Centouno interviste distribuite nell'arco di quattro decenni: il più imponente corpus disponibile di autocommenti calviniani. L'effetto è quello di un grande cantiere autobiografico: un'autobiografia in progress, mobile e sfaccettata, costruita per successive espansioni: un'auto-presentazione simile a un prisma rotante che prende forma davanti ai nostri occhi, senza mai consentire una visione completa e stabilizzata. Proprio così, forse, Calvino avrebbe desiderato apparire: coerente ma non inerte, dinamico senza essere dispersivo, e intento a un'assidua costruzione di sé, nella quale può riuscire volta a volta ostinato o volubile, tenace o extravagante, ma mai immobile, mai appagato o equivoco. Pur nella brevità del respiro consentito dalla forma intervista, queste pagine offrono una messe di osservazioni straordinariamente ricca. Sull'opera calviniana, in primo luogo, sugli indirizzi di fondo come sulle singole opere; ma non solo. Si vedano ad esempio le sparse riflessioni sul genere romanzesco, in termini ora definitori, ora funzionali; o la impietosa diagnosi che identifica il "vizio d'origine" della letteratura italiana: "Una letteratura cresciuta nell'aiolà del gusto e della sensibilità anziché nell'orto delle idee"; o le numerose osservazioni sul modo di leggere e sul ruolo dei lettori. Introduzione di Mario Barenghi.
Venezia, primo Cinquecento. A pochi decenni dalla rivoluzione di Gutenberg, la città è una stamperia a cielo aperto. Mentre il numero di librai e tipografi è in euforico aumento - la concorrenza si fa feroce e i torchi macinano pagine senza tregua -, si affaccia con urgenza sulla scena il problema della qualità dei testi. Per garantire l'"onore" dei libri pubblicati, gli stampatori si circondano di un fitto pulviscolo di collaboratori: chierici e laici che correggono, limano, "bulinano" scrupolosamente i testi da editare. Vengono detti, appunto, "correttori": oggi si chiamano redattori, editor. Fra tutti spicca Giovan Francesco Valier, chierico veneziano amico di importanti letterati e artisti, dal Bembo a Raffaello, da Bernardo Tasso all'Ariosto che ne parla con gratitudine perfino nell'"Orlando Furioso". Mondano e colto, brillante raccontatore di storie boccaccesche e conoscitore del migliore italiano letterario, il Valier verrà scelto dagli eredi di Aldo Manuzio per intervenire su un libro che diventerà un bestseller, il "Cortigiano" di Baldassar Castiglione. Ma Monsignor Valier, uomo intraprendente e all'occorrenza assai spregiudicato, vanta parecchi contatti anche sul fronte della politica, veneziana e italica. In tal senso coltiva alcune ambizioni pericolose; talmente rischiose che, sullo sfondo di un intrigo internazionale, lo condurranno a una fine tragica e sconvolgente.
I Greci non ebbero un libro sacro. Espressero la loro visione della vita attraverso il libero gioco dei miti, che circolavano oralmente in un intreccio di versioni spesso contraddittorie: un sistema solo in apparenza caotico, ma in realtà coerente e animato da inesauribile energia fantastica. Di ciò da conto questa antologia in due volumi: Guidorizzi ha infatti costruito un percorso strutturato attraverso i miti usando parole e racconti degli antichi. Ne risultano dei capitoli collegati tra loro che offrono una visione complessiva del mito e dei suoi valori culturali e religiosi.
La tragica avventura della Repubblica di Salò è stata fra le più pesantemente colpite dalle semplificazioni ideologiche. Tanto le versioni dei vincitori quanto quelle dei vinti hanno trascurato, e mistificato, la realtà storica a favore dell'esaltazione di amor di patria, sentimento nazionale, passione civile e - da ultimo - consacrazione eroica delle vittime. Mimmo Franzinelli si lascia alle spalle queste logiche e sulla base di fonti inedite o sinora trascurate descrive la tentata resurrezione del fascismo nel settembre 1943 e i successivi sviluppi fino all'aprile 1945. Gli scritti di Mussolini, i rapporti di Kappler per Hitler, le carte di Claretta Petacci, i notiziari della Guardia nazionale repubblicana, le note della Segreteria particolare del duce rivelano una storia inedita di equilibri estremamente instabili, dove Mussolini, inseguendo il sogno di una rinascita improbabile - anche sul piano personale -, svolge comunque un ruolo da protagonista nella guerra civile innescata dalla costituzione della RSI e dall'insediamento del suo quartier generale sul lago di Garda. Consapevole di essere ostaggio dei nazisti, il vecchio dittatore, esautorato dai tedeschi, criticato dai suoi stessi colonnelli e lontano dal suo popolo, è costretto in un microcosmo di sopravvissuti dove unico referente resta Claretta, la giovane amante, e obiettivo primario - ossessivamente quanto vanamente perseguito - è spostare la sede di governo lontano da Salò.
