
Gli studi sull'Islam condussero Schaya nel 1950 in Marocco, dove ebbe l'opportunità di entrare in contatto con alcuni eminenti rappresentanti della spiritualità musulmana, tra cui il venerato Shaikh Mohammed at-Tadili. Egli poté così approfondire il lato essenziale di questa tradizione, attingendo alle sue sorgenti più pure. La presente opera è un riflesso di quell'incontro intimo con lo spirito vivente del sufismo, nonché delle sue meditazioni sul Corano e sui trattati sufici. Al Corano, infatti, è ancorato tutto l'Islam, il cui messaggio gravita costantemente intorno a un solo oggetto: Allah, "la divinità" una e onnipresente; ed è nell'insegnamento sufico che è possibile scoprire il senso più profondo di questo messaggio. Il saggio di Schaya intende esporre gli aspetti fondamentali della metafisica sufica, che scaturisce dal credo musulmano "Non vi è divinità all'infuori della Divinità" (la ilaha ili-Allah), e la sua interpretazione esoterica, secondo la quale "la divinità" è "il tutto che è unico" e "l'unico che è tutto".
La cronogenetica è stata elaborata nel 2001 dai coniugi Mario e Domenica Grilli. Si tratta di una disciplina che aiuta a risolvere i conflitti familiari e gerarchici, con ricadute positive su ogni aspetto della vita: emozionale, lavorativo, di studio e soprattutto aziendale. Molte delle paure e degli errori che sperimentiamo nascono dal fatto che non viviamo una vita nostra, ma siamo costretti a ripetere esperienze che si sono già verificate nel nostro albero generazionale, sebbene poi siano state dimenticate. Se il Vecchio Testamento imposta la legge generazionale sul concetto di colpa: "I padri hanno mangiato l'uva acerba e i figli sono nati con i denti allegati", la cronogenetica ci assicura: "Sei destinato a ripetere solo quello che hai dimenticato!". L'inconscio non può permettere di perdere il valore dell'esperienza, per questo non accetterà mai l'omertà come soluzione. Il percorso cronogenetico è l'occasione per far pace con i genitori, ma soprattutto per liberare i figli dalle conseguenze pesanti di ciò che è stato taciuto per vergogna, per paura o per eccessiva protezione.
Il volume presenta la traduzione del Fushikaden, che è sempre stato una sorta di bibbia - per secoli rimasta segreta - per gli attori del No, fin da quando Zeami Motokiyo perfezionò il genere drammatico e scrisse per esso numerose note. Il No è una forma drammatica composta in sostanza da mimo o recitazione, canto poetico e musica, eseguiti su un palcoscenico del tutto disadorno, a eccezione di quattro colonne e la raffigurazione di un grande albero di pino sullo sfondo. Per alcuni drammi possono esservi dei semplici arredi scenici, ridotti agli elementi essenziali e raffinati al punto da costituire mere suggestioni. Tale minimizzazione costituisce l'essenza della stessa rappresentazione drammatica. Tutte le complicazioni non necessarie vengono eliminate e la presenza principale di fronte allo spettatore è una non-presenza, uno spazio e un tempo vuoti. È per questo che qualsiasi parola, movimento o suono - per quanto lieve - assume una rilevanza straordinaria. I samurai di alto rango praticavano la recitazione, la danza e il canto del No con sincero entusiasmo, poiché lo collegavano in parte alla perfezione di una cultura superiore e in parte allo studio del Buddhismo Zen, e talvolta perfino all'arte della spada. Ancor oggi, il Fushikaden viene letto con molta assiduità, confermando con la sua stessa brevità l'affermazione secondo cui "lo studio del No è in realtà lo studio della cultura giapponese in generale".
Il libro è il seguito, scritto 11 anni dopo, di "In viaggio con l'arcangelo". Al termine di quell'opera l'autrice era convinta che la sua fosse un'avventura spirituale personale, o condivisa da un gruppo limitato di persone. Ma nuovi incontri e nuove coincidenze, invece, le hanno fatto capire che tale esperienza era destinata a crescere e allargarsi come una marea montante negli anni a venire. I due libri raccontano, quindi, lo svolgersi di una stessa vicenda, andrebbero letti l'uno dopo l'altro, come una storia a puntate, anche se l'autrice, all'inizio di questo secondo volume, fa comunque un rapido riassunto del precedente. "Lo sguardo dell'anima" è essenzialmente un "diario di bordo", una cronaca dei fatti scritta con rigore e ironia, il racconto di un percorso fatto di passi avanti e indietro, di ristagni e di rilanci, di perdita e ritrovamento di sentieri, insomma un itinerario scandito dall'imprevedibile, e per ciò fascinoso, battito della vita. È la conferma che esiste una forza luminosa, mossa dall'amore intelligente, che guida e promuove l'evoluzione: l'arcangelo Michele.
