
Le ragioni che hanno spinto l'autore a scrivere questo libro sono state essenzialmente due: il desiderio di esprimere la propria opinione contro i "faccendieri dell'occulto" (falsi medium, "maghi") che speculano in modo ignobile sul dolore di chi ha perso un essere amato, e lo scopo di indicare, alla luce delle osservazioni, degli esperimenti e degli studi più rigorosi, le pochissime vie d'accesso all'altra dimensione che l'uomo ha a disposizione, nonché i mezzi di approccio "tecnico" a tali vie. Si tratta pertanto di un libro che vuole fornire delle informazioni - le più attendibili possibili - a chi si trova faccia a faccia con la morte di una persona cara, e che si sente mancare ogni appiglio. Ma il suo intento è anche quello di preparare interiormente alle "separazioni" che, comunque, la vita riserva a tutti. La conoscenza degli indizi a favore della sopravvivenza, potrà aiutare chi soffre a capire che la morte è soltanto una fase di passaggio a un altro tipo di esistenza, le cui tracce esistono "soprattutto" dentro ognuno di noi.
Mario Meunier in Apollonio di Tiana ha voluto rendere accessibile e fare rivivere con lo stesso spirito della sua pia leggenda, la curiosa e attraente figura di uno degli ultimi rappresentanti della sapienza antica e dell’ascetismo aristocratico e mistico del saggio di Samo, Pitagora. La storia della vita, dei viaggi e dei prodigi di Apollonio di Tiana ci è giunta soprattutto attraverso il racconto, in otto libri, che ci ha lasciato Filostrato (III secolo d.C.). La Vita di Apollonio sembra essere stata composta per incarnare in un uomo un ascetismo rigoroso, rari doni di chiaroveggenza, di guarigione e di divinazione, l’ideale stesso che ci si faceva allora di un pitagorico. Filostrato, in effetti, ha rappresentato il saggio di Tiana come l’erede della dottrina, della regola di vita e della scienza taumaturgica e mistica del divino Pitagora. Malgrado tutti i suoi difetti, il romanzo filosofico o, per essere più esatti, la vita romanzata di Apollonio di Tiana scritta da Filostrato, getta dunque la più viva luce sui costumi, le idee, le credenze di un secolo interessante; costituisce un documento di prim’ordine sull’ideale che si facevano, all’inizio del III secolo, del saggio e del santo le anime e i circoli che aspettavano la loro salvezza da un paganesimo purificato, da una rigenerazione spirituale delle tradizioni pitagoriche e da una comprensione più filosofica e più corretta delle dottrine, dei miti e dei riti delle religioni del passato. “L’anima è immortale; essa non ti appartiene, ma appartiene alla Provvidenza. Quando il corpo si è estinto, come un cavallo da corsa rapidamente liberato dai suoi legami, essa si slancia facilmente e sale a mischiarsi con l'aria pura e leggera, fuggendo dalla sua pesante e triste servitù. Il bene che questa sorte deve riservarti, tu lo conoscerai quando non ci sarai più. Perché allora cercare di saperlo, finché ti annoveri nel numero dei viventi?”
La storia dell'Europa, e di tutto l'Occidente è cambiata radicalmente con un sogno premonitore. La notte del 27 ottobre dell'anno 312 d.C., l'imperatore romano Costantino è accampato con le sue truppe a poca distanza da Roma. Durante il sonno, Costantino riceve la visione di Cristo che gli suggerisce di scrivere sugli scudi il monogramma greco del Salvatore "XP" con la leggendaria promessa in hoc vinces (con questo vincerai). Il giorno seguente si scontra in battaglia col nemico Massenzio, schierato a difesa di Roma. Questo evento ha due fonti storiche principali, riferite da Eusebio di Cesarea (265-340) e Lattanzio (250-327). I due resoconti hanno in comune un sogno che vide protagonista l'imperatore Costantino e una croce, che gli sarebbe apparsa, presagio di vittoria. "In hoc vinces" è un viaggio nel tempo, alla ricerca di indizi archeologici, esoterici e astronomici nascosti dalla polvere dei secoli che, insieme al racconto della vita del leggendario imperatore romano e dei molti misteri legati alla vicenda storica che lo riguarda, offrono al lettore di oggi una nuova lettura e un'inedita interpretazione di quel "segno".
