Nicola è un giovane studioso. Ha una laurea italiana e un dottorato americano. Tutto ciò che desidera è concentrarsi sulle sue ricerche, condividerle con altri studiosi, trasmettere ai più giovani ciò che ha imparato dai suoi maestri. Ma in Italia non è possibile. Perché l'università italiana è sempre meno il luogo della ricerca, dell'insegnamento, della trasmissione del sapere. Nell'università italiana non governano il merito e la competenza. Nell'università italiana governano i "Baroni": uomini di potere abituati a gestire l'Accademia come un giocattolo personale, a premiare la fedeltà anziché la libertà, a preferire un mediocre candidato "locale" a un ottimo candidato "esterno". In barba all'interesse degli studenti e anche all'interesse generale. Questo libro è un documento unico. È una denuncia e una confessione. Ma soprattutto è una storia vera: il racconto paradossale e a tratti kafkiano di dieci anni passati a barcamenarsi tra concorsi veri o fasulli, promesse fatte e non mantenute, vessazioni inutili, cose non dette o cose mandate a dire. Dove tutto conta tranne ciò che dovrebbe contare: l'originalità della ricerca, la dedizione all'insegnamento. Il lieto fine è purtroppo amaro. Perché Nicola diventa professore a Oxford, dove vince un concorso pur non avendo conoscenze. E l'Italia perde l'ennesimo "cervello", l'ennesimo studioso regalato a un paese che non ha speso nulla per formarlo ma che ne sa mettere a frutto doti e lavoro.
Diciannove capitoli, diciannove quadri strettamente correlati. Tutto inizia con l'inquietante tensione de "L'orazione funebre", che ci fa entrare nella vita di una bambina sveva che assiste al funerale del padre. Ne "Il bagno svevo" conosciamo tutta la famiglia: il bambino più piccolo, la madre, il padre, la nonna, il nonno, che approfittano dello stesso bagno caldo, dello stesso sapone, per lavarsi, uno dopo l'altro, per poi sedersi a vedere il film del sabato. Completa il quadro "La mia famiglia", dove l'autrice approfondisce ognuno dei personaggi e traccia il loro albero genealogico. Queste tre prime scene sono il preambolo di "Bassure", il capitolo più lungo. La natura si fa protagonista, con un'infinità di elementi e personaggi che formano il quadro più colorito dell'opera, per manifestare la sofferenza, l'isolamento e l'abbandono in cui versano la sua famiglia e il villaggio svevo. Per essere ancora più chiara, la bambina racconta il lavoro del padre in "Pere marce". La ritroviamo mentre balla in "Tango soffocante" e, convertita in adolescente, balla anche ne "La finestra". Apparirà ne "L'uomo con la scatola di fiammiferi". Racconta le vacanze dei genitori al mare, parla della sua solitudine, della successione dei dittatori, degli assassini della mafia, fino a descrivere in un "Giorno feriale" la sua vita in fabbrica. Una storia di sofferenza, isolamento, abbandono. Il libro d'esordio di Herta Müller in una edizione rivista e corretta dall'autrice premio Nobel per la letteratura 2009.
