La sceneggiatura è la premessa essenziale della costruzione delle immagini e dei suoni che costituiranno il film; analogamente il discorso sulla sceneggiatura è la premessa essenziale del lavoro critico sul film. Una sceneggiatura approssimativa genererà dunque, con buona probabilità, un film malfermo; un'analisi approssimativa della sceneggiatura genererà, ancora più probabilmente, una recensione malferma. Per neutralizzare questi rischi, occorre concepire la sceneggiatura come un sistema, cioè come un intero formato da parti essenzialmente connesse fra loro. Tenendo fermo tale principio, questo saggio propone un modello concettuale in grado di spiegare il funzionamento narrativo di qualsiasi film, da "L'arroseur arrosé" dei Lumière a "Tutti pazzi per Mary" dei Farrelly, da "Biancaneve e i sette nani" di Walt Disney a "Goodbye South, Goodbye" di Hou Hsiao-hsien. Non solo: nell'elaborare schemi applicabili a qualsiasi film, "Il sistema sceneggiatura" si rivolge a un qualsiasi potenziale lettore, sia questo sceneggiatore, critico cinematografico, cinéphile, insegnante o studente. Nel suo tentativo di coniugare teoria e pedagogia aggiornando la Poetica di Aristotele all'era delle immagini in movimento, "Il sistema sceneggiatura" ambisce a essere al tempo stesso un manuale per imparare a scrivere i film e un trattato per imparare a capirli.
Iota unum
è il capolavoro della critica «tradizionalista» alla Chiesa contemporanea
e molte delle questioni che tratta sono al centro del magistero di Papa Benedetto XVI.
Il suo Autore, Romano Amerio (Lugano 1905 - 1997) , è stato il più grande degli «oppositori» tradizionalisti della Chiesa del XX secolo e per questo fu punito con un ostracismo pressoché unanime.
Le sue posizioni possono destare perplessità e sconcerto tanto si dimostrano controcorrente, ma stanno oggi conquistando l'attenzione di un pubblico nuovo, acutamente consapevole della crisi in cui si dibatte la Chiesa contemporanea.
Pubblicato nel 1985, frutto di una ricerca protrattasi per circa mezzo secolo, Iota unum è l’opera più complessa e profonda del grande studioso cattolico Romano Amerio, una riflessione serrata e sistematica sul Magistero della Chiesa novecentesca (in particolare conciliare) e, insieme, un’aggiornata summa metafisica cattolica (e il senso ultimo di questa summa, il suo apax, si trova tutto in Stat Veritas).
Contro molte scuole di pensiero formatesi nel dopoguerra, soprattutto dopo quel Concilio Vaticano II esaltato come «rottura e nuovo inizio», come una «nuova Pentecoste» della Chiesa (non solo l’«officina bolognese» di Dossetti, ma tutto il Nord Europa), Romano Amerio ripropone con forza il primato della Verità sull’Amore – come insegnato a partire dagli Evangeli, da san Giovanni Apostolo e san Paolo, e poi da sant’Agostino – per cui in Dio all’essere seguono prima l’intelligere e poi l’amare, e non viceversa. Per Amerio mutare quest’ordine significa indurre l’uomo ad agire non più mosso dal pensiero, ma dal sentimento, in una condizione di libertà illusoria.
«La celebrazione indiscreta che la Chiesa e la teologia ammodernata fanno dell’amore è una perversione del dogma trinitario, perché […] la nostra fede porta che in principio sia il Padre, il Padre genera il Figlio, che è il Verbo, e, dal Padre e dal Figlio, si genera lo Spirito Santo, che è l’amore. L’amore è preceduto dal Verbo, è preceduto dalla conoscenza. Separare l’amore, la carità, dalla verità, non è cattolico.»
L'autore
Romano Amerio (Lugano, 1905-1997) studiò alla Cattolica di Milano, laureandosi in filosofia e in filologia classica, prima di diventare, nel 1951, libero docente di storia della filosofia. Consulente del vescovo di Lugano Angelo Jelmini durante i lavori della Comissione centrale preparatoria del Concilio ecumenico Vaticano II, Amerio fu per molti anni in stretta consonanza intellettuale e religiosa con il cardinale Giuseppe Siri. Oltre a Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, edito anch’esso dalla nostra casa editrice, si devono ad Amerio un’imponente edizione critica in trentaquattro volumi degli scritti di Tommaso Campanella, tre volumi dedicati alle Osservazioni sulla morale cattolica di Alessandro Manzoni e importanti studi su Epicuro, Dante Alighieri, Giordano Bruno, Paolo Sarpi, Descartes e Giacomo Leopardi.
