
Ci siamo abituati a pensare che le regole del gioco siano date: che non esistano alternative al capitalismo per come esso si è affermato negli ultimi decenni di regime politico neoliberale. Eppure, a dieci anni dalla crisi economica, l'arretramento delle condizioni di vita, l'inasprimento delle disuguaglianze di reddito, i gradi sempre più acuti di marginalizzazione sociale, ma anche la distruzione dei patrimoni ambientali e la distribuzione iniqua della risorse rendono necessario un aggiornamento delle categorie politico-culturali, un ripensamento delle relazioni tra Stato, mercato e finanza, un cambiamento delle dinamiche di produzione e distribuzione di valore. È una strada che dobbiamo percorrere insieme mettendo a valore competenze e prospettive disciplinari diversificate: la riflessione sui flussi di capitale che si muovono su scale globale non può essere disgiunta dall'ascolto di ciò che si produce sui territori in termini di economie sociali e iniziative di cooperazione; le politiche di investimento pubblico vanno pensate in relazione ai nuovi oligopoli economici e allo strapotere delle grandi corporation; la salvaguardia del capitale naturale rimanda alle forme della proprietà e ai modi inediti di intendere i beni comuni. Giovani ricercatori da tutta Europa fanno un viaggio tra le contraddizioni del presente per profilare modelli politici, relazionali ed economici improntati a una maggiore giustizia sociale. Introduzione di Enzo Mingione. Testi di: Carolina Amadeo, Enrico Biale, Andrea Califano, Salvatore Paolo De Rosa, Luca Fantacci e Dario Luciani, Julie Froud, Andrea Fumagalli, Nicolò Giangrande, Chiara Saraceno, Robert Wade.
Nessuno sa dire che cosa sia l'energia. Sappiamo però che senza una qualche sua trasformazione nulla si produce. I fisici attribuiscono all'energia il ruolo di motore cellulare, gli antropologi quello di motore culturale. Allora si può raccontare una storia del mondo e dell'uomo nella quale la prima fonte di energia fu il cibo. Quando il cibo divenne il prodotto dell'agricoltura e non più della caccia, cambiò il mondo. Poi la fonte dell'energia si fece fossile, e la nostra vita cambiò di nuovo, perché crescemmo e ci moltiplicammo. E adesso, forse, abbiamo bisogno di affrontare una transizione per superare i fossili, altrimenti il riscaldamento globale sfuggirà dalle nostre mani con conseguenze catastrofiche. Anche questa volta, se ci sarà una rivoluzione, la nostra vita non sarà più la stessa. Massimo Nicolazzi ha gestito importanti progetti energetici in Europa e in Asia. Negli ultimi due secoli la storia ha avuto un'accelerazione grazie a fonti di energia sempre più economiche ed efficaci: il carbone, il petrolio e poi il gas naturale. Senza queste fonti non sarebbe stato possibile il progresso civile e tecnologico che abbiamo conosciuto. D'altra parte, oggi non sono più sostenibili. Superarle sarà difficile, perché sono tanti gli interessi in gioco. Per esempio: la tassazione italiana sui carburanti fossili ha un valore più elevato del danno che ci deriva dalle emissioni del tubo di scappamento? Questa storia diventa così un'inchiesta che indaga la rete complessa dei rapporti di forza che fanno del superamento dell'energia fossile un problema di difficilissima soluzione. E ci mostra la sola certezza che abbiamo: "è la disponibilità di energia la chiave di tutto".
Essere genitori non è mai stato facile, ma mai come oggi pare essere una "Mission Impossible". I cambiamenti epocali che ci hanno travolto hanno reso fragili e insicuri anche noi adulti. I nostri figli, senza più veri modelli e forti solo delle "sirene" che li richiamano costantemente da Internet e dai social media, finiscono per assorbirne le nuove regole, le quali esautorano tutte le figure educative di riferimento, genitori e insegnanti in primis. Ma l'aggressività dei nostri figli, diversamente da quanto avvenne anche solo con la generazione precedente, è solo sintomo di un grande disorientamento, che li rende permeabili e vulnerabili a nuove e pericolose minacce, dell'oggi e del domani. La vita che li aspetta, come e più di un collegio, dove almeno tutto è moderatamente prevedibile, sarà ricca di complessità, di imprevisti, di frustrazioni e di fatica. Molti genitori, di fronte agli insuccessi dei figli, finiscono per ergersi a prescindere in loro difesa, finendo così per minare l'autorevolezza degli insegnanti e per accrescere le debolezze dei ragazzi. È quindi quanto mai urgente ridare importanza alle regole, che sono necessarie per aiutare i nostri figli a costruirsi una coscienza di sé, a superare smarrimenti e frustrazioni, così da renderli capaci di affrontare con coraggio le sfide che la vita porrà loro. Ecco il merito di questo volume del professor Andrea Maggi: un decalogo essenziale, per far riscoprire ai ragazzi il valore delle regole e di quelle scelte consapevoli che un domani li renderanno cittadini responsabili, sicuri di sé e, soprattutto, donne e uomini felici.
