
A cosa serve il cinema? A divertirsi, viaggiare nel tempo, emozionarsi. Non solo. I film mostrano tante vite possibili. Il premio Oscar Giuseppe Tornatore ci porta alla scoperta di cinquanta film che ogni ragazza e ragazzo merita di vedere. Una valigia di sogni da portare con sé per diventare grandi (e, all'occorrenza, tornare piccoli) e scoprire retroscena, curiosità, trucchi di regia dei grandi capolavori del cinema. E ora, buio in sala, che la magia abbia inizio...
Andrea Sorci, in preda a un accesso di rabbia, uccide la sua domestica "continentale". L'omicidio viene insabbiato dal figlio illegittimo del barone Sorci, il potentissimo Peppe Vallo, altrimenti noto come l'Americano. Rico, nipote di Andrea, che sa ma non parla, è un uomo tormentato, deluso dalla Sicilia ferita del dopoguerra: vive accanto a Rita, che ama e non può fare a meno di tradire. Eppure qualcosa si muove: tre donne, le zie che i Sorci hanno ribattezzato "le Tre Sagge", fondano nella sagrestia della chiesa dei Santi Scalzi il Circolo del Punto Pieno, dove ricamano corredini, tovaglie, lenzuola, asciugamani. Dalla nobildonna alla monaca di casa, alla prostituta, in quel "tripudio febbrile delle dita" si dà forma a una sorta di adunanza femminile dove si discute, si commenta, ci si consola, si offre una speranza di cambiamento e si rammendano traumi sociali e famigliari. È una nuova sorellanza basata su una "separazione dal mondo fuori che solo le donne, quando sono insieme, riescono a creare e a difendere". Intanto, però, l'uomo vola sulla Luna, gli studenti si ribellano. E la tensione positiva dei movimenti a cavallo fra gli anni sessanta e settanta si scontra con le contraddizioni dell'isola. Dal 1955 al 23 maggio del 1992, quando furono uccisi Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, Simonetta Agnello Hornby tiene stretto il filo della saga famigliare cominciata con "Caffè amaro" e proseguita con "Piano nobile" per consegnarci un ricamo di omicidi, ossessioni, amori, violenze della Sicilia uscita martoriata dal Secondo conflitto mondiale e pronta a patire, protagonista e vittima, altre guerre.
L'Europa, imbarbarita e senz'anima, ha dimenticato le sue origini e persino il suo nome. Per ritrovarlo, quattro Argonauti occidentali - nomadi incalliti - battono il Mediterraneo su una barca ultracentenaria portatrice di una grande storia. Sulle coste del Libano, prendono a bordo una giovane profuga siriana di nome Europa, che chiede di fuggire con loro verso ovest. Da quel momento, rivive in lei la leggenda della principessa fenicia rapita da Giove-toro, mentre il viaggio attraversa le meraviglie del mare aperto ma anche la deriva di un mondo fuori controllo: naufragi, emigrazioni e turismo di massa, conflitti, pestilenze, incendi e alluvioni. Ingravidata in sogno dal re degli dei, la ragazza si svela come la Grande Madre e, nel vedere per la prima volta la sua nuova terraferma, esprime la propria gioia in modo tale che i compagni, commossi, decidono di dare al continente il nome di lei. La sua epopea li aiuterà a comprendere il senso della loro patria comune: Europa è "il sogno di chi non ce l'ha", di chi viene da lontano, non di chi la abita. Ma soprattutto Europa è femmina, è una figlia dell'Asia, è una donna benedetta dagli dei, e forse la capostipite di tutti i migrati In un trittico ideale con "Il filo infinito" e con i versi dedicati all'eroina de "La cotogna di Istanbul", Paolo Rumiz riscrive al femminile l'epica del nostro continente, mescolando mito, viaggio, storia e mistero alle tragedie dell'attualità. È un libro scritto di notte, questo, come tiene a precisare il suo autore, e non è un dettaglio: nel buio, attorno al fuoco, sono nati i racconti delle nostre radici. Di queste narrazioni fondanti "Canto per Europa" ha il ritmo e il respiro.
