
Questo libro non parla di Silvio Berlusconi. Non si chiede quali obiettivi egli abbia perseguito, non intende giudicarne il comportamento o stabilire se abbia governato bene o male. Scegliendo punti di osservazione e ipotesi interpretative finora trascurate, Giovanni Orsina affronta invece il berlusconismo: la sostanza del discorso pubblico del Cavaliere, come esso è stato accolto dal paese, perché ha avuto successo, perché non ha funzionato. Partendo dall'assunto che si sia trattato di un progetto ideologico e politico sufficientemente coerente, il libro ne analizza il nucleo fondante e l'elettorato di riferimento, in una prospettiva storica di lungo periodo e all'interno di un più generale contesto internazionale, ossia come "manifestazione particolarmente clamorosa, sia per intensità sia per durata, di tendenze che negli ultimi anni hanno caratterizzato pressoché tutte le democrazie". Se molti sono già stati i tentativi di avviare un discorso su basi storiche per renderne conto, "bisogna scavare di più - sostiene Orsina per comprendere da quali fragilità della nostra storia sia scaturito il berlusconismo, in quale modo esso abbia inteso rimediare a quelle fragilità, perché la sua proposta in quello specifico momento storico sia parsa ragionevole, e come mai infine la democrazia italiana si sia spinta così tanto più avanti delle altre lungo la via del 'postnovecento'".
Pensavamo che il progresso camminasse sulle gambe di professionisti sempre più specializzati. Ma la crisi ha rivelato i limiti di una cultura astratta e compartimentata che non è più in grado di dare risposta ad alcuna delle grandi questioni che interrogano l'uomo contemporaneo: dai dilemmi della scienza al governo dell'economia, dalla sostenibilità ambientale alla rivoluzione digitale. In questo libro, Giuliano da Empoli non si limita a tracciare un ritratto impietoso di quelli che Ortega y Gasset chiamava gli "ignoranti istruiti": racconta anche l'ascesa di una generazione di scienziati, di imprenditori e di artisti che sta facendo saltare le frontiere tra le diverse discipline per adottare un approccio più complesso alle sfide del nostro tempo. "La realtà - scrive da Empoli - contraddice il piagnisteo degli accademici in lutto per il declino della cultura umanistica. Certo, è possibile che alcune polverose facoltà universitarie abbiano raggiunto lo stadio del coma irreversibile. Ma un nuovo umanesimo sta facendo la sua comparsa in ambiti inediti e sorprendenti".
Questo libro accoglie in un volume unico due opere contigue di Zolla che videro la luce negli anni novanta del secolo scorso: "La nube del telaio. Ragione e irrazionalità tra Oriente e Occidente" (1996) e "La filosofia perenne. L'incontro fra le tradizioni d'Oriente e Occidente" (1999). I due testi accostati nella loro sequenza originale gettano piena luce sulla visione filosofica maturata da Zolla nell'ultima fase della vita, dopo aver esplorato ne "La nube del telaio" il vario peso che la dicotomia "ragione" e "irrazionalità" hanno avuto nella storia delle idee filosofiche e religiose fino al XX secolo. Il salto da una ragione calcolante ostaggio del cozzo fra gli opposti, a una mente capace di riconoscersi nell'unità profonda di "io" e "universo", è l'approdo cui Zolla giungeva ne "La filosofia perenne", additando una visione della realtà in cui fisica e metafisica sono congiunte. Nella parte III, un formidabile cambio di registro ci fa partecipi degli incontri "fatali" di Zolla con un terzetto irresistibile di personaggi dell'altro ieri e di ieri: il Marchese di Sade, di cui da giovane curò le Opere, la scrittrice statunitense Djuna Barnes che incontrò al Greenwich Village nel 1968, e il geniale storico delle religioni I. P. Culianu assassinato a Chicago nel 1991. Zolla che gli fu amico, ne traccia un ritratto memorabile.
