
Un secolo di storia della sinistra americana, dagli inizi del Novecento fino alla presidenza Obama, raccontata attraverso le sue battaglie e i suoi principi. Le idee dei suoi pensatori e dei suoi attivisti, ma anche le esperienze concrete di chi ha governato con valori progressisti la più grande potenza mondiale. Una storia di passioni per una famiglia politica che, da Roosevelt a Clinton e Obama, non ha mai cessato di essere un punto di riferimento nel mondo.
Da molti anni, la nipote prediletta del potente industriale Henrik Vanger è scomparsa senza lasciare traccia. Il corpo non è mai stato ritrovato. Quando, ormai vecchio, Vanger riceve un dono che riapre la vicenda, incarica Mikael Blomkvist, noto giornalista investigativo, di ricostruire gli avvenimenti e cercare la verità. Aiutato da Lisbeth Salander, abilissima hacker, Blomkvist indaga a fondo la storia della famiglia Vanger, ma più scava, più le scoperte sono spaventose.
"Signore delle lacrime" è uno degli appellativi di S´iva, la potente divinità che con Brahma¯ e Vis.n.u forma il pantheon induista. Brahma¯ è il creatore dell'universo, Vis.n.u è il suo conservatore, S´iva ne è il distruttore. Brahma¯ è poco più di un principio primo, mentre le ragioni della devozione per Vis.n.u, colui che preserva il mondo, appaiono intuibili. Meno, si direbbe, quelle che spingono a venerare S´iva, il distruttore. Ma dalla distruzione scaturisce la rigenerazione, e allora S´iva, dalle sue antichissime rappresentazioni terrificanti, con il passare del tempo si è trasformato in un dio della rinascita. Attorno a questa suggestione spirituale si coagulano i temi di un racconto che mescola narrazione, memoria, riflessione sulla letteratura e gli dèi. La ragione prima del fascino di S´iva risiede in una ambiguità profonda: distruttore e rigeneratore, dio dell'ascetismo e della rinuncia possiede, allo stesso tempo, una carica erotica dirompente e, a volte, incontrollabile; nemico di ogni debolezza e temuto dagli altri dèi per il suo distacco sprezzante, può vivere passioni selvagge; ricoperto dalle ceneri della cremazione e assorto in posizione yogica, dai suoi capelli nascono i vivi flutti del Gange, il più sacro dei fiumi. Una divinità di contrasti seducenti, capace di risvegliare consonanze profonde anche nella sensibilità occidentale. Il libro di Franchini non è, però, un saggio su S´iva e tanto meno il resoconto di un viaggio in alcune celebri località dell'India del nord. L'India e i suoi dèi sono il pretesto per una meditazione sulla morte e un apparente bilancio sulla vita che ogni uomo, giunto a un certo punto dell'esistenza, sente di dover fare, senza pretendere di riuscirci davvero ma lasciandosi attraversare da suggestioni, impressioni, letture, brividi di ricordi o di premonizioni, immagini di luoghi infestati da ogni forma di falsità e tuttavia impregnati di sacro in ogni più intima fibra.
È la storia dell'ultimo amore di una donna che ne ha avuti molti, come George Sand. Ma è soprattutto la storia della passione assoluta di un giovane incisore, Alexandre Manceau. «La guardo. La camicia in lino bianco le scivola morbida sul busto pieno, l'ampia gonna nasconde le cosce rotonde. Non riesco a immaginarla correre dinamica per Parigi in disinvolti abiti maschili. La mia George è questa, tenera e abbondante, e la amo perdutamente». Capitato nel castello di George Sand per trascorrervi un fine settimana, Manceau si innamora immediatamente della scrittrice e vi rimarrà quindici anni. È un rapporto di passione e di devozione, attraverso il quale George Sand rivive le sue altre passioni e il suo passato. Un legame così intenso che potrà interromperlo solo la tisi, la stessa che le ha portato via Chopin.
