
Meretrix Augusta, ovvero prostituta imperiale. Con questo non invidiabile epiteto, il poeta satirico Giovenale tramandò nei secoli l’immagine di Messalina, moglie dell’imperatore Claudio e figura di grande rilievo nella Roma del I secolo. Ma era davvero una adultera e una donna inadatta a ricoprire un ruolo regale o è stata artefice del suo destino, rendendosi protagonista di una vera e propria congiura politica volta a spodestare il marito? Francesca Cenerini fornisce una chiave di lettura capace di spiegare cosa c’è dietro la storia di Messalina arrivata fino a noi.
«Per quasi due anni di spedizione, la nostra routine mattutina è stata scandita da alcuni rituali. Dopo la colazione, lavoravamo qualche ora e poi uscivamo ad esplorare i dintorni. In Baja, questo significava spesso gonfiare il kayak e spingersi tra le foreste di mangrovie oppure al largo di qualche baia. Un giorno fummo così fortunati da essere circondati da un branco di delfini, molti dei quali cuccioli, che presero a giocarci attorno. Altre volte, a farci visita erano enormi tartarughe olivastre che, al nostro primo accenno di meraviglia, si immergevano velocemente per ricomparire svariati metri più in là. Una mattina decisi di oltrepassare il punto in cui la baia dove avevamo dormito si apriva sul mare aperto, prima che l’alta marea chiudesse il passaggio. Il sentiero era disseminato di conchiglie, nidi di uccelli marini abbandonati, una carcassa di coyote, un paio di mandibole e tutto quel che restava del processo di sfilettatura delle catture quotidiane dei pescatori. Tra queste, un numero indescrivibile di piccolissime teste di squalo martello smerlato. Ne raccolsi una con il rispetto di chi sa che potrebbe essere l’unica volta in cui si trova al cospetto di una creatura tanto antica e misteriosa». Una naturalista percorre il Nord e il Sud America raccontando, giorno per giorno, un viaggio on the road attraverso gli ecosistemi più affascinanti e minacciati della Terra. Bracconaggio, deforestazione, inquinamento, cambiamento climatico, diffusione di specie aliene. Ma anche luoghi straordinari, specie animali e vegetali che resistono e comunità che combattono perché il proprio territorio venga preservato.
Possiamo definire ‘italiana’ un’esperienza gastronomica basata sulla diversità e sull’ibridazione culturale? Quale valore identitario riconoscere a ingredienti o ricette o modalità di preparazione che la nostra cucina ha mutuato da altre culture? O, viceversa, alle esperienze italiane assorbite da altre culture? Seguendo il filo di queste e altre domande, Montanari e Petrillo chiariscono il senso della candidatura UNESCO, che riguarda la cucina italiana come realtà profondamente incorporata nella cultura e nel sentire quotidiano, non solo nelle sue espressioni più alte ma anche e soprattutto nella ‘normalità’ delle pratiche comuni. Ecco perché gli italiani hanno grande confidenza con la cucina e, come spesso (e giustamente) si dice, parlano sempre di cibo, mettendo tutto in discussione. Non è un caso che la cucina italiana si possa definire soprattutto per ciò che non è: non monolitica, non codificata, ma fondata su principi di libertà e di inclusione. L’opposto dello sciovinismo, del sovranismo o del fondamentalismo gastronomico. Proprio per questo è da considerare un patrimonio universale.
In un tempo in cui politica, media e istituzioni parlano con crescente allarme di ‘età dello spopolamento’, è necessario riflettere sulla domanda più semplice e radicale: perché oggi sempre meno persone hanno figli? Welfare inadeguato, crisi economica, precarietà del lavoro, tappe di vita sempre rimandate. Tutto vero. Eppure, la denatalità non è una questione solo economica o biologica. È anche una questione di libertà. I tassi di fecondità sono il risultato complesso di scelte, vincoli e trasformazioni culturali e sociali. È arrivato il momento di cambiare prospettiva: non guardando solo al numero di figli mancanti, ma alle vite che si stanno costruendo anche senza figli.
Da tempo immemore ci si chiede chi sono gli italiani: ha cominciato Dante con la ‘serva Italia’; poi d’Azeglio con gli ‘italiani da fare’; gli ‘italiani nuovi’ fascisti o gli ‘italiani brava gente’. E allora quando diciamo: «Prima gli italiani!», cosa significa? Come si traduce in un paese dai confini incerti, diviso tra nord e sud, est e ovest, città e campagna? Un paese che fa fatica a usare la propria madrelingua, che racconta a sé stesso una storia composta di micromemorie di parte. Un paese in cui i momenti più divisivi della vita pubblica sono proprio le feste nazionali. Attingendo a piene mani dalla storia e fornendo molti dati significativi, Francesco Filippi ci invita a riflettere su una delle frasi che abbiamo sentito ripetere infinite volte e come una ovvietà: «Prima gli italiani!». Sì, ma che vuol dire?
La parola latina religio è solitamente tradotta in italiano con ‘religione’: ma si può davvero parlare di ‘religione’ nell’antica Roma? Che origine avevano gli dèi? Per quali ragioni, con quali intenti e in che modi ci si rivolgeva loro? Ha senso parlare di ‘fede’ nel contesto di una religione politeistica? Ancora: che impatto ebbe la conquista romana del Mediterraneo sui culti delle comunità sconfitte? Perché Roma non tentò di imporre sistematicamente i propri riti attraverso il suo enorme impero? E davvero l’avanzata del cristianesimo si deve spiegare con l’eclissi di una moribonda religione ‘pagana’? Un’ampia esplorazione ci condurrà da Roma fino agli angoli più remoti dell’impero, dall’Eufrate al Vallo di Adriano, dalle splendide città del Nord Africa ai grandi santuari della Gallia transalpina, in un percorso alla scoperta di uno degli aspetti meno conosciuti del mondo romano.