Storia, tradizioni e pratiche della mistica ebraica
"La mistica ebraica è un roseto con mille spine. La maggior parte dei libri intrappola il lettore tra le spine; Le via della Cabala ci permette di sentire il profumo del fiore. Questo è un libro da leggere più e più volte".
Rabbi Rami M. Shapiro
La mistica ebraica è fiorita – talvolta brillantemente, talvolta oscuramente – nel corso di cinquemila anni. In Le Vie della Kabbalah Perle Epstein offre una vivida ed accessibile introduzione ai metodi, alle scuole e ai praticanti di questo mondo affascinante. L’Autrice traccia la storia della Cabala attraverso le vite dei suoi illustri studiosi e santi, e sbroglia la rete delle antiche tradizioni celate in testi quali il Sefer Yetzirah e lo Zohar. Queste pagine sono attraversate dalle parole di cabalisti e mistici straordinari – tra cui Simeon Bar Yohai, Isaac Luria, Abramo Abulafia e il Baal Shem Tov – i quali impartiscono istruzioni su pratiche che vanno dalla contemplazione degli insegnamenti segreti della Bibbia al rito, alla preghiera estatica e alla meditazione intensiva.
"L’autore spiega la cabala con la massima chiarezza con cui può essere illustrata, e con un’autentica simpatia verso il sapere mistico".
Isaac Bashevis Singer
Crisi personale, karma e reincarnazione alla luce dell'evoluzione
Chi non ha avuto la spiacevole esperienza della morte di una persona amata, di una separazione o di un divorzio, di un conflitto di tipo sessuale o della solitudine? Ebbene, tutte queste esperienze – strettamente collegate al karma e alla reincarnazione – sono altrettante chiavi di lettura della vita.
Offrendo un programma pratico per coloro i quali desiderano trasformare la propria esistenza, gli Autori spiegano come indirizzare tali esperienze a scopi evolutivi. I coniugi Bro sono particolarmente qualificati a trattare questo tema, soprattutto per aver lavorato con Edgar Cayce gli ultimi anni della sua vita, raggiungendo una elevata conoscenza della sua filosofia e della sua pratica.
Inoltre, essi hanno avuto modo di dare per lungo tempo il proprio aiuto e i propri consigli a un gran numero di persone alle prese con problemi e crisi personali e in qualità di conferenzieri.
Questo libro può essere utile non soltanto a superare la crisi di oggi, ma anche ad acquistare sufficienti energie per affrontare la crisi di domani.
Awa Kenzo (1880-1939) è famoso per essere stato il maestro di arco giapponese di Eugen Herrigel, autore de "Lo Zen e il tiro con l'arco". Ma la sua saggezza si rivela soprattutto in questo libro - che del primo costituisce un ideale completamento - in cui John Stevens raccoglie i suoi insegnamenti più significativi. Arco, freccia e bersaglio diventano strumenti grazie ai quali è possibile accedere a piani più profondi di comprensione di se stessi e dell'universo. Appare chiaro dal contesto degli aforismi di Awa come tali strumenti non siano impiegati come mere metafore per un obiettivo spirituale da raggiungere; quest'ultimo piuttosto è inscindibile dal corretto ed efficace uso degli strumenti stessi, in una perfetta unione di tecnica e spirito da cui si sprigiona la caratteristica e misteriosa bellezza del Kyudo e il fascino che cattura colui che vede tirare un maestro di quest'arte. È lo spirito Zen inteso non nel senso della meditazione formale, come correttamente puntualizza Stevens, ma nel senso dell'integrazione totale della realtà - a trasparire in queste pagine, che confermano appieno il resoconto di Herrigel, da taluni in tempi recenti messo in dubbio.