Il curatore
Enrico Maria Radaelli, nato a Milano il 15 luglio 1944, è docente di Filosofia dell'Estetica e Direttore del Dipartimento di Estetica dell'Associazione Internazionale «Sensus Communis» (Roma).
Stat veritas
Pubblicato postumo nel 1997, Stat Veritas analizza e commenta in 55 chiose la Lettera apostolica «Tertio Millennio Adveniente» indirizzata il 10 novembre 1994 da Giovanni Paolo II all’episcopato, al clero e ai fedeli in preparazione del giubileo dell’anno 2000, per definire gli orientamenti pastorali per la Chiesa del nuovo millennio.
Insieme a Iota unum, Stat Veritas è l’opera fondamentale di Romano Amerio, il massimo rappresentante dei fautori della continuità della Chiesa. Amerio contesta all’insegnamento cattolico nato dal Concilio Vaticano II di aver trascurato la Verità metafisica del Logos divino – che non è unidimensionale né astratta, come oggi la ritengono anche molti cattolici, ma è una realtà di persona –, e di essersi concentrato sul tema della Carità, riducendo la Chiesa a mero soggetto storico, sociale e culturale che si confronta con le varie opzioni filosofiche e morali proposte dalla società moderna. Deprivato del suo principio più specifico – la sovrannaturalità, la fede, la dottrina perfettamente «impersonata» dal Logos –, il messaggio cattolico ha così smarrito la sua identità rispetto alle altre religioni e si è dimostrato impotente di fronte al diffondersi, anche all’interno del mondo cristiano, della secolarizzazione e del relativismo.
Come scrive Enrico Maria Radaelli nella postfazione al volume: «Stat Veritas. La Verità sta, ossia è ferma, solida, irremovibile. Anzi – meglio di ogni traduzione letterale –, dobbiamo dire la Verità è: come una vera Amica la Verità è, ci precede, poi ci sta davanti, e infine anche ci attende. Per non farci perire nel nostro Io, senza un’Amica accanto».
L'autore
Romano Amerio (Lugano, 1905-1997) studiò alla Cattolica di Milano, laureandosi in filosofia e in filologia classica, prima di diventare, nel 1951, libero docente di storia della filosofia. Consulente del vescovo di Lugano Angelo Jelmini durante i lavori della Comissione centrale preparatoria del Concilio ecumenico Vaticano II, Amerio fu per molti anni in stretta consonanza intellettuale e religiosa con il cardinale Giuseppe Siri. Oltre a Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, edito anch’esso dalla nostra casa editrice, si devono ad Amerio un’imponente edizione critica in trentaquattro volumi degli scritti di Tommaso Campanella, tre volumi dedicati alle Osservazioni sulla morale cattolica di Alessandro Manzoni e importanti studi su Epicuro, Dante Alighieri, Giordano Bruno, Paolo Sarpi, Descartes e Giacomo Leopardi.
Il curatore
Enrico Maria Radaelli, nato a Milano il 15 luglio 1944, è docente di Filosofia dell'Estetica e Direttore del Dipartimento di Estetica dell'Associazione Internazionale «Sensus Communis» (Roma).
IL LIBRO
Questo breve romanzo in forma di diario, opera estrema di quello che è senz’altro il maggiore scrittore brasiliano, può persino sconcertare a una prima lettura per la voluta semplicità dell’andamento narrativo e per l’apparente ingenuità con cui si sofferma su episodi e riflessioni prive di peso.
Poi però ci si accorge che, oltre il velo tenue delle situazioni e dei fatti (un’anziana coppia adotta due giovani che non tarderanno a innamorarsi l’uno dell’altra e a partire insieme per l’Europa), lo scrittore disegna un dramma e un contrasto senza tempo. Il dramma è quello della vecchiaia, del tempo che fugge e della morte che altrettanto rapidamente si avvicina; il contrasto è invece quello fra il diritto della gioventù di vivere e amare, separandosi allegramente da ciò che è estinto e caduco, e il desiderio dei vecchi di vedere confortato dal calore e dalla vitalità dei più giovani il proprio tramonto.
