzi protagonista assoluto. Il testo dei trecentosessantasei componimenti (i "rerum vulgarium fragmenta") è accompagnato dal commento di Marco Santagata: un caposaldo della critica e della filologia, l'edizione di riferimento del "Canzoniere".
"Perché ci identifichiamo sempre con quello che non abbiamo, invece di guardare quello che c'è? Spesso i limiti non sono reali, i limiti sono solo negli occhi di chi ci guarda. Dobbiamo fermarci in tempo, prima di diventare quello che gli altri si aspettano che siamo. È nostra responsabilità darci la forma che vogliamo, liberarci di un po' di scuse e diventare chi vogliamo essere, manipolare la nostra esistenza perché ci assomigli. Non importa se hai le braccia o non le hai, se sei lunghissimo o alto un metro e un tappo, se sei bianco, nero, giallo o verde, se ci vedi o sei cieco o hai gli occhiali spessi così, se sei fragile o una roccia, se sei biondo o hai i capelli viola o il naso storto, se sei immobilizzato a terra o guardi il mondo dalle profondità più inesplorate del cielo. La diversità è ovunque, è l'unica cosa che ci accomuna tutti. Tutti siamo diversi, e meno male, altrimenti vivremmo in un mondo di formiche." Questo è un memoir che diventa libro inspirational. Simona Atzori è nata senza braccia, ma ha saputo trasformare questo handicap in un punto di forza, e realizzare i suoi grandi sogni: dipingere e diventare una ballerina (ha danzato anche con Roberto Bolle). Da qualche anno Simona viene chiamata da scuole, associazioni, aziende (e programmi tv), per raccontare la sua storia, ma soprattutto la sua filosofia. Ovvero che ognuno è diverso a modo suo, e non ci manca proprio niente per essere felici.
La coppia di avvocati Wes e Mary Grace Payton ha puntato tutto sulla causa legale intentata dalla vedova Baker, cittadina di Bowmore, Mississippi, contro la Krane Chemical, colpevole di avere avvelenato la falda acquifera del paese e di avere causato decine di morti per cancro. Per quella causa gli avvocati Payton hanno rifiutato clienti, venduto la casa e le belle automobili, rinunciando a uno stile di vita che era sempre sembrato del tutto connaturato alla professione. Il primo grado del processo si conclude con una sentenza a favore della vedova, ma Carl Trudeau, azionista di maggioranza della Krane, non è uomo da arrendersi facilmente. Sa che tutto si gioca in corte d'appello. E se gli avvocati non bastano, basta mettere sul libro paga anche giudici e politici...
Madison ha tredici anni ed è una ragazzina come tante. Be' insomma, più o meno... Figlia di una star del cinema parecchio narcisista e di un miliardario, viene, tra le altre cose, dimenticata per le vacanze di Natale nel suo collegio di iperlusso in Svizzera dai genitori, in giro per il mondo a caccia di orfani da adottare davanti ai media. Durante una notte degli Oscar, Madison riesce nella non facile impresa di morire per una overdose di marijuana, e all'improvviso si trova in una situazione assolutamente diversa da quella della maggioranza delle sue coetanee. Per dirla tutta, Madison non solo scopre di essere morta, ma per giunta di essere finita all'inferno, con la non esaltante prospettiva di dover trascorrere un bel po' di tempo (a occhio e croce l'eternità) tra le fiamme e quei tormenti che lo hanno reso tristemente famoso. Insomma, è innegabile che sia difficile pensare positivo, ma Madison è una ragazza pratica e cerca da subito di rendere meno terribili le sue prospettive: prima di tutto deve farsi degli amici, poi deve scoprire come funzionano le cose all'inferno. Infine (e questo è un obiettivo mica da ridere), deve cercare di farselo piacere. In poco tempo diventa amica di un gruppetto di coetanei: una cheerleader, un secchione, un punkrocker e un giocatore di football, e con loro attraverserà il Deserto di forfora e valicherà Colline di unghie tagliate, per arrivare alla città fortificata dove vive Satana...