
È stato Patrick ad avere l'idea di invitare gli amici per un weekend di tennis e relax. Non vede l'ora di esibire la favolosa residenza di campagna acquistata grazie ai lauti guadagni della sua attività per così dire... spregiudicata di consulente finanziario. Ma alla bella moglie Caroline non ha rivelato il vero motivo di questa riunione a cui tiene così tanto. Caroline è una donna senza peli sulla lingua che conosce bene il caro maritino, quindi non si fa certo problemi a dire la sua in merito a questa iniziativa. È ben contenta di accogliere Stephen e Annie, i vecchi vicini di casa con qualche problema finanziario, un po' meno di vedere l'arricchito Charles e la sua aristocratica moglie Cressida, ed è scontentissima di dover avere a che fare con il competitivo e pedante Don, cliente di Patrick, e la sua sciocca figlia Valerie. Quando le quattro coppie si riuniscono, sembra già chiaro chi siano i vincitori e chi i vinti nella vita. Ma nel momento in cui la prima palla viene lanciata oltre la rete l'impeccabile campo da tennis in erba diventa teatro di qualcosa di molto diverso da un piacevole torneo fra amici. Ha inizio infatti una due giorni di ripicche, scenate e rivelazioni, culminante nell'arrivo di un ospite inatteso che sovvertirà completamente gli equilibri... In "A che gioco giochiamo?" Madeleine Wickham racconta il rapporto che intratteniamo con il denaro, scegliendo come bersaglio della sua tagliente ironia il mondo fatuo dei nuovi ricchi.
"Tu credi? È costruito tutto su una semplice ma fondamentale provocazione: ho chiesto ai miei interlocutori di dirmi in tutta onestà se ritengono che Dio esista, e qual è la loro conseguente scelta di vita". Così Antonio Monda presenta questo libro: una serie di conversazioni con i protagonisti della letteratura, del cinema e della cultura americane contemporanee, da Paul Auster a Saul Bellow, da Jane Fonda a David Lynch, Jonathan Franzen, Martin Scorsese e altri. Intellettuali e artisti di estrazione diversissima per sesso, religione, tradizioni culturali, abitudini, con posizioni variegate in tema di fede, da chi intrattiene un colloquio quotidiano con Dio a chi vive nella convinzione della sua raggelante assenza. Raccontati con sincerità, scelte e percorsi di ciascuno di loro permettono al lettore non solo di approfondire la propria personale riflessione spirituale, ma anche e soprattutto di capire meglio la realtà contraddittoria dell'America, il paese del consumismo e del puritanesimo.
"Un corpo irriconoscibile abbandonato come un cane nelle campagne della Locride. L'interminabile, soffocante stagione dei sequestri di persona. E poi, nella nostra carne, le fiamme che divorano il mobilificio di nonno Ciccio, l'omicidio di mio padre. E nessun colpevole. Perché continuare a vivere in una terra che ripagava il nostro amore incondizionato con tanta spietata ferocia? Andarsene via, ovunque, purché lontano da Bovalino, fuori da quei confini diventati così angusti. Approdare in una città accogliente come Modena, nel tentativo di rimuovere, di dimenticare il passato, di trovare una normalità. Nascondendo a tutti, persino a me stesso, la rabbia e la sofferenza. E così ho fatto per tanto tempo, fino a quando, ormai ventenne, ho chiesto in lacrime a mia madre di guidarmi nel doloroso esercizio della memoria. Ho voluto sapere tutto di quella sera del 23 ottobre 1989, di quei colpi di lupara sparati contro la Panda rossa di mio padre. Dopo, per me è stato l'inizio di una nuova vita. Senza più vergogna, senza più sentirmi addosso gli sguardi di commiserazione della gente. Ma ricordare e raccontare sono atti troppo rivoluzionari, troppo scomodi per chi ha costruito il proprio impero sulla menzogna e sull'omertà. Intanto la 'ndrangheta aveva viaggiato più veloce di noi ed era già lì, nell'Emilia terra della Resistenza, a conquistarsi sul campo il predominio della criminalità organizzata e pronta a zittire le mie inchieste giornalistiche." (Giovanni Tizian)
Quale oscuro legame unisce Luca Trevisan, cuoco famoso, esperto di spezie, e Andreas Dürren-Fischer, celebre restauratore di quadri fiamminghi? Luca e Andreas appartengono a due mondi diversi, l'arte e la cucina, e hanno due caratteri opposti: tanto timido e impacciato il primo, quanto sicuro di sé e mondano il secondo. Tuttavia, quando Luca conosce Andreas pensa sia arrivato finalmente il momento per dare una svolta alla propria carriera. L'invito del restauratore a seguirlo in un giro di incontri professionali in Germania gli offrirebbe l'occasione di trovare nuovi clienti e abbandonare il ristorante di provincia che gli garantisce una vita tranquilla, ma che lo costringe anche a sacrificare le sue più alte ambizioni professionali. Luca accetta la proposta, ma non sospetta che dietro l'affabilità del restauratore si nascondano segreti inconfessabili e un passato impossibile da dimenticare. In viaggio con Andreas fra i boschi della Germania e le montagne dell'Austria, Luca verrà trascinato in un gorgo che minaccia di distruggere ogni sua certezza obbligandolo a compiere scelte atroci. Unico appiglio per mantenere la lucidità, il diario dove da anni annota osservazioni sulle spezie e sulla preparazione delle ricette. Ma c'è un uomo che segue Luca e Andreas da lontano: un ispettore "a caccia di fantasmi", in lotta da anni con un complicato caso internazionale e che, per uno strano gioco d'incastri, sarà forse l'unica persona in grado di salvare Luca...