"Mi son ricordato di una cosa che ho imparato dai vecchi: falli parlare di quello che veramente conoscono e amano, e capirai cosa pensano del mondo. Io di cose che conosco davvero, e amo senza smettere mai, ne ho due o tre. Una è i libri. Mi è venuta un giorno questa idea: che se solo mi fossi messo lì a parlare di loro, prendendone uno per volta, solo quelli belli, senza smettere per un po', be', ne sarebbe venuta fuori innanzitutto una certa idea di mondo. C'erano buone possibilità che fosse la mia." (Alessandro Baricco)
"Scrivere di cocaina è come farne uso. Vuoi sempre più notizie, più informazioni, e quelle che trovi sono succulente, non ne puoi più fare a meno. Sei addicted. Anche quando sono riconducibili a uno schema generale che hai già capito, queste storie affascinano per i loro particolari. E ti si ficcano in testa, finché un'altra - incredibile, ma vera - prende il posto della precedente. Davanti vedi l'asticella dell'assuefazione che non fa che alzarsi e preghi di non andare mai in crisi di astinenza. Per questo continuo a raccoglierne fino alla nausea, più di quanto sarebbe necessario, senza riuscire a fermarmi. Sono fiammate che divampano accecanti. Assordanti pugni nello stomaco. Ma perché questo rumore lo sento solo io? Più scendo nei gironi imbiancati dalla coca, e più mi accorgo che la gente non sa. C'è un fiume che scorre sotto le grandi città, un fiume che nasce in Sudamerica, passa dall'Africa e si dirama ovunque. Uomini e donne passeggiano per via del Corso e per i boulevard parigini, si ritrovano a Times Square e camminano a testa bassa lungo i viali londinesi. Non sentono niente? Come fanno a sopportare tutto questo rumore?" (Roberto Saviano)
Andrea detto Osso, Martina detta Pupetta, Marco detto Gaga, tre trentenni senza grazia di Dio, funzionano così: non sopportano le minchiate. Le minchiate e i pidocchi. E Lortica, il piccolo paese siciliano dove sono cresciuti e da cui sono andati via per inseguire studi lavori e amori, a Roma Berlino e Praga, ne è infestata. Il sindaco racconta minchiate, ma anche il comandante dei carabinieri, persino un ministro della Repubblica. Alla minchiata più grossa, una menzogna sui fratelli Bonanno, che a Lortica volevano aprire un negozio di fiori e per questo sono stati ammazzati dai pidocchi, i tre amici decidono di tornare in paese con un piano: istituire una squadra di sabotatori delle minchiate e mettere tutto a soqquadro assieme all'aiuto di Mario detto Mario, quarantenne scorbutico e idealista. Tra discoteche scalcagnate, musica elettronica rock e tarantelle, pupi cannoli e templi greci, il mare d'agosto e le campagne riarse, Montalbano e Il Gattopardo, attentati all'ordine pubblico e scazzottate indimenticabili, questa brigata di antieroi riesce a far esplodere molti luoghi comuni sulla Sicilia e sull'Italia. Fino a una rocambolesca sfida finale e una risposta tutta loro alla domanda: come li scacciamo questi pidocchi?
"Arcipelago dell'insonnia" narra la storia di tre generazioni di una facoltosa famiglia del Portogallo rurale: dall'ascesa, grazie alla caparbietà e al dispotismo del capostipite, fino all'ineluttabile crollo. Si avvicendano e si mescolano in modo frammentario le voci dei protagonisti, come anche i piani narrativi del presente e del ricordo, senza rispettare la sequenzialità temporale o semantica, né instaurare soluzioni di continuità fra realtà e irrealtà. Al centro della narrazione c'è quel che rimane della casa colonica, intrisa di memorie; le intemperanze del patriarca che abusa delle serve e maltratta i contadini con l'appoggio del fattore, amico e fedele braccio destro; ci sono le vicende di due fratelli, di cui uno solo legittimo, trattati in modo impari dal padre, e c'è la voce dolente di un nipote affetto da autismo che paradossalmente, sebbene in modo onirico e visionario, dall'ospizio in cui è recluso, è l'unico a conservare piena memoria del passato familiare e a svelare i nessi segreti di tante storie.
