
Nel 2011, presso la Pontificia Università Gregoriana, si è celebrato un Convegno, con relatori noti sul panorama filosofico italiano (C. Canullo, P. Gilbert, S. Bancalari) dal titolo Genesi di un trittico sull'opera di E. Falque. L'anno successivo l'Università La Sapienza di Roma ha dedicato alcune conferenze al pensiero di Falque. Nel 2014 l'Università San Raffaele ha tenuto una giornata di studio sul testo Passer le Rubicon e nell'estate dello stesso anno, a Parigi, si è celebrato un Convegno a cui sono intervenuti autori di rilievo della filosofia e della teologia. "Al di là del limite" ha una duplice ambizione: da un lato è un breve saggio introduttivo per chi approccia un pensiero così ricco come quello di Falque. Ma non vorrebbe essere una semplice enciclopedica presentazione: non mancano, soprattutto nella parte finale, degli spunti di "disputa" con l'autore, nel tentativo di recepirne il contributo in teologia.
La fede senza la ragione non diventa umana (J. Ratzinger). Ciò che rende umana la fede non è la fondazione razionale della teologia - improponibile nel contesto "postmoderno" e "postmetafisico" - ma l'esplicitazione argomentata della destinazione universale del discorso cristiano. La teologia non necessita di alcuna fondazione filosofica, perché il suo centro - il mistero di Dio in Gesù Cristo - non è riducibile ad una logica fondativa, né tantomeno dimostrativa. Tuttavia il discorso teologico esige una legittimazione filosofica perché esso non può risolversi esclusivamente come teologia della rivelazione senza impegnarsi in un'analitica della libertà. L'umanità della fede rinvia ad un'antropologia della libertà che è correlativa al realismo cristologico. Il saggio attraversa il travagliato ripensamento della teologia filosofica dopo la duplice provocazione heideggeriana e barthiana attraverso il confronto serrato con tre teologi - Henri Bouillard, Karl Rahner e Christoph Theobald - che assumono fino in fondo la sfida di superare l'estrinsecismo filosofico della teologia. Solo riconoscendo alla libertà un rilievo concostitutivo nell'evidenza della verità è possibile riconoscere Gesù come verità di Dio e dell'umano.
Il XXIII Congresso nazionale dell'ATI ha portato a conclusione le due tappe precedenti (Teologia dalla Scrittura, Castel Del Monte 2009; Teologia ed Eucaristia, Torino 2011), riflettendo sulla natura della Teologia e sul modo di attuarla nell'oggi, in rapporto al complesso fenomeno chiamato "Tradizione".Una riflessione critica sulla traditio si impone come momento strutturante nella ricerca del significato e delle modalità del "fare teologia". Il tema - contestualizzato nel vivace dibattito contemporaneo - viene sondato in prospettiva sistematica, mettendone in rilievo il fondamento cristologico-pneumatologico e le sue implicazioni metodologiche. Tale base consente di articolare alcune delle questioni più aperte: verità e storia, i soggetti del teologare cristiano e le ricadute sulla riforma della Chiesa.Alcuni quadri storici, particolarmente ricchi e curati, consentono non solo di rimanere in ascolto della vicenda secolare della teologia, ma ancor più di verificare concretamente il principio teorico che si persegue, anzi di attuarlo nella ricerca stessa.
L'ambizione che accompagna l'indagine condotta nel saggio è raccogliere il "non detto" dell'originale lettura del cristianesimo, elaborata da Michel Henry (1922-2002). Il riferimento centrale alla realtà della Vita - con le dimensioni ad essa collegate della carne, dell'affettività e dell'identità come "luogo" originario del legame tra Dio e l'uomo, interpella la teologia credente a ripensare in una luce nuova l'"essenza" stessa del cristianesimo. La sfida è quella di ricercare - con e oltre Henry - un modello di rapporto tra fede cristiana e attuazione dell'umano, coerente con la presa di coscienza fondamentale che "il popolo di Dio e l'umanità, entro la quale esso è inserito, si rendono reciproco servizio" (Gaudium et Spes, n°11). Si tratta in definitiva di contribuire a liberare l'attuale cultura europea dalle sue contraddizioni, in forza del rimando all'incessante inedito dell'evento di Gesù Cristo, in quanto capace di ispirare - nella fede del figlio - idee e pratiche più degne per l'uomo.
Il presente volume inaugura una nuova collana dell'editore dedicata ad offrire strumenti per la scuola, il dibattito e l'aggiornamento culturale. A cominciare dal tema del male che è l'oggetto del primo numero. Ogni commento alle tragedie moderne è misurato dall'orrore di Auschwitz, vero spartiacque della nostra storia, evento che sembra rifiutarsi ad ogni spiegazione, destinata ad apparire una consolazione a poco prezzo e dunque un'ulteriore ingiustizia nei confronti delle vittime. L'impossibilità di spiegare il male ha tuttavia condotto ad atteggiamenti di rassegnazione, assuefazione, finanche di complicità, che l'autore si incarica di analizzare per contrapporli alla domanda di Giobbe, il personaggio biblico vittima delle peggiori disgrazie che pure non rinuncia ad invocare giustizia per l'uomo. La sua è una protesta contro il silenzio di Dio di fronte alle vittime, ma proprio percorrendo quel silenzio l'autore vi troverà un appello alla libertà dell'uomo affinché diventi responsabile verso l'altro uomo. Appello che conduce l'uomo ad un più intimo e sofferto colloquio con Dio. La protesta di Giobbe ci consegna così una nuova immagine di Dio, disponibile ad accogliere le domande e i dubbi più inquietanti dell'uomo moderno.