Il racconto di un viaggio che si snoda dalle foreste dell'Amazzonia all'isola greca di Simi, dalle Azzorre alla Patagonia cilena. Un itinerario che si intreccia con un percorso interiore ritmato da uno stillicidio di coincidenze, sincronie, destini incrociati, costantemente segnati da una presenza, quella dell'Arcangelo Michele. L'autrice, essendo sostanzialmente laica, nella sua narrazione ha dato un ruolo da protagonista alla "voce della ragione" per non perdere mai di vista il rigore razionale, l'ironia e l'autoironia ed evitare la deriva nelle lande fascinose ma infide dell'Inconscio e del Mistero. Anche dopo la scrittura di questo libro sono continuati gli incontri nei quali c'è lo zampino dell'Arcangelo Michele che sembra essere la guida e il fulcro di un processo planetario già in corso, teso a favorire un salto di qualità della coscienza collettiva, un passaggio epocale a dimensioni spirituali più alte e complesse. Una svolta che probabilmente non riguarderà l'umanità nella sua interezza ma una minoranza peraltro consistente che si è andata preparando in questi decenni ed è ora pronta a questo innalzamento di vibrazioni energetiche e di stati di coscienza. Prefazione di Guido Ceronetti.
L'Ordine monastico-militare dei Templari, nato in Terrasanta nel XII secolo con lo scopo di proteggere i pellegrini e difendere i Luoghi Santi, aveva dislocato i suoi insediamenti lungo le principali strade medievali di comunicazione, nonché nelle più importanti città commerciali e portuali della penisola. L'indagine degli autori ha permesso di ritrovare un gran numero di tali luoghi in Italia, tutti descritti in ogni particolare in questo libro, insieme con la loro precisa localizzazione e con le indicazioni topografiche per poterli raggiungere. Giunta alla sua terza edizione, questa guida si propone come un documentato testo di studio per gli appassionati della storia dell'Ordine del Tempio in Italia; la sua struttura a schede, però, ne fa anche un pratico strumento di viaggio per coloro che desiderano visitare i luoghi in cui vissero i Templari italiani.
Padre Ulderico Pasquale Magni, oltre che sacerdote, è anche epistemologo, cioè filosofo della scienza. Nominato direttore dello Studium Christi di Roma, ha frequentato contemporaneamente il Centro di Comparazione e Sintesi per gradi successivi, maturando il suo sogno giovanile: attivare il dialogo galileiano fra Bibbia e Natura, fra Scienza e Teologia. Presidente dell’Associazione culturale Akropolis, direttore della rivista Il Fuoco, da molti anni sta conducendo un difficile discorso dove Teologia e Scienza si incontrano per una migliore comprensione di fenomenologie fino a pochi decenni fa inspiegabili. Partecipa a convegni e trasmissioni televisive e radiofoniche e ha ricevuto molti premi, tra cui la Medaglia d’oro del giornalismo, il Premio Cortina Terzo Millennio, il Premio Agape del giornalismo.
Pur essendo un uomo schivo e riservato, Paola Giovetti, approfittando della vecchia e affettuosa amicizia che li lega, è riuscita a intervistarlo, venendo a sapere molte cose di lui; altre le ha ricavate da documenti e testimonianze inedite. Ne è uscito un piccolo libro che gli rende omaggio, un ringraziamento per quanto da tanti anni sta facendo per la ricerca psichica e per tutti coloro che frequentano questo campo.
Stigmatizzato, veggente gratificato dall’incontro con la Madre di Dio e con Gesù, in contatto anche con Esseri di altri mondi, coinvolto nel famoso e tanto discusso problema del terzo segreto di Fatima, impegnato in prima persona in opere sociali e nella lotta alla mafia: tutto questo, e altro ancora, è Giorgio Bongiovanni.
Nato nel 1963, oggi è un uomo nel pieno della sua maturità, è un personaggio scomodo per alcuni, positivo e foriero di speranze per altri. Certamente un simbolo, una presenza che non lascia indifferenti.
Fino all’età di 26 anni, la sua vita è stata normalissima, anche se contrassegnata da episodi particolari come l’avvistamento di Ufo, il contatto con gruppi di ufologi, in particolare con la forte personalità di Eugenio Siragusa. Poi ha avuto la visione di una bellissima Signora vestita di bianco e, obbedendo al suo invito, si è recato a Fatima dove ha ricevuto il “segno” che la Signora gli aveva preannunciato, ma che lui mai e poi mai avrebbe immaginato: le prime due stigmate gli si aprono sul palmo delle mani. Un evento che ha rivoluzionato la sua tranquilla vita professionale di piccolo imprenditore nel campo delle calzature e di ufologo per passione.
Questo libro, che fa seguito a un altro che Paola Giovetti ha pubblicato nel 1997 (La storia straordinaria di Giorgio Bongiovanni), intende descrivere i fatti finora avvenuti e rispondere a coloro – e sono tanti – che si interrogano sulla figura certamente enigmatica e sconcertante di Giorgio Bongiovanni. Per scriverlo la Giovetti ha avuto la collaborazione piena di Giorgio stesso, dei suoi familiari e dei suoi amici, quindi il libro esce con il loro totale consenso e con la loro approvazione. Contribuirà a far luce su un personaggio dal destino straordinario, e soprattutto farà riflettere sui grandi Misteri che ci circondano e sul nostro compito in questa vita.