Il Giro d'Italia ha un sapore mitico: sembra esistere da sempre, eppure ha una sua storia, che accompagna e in cui si riflette la storia culturale e sociale dell'Italia. Questo libro la ripercorre, dagli esordi e nei suoi sviluppi, per circa un secolo. A fianco della narrazione scorrono, diventandone parte integrante, oltre duecento immagini d'epoca, in gran parte provenienti dall'archivio Torriani. Mimmo Franzinelli, da appassionato delle due ruote, ricostruisce le vicende del ciclismo agonistico italiano e della sua gara principale partendo dalla creazione stessa della bicicletta e dalle grandi innovazioni di fine Ottocento. Rievoca le gare pioneristiche, dal Giro di Lombardia del 1905 alla Milano-Sanremo del 1907, per concentrarsi poi sul Giro d'Italia, modellato sul Tour de France, la prima classica corsa a tappe. Ne sono protagonisti campioni quali Girardengo e Binda, Bartali e Coppi, ma anche straordinarie donne come Alfonsina Strada e oscuri gregari come Carrea e Malabrocca. Nel microcosmo delle due ruote si intravedono in filigrana i mutamenti epocali del Novecento italiano. Ci sono infine, ma non da ultimo, gli organizzatori, con cui il Giro d'Italia degli anni d'oro si è identificato: Armando Cougnet, promotore nel 1909 della prima edizione, e Vincenzo Torriani, il Patron dal 1949 al 1992. La narrazione culmina nell'ultima grande stagione del ciclismo, animata da Adorni, Gimondi, Moser, Merckx... Postfazione di Marco Torriani.
Erri e Paolo sono entrambi napoletani. Sono diventati amici. Anche se Paolo vive e lavora in California. Erri comincia a scrivere, e Paolo risponde. Ne nasce una sequenza di missive in cui si parla di dna, di orologio circadiano, di olfatto, dei ritmi che cadenzano le risposte del corpo e della psiche alle sollecitazioni ambientali, e più in generale all'universo. Gli studi di Paolo Sassone-Corsi hanno a che fare, per l'appunto, con i geni clock che producono proteine all'interno di ogni cellula, accendendo risposte cicliche che governano le nostre funzioni fisiologiche. De Luca interroga, sollecita, provoca l'amico lontano. Sassone-Corsi cerca sintonie, spiega, si sottrae alla condizione segregata e oscura dello scienziato. Con leggerezza il clima fraterno del carteggio prende la forma di un'avventura dello spirito, Erri e Paolo sanno entrambi che la nettezza di certe risposte scientifiche corre accanto a un mistero che è ragione del sapere ma anche condizione umana. "Perché siamo qui?" è pur sempre la domanda e la risposta che poesia e scienza continuano a condividere.
La figura di Garibaldi ovvero l'incarnazione della contraddizione. Amato e odiato, celebrato e vilipeso, emulato e disprezzato; il susseguirsi e il sovrapporsi di opposti atteggiamenti testimoniano l'esistenza di diversi Garibaldi: c'è un Garibaldi "di destra" e un Garibaldi "di sinistra", un Garibaldi "nazional-fascista" e un Garibaldi "brigatista ante litteram". Ecco perché Mario Isnenghi prova oggi a rileggere la vicenda di Garibaldi alla luce del nostro contraddittorio e conflittuale presente. Il Garibaldi di Isnenghi, dunque, è innanzitutto il fondatore dello stato, capace di accettare pro tempore che lo stato sia monarchico pur non nascondendo di preferirlo repubblicano. E cento anni dopo, nel 1946, l'Assemblea costituente repubblicana segna la vittoria di Mazzini e di Garibaldi. In secondo luogo, Garibaldi è il fondatore dello stato con la partecipazione attiva e critica di cittadini non più sudditi, che si mobilitano e fanno politica. Garibaldi è infatti un grande internazionalista libertario, e non un semplice nazionalista. Ecco uno dei tanti lati in ombra che Isnenghi tratteggia in queste pagine: la portata internazionale e internazionalista di Garibaldi.
Martin Luther King è stato uno dei principali simboli della lotta afroamericana per i diritti civili. In questa raccolta di citazioni, curata dalla vedova King, viene chiarito il punto di vista del leader nero su questioni, tuttora attualissime, come il razzismo, i diritti civili, la giustizia, la libertà, la fede e la religione, la non violenza e la pace. Sono poi riportati brani dei discorsi più celebri: "I've Been to the Mountain Top", l'ultimo prima di morire, a Memphis nel 1968, e "I Have a Dream", a Washington nel 1963, oltre alla proclamazione del Martin Luther King Day da parte del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan nel 1986.