La trama leggera e quasi al limite dell’insignificanza, lo stile piano e di celata eleganza, rivelano a poco a poco, pagina dopo pagina, la sostanza di un autentico capolavoro.
L'AUTORE
Joaquim Maria Machado de Assis nacque nel 1839 a Rio de Janeiro e ivi morì nel 1908. Tre i romanzi più noti: Memórias Póstumas de Brás Cubas (1881), Quincas Borba (1891) e Dom Casmurro (1899). Può essere considerato uno dei più notevoli rappresentanti del cosiddetto «realismo» a cavallo tra il secolo XIX e XX, e senz’altro il più importante narratore della letteratura brasiliana. Le Edizioni Lindau hanno pubblicato: L’alienista e Galleria postuma e altri racconti.
IL LIBRO
Come può un matematico credere in Dio?
Un luogo comune nato con l’illuminismo vuole che gli scienziati siano atei o agnostici. La ricerca della verità perseguita attraverso la scienza sarebbe infatti incompatibile con qualunque convinzione di tipo religioso.
Per Antonio Ambrosetti, scienziato di grande e riconosciuto valore e cristiano dichiarato, la matematica e la religione appartengono a due sfere distinte dell’esperienza umana, che possono coesistere in modo proficuo e reciprocamente stimolante, come è dimostrato da illustri matematici credenti come i cattolici Giovanni Prodi ed Ennio De Giorgi, o gli ebrei Paul Rabinowitz e Haim Brezis.
In particolare l’autore discute la pretesa onnipotenza della matematica, in base alla quale molti ritengono di poter dimostrare matematicamente tutto. La matematica ha molti limiti e, comunque, non può essere usata né per dimostrare né tanto meno per negare l’esistenza di Dio.
Anche se forse può aiutarci ad avvicinare il suo mistero e a coglierne la grandezza.
L'AUTORE
Antonio Ambrosetti, nato a Bari nel 1944, già docente di Analisi matematica alla Scuola Normale di Pisa, insegna alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste. È socio nazionale dell’Accademia Nazionale dei Lincei, socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino e membro dell’Istituto Veneto di Lettere Scienze ed Arti. È stato visiting professor alla Rutgers University del New Jersey, all’ETH Zürich (il Politecnico federale di Zurigo, una delle più prestigiose università tecniche del mondo) e negli atenei di Chicago, Parigi, Bonn, Losanna, Madrid e Brema, tra gli altri. Ambrosetti fa parte dell’International Advisory Board dell’Istituto di Matematica dell’Accademia delle Scienze della Repubblica Ceca ed è consulente dell’International Centre for Theoretical Physics dell’UNESCO. Per la sua attività di ricerca è stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra cui la laurea honoris causa dell’Universidad Autonóma di Madrid nel 2005 e il premio Caccioppoli nel 1982, assegnato dall’Unione Matematica Italiana. Autore di oltre 130 lavori scientifici, ha da poco pubblicato il volume Il fascino della matematica presso la casa editrice Bollati Boringhieri.
«Ho sempre rimpianto di aver interrotto la mia educazione in quinta elementare. È piuttosto dura quando ti trovi lì nel gran mondo e cerchi di affettare un atteggiamento sofisticato. La padrona di casa potrebbe snocciolare teorie di Schopenhauer e Kafka. Tu al massimo potresti spingerti alla tabellina del sette.
Per autodifesa divenni un lettore vorace. Uscivo con gli amici, un libro sotto il braccio, e quando la conversazione si faceva intellettuale affondavo il naso tra le pagine e grugnivo insofferente, qualsiasi cosa si dicesse… Leggendo Stephen Leacock, O. Henry e altri loro pari, pensai che avrei potuto cavarmela altrettanto bene. Sarei diventato uno scrittore. Mi cucii delle toppe di cuoio sui gomiti delle giacche, rinunciai ai sigari per la pipa e cominciai a farcire i miei discorsi di parole come “cacofonico” e “parentale”.
Non ci volle molto perché gli editori facessero la fila per la mia prima opera. Dissi al primo arrivato che stavo scrivendo di un argomento caro al cuore di chiunque. Il mio primo libro, lo informai, si sarebbe intitolato Letti. E poi sollevai le sopracciglia in maniera significativa.»