Al centro dello straordinario fermento del Rinascimento spiccava una figura particolare, strana e affascinante: il mago. Instabile miscuglio di scienziato, bibliofilo, ingegnere, favolista e truffatore, il mago sfidò la fisica e la chimica moderne, lavorando su tutto, dai codici segreti alle macchine d’assedio, ai trucchi di magia. Il più famoso di tutti è stato senza dubbio il dottor Faust, sul quale è costruita la leggenda letteraria del patto con il diavolo cui hanno contribuito scrittori e poeti straordinari come Marlowe, Goethe, Turgenev e Thomas Mann. Il Faust storico, tuttavia, è stato qualcosa di molto diverso: certamente un mago, ma un mago colto e pienamente inserito nelle correnti accademiche e nella vita pubblica del Rinascimento. E non era certo l’unico. Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Giovanni Tritemio e Heinrich Cornelius Agrippa sono tutti personaggi affascinanti, strettamente legati a monarchi, artisti e soldati e sono fondamentali per spiegare perché il Rinascimento è stato un periodo di innovazione così irrequieto. Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo questi uomini eruditi hanno dato vita a dibattiti sulla magia lecita e illecita, sul divino e sul diabolico e sulla natura dei maghi ‘buoni’ e ‘cattivi’. Hanno trasformato nel tempo la magia in un’arte complessa. Con questo libro Anthony Grafton ci fa rivivere un mondo straordinario in cui magia, religione e scienza erano sapientemente intrecciate.
Jens Stoltenberg ci porta dietro le quinte delle decisioni che hanno plasmato il panorama della sicurezza globale nell’ultimo decennio. Questo libro non è solo un memoir politico, ma una testimonianza diretta di chi ha dovuto affrontare crisi internazionali, tensioni diplomatiche e minacce alla pace mondiale con determinazione e visione strategica. Stoltenberg racconta i momenti cruciali del suo mandato: la guerra in Ucraina, il ritiro della NATO dall’Afghanistan, le tensioni crescenti con Russia e Cina, il complesso rapporto con le amministrazioni americane e la sfida di mantenere unita l’alleanza più potente del mondo. Con uno stile incisivo e rivelazioni inedite, offre al lettore uno sguardo privilegiato su negoziati delicati e decisioni difficili prese nei corridoi del potere. Su tutto si stagliano gli incontri e i confronti con Vladimir Putin, le discussioni accese con Donald Trump, la solidarietà con Volodymyr Zelens’kyj, l’amicizia con Barack Obama e Angela Merkel. Un racconto che illumina le dinamiche della diplomazia internazionale contemporanea e riflette sulle sfide che attendono l’Occidente.
In questo libro si parla di miti, di politica e di storia d’Italia. Attraverso la lente di Galileo. Qui il Galileo processato e condannato dall’Inquisizione diventa personaggio, attore di una storia globale: citoyen français e républicain; patriota e martire dell’Italia risorgimentale; ‘genio italico’, fiore all’occhiello - insieme a Leonardo da Vinci - dell’Italia nazionalista e fascista. Per divenire, infine, uomo e scienziato sinceramente pio e devotamente cattolico. Sulla scena ci sono figure di primo piano - da d’Alembert a Stendhal, da Victor Hugo a Mazzini - e personaggi più o meno conosciuti che però svolgono un ruolo decisivo. È il caso di patrioti come Guglielmo Libri, Silvestro Gherardi e Giacomo Manzoni, di studiosi del calibro di Antonio Favaro, Karl von Gebler e Pio Paschini, di scienziati e uomini religiosi come Agostino Gemelli e Pietro Maffi. Ed è proprio a partire da questi ultimi che, nel Novecento, il partito cattolico diventerà protagonista nel tentativo di arruolare Galileo nelle proprie file come archetipo dello scienziato cristiano. Dopo la ‘ferita’ di Porta Pia, la riconquista cattolica della società italiana passa - questo è il fatto nuovo - anche attraverso la conquista della scienza. Il tentativo è riuscito? Quale Galileo è stato ‘riabilitato’ da Giovanni Paolo II? Massimo Bucciantini ci restituisce una storia appassionante che oltrepassa ogni steccato disciplinare.
Nella civiltà delle poleis, ogni generazione mandava soldati a combattere e morire; ogni generazione era testimone di devastazioni e saccheggi. Insomma, la guerra per i Greci faceva parte della ‘normalità’ della vita. È naturale, dunque, che fosse una presenza forte del discorso pubblico, ma anche dell’immaginario, delle espressioni artistiche e del sistema di valori. Ma che rapporto avevano con la guerra gli antichi Greci? Come vivevano questa ‘normalità’? Esistevano voci che si schieravano contro questa pratica, invocando altre vie di superamento dei conflitti? Il libro - facendo tesoro della storiografia ma anche delle voci altissime della letteratura, dall’epica alla tragedia - ricostruisce i tanti aspetti della guerra: dalla sua dimensione pratica e quotidiana alle tecniche militari, dal modo di guardare al nemico al peso degli imperialismi.

