
"È senz'altro sintomatico, e decisamente promettente, il fatto che oggi la teologia cattolica, alla ricerca di un nuovo equilibrio e di un nuovo slancio che le permetta d'interpretare con pertinenza e impatto performativo le molteplici sfide proposte dal cambiamento d'epoca che stiamo attraversando, faccia ricorso al classico assioma gratia supponit naturam. In effetti, nella sua icastica sinteticità, esso esprime il cuore dinamico dell'intelligenza evangelica della realtà. Ma che cosa significa e comporta, in verità, questo assioma e quali ne sono l'origine e la storia? Il grande merito del magistrale e per molti versi teologicamente strategico saggio di Simone Billeci è quello di rispondere con oculata documentazione e competente cognizione di causa a queste domande assumendo come ideale chiave interpretativa la teologia di un maestro come Joseph Ratzinger, evidenziandone così ancora una volta - se ve ne fosse bisogno - lo spessore e la lungimiranza." (dalla «Prefazione» di Piero Coda)
Un nuovo libro su Pietro e Paolo? Non esattamente. È piuttosto un mettere faccia a faccia i due apostoli: l'uno, Simon Pietro il galileo, chiamato da Gesù Kefàs, Cefa, cioè "Pietra", "Roccia", e l'altro, l'ebreo di Tarso di nome Saul, diventato poi Paolo, dal latino Paulus, cioè "piccolo". Le domande che ci poniamo sono queste: Pietro e Paolo si sono conosciuti? Si sono mai incontrati? E dove? Che cosa dicono l'uno dell'altro? E come vengono presentati insieme nelle prime fonti letterarie? È attendibile la tradizione secondo la quale tutti e due avrebbero subìto il martirio a Roma? I luoghi di culto, dove si ritiene siano conservate le loro tombe, o ciò che resta delle loro reliquie, - sotto la Basilica di San Pietro in Vaticano e nella Basilica di San Paolo fuori le mura - hanno una qualche garanzia di veridicità storica? Che cosa dire di quella storiografia che ha presentato i due apostoli come contrapposti corifei di due visioni antitetiche del cristianesimo, una giudaizzante e legalista (Pietro), e l'altra libera dalla Legge e universalistica (Paolo)? Questo studio non intende affrontare questioni che sono tra le più complesse e impegnative della Chiesa antica, ma solo ripercorrere i testi letterari che ricoprono quell'arco di tempo abbastanza lungo che va dalla "conversione" di Saulo/Paolo (33 ca d.C.) fino a Ireneo di Lione (200 ca), l'ultimo che poteva ancora dire di aver conosciuto un testimone dell'epoca apostolica. In questo modo l'autore intende dare il suo contributo alla conoscenza, sempre affascinante, del primo cristianesimo.
Scriveva Teresa di Gesù toccando con mano la sua esperienza di fondatrice e di scrittrice. Oggi molto o poco è cambiato? Teresa di Gesù si è dimostrata capace di un lavoro di decostruzione dell'immaginario patriarcale e ha dato vita ad una metafora: la maternalità. Una donna, ben lontana dalla fede e dall'istituzione ecclesiastica ed invece inserita profondamente e validamente nel mondo accademico a raggio mondiale, come Julia Kristeva, rigorosa intellettuale franco-bulgara, ha colto la luce dell'incisività della testimonianza teresiana e raccogliere le speranze, le disfatte, le grandi sfide che pulsano nell'animo femminile e chiedono di essere ascoltate e attuate. Può allora, rivolgendosi a tutti, esclamare: ...io sono convinta che i vostri testi possono e anche devono essere letti oggi e, perché no, nei secoli dei secoli. Il dono di Teresa non è racchiuso nell'ambito monastico ma si è dilatato e aperto ad ogni donna perché sa spendere la sua maternalità per ogni donna che l'avvicini, che l'ascolti.
Il nome della Comunità di Sant’Egidio è noto in tutto il mondo come un nome di pace, dal Mozambico al Pakistan, dalla Siria al San Salvador. La vita quotidiana della Comunità, fondata a Roma da Andrea Riccardi, è intessuta di amicizia con i poveri: la distribuzione di cibo a coloro che vivono per strada, la visita ad un anziano in istituto, l’accoglienza ai rifugiati attraverso i corridoi umanitari. Qual è il segreto di questo movimento ecclesiale, nato nel clima incandescente del ‘68, all’indomani del Concilio Vaticano II? Preghiera, poveri, pace: così papa Francesco ha sintetizzato il cammino di Sant’Egidio. Attraverso documenti inediti e testimonianze dirette, il libro ricostruisce la storia di questa rivoluzione cristiana.