Il volume presenta due scritti del beato B. Francesco Pianzola. Entrambi illuminano il vissuto spirituale dell'autore, rivelando una scelta di fondo, maturata durante la formazione al sacerdozio: la scelta di "formarsi per formare" condividendo cammini e convinzioni non pensati "a tavolino", ma nati dall'esperienza personale e da uno stile missionario di prossimità alla vita dei giovani e della gente cui dedicherà il suo ministero. Il Notes, inedito, su cui il Pianzola raccoglie pensieri e propositi a partire dal 1904, resterà punto di riferimento e fedele "compagno di viaggio", per tutta la vita. Il Breve metodo di vita spirituale, edito nel 1912, è presentato come un "corredo spirituale" offerto alle giovani cristiane per sostenere il loro cammino di fede e testimonianza. Pagine che interpellano, ancor oggi, a educarci e educare alla vita buona del Vangelo.
In un contesto ecclesiale e culturale di distanza dal testo biblico, Charles de Foucauld (1858-1916) ha scelto di formare la sua vita e la sua missione alla scuola della Parola di Dio. L'assidua meditazione scritta del Vangelo ha trasformato la sua esistenza e lo ha condotto a compiere atti d'amore verso Dio e verso i fratelli, attraverso forme di relazione accoglienti e rispettose della condizione di vita di ciascun uomo e donna. Il fedele approccio ai Vangeli è diventato, nel tempo, principio ispiratore e regola per la vita di altri: l'eredità che frère Charles ha lasciato è stata raccolta da vicini e lontani e dai gruppi ecclesiali nati al suo seguito. Religiosi, laici e sacerdoti, nelle loro condizioni di vita e sparsi in tutto il mondo, continuano a praticare la modalità di affidamento al Vangelo che Charles de Foucauld ha inaugurato. La familiarità con la Parola, atto d'amore verso Dio e verso il prossimo, genera atti di bontà e promuove un'esistenza di universale fraternità, che è autenticamente ecclesiale perché umana secondo lo spirito del Vangelo.
Il volume raccoglie gli Atti del Convegno di Studio promosso dalla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale di Milano nel febbraio 2014. Il tema discusso procede dalla constatazione che oggi il fedele cristiano e l'uomo secolarizzato non definiscono più semplicemente il "dentro" e il "fuori" rispetto alla chiesa, ma si mescolano in essa, ormai inestricabilmente. Il popolo del "senso religioso" e "dei sacramenti" è ormai in larghissima parte costituito da questo "genere misto". Di qui la questione. È teologicamente corretta - e corrisponde esattamente alla realtà - la sbrigativa iscrizione di queste folle nella secca definizione del "cristiano incoerente", o addirittura del "battezzato non-credente"? Tra la fede del discepolo che approda alla sequela del Signore e quella della cananea e del pubblicano che si affidano a Lui, non esiste forse qualche legame più profondo delle differenze di vita che li separano? Per approfondire questi interrogativi è sembrato opportuno rivisitare la questione del rapporto fra ethos cristiano ed ethos civile. Quali abitudini di vita corrispondono alla fede cristiana? E in che modo si definiscono, nel quadro dell'umano che è comune?
La metafora della notte manifesta la sua efficacia anche per definire la congiuntura presente, nella quale l'ansia generata dalle tenebre e lo spasmodico desiderio di rivedere la luce accentuano la crisi (economica, morale, civile, sociale, culturale, personale) che tutti coinvolge. La caduta di tante sicurezze, il disorientamento e la precarietà sono per molti motivo di scoraggiamento, che trova espressione nella domanda: "Perché mi devo impegnare?". Non a caso la nostra epoca è stata paragonata all'esilio. Come allora Israele si è trovato privo di tutte le sue sicurezze, anche l'uomo di oggi, specie in Occidente, ha perso molti punti di riferimento. Nella Scrittura, però, l'esilio assume i tratti di una esperienza spirituale, perché anche i tempi di "crisi" racchiudono una loro grazia e dalla sofferenza di questi momenti possono germogliare semi di speranza. A questo tema il Centro studi di spiritualità di Milano ha dedicato la sua annuale Giornata di studio nel gennaio 2014 e ne pubblica ora gli Atti che indagano gli aspetti biblici, storici e spirituali della questione e si propongono di offrire una lettura critica, a più voci, della crisi che ci avvolge, alla ricerca di un senso che aiuti a interpretare e a vivere meglio il nostro tempo.