"Il Romanzo di Alessandro" è in assoluto l'opera dell'antichità più amata e più tradotta, e che ha esercitato maggiore e più duratura influenza. Dalla sua prima comparsa in età ellenistica è stata copiata e riscritta una infinità di volte, non solo nella sua lingua originaria, il greco, ma anche in una molteplicità di lingue e dialetti di epoca sia tardoantica sia medievale sia moderna. Luogo di raccolta di tutte le leggende su Alessandro Magno, è una intrigante combinazione di generi priva di qualsiasi unità letteraria, eppure dotata di una inesauribile capacità di fascinazione.
Il 14 febbraio del 1989 Salman Rushdie riceve la telefonata di una giornalista della BBC che lo informa di essere appena stato "condannato a morte" dall'ayatollah Khomeini. E per la prima volta sente pronunciare la parola "fatwa". La sua colpa? Aver scritto un romanzo intitolato "I versi satanici", un libro accusato di blasfemia, una bestemmia "contro l'islam, il Profeta e il Corano". Comincia così una vicenda dolorosa e fuori dall'ordinario, in cui uno scrittore è costretto a vivere in clandestinità, cambiando continuamente domicilio e sotto il costante controllo di una scorta armata. A Rushdie viene anche chiesto di scegliersi uno pseudonimo, che la polizia possa usare per riferirsi a lui. Dopo aver pensato agli scrittori più amati, sceglie i nomi di Conrad e Cechov: Joseph e Anton. E da quel momento, Salman Rushdie diventa il signor Joseph Anton. Ma come può vivere uno scrittore sotto la minaccia di essere ucciso? Che ne è della sua creatività? E dei suoi sentimenti? In che modo la disperazione ridà forma ai suoi pensieri e alle sue azioni? In questo memoir, Rushdie racconta la sua storia, che è poi la storia di una battaglia cruciale ai nostri giorni: quella per la libertà di espressione. Ma ce ne racconta anche gli aspetti più personali, e sono aneddoti a volte di grande tristezza, a volte straordinariamente divertenti. E riflette su come editori, giornalisti, scrittori, intellettuali, uomini politici hanno reagito a questa vicenda, non sempre con spirito di solidarietà.
Gaia, 38 anni, porta la taglia 38, vive nel centro di Milano e in equilibrio perfetto sul suo tacco dodici si muove disinvolta tra sfilate e locali alla moda: del resto ha un marito che le garantisce una grande agiatezza, un amante il cui profilo su Facebook dice sempre "innamorato", una figlia che va alla scuola steineriana, due amiche di nome Ilaria e Solaria, un iPhone, un iPod, un iPad e una psicanalista che a ogni seduta pronuncia queste parole: "Sono trecento euro". Madre in carriera, può vantare l'invenzione dell'apericena, rito che ha ormai contagiato l'intera penisola, e la soddisfazione di non avere fatto mancare nulla alla figlia Elettra senza per questo trascurare il lavoro. Nessuna sbavatura, insomma. Eppure il passato bussa, implacabile, nel sonno. Un incubo ricorrente, che sembra voler riportare a galla qualcosa... Prima o poi Gaia dovrà decidersi a parlare di suo padre. E dei suoi tre anni di black-out. Anche perché a un tratto nel suo presente si è aperta una piccola crepa, destinata ad allargarsi come la tela di un ragno e a mandare in pezzi le sue sicurezze: il licenziamento dall'agenzia di comunicazione dove lavora, un'impasse sentimentale inattesa, la carta di credito bloccata, Elettra che lancia segnali di un disagio sempre più ineludibile...
Un libro da sfogliare e risfogliare, con cui i piccolissimi lettori possono fare mille scoperte da soli, anche se guidati dai genitori: ogni parola un disegno per imparare a riconoscere i vestiti, i giocattoli, gli oggetti, gli ambienti, gli animali, in compagnia della loro amatissima topina. Ricco di alette da sollevare, per tante coloratissime sorprese! Età di lettura: da 2 anni.
"Un secolo e mezzo dopo la sua pubblicazione, 'Walden' è diventato un totem indiscusso della mentalità improntata al ritorno alla natura, alla tutela ambientale, all'anticonsumismo e alla disobbedienza civile... Nella fitta messe di classici americani della metà del XIX secolo, 'Walden' è quello che più ha contribuito a costruire l'odierna percezione che l'America ha di se stessa." Così si esprime John Updike sul capolavoro di Thoreau pubblicato nel 1854. L'autore vi descrive la sua "fuga" nei boschi del New England e i due anni trascorsi sulle sponde del lago Walden in una capanna. Mentre conduceva il suo esperimento di vita nella natura selvaggia, venne arrestato per non aver pagato la poll-tax, destinata a finanziare la guerra contro il Messico e la conservazione dello schiavismo. All'episodio è dedicato l'altro scritto qui raccolto, "La disobbedienza civile" (1849), che, trascendendo le ragioni contingenti, offre riflessioni di estrema attualità sulla natura della democrazia e sul rapporto tra individuo e collettività. Amati da schiere di letterati e attivisti, da Hawthorne a Eliot a Martin Luther King, questi due celeberrimi scritti di Thoreau sono vivificati da una scrittura tanto immediata e semplice quanto meditata e ricca di fascino.