Groucho Marx
L'AUTORE
Terzo dei Marx, Groucho (1895-1977) condivise con i fratelli gran parte della carriera, dalle commedie musicali degli anni ’20 fino ai celebri film degli anni ’30 e ’40. Successivamente interpretò da solo diverse pellicole, ritrovando vasta popolarità come presentatore di un quiz radiotelevisivo. Si avventurò anche nella drammaturgia e nella letteratura.
«A Taizé uomini di diverse e talvolta opposte origini confessionali, etniche, culturali, linguistiche pregano e lavorano insieme. Tutto cominciò durante la seconda guerra mondiale, quando alcuni dovettero accontentarsi dell’essenziale. Costoro di fronte all’orrore e alla morte non poterono più mentire né mentirsi, né restare divisi, soprattutto coloro che tentavano di essere cristiani. La fondazione di Taizé si accompagna all’ecumenismo dei campi di prigionia, un ecumenismo vissuto come servizio reciproco, come una speranza inseparabile dalla preghiera e dall’amore.
Durante la mia riflessione e la mia ricerca, non ho potuto non incontrare Taizé. Ben presto ho scoperto non soltanto il pensiero ma anche la tranquilla forza creatrice di frère Roger e dei suoi compagni, quella forza magnetica che attira a Taizé ogni anno decine di migliaia di giovani. Flussi che si rinnovano ogni volta e rendono Taizé il luogo di un incontro prodigioso dove si costruisce l’Europa dello Spirito. Frère Roger parla a questi giovani, sempre brevemente, con una totale semplicità, con – si potrebbe dire – un amore disarmato. In un mondo in cui maturano, sì, delle promesse, ma che non vengono che derise, Taizé è un luogo in cui si avverte “qualcos’altro”. Non temete, guardiani delle ortodossie! Taizé non si impossessa di nessuno, non pretende di essere la Chiesa, ma soltanto
la soglia e il segno della Chiesa, in una prospettiva di riconciliazione.
A Taizé ci si “desta” al silenzio, alla preghiera, all’amicizia. E ognuno ritorna al proprio paese, alla propria parrocchia, con il gusto incontenibile di questo risveglio.»
Olivier Clément
L'AUTORE
Olivier Clément (1923-2009) è stato docente di teologia presso l’Institut de Théologie Ortodoxe Saint-Serge di Parigi. Tra le sue numerose opere pubblicate in italiano ricordiamo: La Chiesa degli ortodossi, Riflessioni sul Natale, I volti dello spirito.
Pochi studiosi e pensatori moderni hanno saputo, come Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955), intrecciare nella loro opera gli interrogativi della scienza e le certezze della religione. Formato dai gesuiti (cui successivamente si unì), ordinato sacerdote all’età di trent’anni,
Teilhard affiancò allo studio della teologia un’assidua attività di paleontologo e geologo che lo portò a viaggiare in tutto il mondo e a trascorrere gran parte della vita lontano dalla natia Francia, soprattutto in Cina e negli Stati Uniti. Questa duplice vocazione, tanto fertile quanto poco ortodossa negli esiti, gli alienò i favori delle gerarchie ecclesiastiche, che negarono fino all’ultimo l’imprimatur ai suoi scritti, tutti pubblicati postumi, a cominciare dal suo libro più celebre, Il fenomeno umano. Accusato di panteismo e apertamente ostacolato nella carriera accademica, Teilhard rimase per altro sempre fedele alla Chiesa
e obbediente al suo magistero, seppure in una condizione di intima sofferenza.
Oggi il suo pensiero appare per molti aspetti profetico e in ogni caso sorprende per la sua capacità di andare dritto al cuore di molte delle questioni più controverse riguardo al rapporto fra scienza e fede.
Se al fermento scientifico del XIX secolo la Chiesa oppose spesso un atteggiamento di sospetto, quando non di aperta ostilità, Teilhard cercò invece di comporre le più avanzate acquisizioni della ricerca all’interno di una visione cosmologica in cui il principio evolutivo si estende alla dimensione dello spirito, senza avvalorare alcun determinismo di tipo meccanicistico.
La sua visione unitaria dell’universo e dell’uomo, della materia e dello spirito, tendenti verso il Cristo cosmico, ha trovato uno spazio anche all’interno della Chiesa e comunque la sua opera è considerata uno dei contributi intellettuali più stimolanti del XX secolo, una delle proposte più suggestive contro la frammentazione del sapere e il diffuso smarrimento dei nostri tempi.