Pitagora non lasciò alcuno scritto. Il breve testo in esametri greci, noto col titolo latino di Aureum carmen, è stato volta a volta attribuito a Pitagora stesso, a Empedocle, a Filolao, a Liside. In realtà, si tratta di una silloge di età tarda, per la quale è possibile postulare una fonte risalente al IV secolo a. C.
I precetti forniti dai Versi riguardano l’osservanza degli obblighi religiosi e dei doveri naturali, la vigilanza sulle passioni, la moderazione, la sopportazione dei dolori, la distanza dagli eccessi, l’equilibrata cura del corpo. Libero nelle sue scelte, l’uomo è responsabile della propria condotta, per cui è esortato a riflettere prima di agire, mentre gli viene ricordato che, per un felice compimento delle azioni, sono necessari l’esame di coscienza e la preghiera. Grazie alla purificazione spirituale, il pitagorico raggiungerà un grado di perfezione tale, che potrà conoscere l’essenza comune agli dei e agli uomini, finché la sua anima, liberata dai vincoli delle passioni, ascenderà al libero etere.
Nel 1959 Julius Evola pubblicò una nuova versione di questo testo. “In un commento e in uno studio introduttivo – scrisse poi nel Cammino del cinabro – ho utilizzato le principali testimonianze esistenti sul pitagorismo nonché il commento di Ierocle ai Versi per cercar di dare al lettore una idea complessiva del pitagorismo e dello spirito di esso”.
Si è perciò ritenuto opportuno pubblicare, in questa nuova edizione de I Versi d’Oro pitagorei, l’introvabile Commentario di Ierocle, la Vita di Pitagora, scritta da Porfirio, e un brano della Vita pitagorica di Giamblico, in una nuova traduzione eseguita dal curatore dell’opera, Claudio Mutti, che nel saggio introduttivo ha seguito l’evoluzione del lungo rapporto di Evola con la tradizione pitagorica.
Negli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso hanno cominciato ad arrivare i bambini indaco. Precoci, consapevoli, coraggiosi, integri, indipendenti, impazienti, spirituali, sensibili e spesso sensitivi – ma spesso anche grintosi e “difficili” – essi sembrano aver compiuto un salto evolutivo rispetto alla generazione precedente. Nati per spazzar via i vecchi e ormai superati sistemi educativi e sociali.
A partire dagli anni Novanta arrivano i bambini cristallo, che rappresentano l’evoluzione dei bambini indaco. Molto più sereni e tranquilli di loro, sono amorevoli, affettuosi, amanti della pace e dell’armonia. Quindi consapevoli, comprensivi e accomodanti.
I loro occhi profondi ed espressivi colpiscono e commuovono. Vengono per mostrarci un nuovo modo di essere e seguono la via spianata dagli indaco, che porta a un mondo più sicuro e tranquillo. Indaco e cristallo, entrambi sensibili e sensitivi, hanno quindi temperamenti assai diversi, i secondi sembrano essere l’evoluzione dei primi, destinati a fruire delle loro battaglie e delle loro innovazioni.
Questo libro segue il filo rosso di questa evoluzione e fornisce stimoli e consigli a genitori ed educatori, per costruire un mondo migliore insieme ai “nuovi bambini”.
Questo libro insegna che la maggior parte della sofferenza che proviamo è inutile e può essere sconfitta. Subendo l’influsso della filosofia aristotelica, siamo portati a pensare in termini di polarità: vero o falso, bene o male, giusto o sbagliato, sinistra o destra. Un approccio simile sembra renderci la vita più semplice, mentre in realtà – così sostengono Russell Targ e J.J. Hurtak – aumenta solamente il nostro disagio.
Per cercare di superare questa polarità degli opposti e di sconfiggere la sofferenza, gli autori combinano la saggezza orientale con le scoperte della fisica quantistica, scoprendo una “terra di mezzo” in cui gli opposti hanno soltanto il significato che noi diamo loro.
Buddha ci insegna a vivere un’esistenza utile e compassionevole e ad abbandonare il nostro ego nella vastità della pace. Il sentiero di mezzo indicato dal Buddhismo ci dimostra che le cose possono anche essere, nello stesso tempo, vere e false, oppure né vere né false.
Straordinariamente, le recenti scoperte della fisica moderna riecheggiano questi insegnamenti antichissimi.
Orizzonte di speranza, quindi, unisce due ambiti fino a oggi percepiti come opposti, il Buddhismo e la Fisica, e dimostra, passo dopo passo, come possiamo imparare a sperimentare la fine della nostra sofferenza.