Il Virginian era un piroscafo. Negli anni tra le due guerre faceva la spola tra Europa e America, con il suo carico di miliardari, di emigranti e di gente qualsiasi. Dicono che sul Virginian si esibisse ogni sera un pianista straordinario, dalla tecnica strabiliante, capace di suonare una musica mai sentita prima, meravigliosa. Dicono che la sua storia fosse pazzesca, che fosse nato su quella nave e che da lì non fosse mai sceso. Dicono che nessuno sapesse il perché. Questo racconto, nato come monologo teatrale, è uscito per la prima volta nel 1994. Nel 1998 Giuseppe Tornatore ne ha tratto il film "La leggenda del pianista sull'oceano".
Un incredibile viaggio nel complesso e intricato mondo delle emozioni e dei sentimenti, con soste per incontrare grandi personaggi della letteratura, di miti e leggende, che come noi amano, odiano, soffrono, si interrogano, dubitano. Per tutti i ragazzi alla ricerca di se stessi, perché conoscersi in modo profondo è il primo passo per raggiungere la propria felicità e consapevolezza. Età di lettura: da 11 anni.
"Questo Viaggio in Portogallo è una storia. Storia di un viaggiatore all'interno del viaggio da lui compiuto, storia di un viaggio che in se stesso ha trasportato un viaggiatore, storia di un viaggio e di un viaggiatore riuniti nella fusione ricercata di colui che vede e di quel che è visto... Prenda il lettore le pagine che seguono come sfida e invito. Faccia il proprio viaggio secondo un proprio progetto, presti minimo ascolto alla facilità degli itinerari comodi e frequentati, accetti di sbagliare strada e di tornare indietro, o, al contrario, perseveri fino a inventare inusuali vie d'uscita verso il mondo. Non potrà fare miglior viaggio." Una "guida" anomala che va oltre la geografia di un paese amato, per addentrarsi nella psicologia di un popolo. Un invito a perdersi, più che a trovare la strada.
"L'eccezionale romanzo di Andrea Bajani – eccentrico e appassionato, spiazzante e destabilizzante, torna di continuo a visitarmi, lasciandomi ogni volta leggermente scosso, ma anche consapevole dell'importanza cruciale dei romanzi nel gettare maggiore chiarezza sulla nostra esistenza. Davvero straordinario" – Richard Ford
Un giovane uomo e una madre persa da tempo. A riunirli, infine, la morte di lei, avvenuta lontano, nella Romania che l'aveva allontanata da casa e dall'affetto del figlio per inseguire un sogno di ricchezza, lo stesso di molti italiani partiti alla conquista dell'Est dopo il crollo del blocco comunista. «Mi avevi disegnato il mondo sopra un foglio, la sera prima, e mi avevi fatto vedere dove andavi. Noi siamo qui, avevi detto, e domani io sarò in questo punto quaggiù. Avevi tracciato una riga con un pennarello rosso che partiva da casa e arrivava fin lì. È un ponte, dicevi, è come passare dall'altra parte del fiume.» Ripercorrendo il tragitto che l'ha portata via, osservando i medesimi panorami, occupando i luoghi in cui lei stessa ha vissuto il tempo della loro separazione, Lorenzo cerca di immaginare i pensieri e le emozioni di una donna il cui ritratto elusivo è diventato negli anni
Ci sono tanti aspetti della vita alla luce dei quali seguire il lungo e difficile cammino delle donne contro le discriminazioni di genere: e lo sport è uno dei percorsi attraverso i quali esse sono finalmente riuscite a superare il pregiudizio che ne faceva delle cittadine di seconda categoria. Oggi finalmente la liberazione dagli stereotipi di genere è parte della storia contemporanea. Ma singolarmente non vengono mai, o quasi mai, ricordate le protagoniste che danno il nome a questo libro, a partire da quelle che hanno conquistato il diritto di partecipare a una competizione tipicamente e originariamente solo maschile quali sono state le Olimpiadi. Ecco, in sintesi, le considerazioni dalle quali nasce l'idea di questo volume, composto di due parti diverse ma complementari. La prima, di tipo storico, dopo aver raccontato la nascita nell'antica Grecia dello stereotipo di un "femminile" non competitivo, analizza i fatti che dimostrano la sua non rispondenza alla realtà: ad esempio, nell'antica Roma, l'esistenza di donne gladiatrici. La seconda è la storia delle "protagoniste", dal Diciannovesimo secolo a oggi, di ciascuna delle quali, accanto agli exploit sportivi, si raccontano le vicende, la provenienza sociale, la vita familiare e affettiva, il carattere e le difficoltà incontrate nella vita sia pubblica sia privata. Le protagoniste sono le donne troppo spesso ignorate nella storia dello sport, che fin dal mondo antico ha dato forma a riti, consuetudini e discriminazioni che ci riguardano ancora oggi.