«Il viaggio più lungo / è il viaggio verso l'interno», scriveva Dag Hammarskjöld; all'interno di noi poiché «la radice di ciò che ci desta meraviglia è nei nostri cuori» (Francis Ponge). Questo libro percorre, in 52 stazioni di sosta e di lettura (una per ogni settimana dell'anno), la memoria sapienziale delle Lettere e delle Scritture, in una cornice di piccole parabole e meditazioni, ritratti ed elogi, paradossi e luoghi dell'anima; libri e Maestri che hanno formato il Novecento e l'autore sono evocati nella luce dell'affetto, che fa crescere e illumina. Uno spazio di pensiero e di raccoglimenti, da Vittore Branca a Max Milner, da Archangelos a Cingoli, da Sainte-Marie de la Tourette alla Sagrada Familia, che fanno dell'Europa un lascito ricco di futuro. Così il simbolo in cui converge tutto il cammino è il «germoglio»: una promessa, un inizio, uno stelo di speranza - nell'incompiuto, nell'Aperto.
Come nasce la musica all'interno della produzione cinematografica? Quali sono le strategie compositive del musicista chiamato a commentare le immagini in movimento? Cosa accade nelle complicate fasi della post-produzione quando la musica viene montata con i rumori e i dialoghi? Come viene trattata la colonna sonora quando un film è restaurato oppure edito nei supporti in dvd che oggi affollano il mercato? Questo libro intende offrire una risposta a tali quesiti, nella convinzione che questa sia la necessaria premessa per ascoltare in maniera consapevole la musica di un film. Il testo è articolato in dieci capitoli che ripercorrono le fasi dell'allestimento della musica in un film, partendo dai primi scambi di opinioni fra regista e compositore per giungere alla scrittura, al montaggio e missaggio. I capitoli finali, invece, sono riservati alla produzione discografica della musica per film, ai problemi del restauro e ai percorsi che portano questi brani a far parte di spot pubblicitari, sigle televisive, programmi concertistici o balletti.
Musica per lupi narra la storia del più orrendo esperimento carcerario condotto fra il 1949 e il 1952 in un carcere speciale di Pitesti, a nord di Bucarest. Le torture volte alla rieducazione di giovani oppositori del regime sfociarono in un culmine demoniaco senza precedenti, affine alle 120 giornate di Sodoma del marchese de Sade, poi riprese in un celebre film da Pasolini. L'idea di fondo era quella della "rieducazione" con il fine di creare "uomini nuovi". Pitesti rappresenta qualcosa di imparagonabile e unico nella storia del Novecento: non l'annientamento ideologico e biologico come ad Auschwitz; non lo sterminio pratico e di massa come nei gulag sovietici; e neppure la rieducazione forzata e spietata come in Vietnam o Cambogia. Si tratta piuttosto di una tortura ininterrotta, attuata di giorno e di notte secondo regole precise, e concepita come un fine in se stesso. Anziché affidare l'esperimento a squadre di "scienziati" del tipo Mengele, venne deciso di lasciare carta bianca a un gruppo di detenuti guidati da Eugen Turcanu, in possesso di eccezionale acutezza mentale, prestanza fisica e capacità di leadership. Nel 1952, quando le prime notizie sull'"esperimento Pitesti" cominciarono a filtrare, per evitare uno scandalo vennero incriminati gli autori (Turcanu in testa): il processo sanzionò la pena di morte per i responsabili, senza toccare gli alti mandanti. Il segreto di Pitesti venne così gelosamente sepolto nella tomba di Turcanu, e ancor oggi (benché in Romania si stia cercando ora di girare un film sull'argomento) il tabù è intatto.