Marta ha dieci anni e tre amiche. Insieme hanno inventato un gioco crudele e segreto: a turno una di loro diventa la nemica del gruppo, quella su cui riversare tutto l'odio di cui sono capaci. Ogni settimana scolastica prevede cinque giorni di solitudine, di corse fino a casa per non farsi fare male; cinque giorni di complicità negata, di sguardi affilati, minacce; cinque giorni d'insulti, di paure, senza lasciare che nessuno, al di fuori del loro piccolo gruppo, se ne accorga. D'altro canto il mondo dei grandi non sembra avere molto da offrire: tra i genitori di Marta le cose non funzionano da tempo, e la città in cui vivono è attraversata da tensioni costanti e quotidiane. Perché Marta abita in Alto Adige, una terra divisa tra K, i tedeschi, e V, gli italiani arrivati dopo la Prima guerra mondiale. Una terra ricca eppure lacerata in ogni gesto quotidiano dalle regole della "proporzionale etnica" e, ancor più, dalla lama della lingua che nomina ogni oggetto con parole diverse e rivali. Crescere qui significa farsi carico di un'eredità di divisioni, prepotenze, speranze, e iniziare presto a interrogarsi su ciò che ci unisce e ci oppone gli uni agli altri. Per fortuna, Marta ha una passione in grado di aprirle in ogni momento una porta sull'incanto: la musica. Solo che per riuscire a sentirla forte e nitida dovrà liberarsi dagli stridori e dai rumori di fondo, respirare profondamente e prestare orecchio alla melodia che, inascoltata, suona dentro di lei.
Il XX secolo, con lo spaventoso numero di vittime provocate da due guerre mondiali e vari genocidi, è stato definito "il secolo più violento della storia", e l'alba del nuovo millennio sembra prefigurare scenari non meno inquietanti. Eppure, anche se può sembrare incredibile, in passato la vita sul nostro pianeta è stata di gran lunga più violenta, e quella che stiamo vivendo è probabilmente "l'era più pacifica della storia della nostra specie". A sostenere questa tesi è Steven Pinker, il quale dimostra, statistiche alla mano, che il calo della violenza può essere addirittura quantificato. E le cifre che fornisce sono impressionanti. Le guerre tribali hanno causato, in rapporto alla popolazione mondiale del tempo, quasi il decuplo dei morti delle guerre e dei genocidi del Novecento. Il tasso di omicidi nell'Europa medievale era oltre trenta volte quello attuale. Schiavitù, torture, pene atroci ed esecuzioni capitali per futili motivi sono state per millenni ordinaria amministrazione, salvo poi essere bandite dagli ordinamenti giuridici di tutte le nazioni democratiche. Ma che cosa ha determinato questo declino della violenza? Secondo Pinker, tale processo è dovuto al trionfo dei "migliori angeli" della nostra natura (empatia, autocontrollo, moralità e ragione) sui nostri "demoni interiori" (predazione, vendetta, sadismo e ideologia), un trionfo reso possibile dalle istanze civilizzatrici su cui l'Occidente ha fondato la propria identità.
In occasione dei centocinquant'anni dalla nascita di d'Annunzio, si completa con il teatro l'edizione delle sue opere nei Meridiani. I due tomi, a cura di Annamaria Andreoli con la collaborazione di Giorgio Zanetti, raccolgono, per la prima volta, corredate di ricchissimi apparati, tutte le opere drammatiche dannunziane, da "Francesca da Rimini" alla "Figlia di Iorio", dalla "Fiaccola sotto il moggio" a "Fedra" e al "Martyre de saint Sebastien", solo per citare le più celebri. Versatile e aperto a ogni sperimentazione, d'Annunzio lascia nel suo tempo il segno sull'intero mondo dello spettacolo: tragedia, commedia, melodramma, sacra rappresentazione, pantomima, balletto, cinema (film e documentario). Ogni testo è accompagnato da un'introduzione che ne ripercorre le fasi ideative e compositive, soffermandosi poi sull'allestimento scenico, sulla regia, sugli interpreti e sulle reazioni del pubblico, e da note esplicative, indispensabili quando si tratta di drammi storici di ambientazione remota o esotica. Anche il saggio cronologico è mirato alle opere teatrali: sottolinea la centralità del teatro nella vita di d'Annunzio e getta nuova luce sulla sua travagliata relazione amorosa con Eleonora Duse, grazie a documenti solo di recente recuperati. Non meno nuovo risulta il suo rapporto con il cinema, di cui è pioniere entusiasta, sia in veste di soggettista che di teorico.