L'AUTORE
Jacques Arnould, domenicano, è nato nel 1961. Teologo, filosofo, storico delle scienze, ingegnere agronomo, è esperto incaricato per la «dimensione etica, sociale e culturale delle attività spaziali» presso il Centre National d’Études Spatiales (CNES) di Parigi. È autore di molte opere, tra le quali ricordiamo Les moustaches du diable (vincitrice del Prix La Bruyère, assegnato dall’Académie Française), Requiem pour Darwin e, edite anche in Italia, La Chiesa e la storia della natura e La teologia dopo Darwin.
IL LIBRO
Il XX secolo ha lasciato al nuovo millennio un’eredità tragica. La più radicale affermazione di autonomia – di liberazione – dell’uomo che la storia abbia conosciuto, l’umanesimo figlio della modernità, si è risolta nel suo esatto contrario, la riduzione in schiavitù e lo sterminio di milioni di esseri umani sotto il Terzo Reich così come in Unione Sovietica e in Cina, in Cambogia sotto il regime dei Khmer Rossi, in Ruanda e nel Darfur.
Dopo che tutto questo è avvenuto, l’idea di umanità non può più essere pensata innocentemente. Essa ha bisogno di essere concepita in modo nuovo. Secondo Alain Finkielkraut è il compito del nostro tempo, che, assumendolo, non deve però fraintenderne il significato profondo: né una generica compassione né un astratto umanitarismo possono infatti riscattare davvero i mali sofferti dagli uomini e dall’idea di umanità.
Se l’uomo moderno continuerà a essere dominato da quella disposizione affettiva che Hannah Arendt ha definito «risentimento» – verso «tutto ciò che è dato, anche contro la propria esistenza », verso «il fatto che egli non è il creatore dell’universo né di sé stesso», un risentimento che lo spinge a «non scorgere alcun senso nel mondo quale gli si offre» e a proclamare che «tutto è permesso» – allora il XX secolo, con il suo carico di dolore e di morte, sarà trascorso invano.
L'AUTORE
Alain Finkielkraut, nato a Parigi nel 1949, insegna Cultura generale e Storia delle idee al dipartimento di Scienze umanistiche e sociali dell’École Polytechnique. Fra le sue opere tradotte in italiano, ricordiamo il saggio Noi, i moderni, edito dalla nostra casa editrice, e i volumi Che cos’è la Francia?, La sconfitta del pensiero, L’ingratitudine, Una voce dall’altra riva, L’ebreo immaginario.
Yoga. Saggio sulle origini della mistica indiana è stata la prima grande opera sullo yoga scritta da un occidentale. Nata come tesi di dottorato in filosofia, discussa da Eliade all’università di Bucarest nel giugno del 1933 e pubblicata nel 1936, è presentata qui per la prima volta in edizione italiana.
Sullo yoga il grande storico delle religioni ritornò con altre tre opere: Tecniche dello yoga (del 1948), il fondamentale Lo yoga. Immortalità e libertà (risalente al 1954) e Patañjali e lo yoga (del 1962). Ma proprio il confronto con tali testi rivela al lettore – anche a quello non specialista – l’importanza di questo primo saggio, che ci offre la rara opportunità di cogliere Eliade nel momento stesso in cui imposta e definisce la propria metodologia di lavoro. Come scrive Alberto Pelissero nell’introduzione, in quest’opera emerge «la progressiva emancipazione [di Eliade] dai maestri indiani, in cerca di un’epistemologia e di un’ermeneutica che svincolasse lo studio dello yoga dalle pastoie della filologia sanscrita e consentisse la nascita di un metodo più largamente storico-religioso, con maggiore attenzione al contenuto speculativo (filosofico, rituale, relativo alla prassi religiosa) rispetto alla mera venerazione testuale».
L'AUTORE
Mircea Eliade (1907-1986) è stato uno dei più grandi storici delle religioni del XX secolo e un profondo conoscitore del mondo orientale. La sua vasta produzione comprende saggi, trattati, opere letterarie e scritti autobiografici. Di Eliade la nostra casa editrice ha pubblicato nel 2007 il volume Miti, sogni, misteri.