Il protagonista è immobile, sembra privo di coscienza, è inerte, ma questo è un romanzo pieno di vita, quella che sta per nascere, quella che agita i pensieri di chi sembra non poter pensare... "L'uomo immobile" è una storia d'amore ai confini tra la vita e la morte, ma anche una riflessione su un tema di controversa e scottante attualità. L'autrice si è ispirata a un fatto vero raccontatole da un primario neurologo, direttore scientifico di un istituto che accoglie pazienti in stato vegetativo. Dieci anni fa diventò un breve racconto, sviluppato e approfondito ora in questo romanzo che è anche una inaspettata fonte di conoscenza su un tema così attuale. Un libro che riesce a coniugare le emozioni con le informazioni, alcune forse sorprendenti, ma tutte verificabili: i rimandi scientifici che si possono trovare in queste pagine sono stati vagliati da esperti clinici del settore, che hanno considerato qualche imperfezione nel "protocollo ospedaliero" ininfluente per l'attendibilità del percorso clinico, tanto da approvare e affiancare con convinzione le tesi che l'autrice interseca nella più classica storia d'amore fra lui, lei e l'altra...
Alle teorie di Huntington sul "clash of civilizations" Fred Dallmayr ha sempre contrapposto un'altra via. Lo ha fatto subito, fin dal momento più difficile, quel 2001 che le Nazioni Unite avevano destinato al dialogo tra le culture e che il terrorismo islamista, con l'attacco alle Torri di Manhattan, aveva supremamente beffato. Ma il filosofo - qui per la prima volta tradotto in italiano - non presenta solo un motivato rifiuto del conflitto, perché del dialogo discute il significato, le premesse e le implicazioni che lo rendono autentico, possibile, utile. E dal metodo passa alle voci esemplari che indicano le chiavi teoriche o politiche di un nuovo percorso necessario a un mondo attraversato da tensioni nei confronti dell'Altro e del Diverso. Pagina dopo pagina, il libro si trasforma in una conversazione ideale tra protagonisti del pensiero filosofico come Gadamer, Heidegger, Taylor, Habermas, Hannah Arendt, Gandhi. E ancora: con il musulmano iraniano liberal Abdolkarim Soroush e il multietnico Raimon Panikkar.
Conoscere se stessi attraverso una graduatoria di preferenza applicata ai colori è possibile solo se dei colori conosciamo fino in fondo i simboli, i significati, la storia, le corrispondenze. Perché diciamo «giornata nera, «restare al verde», «andare in bianco», «vedere rosso», «feeling blue» come malinconia? Studiati da sempre quasi con distacco, raccontati da letterati e «maghi» con la soggezione imposta da ogni dimensione «misteriosa», fin dai primi vagiti della psicanalisi i colori sono entrati scientificamente nell'indagine dell'individuo per aiutarci a scoprire chi siamo davvero. Attraverso le nostre preferenze o il nostro rifiuto di un colore emerge chiara una tendenza, una caratteristica del nostro carattere che forse non conoscevamo: ogni colore con la sua simbologia, con la sua storia racconta e ci racconta. Ma come si è arrivati ad assegnare ai colori un particolare significato, quella particolare corrispondenza? Quanto hanno influito la storia, le vicende politiche, le religioni, la superstizione, il mito, nella definizione intellettuale di un colore? Perché nell'immaginario popolare il giallo è il colore dell'indagine poliziesca, del delitto, della gelosia, il verde è associato alla speranza, il blu alla meditazione? E il rosso è ancora il colore del potere? Perché la superstizione assegna al viola messaggi di riservatezza e di mestizia? E il bianco è davvero il colore dell'innocenza o è anche..? A questi interrogativi intriganti e misteriosi si è rivolta la ricerca che fa di questo libro una sintesi di quanto è stato scritto da studiosi, scienziati, poeti e «cercatori d'anima» per arrivare con la scienza dei colori al ritratto di noi stessi, senza alibi. Rivolta esclusivamente alla cultura occidentale, questa «indagine sull'arcobaleno» di Luciana Boccardi si avvale delle immagini suggestive di Vittorio Pescatori e del messaggio di Ludovico De Luigi che affida il compito di «traghettatore», di guida ideale per ogni colore, a Pulcinella: «maschera napoletana che - afferma il pittore - interpreta tutta l'ironia del carattere veneziano».