"Mi ritrovai in un mondo completamente nuovo. Il mondo più bello e più strano che avessi mai visto... Luminoso, vibrante, estatico, stupefacente. C'era qualcuno vicino a me: una bella fanciulla dagli zigomi alti e dagli occhi intensi. Eravamo circondati da milioni di farfalle, ampi ventagli svolazzanti che si immergevano nel paesaggio verdeggiante per poi tornare a volteggiare intorno a noi. Non fu un'unica farfalla ad apparire, ma tutte insieme, come un fiume di vita e colori che si muoveva nell'aria." Queste sono alcune delle parole usate da Eben Alexander, neurochirurgo e professore alla Medicai School dell'università di Harvard per descrivere il Paradiso. Il dottor Alexander è uno scienziato che non ha mai creduto alla vita dopo la morte eppure è toccato a lui esserne testimone. Nel 2008 ha contratto una rara forma di meningite e per sette giorni è entrato in coma profondo che ha azzerato completamente l'attività della sua corteccia cerebrale. In pratica il suo cervello si è completamente spento, eppure una parte di lui era ancora vigile e ha intrapreso uno straordinario viaggio verso il Paradiso. Al suo risveglio il dottor Alexander era un uomo diverso, costretto a rivedere le sue posizioni profondamente razionali sulla vita e sulla morte: esiste una vita oltre la vita, esiste il Paradiso ed è un luogo d'amore e meraviglia. "Milioni di farfalle" è la testimonianza di questa esperienza.
La figura di Wilhelm Meister accompagnò Goethe per buona parte della sua vita, fin dalla giovinezza: è infatti il protagonista del suo secondo romanzo, "La vocazione teatrale" di Wilhelm Meister, composto tra 1777 e 1785. Una decina d'anni dopo Goethe tornò sul personaggio, forte di una moltitudine di esperienze (il viaggio in Italia, la Rivoluzione francese, l'amicizia con Schiller) che lo avevano portato a una maturazione intellettuale, politica e umana. Smorzato dunque lo slancio esasperi ratamente romantico delle prime opere, diede vita a "Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister", pubblicato tra 1795 e 1796 e considerato il capostipite del "Bildungsroman": in queste pagine la formazione di un artista diventa la formazione tout court di un uomo, nella quale il teatro non è che una tappa, destinata a essere superata. Come ebbe a dire un Goethe ultrasettantenne rileggendo la propria opera, "Wilhelm è di certo un 'povero diavolo', ma è solo in tali individui, non già in caratteri solidi e conchiusi, che è possibile mostrare con grande evidenza il gioco alterno della vita e i suoi mille compiti diversi".
31 dicembre 2000: mentre il XX secolo si chiude per sempre, Peter Jarkovic compie novant'anni. Ritiratosi sull'isola di Brazza, di fronte a Spalato, vive ormai "come un misantropo taciturno e pressoché sereno", se non fosse per la vampata di un ultimo desiderio, evanescente come un fuoco d'artificio. Del secolo che sta morendo e che ha attraversato quasi per intero, Peter ha conosciuto le pieghe più nascoste: è stato un agente segreto, votato alla doppiezza e al tradimento. "Un picaro intrepido, perseverante, all'occorrenza flessibile; tetragono alle virtù ingessate che l'annoiavano e lo deprimevano; incapace di servire fino in fondo un solo padrone e una sola ideologia" - è così che si descrive, poco prima che l'apparizione di un volto di donna lo rituffi nella Vienna del 1933, tra il clima rarefatto della Konditorei Demel e le tensioni di un mondo che sta per esplodere. Hitler è appena salito al potere quando il giovane Jarkovic entra nell'Oms, un'organizzazione clandestina del Komintern. A guidarlo non è una vocazione ideologica, ma un improvviso smarrimento, una fatale "distrazione". L'incontro fortuito con Bruno Hamok, un leninista colto e cinico, dà inizio a un percorso di iniziazione, tortuoso e appassionante, che attraverso personaggi indimenticabili, avventure rischiose e furtivi amori ancillari, ci conduce nel cuore nero del Novecento europeo: dall'Austria minacciata dall'Anschluss alla Mosca già raggelata dal terrore staliniano...