Ambientato in un'epoca splendida e miserabile, narra di un uomo fuori dal comune, di una salita che sembrava inarrestabile, di un monarca senza pietà, di una Corte che è un perfetto vivaio dei peggiori sentimenti umani, di un crollo rapido e violento. Il protagonista si chiama Nicolas Fouquet, lo Scoiattolo, ed è Sovrintendente delle Finanze di Luigi XIV, il re Sole. L'epoca è il Seicento francese, "Le Grand Siécle", e rappresenta uno spiraglio sulla modernità, sull'Europa in divenire, l'Europa che sarà. Il luogo attorno a cui ruota parte di questa vicenda è il castello di Vaux-le-Vicomte, la meravigliosa proprietà di Fouquet che susciterà le invidie del re. Temi salienti del dramma sono il potere e il denaro, l'ambizione e l'invidia, la dissimulazione e il tradimento, ma anche l'amore e la fedeltà, la lealtà e il senso dell'amicizia, il grande mecenatismo e l'amore per il bello. La Storia, certo, non è avara di episodi drammatici: alcuni sembrerebbero i classici casi in cui il meritato castigo si è abbattuto sul colpevole, altri sono meno facili da definire, anche a posteriori. Quali sono gli errori realmente commessi da Nicolas Fouquet? Quali invece quelli ingiustamente attribuitigli per chiuderlo in trappola? Dov'è il bene e dove il male? Dove la colpa, dove l'innocenza? Possono anche determinarsi circostanze dall'apparenza casuale che portano a conclusioni devastanti. Può succedere, ad esempio, che durante un temporale un fulmine colpisca un albero e prenda in pieno uno scoiattolo...
Cosa possiamo fare noi - cittadini-attivi, consum-attori, società civile - per evitare gli sprechi di cibo, acqua, energia? Come possono le imprese prevenire perdite e inefficienze che comportano impatti economici, ambientali e anche sociali assai negativi per tutta la collettività? Cosa dovrebbero fare i nostri amministratori locali e la politica nazionale ed europea per promuovere una società che metta al bando gli sprechi a trecentosessanta gradi: non solo alimenti, acqua ed energia ma anche rifiuti, mobilità e logistica, acquisti e forniture, comunicazione... ? Come potrebbero intervenire le istituzioni internazionali per promuovere un modello di produzione e di consumo che consenta di risparmiare e rinnovare le risorse naturali limitate? Andrea Segrè tratteggia in questo libro un orizzonte che porta concretamente alla progressiva riduzione del consumo di risorse naturali e le emissioni nell'ambiente mediante il controllo e la prevenzione delle attività pubbliche e private. Una nuova visione nel rapporto fra ecologia ed economia, dove la seconda - letteralmente "l'amministrazione della casa" è parte integrante della prima: la nostra grande casa, il mondo. Ma anche una vetrina di buone pratiche - in parte già esistenti come il Last Minute Market - che se replicate su scala nazionale ed europea porteranno a una società più giusta e responsabile, equa e solidale e soprattutto sostenibile rispetto ai bisogni e ai diritti dell'umanità.
Molte cose sono cambiate da quando Angela Merkel, l'ex "ragazzina" di Kohl, al suo primo mandato, governava a capo di una grande coalizione. Oggi tutta l'Europa deve fare i conti con la peggiore crisi economica e finanziaria dal dopoguerra e la Germania, che l'affronta in una posizione di forza, viene messa sul banco degli imputati, accusata di non essere sufficientemente solidale. Sentimenti nazionalistici e pregiudizi antitedeschi riemergono, con la complicità di una stampa internazionale che parla alla "pancia" dei cittadini europei, mentre spesso trascura di fornire un quadro chiaro delle dinamiche in corso. Dopo aver raccontato per prima, nel 2009, la leader che si apprestava a essere eletta al suo secondo mandato, in questo libro Veronica De Romanis, forte di una profonda conoscenza della realtà tedesca, offre una chiave di lettura alternativa degli eventi che hanno portato la cancelliera a subire un così radicale cambio di immagine: da donna "più potente del mondo" a "più criticata", quando non addirittura odiata. Partendo dagli errori che da più direzioni vengono attribuiti ad Angela Merkel, il libro mette in luce i punti chiave della sua strategia per affrontare la crisi, le ragioni da cui ha origine e gli ostacoli che ha dovuto fronteggiare, non ultimi i vincoli istituzionali interni e un'opinione pubblica tedesca sempre più riluttante verso i salvataggi degli stati che non hanno rispettato le regole e non hanno fatto le riforme.