"L'autore si spiega" riunisce alcuni testi importanti di José Saramago sul proprio percorso. Dal rivelatore "Dalla statua alla pietra", scritto nel 1998 in occasione di un incontro all'Università di Torino, dove la metafora scultorea definisce le due grandi fasi della sua produzione - qui presentato da Pilar del Río e seguito da un saggio di Fernando Gómez Aguilera, uno dei massimi esegeti dell'opera dello scrittore portoghese - fino ai Discorsi di Stoccolma, pronunciati da Saramago al ricevimento del premio Nobel per la letteratura, e a una Autobiografia dove torna sulla sua traiettoria letteraria, punteggiandola con episodi chiave della sua vita che risalgono all'infanzia. Questi testi ci offrono non solo la visione dell'autore come punto di partenza per la comprensione di ogni suo libro, e per l'insieme della sua opera, ma anche una riflessione su questioni fondamentali, quali il rapporto tra vita e letteratura, che qui si rivelano come un vero esercizio poetico. Saramago racconta se stesso e ci regala una piccola guida per leggere la sua opera.
«Immaginate di tornare un giorno a casa vostra e di trovare un costruttore legato alla mafia lì davanti. Immaginate che vi dica che quella non è casa vostra, ma sua. E che, qualche anno dopo, ve la danneggi gravemente per costruirci accanto un palazzo più grande. E immaginate di dover aspettare trent'anni prima che un tribunale italiano vi dia ragione. Immaginate che, dopo tutto questo tempo, vi riconoscano un compenso per i danni, che però nessuno vi pagherà mai dato che il costruttore nel frattempo è stato condannato perché legato alla mafia e lo Stato gli ha sequestrato tutto. E ancora, immaginate che di quella somma, che non riceverete mai, l'Agenzia delle entrate vi chieda il 3 per cento. Questo è quello che, più o meno, è successo a Maria Rosa e Savina Pilliu. E diciamo 'più o meno', perché in trent'anni, in realtà, è successo questo e molto altro. Intorno al palazzo abusivo si aggireranno vari personaggi: mafiosi eccellenti, assessori corrotti, killer latitanti, avvocati illustri, istituzioni pavide, vittime di lupare bianche, anonimi intimidatori e banchieri generosi. E poi ci mettiamo anche noi due che, venuti a conoscenza della vicenda, abbiamo deciso di scrivere questo libro. La nostra intenzione è cambiare il finale di questa storia, con l'aiuto di tutti. Raggiungendo tre obiettivi. Il primo: attraverso la vendita di questo libro raccogliere la cifra necessaria per pagare quel famoso 3 per cento dell'Agenzia delle entrate. Il secondo: far avere lo status di 'vittime di mafia' alle sorelle Pilliu. Il terzo: ristrutturare le palazzine semidistrutte e concederne l'uso a un'associazione antimafia. 'Io posso' è una sorta di mantra a Palermo. Non importa cosa dice la regola, perché tanto 'Io posso'. Le regole valgono solo per gli stupidi. 'Io posso' sottintende sempre: 'E tu no'. Ecco, a noi piace molto questa frase. La gridiamo a gran voce ma con un senso opposto. "Io posso e tu no perché io sono lo Stato e tu no"» (gli autori)