«Principio di ogni bene è una ragione pratica e una prassi ragionata. Perciò né è buona la prassi senza ragione né buona la ragione senza prassi. È prassi: del corpo, il digiuno e la veglia; della bocca la salmodia, la preghiera e il silenzio, più prezioso della parola. Prassi delle mani è ciò che esse fanno senza mormorazione; dei piedi, poi, ciò che essi compiono alla prima esortazione». Elia, prete e monaco del sec. XI ricorda la necessità della rettitudine nella vita cristiana, l'essere raddrizzati dall'esercizio attivo della virtù (esercizio volontario delle pratiche ascetiche) e da quello passivo (l'esser consumati dalle prove involontarie): la quaresima, palestra battesimale dei credenti, li invita a verificare l'ordine della persona attraverso la disciplina del corpo e la continenza della parola, che insieme sostengono l'edificio della preghiera. Sono sfidati, i cristiani del ventunesimo secolo, dalle parole dei padri laddove spesso sperimentano il languire della speranza, che abbandona i cieli e li rinchiude sulla terra. La difficoltà ad aprire varchi allo stesso vissuto terreno viene dal rimanere legati alle proprie apparenti sicurezze, alle proprie passioni, alla volontà cioè di venir gratificati dalle proprie scelte; così essi intenzionano le attività per nutrire l'io e il proprio progetto di vita, piuttosto che essere attenti al progetto provvidenziale. Questo legame riduce la capacità di resistere alle avversità che ogni perseguimento di un ideale più alto necessariamente comporta. Ne risulta la rarità della fedeltà a ideali e scelte di vita impegnativi per l'intera esistenza, in favore di una facile attitudine al cambiamento che considera ogni scelta come uno sperimentare a termine e di conseguenza temporanea, interscambiabile con un'altra, mai decisiva. (A. Raspanti, in Semi di contemplazione n. 22).
Il riconoscimento dei testi agiografici come fonte della storiografia è relativamente recente. Se in passato la santità era studiata dal punto di vista teologico o devozionale, in anni a noi più vicini è stata presa in considerazione anche dagli storici, in quanto espressione della vita sociale. Soprattutto in relazione ai periodi di profondi mutamenti, come quelli della Riforma e della Controriforma, i testi agiografici possono costituire una fonte di studio utile alla conoscenza di avvenimenti, di personaggi e di particolari dinamiche sociali. In questo volume sono presi in esame tre profili biografici, due dei quali provengono dalle carte inedite del gesuita Ottavio Gaetani, che si prefiggono di illustrare la santità di Antonio Faraone, vescovo di Cefalù (1562-1569) e di Catania (1569-1572). Il prelato può essere considerato come un tipo di vescovo, che attua il concilio di Trento secondo un modello analogo a quello di s. Carlo Borromeo. L'analisi dei testi agiografici e della documentazione d'archivio, relativa al governo pastorale del vescovo Faraone, permette di affrontare i temi dei modelli di santità elaborati al tempo della Controriforma, del tipo di vescovo ideato prima e dopo il concilio di Trento, dell'ars moriendi secondo lo schema aggiornato di s. Roberto Bellarmino.
"Gli schiodanti hanno una vocazione duratura. Sanno che abbracciare i crocifissi non è peccato e che lasciare i crocifissi inchiodati è "omissione mortale".
Se puoi, se vuoi, se hai coraggio: non passare oltre la croce. Diventa schiodante di Cristo e dei tanti fratelli e sorelle inchiodati oggi".
(dall'Introduzione)
In ogni parte nel mondo, intorno a noi, nel presente e nel passato, esiste ed è esistito il bene e il male, l'odio e l'amore. Per fortuna esistono uomini e donne che possono aiutarci, con la loro vita e la loro testimonianza, ad affrontare tutto questo nel modo migliore, con coraggio e speranza, con fede e umiltà. Etty Hillesum è la forza oltre il filo spinato, è il sole che fa capolino in una giornata di pioggia, è l'amore di Dio che entra nelle baracche del lager e la testimonianza della forza che ciascuno di noi possiede e può utilizzare per rendere il mondo un posto migliore, ogni giorno, nel suo piccolo. Età di lettura: da 8 anni.
La gratitudine è un sentimento profondo e sincero, è la capacità di dire grazie, ed è una virtù sempre più rara, quasi in via di estinzione. Eppure la gratitudine è davvero preziosa: ci rende ben predisposti all’amore, all’amicizia e ci permette di creare legami. Quando siamo riconoscenti, regaliamo un po’ della nostra gioia di vivere, trasmettiamo affetto, allarghiamo il nostro cuore e quello degli altri. Attraverso storie semplici e delicate, le pagine di questo libro accompagneranno i piccoli lettori a cogliere i vari aspetti della gratitudine e a farne tesoro. In appendice le parole della gratitudine prese dall’Antico e dal Nuovo Testamento.
Mentre la ricerca teologica è all'altezza della cultura moderna, la fede del nostro popolo sostenuta dalla predicazione ordinaria della omiletica domenicale è ancora fissa allo schema tradizionale tra mito e dogmatismo, senza un minimo di senso critico. Perciò accade che tanti abbandonino la pratica della fede con un senso di sdegnosa superiorità, come di fronte a un residuo di medioevo. Il testo vuol dimostrare che è possibile assumere un senso critico della tradizione storica in funzione di un ripensamento con le nuove categorie, tanto da poter essere fedeli a Cristo e al nostro tempo in piena libertà. Nel cristianesimo di Dio, fatto carne come la nostra, si può parlare solo con il nostro linguaggio. A lui non si addice il tono trionfale della sacralità inaccessibile e della maestà che si colloca "nell'alto dei cieli" come continuamente risuonano le volte delle nostre chiese. D'altra parte non è vero che il testo biblico si perda nel mito e nella barbarie, invece può essere letto con i nuovi strumenti di critica e rivelare orizzonti insospettati aperti al dibattito sulla modernità.