L'estate sta per finire a Fjällbacka, la cittadina sulla costa occidentale della Svezia lentamente si svuota della folla di turisti, e per Erica è arrivato il momento di affrontare una scoperta inquietante: nella soffitta di casa, in un baule dove la madre Elsy conservava i suoi oggetti più cari, ha trovato alcuni diari e una medaglia dell'epoca nazista avvolta in una camicina da neonato macchiata di sangue. Pur spaventata dal rischio di rivelazioni che forse sarebbe meglio continuare a ignorare, decide finalmente di interpellare uno storico esperto della seconda guerra mondiale, da cui ottiene però solo risposte molto vaghe. Due giorni dopo, il vecchio professore viene assassinato. Mentre Patrik cerca maldestramente di conciliare il suo congedo di paternità con il desiderio di partecipare alle indagini, Erica s'immerge nelle pagine del diario di Elsy e nel drammatico passato di cui raccontano, cercando di capire chi è ancora disposto a tutto pur di mantenere il segreto su eventi tanto lontani.
Lasciati alle spalle Lathum, piccolo borgo del Veluwe ai margini della torbiera, e un'infanzia segnata dalla rigida educazione religiosa imposta dal padre, Hans Sievez può godere di una nuova vita. Ora è un giardiniere orgoglioso del suo lavoro, ha finalmente Margje accanto a sé, la moglie che desidera da sempre e che gli ha dato due figli, e il suo magnifico vivaio, con serre ricche di felci, sequoie e un paradiso di fiori. Un giorno, in questo paradiso si affaccia la figura massiccia di Jozef Mieras, un vecchio conoscente, fanatico predicatore di una comunità calvinista locale, e l'equilibrio si spezza. Il grande amore tra l'uomo che sempre più è sedotto dalla vita nell'aldilà e la donna che vuole vivere pienamente la sua vita terrena s'incrina. Nella sua tormentata ricerca di una dimensione spirituale, Hans Sievez cade in una lenta spirale che sempre più lo allontana da quel "giardino del padre" che lui stesso era riuscito a creare, l'Eden conquistato da cui lui stesso si farà cacciare, e quasi senza rendersene conto finisce col sacrificare la sua felicità a una forma di religiosità estrema, abbandonandosi alla forza distruttiva di un'idea che va oltre gli affetti e l'amore per la famiglia. La follia del radicalismo, che vale per qualsiasi credo e in qualsiasi tempo.
Grazie al cinema, dall'indomani della prima guerra mondiale si compie il prodigio di trasformare il popolo americano- sconosciuto, selvaggio e stravagante, non nell'invasore barbarico, ma nel "prossimo tuo" da accogliere e amare come te stesso. E di creare una dipendenza diffusa dal sogno americano. Il libro esplora, insieme, le strategie pubblicitarie e le reazioni individuali e collettive alla "Marcia su Roma" delle Majors hollywoodiane dai primi anni venti. In generale viene descritta la parabola delle tecniche di advertising con cui Hollywood ha puntato a impadronirsi dei gangli emotivi e desideranti dello spettatore universale. Nello specifico si stabilisce un contatto ravvicinato con le strategie adottate in Italia e con lo spettatore italiano tra il 1922 e il 1938, dalle Majors e, in particolare, dalla Metro Goldwyn Mayer. "Il ruggito del Leone" ci fa rivivere le percezioni di mondi possibili per lo spettatore italiano tra le due guerre, in cui accanto ai profumi delle divinità hollywoodiane era possibile respirare anche i profumi della libertà.