Viaggio al centro della Terra è la mirabolante spedizione nelle viscere del mondo intrapresa dal professor Otto Lidenbrock, scienziato noto in tutta la Germania, dal nipote Axel e da Hans, la guida che li accompagnerà per l'intera durata dell'avventura. All'origine di tutto quanto, la scoperta da parte dello scienziato di una vecchia pergamena in cui, in linguaggio cifrato, venivano fornite precise indicazioni per raggiungere il centro della Terra attraverso l'entrata posta in un vulcano islandese. Le avventure che il gruppo vive per arrivare al cuore del pianeta sono straordinarie e non a caso al libro arriderà una tale fama da renderlo fin da subito uno dei più letti di Jules Verne. Una storia destinata ad accendere la fantasia dei suoi contemporanei, anche per merito delle splendide incisioni di Édouard Riou, che accompagnavano le prime edizioni del volume, qui riprodotte. Il libro si è guadagnato un posto di rilievo anche tra i romanzi del cosiddetto ciclo "alla scoperta del mondo perduto". Ma anche negli anni a noi più vicini è diventato uno dei testi di riferimento del "genere steampunk". Da questo romanzo sono stati tratti innumerevoli film, serie televisive e videogame.
1939. Alla fine della Guerra civile spagnola, il giovane medico Víctor Dalmau e un'amica di famiglia, la pianista Roser Bruguera, sono costretti, come altre migliaia di spagnoli, a scappare da Barcellona. Attraversati i Pirenei, a Bordeaux, fingendosi sposati, riescono a imbarcarsi a bordo del Winnipeg, il piroscafo preso a noleggio da Pablo Neruda per portare più di duemila profughi spagnoli in Cile - il "lungo petalo di mare e neve", nelle parole dello stesso poeta -, in cerca di quella pace che non è stata concessa loro in patria. Lì hanno la fortuna di essere accolti con generosa benevolenza e riescono presto a integrarsi, a riprendere in mano le loro vite e a sentirsi parte del destino del paese, solo però fino al golpe che nel 1973 fa cadere il presidente Salvador Allende. E allora, ancora una volta, si ritroveranno in esilio, questa volta in Venezuela, ma, come scrive l'autrice, "se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono".
«I primi ad accorgersi che qualcosa stava cambiando furono i cani da confine. Venivano addestrati la notte, perché le fughe quasi sempre si tentavano nel buio, non avevano contatti sociali, mangiavano solo ogni due giorni per essere più aggressivi. Ammaestrati a inseguire l'odore del grande sospetto che avviluppava l'intera Ddr, i cani del muro non potevano riconoscere il profumo della libertà che si spargeva nelle strade dell'Est europeo, arrivando a disperdersi sulle porte di Berlino». Tutti sappiamo cosa è successo il 9 novembre 1989 a Berlino. Qualcuno ha pensato che la storia fosse finita e che con il passare del tempo il mondo intero sarebbe stato sempre più simile all'Occidente. Ma la storia si nasconde nei dettagli. Nei gesti, nei passi e nei ripensamenti dei suoi protagonisti. Nel 1989, all'interno dei 108.000 chilometri quadrati della Ddr, il blocco comunista si sgretola e si libera dalla prigionia del Muro, che separa il mondo correndo per 106 chilometri e divide così una città e l'Europa intera. È un simbolo del titanismo totalitario, non una semplice barriera. È un'arma. «Chi è salito molto in alto cadrà nell'abisso», così scrivono con lo spray i ventenni a Prenzlauer Berg, nella Berlino che vive di notte e si muove col buio. Se la caduta del Muro è un segno inciso nell'identità di coloro che l'hanno vista in televisione, ma anche di coloro che sono nati dopo, è perché da allora le cose hanno preso una direzione nuova e, soprattutto, diversa da quella che ci aspettavamo.
María Zambrano, allieva di José Ortega y Gasset e di Xavier Zubiri all'Universidad Central di Madrid, fu esiliata dopo la guerra civile e viaggiò, peregrinando e nascondendosi, dal Messico a Cuba, da Roma alla Svizzera. Con uno sguardo profondo e delicato, Luigina Mortari compone il ritratto di una vita in fuga e di un pensiero libero: "La filosofia di Zambrano spazia sui paesaggi dell'anima, apre all'immensità del cosmo, addolcisce il discorso con parole di poesia, e per queste sue qualità può sembrare una filosofia dell'intimo. Ma così non è: è filosofia per la vita, non solo per la vita intima dell'anima ma per la vita con gli altri, per quella vita che è convivere". Il pensiero di Zambrano è magmatico e denso di mistero. La sua parola è melodia. La scommessa è la rinuncia alla sicurezza illusoria di ogni sistema, alla pretesa divina di spiegare l'essenza delle cose, per cercare un pensiero capace, semplicemente, di risuonare. Ispirata dalla tradizione pitagorica ed eraclitea, Zambrano propone un metodo che "non è una cosa della mente ma della vita, tutta la vita è un cammino di saggezza". E inaugura così una nuova, rivoluzionaria postura per pensare l'esperienza.