Le ragioni che hanno spinto l'autore a scrivere questo libro sono state essenzialmente due: il desiderio di esprimere la propria opinione contro i "faccendieri dell'occulto" (falsi medium, "maghi") che speculano in modo ignobile sul dolore di chi ha perso un essere amato, e lo scopo di indicare, alla luce delle osservazioni, degli esperimenti e degli studi più rigorosi, le pochissime vie d'accesso all'altra dimensione che l'uomo ha a disposizione, nonché i mezzi di approccio "tecnico" a tali vie. Si tratta pertanto di un libro che vuole fornire delle informazioni - le più attendibili possibili - a chi si trova faccia a faccia con la morte di una persona cara, e che si sente mancare ogni appiglio. Ma il suo intento è anche quello di preparare interiormente alle "separazioni" che, comunque, la vita riserva a tutti. La conoscenza degli indizi a favore della sopravvivenza, potrà aiutare chi soffre a capire che la morte è soltanto una fase di passaggio a un altro tipo di esistenza, le cui tracce esistono "soprattutto" dentro ognuno di noi.
Mario Meunier in Apollonio di Tiana ha voluto rendere accessibile e fare rivivere con lo stesso spirito della sua pia leggenda, la curiosa e attraente figura di uno degli ultimi rappresentanti della sapienza antica e dell’ascetismo aristocratico e mistico del saggio di Samo, Pitagora. La storia della vita, dei viaggi e dei prodigi di Apollonio di Tiana ci è giunta soprattutto attraverso il racconto, in otto libri, che ci ha lasciato Filostrato (III secolo d.C.). La Vita di Apollonio sembra essere stata composta per incarnare in un uomo un ascetismo rigoroso, rari doni di chiaroveggenza, di guarigione e di divinazione, l’ideale stesso che ci si faceva allora di un pitagorico. Filostrato, in effetti, ha rappresentato il saggio di Tiana come l’erede della dottrina, della regola di vita e della scienza taumaturgica e mistica del divino Pitagora. Malgrado tutti i suoi difetti, il romanzo filosofico o, per essere più esatti, la vita romanzata di Apollonio di Tiana scritta da Filostrato, getta dunque la più viva luce sui costumi, le idee, le credenze di un secolo interessante; costituisce un documento di prim’ordine sull’ideale che si facevano, all’inizio del III secolo, del saggio e del santo le anime e i circoli che aspettavano la loro salvezza da un paganesimo purificato, da una rigenerazione spirituale delle tradizioni pitagoriche e da una comprensione più filosofica e più corretta delle dottrine, dei miti e dei riti delle religioni del passato. “L’anima è immortale; essa non ti appartiene, ma appartiene alla Provvidenza. Quando il corpo si è estinto, come un cavallo da corsa rapidamente liberato dai suoi legami, essa si slancia facilmente e sale a mischiarsi con l'aria pura e leggera, fuggendo dalla sua pesante e triste servitù. Il bene che questa sorte deve riservarti, tu lo conoscerai quando non ci sarai più. Perché allora cercare di saperlo, finché ti annoveri nel numero dei viventi?”
La storia dell'Europa, e di tutto l'Occidente è cambiata radicalmente con un sogno premonitore. La notte del 27 ottobre dell'anno 312 d.C., l'imperatore romano Costantino è accampato con le sue truppe a poca distanza da Roma. Durante il sonno, Costantino riceve la visione di Cristo che gli suggerisce di scrivere sugli scudi il monogramma greco del Salvatore "XP" con la leggendaria promessa in hoc vinces (con questo vincerai). Il giorno seguente si scontra in battaglia col nemico Massenzio, schierato a difesa di Roma. Questo evento ha due fonti storiche principali, riferite da Eusebio di Cesarea (265-340) e Lattanzio (250-327). I due resoconti hanno in comune un sogno che vide protagonista l'imperatore Costantino e una croce, che gli sarebbe apparsa, presagio di vittoria. "In hoc vinces" è un viaggio nel tempo, alla ricerca di indizi archeologici, esoterici e astronomici nascosti dalla polvere dei secoli che, insieme al racconto della vita del leggendario imperatore romano e dei molti misteri legati alla vicenda storica che lo riguarda, offrono al lettore di oggi una nuova lettura e un'inedita interpretazione di quel "segno".