Arambì è la trascrizione fonetica di una parola swahili che significa "fare insieme". È il grido dei pescatori che tirano a riva le reti, il richiamo della gente quando la comunità intraprende un lavoro a beneficio di tutti. Otto autori italiani si sono messi insieme dando vita a un "collettivo", per lanciare un segnale di speranza sul tema del cambiamento climatico e dimostrare che insieme si può davvero cambiare mentalità e di conseguenza salvare il pianeta. Questo libro raccoglie le storie di diciotto personaggi che sono riusciti, in Italia e nel mondo, con piccole iniziative personali o su larga scala, a fare qualcosa di positivo ed efficace per la tutela ambientale. Alle storie si alternano le schede di approfondimento di Gianluca Lentini, che con chiarezza e competenza affronta dal punto di vista scientifico i temi toccati nei vari racconti. Età di lettura: da 10 anni.
Spagna, fine Ottocento. Alla Solariega, la grande casa di campagna della famiglia Ruiz de Peñafiel, tutti sanno che è impossibile tenere a bada la signorina Alba. Curiosa e intelligente, trascorre le giornate all'aria aperta, le gote arrossate dal vento della Sierra e l'orlo della gonna sempre inzaccherato. La botanica è la sua grande passione e perlustra le valli alla ricerca di fiori per la sua collezione, che cataloga in modo minuzioso. Alba ha ereditato l'amore per la natura dalla madre, che crede fermamente nell'emancipazione e nell'educazione femminile e vuole che le sue due figlie, costrette per tutto l'inverno al rigore di Barcellona, d'estate siano libere di coltivare i loro interessi. Un giorno alla Solariega giunge notizia dell'arrivo del botanico tedesco Heinrich Willkomm. Il famoso studioso sta lavorando a un libro destinato a rivoluzionare la botanica e vuole includere la flora locale. L'amore per la scienza che lui e Alba condividono si trasformerà ben presto in qualcosa di proibito, segreto e indimenticabile che, come il fiore che scopriranno insieme, avrà radici così forti e profonde da poter crescere anche tra le pietre. Ispirato alla vita della prima botanica spagnola, Blanca Catalán de Ocón, un inno alla vita, alla natura e a seguire i propri sogni.
Tre storie diverse, la stessa città - Roma, all'inizio degli anni Ottanta - e lo stesso destino: smettere di essere soltanto figli, diventare genitori. Eppure Luciana, Valentina, Cecilia non sono certe di volerlo, si sentono fragili, insofferenti. Così come sono confusi, distanti, presi dai loro sogni i padri. Si può tornare indietro, fare finta di niente, rinunciare a un evento che si impone con prepotenza assoluta? Luciana lavora in un giornale che sta per chiudere. Corre, è sempre in ritardo, l'uomo che ama è lontano, lei lo chiama l'Irlandese per via dei capelli rossi. Valentina ha diciassette anni, va alle superiori ed è convinta che da grande farà la psicologa. Appena si è accorta di essere incinta, ha smesso di parlare con Ermes, il ragazzo con cui è stata per qualche mese e che adesso fa l'indifferente, ma forse è solo una maschera. Cecilia vive fra una casa occupata e la strada, porta un caschetto rosa e tiene al guinzaglio un cane. Una sera torna da Gaetano, alla tavola calda in cui lavora: non vuole nulla da lui, se non un ultimo favore. A osservarli c'è lo sguardo partecipe di un io che li segue nel tempo cruciale della trasformazione. Un giro di pochi mesi, una primavera che diventa estate. Tra bandiere che sventolano festose, manifesti elettorali che sbiadiscono al sole e volantini che parlano di una ragazza scomparsa, le speranze italiane somigliano a inganni. Poi ecco che una nuova vita arriva e qualcosa si svela. "Lontano dagli occhi" è una dichiarazione d'amore al potere della letteratura, alla sua capacità di avvicinare verità altrimenti inaccessibili. Ricostruendo con la forza immaginifica della narrazione l'incognita di una nascita, le ragioni di una lontananza, Paolo Di Paolo arriva a rovesciare la distanza dal cuore suggerita dal titolo. Una storia sul peso delle radici, su come diventiamo noi stessi.